Segreti e strategie del prossimo leader della Piccola di Confindustria

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di Marco de’ Francesco ♦ Fra un mese Carlo Robiglio diventerà il numero uno di quello che è ormai il pilastro del sistema di rappresentanza imprenditoriale. Ecco tutto, ma proprio tutto, sulle sue attività imprenditoriali e confindustriali

Carlo Robiglio corre da solo. I giochi per altre candidature alla successione di Alberto Baban, in carica per quattro anni, sono chiusi. Robiglio, novarese, presidente della holding di partecipazioni Ebano, nonché vice-presidente de “Il Sole 24 Ore”, si appresta a diventare, con le elezioni del Consiglio Centrale che si terranno il 23 novembre, presidente nazionale di Piccola Industria di Confindustria per il quadriennio 2017-2021 e, in quanto tale, vicepresidente nazionale di Viale Astronomia. Una Piccola Industria sempre più rilevante, nel sistema confederale che ha perso la Fiat, e soprattutto nel panorama industriale italiano, che ha visto il declino o la vendita all’estero dei vecchi campioni del Salotto Buono (Pirelli, Italcementi, Lucchini e chi più ne ha più ne metta) sostituiti, a tendere, da medie aziende globali.

Comunque sia, Robiglio ha anticipato a Industria Italiana le linee guida del suo mandato: forte accento sull’innovazione, in continuità con l’azione di Baban; rafforzamento del ruolo sociale dell’impresa e della cultura di impresa, con la formazione e con la contaminazione con competenze diverse da quelle “tipiche”. L’idea è di recuperare l’identità imprenditoriale e industriale della categoria, che deve diventare un punto di riferimento per la comunità e per il territorio. Quanto all’imprenditore Robiglio, va detto che il gruppo Ebano, partito dall’editoria tradizionale e addirittura dalla tipografia, ha assunto col tempo nuove connotazioni, posizionandosi nel digitale e in una serie di attività innovative. E ora, attraverso la controllata Cef, il gruppo ha fatto il suo  ingresso in Elite, il programma di Borsa Italiana dedicato alle aziende ad alto potenziale di crescita  (vedi Industria Italiana)







 

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Sede di Confindustria, Viale dell’ Astronomia, Roma

Uno sguardo alla Piccola Industria

All’interno del sistema confederale, Piccola Industria ha assunto un ruolo via-via più evidente. Anzi, strategico. Non sembra un caso che la presidenza della Piccola Industria abbia costituito, in alcuni casi, il trampolino di lancio per quella dell’associazione degli industriali. Si pensi a Vincenzo Boccia e al suo predecessore Giorgio Fossa. Se la domanda è: perché? La risposta si trova anzitutto nella struttura stessa del tessuto industriale italiano, molecolare e polverizzato. In Italia ci sono 4.347.625 aziende (il 99,92% del totale) con meno di 250 dipendenti, e danno lavoro a 13.013.420 dipendenti, (80,64%); le aziende con più di 250 dipendenti sono 3.393 (0,08%) e occupano 3.124.234 di addetti (19,36%).

Va detto che tra le aziende medie alcune sono molto competitive, perché capaci di combinare la flessibilità produttiva delle piccole aziende e la proiezione su scala internazionale delle corporation globalizzate; sono molto specializzate e fortemente esportatrici. La sfida consiste nel rappresentarle, sia all’interno del sistema confindustriale, dove da anni lamentano di non essere abbastanza ascoltate, e sia soprattutto nei confronti delle istituzioni del Paese e dell’Europa, dove è vitale che sia sentita la loro voce.

Ma di cosa si occupa Piccola Industria? Di «tutelare le imprese di minori dimensioni quale espressione particolare dei valori di mercato e della concorrenza, e di promuoverne lo sviluppo con quello economico e sociale del Paese». Piccola Industria partecipa con una propria rappresentanza alla politica generale di Viale dell’Astronomia; realizza iniziative di collegamento con le istituzioni e con l’opinione pubblica; e interviene con propri rappresentanti alle iniziative che possono interessare la categoria. È guidata, a livello nazionale, dal Consiglio Centrale che «ha funzioni direttive ed elettive sulla rappresentanza e delibera sulle proposte da sottoporre agli organi confederati».

 

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Alberto Baban, presidente nazionale di Piccola Industria di Confindustria

 

Il piano di Robiglio

Alla notizia della sua candidatura, subito si sono schierati a favore di Robiglio i componenti del Comitato Regionale di Piccola Industria del Piemonte, insieme al presidente del Comitato di Piccola Industria della Valle d’Aosta, che in effetti lo conoscevano, visto che Robiglio è di quelle parti, e visto che il nostro ha ricoperto diverse cariche confindustriali, tra cui quella di presidente regionale dei giovani di Novara e poi del Piemonte, nonché della Piccola di Novara. A ruota sono seguiti praticamente tutti gli altri. Alla fine il consenso era talmente forte e condiviso, che nessun’altro (anche se non mancavano gli aspiranti) se l’è sentita di farsi avanti per perdere. Ma torniamo al piano di Robiglio.

Che cosa intende fare? «Anzitutto – afferma Robiglio – succedo all’importante presidenza di Baban, imprenditore illuminato che si è occupato soprattutto di innovazione, nella consapevolezza che l’economia e l’industria in particolare stanno attraversando una fase di cambiamento di portata storica. Il tessuto industriale va modernizzato, in vista della trasformazione digitale legata all’Industry 4.0. Partendo da un presupposto: il 4.0 non è un brand, ma deve diventare un mantra per le piccole imprese, che devono diventare sostenibili e produttrici di ricchezza, e devono lavorare con un obiettivo: diventare aziende di medie dimensioni».

 

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L’avvento di Industry 4.0

Il secondo elemento del progetto è la centralità dei valori dell’impresa. «Negli ultimi anni, con la crisi – continua Robiglio – noi imprenditori abbiamo perso il senso forte del nostro ruolo sociale. Dobbiamo mettere al centro l’impresa, e tornare ad essere una comunità di imprenditori con un forte impatto sulla società. Va recuperata la nostra identità, appunto al fine di diventare un punto di riferimento per la comunità e per il territorio». Il terzo elemento è la cultura di impresa. «Che è poi quella dell’imprenditore – dichiara Robiglio – che va formato. Perché in effetti i nostri imprenditori hanno un bisogno enorme di cultura di impresa, che non consiste solo nell’insieme di competenze necessarie per “mettersi in proprio”, ma ha a che fare con la strategia, con la responsabilità, con l’innovazione, con la capacità di farsi carico di obiettivi diversi rispetto al profitto.»

La formazione è un asset importante per trasformare le aziende, soprattutto le imprese familiari. «Aiutiamo gli imprenditori a capire quanto sia importante uscire dal proprio perimetro consueto, contaminarsi con chi ha saputo fare meglio nonché inserire in azienda competenze migliori rispetto a quelle che sono stati in grado di sviluppare. Le imprese vanno managerializzate. Bisogna dar vita ad un circolo virtuoso che agli imprenditori non può che far del bene».

 

L’intervento del Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda all’ assemblea di Confindustria

 

Il discorso sulla formazione non è così rituale come potrebbe sembrare. E non solo perché il secondo pacchetto di incentivi by Carlo Calenda prevede – oltre al rinnovo dell’iperammortamento sui beni strumentali interconnessi e del superammortamento su tutti gli altri – anche il credito d’imposta sulla formazione. Ma soprattutto perché l’Italia ha un problema drammatico di mancanza di competenze digitali. Nei prossimi anni le imprese, tutte le imprese, dovranno scegliere fra digitalizzarsi e interconnettersi oppure sparire. Questo richiede, certo, investimenti. Ma richiede soprattutto personale qualificato e competente. Ci vuole cultura digitale, cultura tecnica, e capacità di lettura dei dati e delle informazioni (che saranno in quantità enorme) per trasformarle in valore economico.

Questi skill non dovranno solo appartenere a imprenditori e dirigenti, ma a tutti i dipendenti. Che, se ne saranno privi, perderanno il posto di lavoro. Oppure spariranno dal mercato insieme con la loro azienda. In Italia però le competenze digitali sono al minimo sindacale. Non appesantiamo il racconto qui con tutti i numeri, ma il dato di fatto è che siamo in coda a tutte le classifiche europee. E il problema è particolarmente drammatico nelle piccole imprese, che sono le meno attrezzate. Se la Piccola Impresa riuscisse a ritagliarsi un ruolo importante in questa partita, beh sarebbe una grande vittoria per il sistema confindustriale tutto. E una leva importante per il sistema economico e industriale.

 

La sede del Sole 24 Ore

Robiglio al Sole 24 Ore

Nel curriculum confindustrial-manageriale di Robiglio va segnalato il ruolo importante che si è trovato ad assumere nel periodo più critico della storia del Sole 24 Ore. Nei due mesi di vuoto di governante causati dalle burrascose dimissioni del presidente Giorgio Squinzi e dall’infarto dell’amministratore delegato Gabriele Del Torchio, l’allora consigliere Carlo Robiglio è stato l’uomo della situazione. Ha gestito l’azienda in totale solitudine. E poi ha riferito, nel Consiglio generale di Confindustria, in merito a tutti i problemi che sono emersi, che non erano pochi. Particolarmente apprezzabile, la franchezza con la quale ha richiamato i colleghi confindustriali alle loro responsabilità. Era il 2 ottobre 2016. Sembra passata una vita, ma è poco più di un anno fa. Dopo il rinnovo, è stato premiato con la vicepresidenza.

 

Carlo Robiglio 3
Carlo Robiglio

Robiglio imprenditore

Oggi Robiglio guida e possiede Ebano, holding di pmi digitali e innovative che operano in sinergia. Ma come è arrivato fino lì? Il torinese Robiglio si trasferisce a Novara da piccolo, e lì studia al liceo classico. Si iscrive alla cattolica di Milano, porta a casa la laurea in legge ma presto capisce che l’avvocatura non è la sua strada. «Avevo però una grande passione, quella per i libri. Così, insieme ad un amico, ho fondato negli anni Novanta Interlinea Srl, che ancora esiste». Nasce il Robiglio editore. Interlinea, il cui nome deriva dallo spazio bianco tra le due linee, dal 1992 si impone nel contesto, alto e culturale, delle pubblicazioni di saggistica, poesia, storia ed arte. Diviene un punto di riferimento per gli interessati. Robiglio si occupa anche di editoria di giornali locali, e nel 1996 acquista una tipografia. Per un periodo, il futuro capo della Piccola di Confindustria è anche editore di pubblicazioni locali. Ebano, da immobiliare di famiglia, «dotata di ufficio», diventa la holding delle altre attività.

Alla fine degli anni Novanta Robiglio capisce che è necessario diversificare: «L’attività tipografica non era e non è più sostenibile per piccole realtà – continua Robiglio -: meno male che ho capito subito come stavano le cose. Pertanto sono entrato in piccole realtà di comunicazione e direct marketing, e in piccole società di ricerca di mercato e indagini telefoniche; inoltre ho iniziato a collaborare con il gruppo De Agostini». Poi arriva la crisi del 2008. «Ho iniziato a trovarmi in severa difficoltà, e non solo finanziaria. Ciò che osservavo era una certa compressione delle prospettive relative alle mie attività».

 

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Pubblicazioni Interlinea
La svolta del Cef, la piattaforma di social learning

«Nel 2012, poi, è arrivata un’interessante opportunità dai rapporti con la De Agostini, dove operava un’unità che da alcuni anni erogava corsi professionali, prodotti editoriali nei settori sanitario, sociale, e animal care. In pratica, corsi per badanti, per segretarie di studio medico e per esperti di toelettatura dei cani. I corsi erano realizzati con la formazione a distanza: libri e piattaforme di e-learning. Per un qualche motivo, queste attività della De Agostini faticavano a decollare qui in Italia, mentre funzionavano in Francia e in Spagna, per via del riconoscimento statale dei titoli a distanza. Da noi viene riconosciuto solo il 20% della formazione a distanza: il resto va fatto in aula.

In Italia il Cef, centro europeo di formazione è stato venduto nel 2012. Si trattava di chiuderlo o di alienarlo. Si sono guardati attorno. Io avevo rapporti con De Agostini, per cui sono venuto a conoscenza della vicenda. Ho approfondito la questione, e mi sono reso conto che questo genere di imprenditoria era molto interessante, perché innovativa. Dunque, ho acquisito il ramo d’azienda fondando nel 2013 la newco “Cef Publishing Srl”, di proprietà per il 75% di Ebano e per il 25% di Guido Galimberti, che poi era il manager che seguiva il business in De Agostini». Attualmente la società si presenta come leader nel panorama innovativo della formazione professionale a distanza (Fad), sistema capace di acquisire competenze liberando allievi e docenti dai limiti posti dalla compresenza fisica, attraverso sussidi didattici mirati e avanzate tecnologie di comunicazione, fra cui la piattaforma “Social Learning Cef”.

 

Cef, Guido Galimberti con Antonino Cannavacciuolo
Cef, Guido Galimberti con Antonino Cannavacciuolo

Gli ambiti a cui Cef si dedica sono quattro: sanità, assistenza, ristorazione e benessere animale, e riflettono l’impostazione De Agostini. «In realtà – continua Robiglio – il Cef è molto vantaggioso dal punto di vista strategico: svolge un’attività singolare che ci permette di mantenere delle barriere competitive molto alte, appunto perché sviluppiamo delle iniziative editoriali che si traducono in corsi di formazione professionale. Che si trattasse di un buon affare si è visto dall’inizio: il primo luglio del 2013 è iniziato il primo esercizio, chiuso a dicembre dello stesso anno. In soli sei mesi, il fatturato ha toccato i tre milioni di euro. Abbiamo iniziato a implementare i processi di marketing, di comunicazione e vendita. C’è una piattaforma di social learning per l’erogazione dei corsi.

Nel 2015 abbiamo realizzato il primo corso per cuochi professionisti, sviluppato con la formazione a distanza in collaborazione con Renoia (rete nazionale istituti alberghieri). Il testimonial è il noto chef Antonino Cannavacciuolo». I corsi per cuochi sono il piatto forte di Ebano, quello che genera maggior fatturato. Oltre a questo, il gruppo Ebano dispone di una società specifica per quanto riguarda la consulenza e la formazione aziendale: DSL Consulting. Affianca le aziende per definire percorsi utili al perfezionamento delle competenze interne e gestire i piani formativi; i clienti, peraltro, hanno l’opportunità di ottenere e mantenere le certificazioni di qualità di prodotto e di processo.

 

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Logo del Gruppo Ebano

 

Ebano come sistema integrato

Gradualmente, anche attraverso acquisizioni, il gruppo di Robiglio ha esteso le sue attività oltre l’editoria, mettendo piede in formazione, comunicazione, digital marketing, direct marketing e sharing economy. La struttura “sussidiaria“ del Gruppo è evidente, per esempio, nel meccanismo che consente di vendere i corsi. «Grazie al digital marketing, che è fondamentale – chiarisce Robiglio – arrivano migliaia e migliaia di contatti per i nostri corsi. La richiesta di informazioni della signora Maria perviene a persone formate che la contattano per spiegare di che si tratta e quali sbocchi lavorativi può favorire.»

«Il nostro corso medio ha un valore compreso tra i 2.200 e i 2.500 euro. Durante il 2016 sono pervenute dal web 220mila richieste di informazioni sui corsi, gestite da 170 collaboratori che hanno preso i contatti. Il tasso di trasformazione delle richieste in corsi è pari a circa il 3%. Dunque, abbiamo venduto 6mila corsi, per un fatturato pari a circa 11,5 milioni di euro. Una volta che si è venduto, il corso ha una struttura complessa. Nel caso in cui la signora Maria abbia acquistato un corso di cucina, gli inoltriamo un pacco con le dispense, con i volumi per esercitarsi nonché le informazioni necessarie per accedere alla piattaforma di e-learning».

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Visualizzazione del prodotto digitale di Let.life
Digitalizzazione e innovazione

La digitalizzazione non dipende dal solo apporto del digital marketing. Anche grazie alle acquisizioni, questa holding di pmi sembra assai versata nel settore. Per esempio, c’è Cloud Care, che offre alle aziende assistenza nelle vendite web con un servizio chat e call me now; o Eikon Italia, che invece si occupa di stampa digitale su macchine di ultima generazione. Ebano ha investito, di recente, su Let.life, la piattaforma web che collega oggetti e persone (vedi Industria Italiana). In pratica la soluzione identifica l’oggetto per renderlo unico, grazie a un algoritmo ad hoc; e connette il produttore con l’utilizzatore finale tramite il lato digitale dei prodotti, creando un nuovo valore nel tempo. Come funziona? Secondo l’azienda «il brand ha a disposizione un backoffice per creare e gestire la dimensione digitale dei suoi prodotti (anime digitali), generare e amministrare contenuti, flussi e azioni di comunicazione. Il cliente, tramite app e web app, può accedere ai contenuti del brand e aggiungerne altri personalizzati, per avere a portata di mano le informazioni che desidera». Peraltro, l’iniziativa è finanziata anche da Digital Magics, l’incubatore di start-up innovative fondato da Enrico Gasperini, Alberto Fioravanti e Gabriele Ronchini. Marco Gay, già presidente dei Giovani di Confindustria, né è vicepresidente esecutivo.

E poi Ebano ha investito in Gnammo, startup innovativa che, basandosi sui nuovi principi della sharing economy, permette a chiunque di organizzare eventi culinari nella propria abitazione, diventando così chef per un giorno. La “Airbnb delle cene”, funziona così: uno chef (anche un dilettante) si inventa una cena a casa sua e la propone sulla piattaforma di Gnammo. Una volta raggiunto un certo numero di aderenti paganti la cena viene confermata, organizzata e cucinata. Ogni utente, o Gnammer, può scegliere se cucinare o farsi ospitare per un pranzo, una cena o un brunch da condividere con nuove persone. Lo chef paga a Gnammo una commissione tra il 12% e il 20%. Su Gnammo oggi ci sono 200mila utenti registrati, il 3% sono chef. Capita così che chi ha fatto il corso per diventare cuoco, poi organizzi cene su Gnammo (vedi Industria Italiana).

 

Una cena organizzata da Gnammo

 

Fra le startup in portafoglio, anche Brilliantrees, che si occupa di social media marketing soluzioni per le aziende. Sempre in un contesto innovativo, Friendmovie, «prima piattaforma italiana che permette di accedere al cinema con un doppio biglietto scontato». Da Ebano spiegano che «grazie a questa startup innovativa è infatti possibile scaricare un coupon nella comodità della propria casa e accedere alle sale insieme ad un amico a un prezzo agevolato». Ma c’è anche InnovAction Lab, che si pone, come fine ultimo, l’ideazione e lo sviluppo di progetti proprietari di gruppo Ebano. Si occupa di storytelling di eventi privati importanti (nozze) e di altro. E infine PetMe, realtà italiana di sharing economy dedicata al mondo degli animali da compagnia. In pratica PetMe offre la possibilità di scegliere tra oltre 10mila dogsitter, catsitter e petsitter referenziati in tutta Italia. E ciò grazie ad una piattaforma digitale.

 

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Il team di Btrees

È parte del gruppo di Robiglio anche Strategica, che si propone come partner di processo per offrire a realtà pubbliche e private la possibilità di esternalizzare tutte le attività di servizi inbound, di caring e di gestione dei rapporti con la clientela finale, compresa la gestione dei servizi di assistenza attraverso la telefonia e internet. In pratica, si tratta di una attività di direct marketing gestita mediante più di cento postazioni, con operatori soggetti a formazione continua. Strategica Community si occupa invece della realizzazione di inchieste giornalistiche, Tv online e Tg Web, spot e video aziendali. Vendita diretta telefonica, telemarketing, sviluppo reti commerciali, customer care sono invece appannaggio di Technocall, il contact center del gruppo. Ultima ma non meno importante, la partecipazione al 46% in Btrees, tra le più innovative e dinamiche start-up nel campo del social media marketing e di un vasto portafoglio di servizi per consentire alle aziende clienti di estrarre valore dal web.














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