Il Politecnico di Milano: smart city motore per le imprese

L’Unione Europea ha previsto una spesa tra i 10 ed i 12 miliardi di euro in un arco di tempo che si estende fino al 2020 con investimenti per stimolare progetti di città europee che ambiscono a divenire smart. A livello nazionale, il Miur ha bandito una call per finanziare con circa 650 milioni di euro progetti in diversi ambiti che promuovano la sostenibilità dello sviluppo urbano e delle comunità che vi risiedono. È il punto di partenza di una intervista che il sito del Politecnico di Milano (qui il testo completo) ha fatto a Donatella Sciuto, prorettore delegato e docente di Architettura dei calcolatori e sistemi operativi. «Per l’Unione Europea una smart city è una città che, attraverso investimenti in infrastrutture rese avanzate dall’impiego massiccio di tecnologia, si trasforma divenendo economicamente sostenibile, promotrice di una maggiore qualità della vita e di un uso più razionale delle risorse. La definizione di smart city è molto ampia, ma si caratterizza principalmente per la combinazione di sei fattori principali: smart economy, smart people, smart governance, smart mobility, smart environment, smart living», sostiene Sciuto. «Nodo cruciale dello spirito che sta alla base delle smart city è la trasformazione delle strutture urbane già esistenti, ipotizzando interventi meno invasivi e costosi, attraverso l’impiego delle tecnologie. La crisi, imponendo un approccio di maggiore contenimento dei costi e razionalizzazione delle risorse, ha fornito un’accelerazione alla riflessione sul futuro del contesto urbano in un’ottica high-tech. Un aspetto importante è che il processo di trasformazione sia governato e partecipato dall’amministrazione della città e dai cittadini con una visione globale degli obiettivi che si vogliono raggiungere e delle strategie condivise per raggiungerli: la tecnologia da sola non è in grado di fornire intelligenza»

Donatella Sciuto (immagine da Facebook)
Donatella Sciuto (immagine da Facebook)

Per quanto riguarda il rapporto tra Smart City e Agenda Digitale, Sciuto spiega: «L’Agenda Digitale Italiana si è strutturata in una cabina di regia che comprende sei gruppi di lavoro a cui corrispondono sei assi strategici: Infrastrutture e sicurezza; eCommerce; eGovernment Open Data; Alfabetizzazione Informatica – Competenze Digitali; Ricerca e Innovazione; Smart Cities and Communities. Per ognuno di questi assi strategici sono stati identificati degli obiettivi monitorando l’attuazione dei piani di sviluppo dell’Ict delle pubbliche amministrazioni. Ovviamente si tratta di tecnologie abilitanti per la smart city, che consentono di costruire servizi per i cittadini, per le imprese, per i turisti e per quanti usufruiscono della città, ma anche di realizzare un miglior monitoraggio del proprio territorio, apportando quella conoscenza necessaria a definire le priorità di intervento e sviluppo per migliorare la qualità della vita dei cittadini». Ma quali passi dovrebbe compiere la città di Milano? «Per la comunità del Politecnico di Milano il valore dell’apertura risiede nella disponibilità di dati per studiare fenomeni urbani d’interesse, per applicare tecniche di elaborazione sviluppate nelle nostre ricerche, per sviluppare e sperimentare tecnologie e applicazioni innovative», dice Sciuto. «Utilizzando questi dati, tuttavia, ci si è accorti di alcune incompletezze e sono state proprio queste ad ispirarmi quale potrebbe essere il prossimo passo: è importante individuare i dataset con le maggiori potenzialità di ricaduta, e assicurarsi (magari anche modulando lo sforzo tecnico, concentrandosi su di essi) che siano offerti in modo ottimale. Ora, come si fa a individuare i dataset promettenti, e quale può essere il “modo ottimale” di offrirli? Un modo ragionevole di rispondere a queste domande è cercare il feedback degli utilizzatori. L’apertura di un canale di feedback e collaborazione con gli sviluppatori in generale e con le comunità tecnico/scientifiche più significative in particolare (tanto meglio se con qualche rilevanza istituzionale) consentirebbe di elevare notevolmente la possibilità che dai dati nasca qualche applicazione significativa per la vita dei cittadini, che è ovviamente uno degli obiettivi principali dell’apertura».




















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