Esce l’edizione italiana della recente raccolta di saggi curata dalla Mazzucato assieme a Michael Jacobs: è possibile un sistema economico più innovativo, sostenibile e inclusivo? Quali sono i cambiamenti radicali necessari nella nostra maniera di interpretare e capire il capitalismo e di concepire le politiche pubbliche?
In attesa del nuovo saggio di Mariana Mazzucato “The Value of everything” – nel quale l’economista inglese di origine italiana definisce una nuova teoria del valore – come anticipato dall’autrice a Industria Italiana – arriva in libreria “Ripensare il capitalismo” (Laterza ed., trad. F.Galimberti; euro 24. Anche in formato ebook), edizione italiana di “Rethinking Capitalism, Economic and Policy for Sustainable ed Inclusive Growth” (Wiley Blackwell ed. 2016) e curato da Mazzucato assieme a Michael Jacobs.
“Ripensare il capitalismo” – che ci proponiamo di recensire più accuratamente nei prossimi giorni- parte dall’assunto che il capitalismo occidentale viva una fase critica. Il saggio tenta di dare risposte allineando il pensiero di economisti di fama mondiale che rispondono alla domanda: è possibile un sistema economico più innovativo, sostenibile e inclusivo? Quali sono i cambiamenti radicali necessari nella nostra maniera di interpretare e capire il capitalismo e di concepire le politiche pubbliche?
Nel libro, alcuni tra i massimi economisti a livello internazionale ( ne citiamo alcuni, Stephanie Kelton, Joseph E. Stiglitz , Andrew G. Haldane, Colin Crouch) affrontano le questioni chiave dell’economia contemporanea – la politica fiscale e monetaria, il mercato finanziario, la diseguaglianza, le privatizzazioni, l’innovazione e il cambiamento climatico. Con una convinzione: il capitalismo deve essere riformato e reinterpretato.
Nel volume trova spazio un capitolo firmato da Mazzucato e titolato “L’innovazione, lo Stato e i capitali pazienti” scandito in paragrafi: ‘Stiamo andando nella direzione sbagliata’; ‘La teoria economica ortodossa e l’approccio del «fallimento del mercato»’; ‘Lo Stato come attore chiave del sistema dell’innovazione’; ‘Socializzazione dei benefici in cambio della socializzazione dei rischi’; ‘Capitali pazienti: l’importanza dello Stato per allineare meglio i rischi e ricompensare le banche di investimenti’.
Come si intuisce dalla elencazione la studiosa rilancia con vigore i temi affrontati nel suo “Lo Stato innovatore”, nel quale sosteneva come la mano pubblica sia da sempre (e pressoché ovunque nel mondo) il principale attore imprenditoriale e il maggior volano per la creazione di ricchezza. Soprattutto perché il settore pubblico è insostituibile nel promuovere l’innovazione in quanto può assumersi rischi in cui il settore privato farebbe fatica ad avventurarsi. Il primo, infatti, è un soggetto che può disporre di “capitali pazienti”, capaci di attendere la remunerazione del rischio ben oltre i cinque anni chiesti da fondi di private equity e venture capital.
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