La fabbrica deve essere sensibile: si chiama Smart Market Factory

di Ermanno Rondi* ♦︎ Plant sensibile, ma anche flessibile e reattivo. Il modello universale fordista, in cui il prodotto trainava il mercato, è ormai definitivamente tramontato. Oggi è necessario guardare a una manifattura on demand, in cui il magazzino minimizza le giacenze. Sette ambiti cruciali: capitale umano, modello produttivo, orchestrazione, tecnologia, digitalizzazione, responsiveness, sostenibilità

L’evoluzione di Società ed Economia, accelerata dagli effetti pandemici, spinge il settore manifatturiero a guardare la fabbrica secondo nuovi paradigmi. Quattro sono i punti di osservazione per definire il nuovo modo di intendere la manifattura: gli azionisti, il mercato, i collaboratori e gli stakeholders (fig.1). In questa nuova visione l’azionista aggiunge ai tradizionali interessi per crescita, profittabilità ed immagine, il concetto di “resilienza” accompagnato da una business strategy focalizzata sul servizio e tirata dal mercato.

Un ruolo quello dell’azionista che nelle Pmi italiane è spesso coincidente con il management, ma che, in periodi di cambiamento, assume compiti distinti, che richiedono uno sguardo ampio che va oltre il proprio business, necessari per impostare una visione di medio lungo periodo, non influenzata dalla gestione operativa, un distacco dal contingente indispensabile per definire in modo chiaro il modello a cui tendere ed i percorsi di trasformazione atti a realizzarlo; percorsi che dovranno essere accompagnati da indicatori (KPI), come il cruscotto dell’auto, che consentono di verificare rapidamente direzione e risultati.







Il mercato aggiunge ad economicità, affidabilità e flessibilità, l’esigenza di garantire risposte rapide e capacità di personalizzare prodotti e servizi. Obiettivi che richiedono una profonda rivisitazione dei processi produttivi, della progettazione ed ingegnerizzazione dei prodotti che alla funzionalità aggiunge l’ottica della condivisione della componentistica, deve strutturare i servizi a corredo, e garantire riciclabilità e sostenibilità o meglio guardare alla circolarità economica. Caratteristiche queste ultime necessarie, ma non sufficienti per gestire una produzione on demand che richiede, per essere efficace, processi automatici e digitalizzati innestati su una orchestrazione organizzativa strutturata per flussi e supportata da competenze della struttura coerenti con questi indirizzi.

Il Capitale Umano è il fattore essenziale per la realizzazione della nuova manifattura; conoscenza, curiosità, coinvolgimento e partecipazione trasformano i dipendenti in collaboratori che, come tali, richiedono, come è sempre stato, un equo trattamento economico, formazione e crescita professionale, ma sullo stesso piano pongono la sicurezza, la conciliazione del lavoro con famiglia e tempo libero e cercano aziende attrattive, ambienti di lavoro confortevoli, organizzazioni chiare e ruoli ben definiti.

La Manifattura vista da 4 angolazioni

 

Evidente in questo nuovo contesto il ruolo sempre più influente degli stakeholder che aggiungono alle aspettative di comportamenti corretti ed etici, una crescente attenzione al sociale ed all’ambiente. Prodotti quindi progettati per essere inseriti in un contesto di economia circolare che per i giovani rappresenta un valore primario, capace di influenzare sia il mercato consumer che quello del lavoro. Fabbrica necessariamente inserita in un ecosistema di relazioni con Istituzioni, Università, ITS, Centri di ricerca oltre a clienti e fornitori con cui dialogare per conoscere e crescere. In questo scenario che ormai ha chiaramente delineato i suoi contorni, superando così il disorientamento dei primi anni in cui si è evidenziata l’esigenza di cambiamento, si pone il quesito principale di ogni settore ed azienda; come cambiare gli attuali assetti organizzativi per realizzare la Smart Market Factory. Essendo la Nuova Manifattura tirata dal mercato, è evidente come non possa esistere un modello universale come è stato quello Fordista in cui era il prodotto che determinava il mercato, in questo contesto ogni azienda dovrà trovare il suo percorso di trasformazione in funzione del proprio modo di porsi sul mercato ed avendo chiare le direttrici e i modelli di riferimento legati alla realizzazione di una manifattura on demand.

Ermanno Rondi, fondatore di Incas

Sono 7 i punti da considerare: Capitale Umano, modello produttivo, orchestrazione, tecnologia, digitalizzazione, responsiveness, sostenibilità. Essendo tra loro circolarmente interconnessi non c’è un primo riferimento da cui partire, ma ogni azienda secondo le sue condizioni, può scegliere il punto di inizio.

Il fattore più sensibile e strategico, ma anche più difficile da conseguire non essendo legato ad una semplice decisione di investimento, è il Capitale Umano, inteso come gruppo di collaboratori, le vere risorse aziendali, in grado di comprendere, interiorizzare, concepire e realizzare il percorso di cambiamento. Collaboratori che dovranno accompagnare l’evoluzione del mercato, conoscere le tecnologie, intuire il modello a cui tendere, ma specialmente essere aperti ad interpretare i nuovi ruoli a cui saranno chiamati che richiedono più autonomia associata a maggior responsabilità, prevedono un ampliamento della varietà e numerosità dei compiti e necessitano di preparazione e sensibilità nella gestione delle relazioni e dei team per ottenere una vera cooperazione necessaria per ottenere risultati in questo nuovo modo di intendere l’azienda.

Lo sviluppo organizzativo richiede una evoluzione di ruoli e cultura aziendale ottenibile “on the job” con fasi di apprendimento e cresciuta supportate da vere e proprie “palestre di cambiamento” realizzabili attraverso la messa in opera di progetti di automatizzazione che possono coinvolgere sia la sfera gestionale tramite software dedicati, sia la meccanizzazione con l’inserimento di nuove macchine 4.0 od impianti di gestione della movimentazione interna focalizzate su parti del processo, ma coerenti con il disegno generale. Nasce così l’esigenza di creare il modello organizzativo market pull di riferimento a cui tendere; modello che rovescia il flusso produttivo a cui si è abituati pensare. È questo uno dei cambiamenti culturali più difficili da perseguire, essendo abitudine radicata pensare i cicli dalla materia prima al prodotto finito. Di fatto il modello rovesciato semplifica il processo, dovendo ogni area operativa, pianificare e gestire piani di breve periodo, come descritto nella figura 2.

Schema di gestione della produzione on demand

 

Sfruttando la conoscenza di esperienze di on demand manufacturing già consolidate, la pianificazione, ad esempio di un’area di assemblaggio, alloca ordini per un periodo di 3 o 5 giorni, normalmente coincidenti con il periodo di evasione garantito al cliente. Così il piano produttivo diventa un semplice schedulazione gestita da un diagramma di Gantt. I prodotti in classe A che generano volumi importanti e spesso continuativi possono garantire la stabilità dei volumi produttivi, compensando le oscillazioni degli ordini, essendo realizzabili a lotti e destinabili allo stock avendo rischi limitati di rimanenza grazie al loro volume e continuità.

Il modello deve seguire alcune regole, prima fra tutte i componenti devono essere disponibili a magazzino secondo gli schemi (Kit) generati dall’ingegnerizzazione del prodotto, ogni referenza è gestita a magazzino interoperazionale con un valore di scorta minima dinamica che, quando la scorta si riduce al di sotto di questo valore, genera un ordine per la lavorazione precedente: un flusso tirato dal valle anziché spinto dal monte. La classificazione ABC (fig. 3) consente di definire quali prodotti possono essere gestiti a lotti su base consumo medio previsto e quali da realizzare on demand. Un metodo produttivo che consente di tenere scorte basse essenziali in un contesto di mercato ad alta variabilità che riduce significativamente il ciclo vita dei prodotti.

Classificazione ABC dei prodotti

 

L’ingegnerizzazione dei prodotti consente di condividere più componenti all’interno di famiglie che sottendono n varianti assemblabili il più a valle possibile (postponement), garantendo così una scelta ampia di referenze, come richiesto dal mercato, senza ingigantire lo stock. In questo sistema produttivo i flussi devono essere tesi e sincronizzati nelle varie fasi; operatività ottenibile solo grazie ad una “orchestrazione” in grado di coordinare in modo chiaro e formalizzato le singole operazioni: una vera “coordinazione” delle attività. Definire in modo chiaro ruoli e regole consente di delineare gli ambiti di autonomia di ogni area ed i gradi di interazione con le altre. Questa visione coordinata in modo formale del processo è spesso tanto condivisa nelle intenzioni, quanto disattesa nei fatti con la mancanza di formalizzazione sopperita dalla conoscenza dei processi maturata nel tempo dai collaboratori che nel nostro Paese sono spesso dotati anche di capacità di iniziativa in grado di risolvere i problemi che emergono. Alcuni fattori nuovi rendono ora inefficace questo approccio. Da un lato la necessità di sincronizzare le operazioni in tempo reale richiede strumenti automatici di supporto, dall’altro la carenza sempre più marcata di figure tecniche, abbinata a turn over crescenti, fa sì che la tradizione lasci scoperti molti problemi risolvibili solo con una completa digitalizzazione della fabbrica.

Digitalizzare non significa acquistare un ERP e/o qualche altro software specializzato, quali MES o WMS, ma disegnare un percorso in cui operatività ed informazioni correlate si muovono in modo automatico ed integrato. Un percorso che per essere realizzato richiede uno schema di riferimento complessivo dei flussi operativi. Definire e correlare i flussi è il primo passo verso la digitalizzazione di fabbrica perché evidenzia le esigenze di informazioni e di sincronismo nel processo. Schematizzati i flussi lo step successivo è strettamente tecnico essendo necessario sviluppare l’infrastruttura ICT per poter attivare gli ulteriori passi; rete dati, copertura Wi-Fi, server e database costituiscono l’intelaiatura del sistema; sistema che dovrà tenere ben presenti i requisiti di sicurezza: cybersecurity e disaster recovery non devono essere solo temi sullo sfondo, ma stringenti esigenze indispensabili per la continuità aziendale.

Realizzata l’infrastruttura ed avendo chiari i flussi, si può pensare ai supporti software necessari per ottenere un’operatività tesa e sincronizzata. Il sistema ERP è il riferimento gestionale di tutte le operazioni ed i moduli relativi alle singole aree, dovranno essere integrabili con modalità affidabili ed efficienti sia verso il sistema centrale che, sempre più spesso, orizzontalmente, tra loro. È consigliabile in questa fase considerare il sistema integrato anche dal punto di vista della manutenibilità e del ciclo vita dei prodotti scelti. Sistemi monoblocco, ad esempio un ERP che svolge come unico package tutte le funzioni, sono affascinanti e sembrano risolvere tutti i problemi di integrazione, ma spesso diventano eccessivamente complessi e rigidi negli inevitabili cambiamenti e upgrade di parti o singole aree. La stessa sostituibilità per fine vita di un software unico può provocare blocchi prolungati dell’interna azienda. Modularità e flessibilità, oltre ad affidabilità, del prodotto e del fornitore, ed efficacia, sono parametri da tenere ben presenti.

È inoltre bene ricordare che ogni interazione manuale sul flusso dati provoca ritardi ed incertezze; spesso i tempi lunghi di evasione ordini sono più connessi ad attese per il micro-decisioni che non dipendenti da tempi di lavorazione. Elemento cardine per il funzionamento del sistema è quindi la sua orchestrazione supportata da un sistema di supervisione in grado di far emergere le criticità nascenti; un cruscotto costituito da pochi KPI di area e di insieme, consente di ottenere un’efficace gestione del processo. La tecnologia è pervasiva nel processo organizzativo market pull e si riflette sulla struttura informativa e sul sistema produttivo. Le macchine devono garantire flessibilità ed integrazione, elementi che rappresentano il vero paradigma del nuovo modello; cambiare rapidamente i setup in funzione della tipologia di lavorazione da effettuare, anche grazie al riconoscimento autonomo del componente, è la vera differenza rispetto alle macchine della generazione precedente. Sincronizzare non significa realizzare linee produttive interconnesse, ma, al contrario, disaccoppiare ed integrare le diverse fasi tramite movimentazioni automatiche od assistite di alimentazione delle varie aree. Il disaccoppiamento delle lavorazioni unito a sistemi di movimentazione sincronizzanti ed integrati è l’altro grande cambiamento di questo modello e la Factory logistics diventa il trait union che collega lavorazioni con materiali, dati ed operatività. Le logiche con cui si gestisce il flusso delineano quindi il livello di “Responsiveness” del sistema produttivo. Tecnologia ed organizzazione interagiscono in modo sincronizzato e flessibile, garantendo rapidità di risposta, gestione di piccole quantità personalizzate ed implementano il concetto Lean di “One Piece Flow”, garantendo al tempo stesso economicità e semplicità nel governo del sistema. Sistemi di pianificazione nati su modelli push per gestire produzioni pull sono sinonimo di insuccesso, o meglio, aiutano a coltivare l’illusione di un processo pianificato mentre le aree produttive utilizzano fogli Excel per le loro esigenze: un evidente spreco.

Può sembrare elementare ed apparentemente banale, ma il primo passo per costruire un efficace sistema produttivo dotato di “reattività” è la scelta dell’unità di movimentazione; pallet e/o cassoni sono legati a modelli fordisti, mentre cassette, colli e kitting sono tipici di produzioni pull. Il contenitore è strettamente legato ai volumi di produzione ed al numero di movimenti necessari, prelievo, trasporto ed eventuale ritorno, per gestire l’alimentazione dei componenti. Il kitting rifornisce con il numero ed il mix strettamente correlato all’ordine le aree operative e rappresenta la vera frontiera del modello Market Pull; richiede una efficace digitalizzazione ed una produzione di componenti a zero difetti per evitare richieste di refilling per mancanti o difettosi oppure ritorni a magazzino per eccedenze. Decisa l’unità di movimentazione ed il metodo di alimentazione delle aree produttive si possono pianificare percorsi a step successivi per costruire la Smart Market Factory desiderata. La struttura del sistema si basa, oltre che sulla logistica interna, sul sistema di gestione distinto in due aree: la modalità di tracking degli eventi ed il modello decisionale. Entrambi possono essere interamente manuali, oppure manuali assistiti, cioè supportati da software dedicati, o completamente automatici. Lo stadio automatico è raggiungibile solo con un sistema digitalizzato e bilanciato in tutte le sue parti (fig 4).

Schema decisionale

Raggiunto questo livello la manifattura è pronta per una vera produzione on demand, ma per completare la transizione anche negli aspetti esterni al processo produttivo e mantenere l’obiettivo di una vera Smart Market Factory, è opportuno costituire un ecosistema della conoscenza che coinvolga costantemente clienti e fornitori non solo per gli aspetti strettamente correlati al business, ma anche per condividere gli scenari evolutivi visti sotto aspetti diversi, oltre ad Università, ITS, Centri di ricerca, Enti Formativi ed Istituzioni. In un mondo in rapida evoluzione, con tecnologie disruptive dietro l’angolo, conoscere i trend e verificare gli stimoli del mercato è essenziale per sostenere l’impresa su una linea di crescita.

Infine, rimane il tema della sostenibilità, che si declina in due ambiti: ambientale e sociale. La sensibilità ambientale richiede una visione circolare dei prodotti progettandoli per garantire manutenibilità, servizi correlati e recupero a fine vita; la sensibilità sociale si rivolge sia all’interno, verso modalità di gestione dei collaboratori, che tengano conto delle nuove aspettative, sia all’esterno, in primis verso la Comunità in cui è insediata l’azienda. In sintesi la Smart Market Factory (Fig. 5) è un modello di fabbrica flessibile, reattiva e sensibile che necessita per essere realizzata di un profondo percorso di cambiamento, inevitabile per rimanere in sintonia con il mercato e realizzabile con implementazioni a passi successivi.

La Smart Market Factory in sintesi

 

*Ermanno Rondi è responsabile Education in Confindustria Piemonte














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