Nel futuro di Sap c’è l’intelligent enterprise. La visione di Raptopoulos

di Renzo Zonin ♦︎ L'Ad della filiale italiana della multinazionale illustra i piani per i prossimi anni. L’extended manufacturing, la transizione al cloud, l'industria 4.0 e il nuovo ruolo dell'ecosistema di partner

«Con la pandemia abbiamo dovuto affrontare una situazione senza precedenti, e non c’era un manuale d’istruzioni: ce lo siamo scritti da soli» ci ha detto Emmanouel Raptopoulos, il manager ateniese alla guida della filiale italiana di Sap dal gennaio 2020, poche settimane prima che iniziasse la pandemia di Covid-19. Oltre al ruolo in Sap Italia, Raptopoulos ha anche la responsabilità del Cluster Italia, Grecia, Cipro e Malta, mentre il suo precedente incarico era quello di coo per l’Europa Meridionale, medio oriente e Africa, con base a Dubai. In questa intervista a 360 gradi con Industria Italiana fa un bilancio della situazione attuale e ci racconta i programmi futuri per l’Italia da parte della multinazionale tedesca del software, terza al mondo dopo Microsoft e Oracle. Si calcola che circa il 77% delle transazioni mondiali passi da un sistema Sap. Per questo, le strategie adottate per affrontare la crisi, e ancora più quelle che Raptopoulos e il suo team stanno ponendo in essere per quando ne usciremo, sono importanti per tutta la business community. Nella visione di Raptopoulos, sotto il profilo delle tecnologie Sap Italia nei prossimi mesi sosterrà con convinzione una sempre maggiore adozione del cloud, che i clienti considerano un’ottima opzione per semplificare la gestione del business e migliorare l’efficienza complessiva, grazie anche alle formule di acquisto “as a service”.

Dal punto di vista più specificamente business, l’attenzione dell’azienda sarà massima per una serie di comparti contigui all’Erp classico, in un allargamento di prospettive che fa sì che due terzi del fatturato odierno dell’azienda non siano ascrivibili all’Erp in sé e per sé, ma piuttosto a quella che Sap definisce “intelligent enterprise”: un concetto più inclusivo, che nel business affianca all’Erp strumenti specifici per la gestione ad esempio della clientela, dei dipendenti, dei fornitori e la creazione di insight sofisticati. Parallelamente, anche nel segmento della produzione Sap punta ad andare oltre quello che è il paradigma più noto, quello dell’Industria 4.0, per includere nell’equazione anche i processi relativi alla supply chain. Si arriva in questo modo all’idea dell’extended manufacturing, nel quale le tecnologie dell’Industria 4.0 e quelle per la gestione dei business process sono fra loro strettamente connesse, arrivando così ad avere un unico filo conduttore digitale, dall’ordinazione fino alla consegna al cliente, che colleghi tutti i processi dell’azienda. Tutto questo comporterà una serie di investimenti in Italia – per esempio quelli fatti finora con il Competence center Made e con il Cluster Fabbrica Intelligente –  che consentiranno a Sap di fare squadra con gli innovatori italiani che – secondo Raptopoulos – operano in un Paese dove le aziende, in particolare le Pmi, non cercano l’innovazione fine a sé stessa, ma vogliono che essa porti risultati concreti. Sap sarà aiutata nella sua crescita anche da un esteso ecosistema di partner, che genera oggi a livello globale un fatturato intorno ai 160 miliardi di Euro (rispetto ai 27,5 di Sap nel 2019) che diventeranno 200 nel giro di tre o quattro anni, secondo uno studio condotto da Idc per Sap.







D. Lei è alla guida di Sap Italia da pochi mesi. Quali sono i principali obiettivi del suo mandato, dal punto di vista numerico e qualitativo? Dove vuole portare Sap? Quanto vuole farla crescere, e in quale direzione?

Emmanouel Raptopoulos ad Sap Italia con la responsabilità di Cluster Head per Italia, Grecia, Cipro e Malta

R. «Per prima cosa, devo dire che l’Italia per Sap è un mercato molto importante, è uno dei primi dieci Paesi a livello globale. Quindi stiamo parlando di una filiale matura, e di un mercato altrettanto maturo che compete a livello globale. Le aziende italiane non sono locali – qualcuna lo è, ma in generale hanno un approccio aperto al mondo. Ciò premesso, Sap è un’azienda in crescita e vogliamo continuare a crescere anche nel mercato italiano. Vediamo un potenziale significativo nel segmento che chiamiamo del General Business, potremmo descriverlo come il mercato delle medie aziende, che sono il cuore dell’economia italiana, dove troviamo grandi brand noti in tutto il mondo. Far sì che queste aziende siano in grado di competere al meglio sul mercato globale è sicuramente uno degli obiettivi che ci siamo posti per andare avanti. Questo parlando del mercato in generale. Se invece ci concentriamo sulla tecnologia, c’è un fenomeno che sta accadendo e che noi chiamiamo “transizione al cloud”. Una transizione che per i clienti vuol dire un modo più semplice per fare business e per “consumare” il software, in modalità “as a service”, senza che debbano occuparsi in prima persona di cose tecniche come la gestione del software e dell’hardware. Questa transizione al cloud, che faceva già parte dei nostri piani, è stata accelerata dal Covid. Perché i nostri clienti ci hanno chiesto di fare di più, più in fretta, in modo più facile, e con maggiore efficienza sui costi. Quindi, per rispondere alla domanda su dove sta andando Sap, sta andando ad accelerare la transizione verso il cloud, e questa è la mia principale ambizione, insieme all’assicurarci di rimanere vicini ai nostri clienti di ogni segmento. Ho citato le medie aziende perché mi stanno molto a cuore, ma naturalmente vogliamo essere vicini anche alle grandi aziende che da sempre sono nostri ottimi clienti».

 

D. In che modo il suo mandato tiene conto della natura manifatturiera dell’economia italiana?

R. «Un’altra area chiave per la nostra crescita è rappresentata dall’Industry 4.0, che è fondamentale per l’efficienza delle aziende manifatturiere. E visto che esse sono tradizionalmente la base dell’industria italiana, noi pensiamo di poter svolgere un ruolo significativo. Stiamo già facendo investimenti in quell’area, non solo da un punto di vista dei prodotti, nei quali pensiamo di avere già un portfolio “best in class” per accelerare l’automazione e l’efficienza di produzione, ma anche da un punto di vista di iniziative fatte insieme alle comunità locali. Cito due esempi, uno è il Made, insieme al Politecnico di Milano, e l’altro Cluster Fabbrica Intelligente. Essi costituiscono un significativo impegno in termini di risorse e tempo, per assicurarci di collaborare con altri partner ai livelli più avanzati dell’Industria 4.0».

 

L’ottimizzazione delle emissioni con Sap

D. Come sarà Sap nel 2023? È in quell’anno che scade il suo mandato?

R. «No, il mandato non ha una scadenza definita, ma un periodo di tre anni è sicuramente valido per fare il punto sui risultati e pensare al futuro. Vogliamo diventare il leader indiscusso nel segmento delle business application su cloud, e vogliamo continuare a far crescere le nostre partnership con le grandi aziende e gli investimenti nel mid market. Noi non commentiamo le previsioni finanziarie a livello di singolo Paese, perché diamo solo cifre globali, ma pensiamo che sarà una storia di crescita, e sono fiducioso che quando ci troveremo nel 2023 a commentarla, potrò dire che il piano si è realizzato».

 

D. Anni fa, Sap era il leader mondiale dell’Erp. Oggi lo è ancora, ma fa anche molte altre cose, e d’altronde l’approccio olistico sembra andare per la maggiore fra le software house. Ma oggi, come definireste Sap in modo concreto? Cosa è realmente e cosa diventerà?

Sap data center Walldorf, Germania

R. «Sap significa da sempre due cose: la prima è conoscenza industry-specific, la seconda è integrazione e orchestrazione end-to-end di processi, che porta a semplificazione e riduzione dei costi. Tra parentesi, Sap non è mai stata la soluzione più economica in assoluto, ma è sempre stata la migliore in termini di Tco (total cost of ownership) e affidabilità, e continuerà a esserlo, perché non abbiamo cambiato i nostri core value. Essi rimarranno sempre la conoscenza specifica di settore e l’integrazione dei processi, e questo è anche un fattore che ci differenzia dalla maggior parte dei concorrenti: nessuno di loro può vantare entrambe queste competenze insieme, e per noi sono asset importanti. Certo, il mondo cambia. All’inizio della pandemia, per esempio, tutte le aziende volevano diventare digitali, avere un e-shop. Il motivo, ovviamente, era che non c’era più il retail. Ma le aziende si sono accorte in fretta che potevano anche avere la migliore soluzione di e-commerce, ma era inutile se non erano in grado di consegnare la merce al momento giusto, al prezzo giusto, nel posto giusto al cliente finale. Quindi l’integrazione è tornata a essere un fattore chiave, perché in ogni crisi si torna sempre ai fondamentali. Recentemente abbiamo avuto un incontro con uno dei nostri clienti, un grosso marchio italiano del comparto manifatturiero, e quello che il loro cio ci ha detto è: “voglio rimuovere la complessità dal mio business. Voglio rimuovere i sistemi attuali e integrare nuovi sistemi perché voglio avere un processo seamless a partire dall’ordine del mio cliente fino alla produzione e integrazione”. Ecco dove vogliamo andare come azienda, vogliamo investire molto per far sì che il nostro cliente possa combinare soluzioni cloud con le soluzioni on prem esistenti, dandogli varie opzioni per il deployment, nel suo data center, o in ambito hyperscaler – opzione molto ben accolta anche perché efficiente dal punto di vista dei costi. Quindi offriamo varie opzioni, ma quello che rimane costante è che ci sarà un solo processo dall’ordine al cliente finale, e per realizzarlo si potranno scegliere i componenti tecnologici che si preferiscono. È da qui che Sap è partita e credo che qui resterà nel futuro».

 

D. Poche settimane dopo il suo arrivo in Sap Italia si è trovato a gestire, a causa della pandemia, una situazione estremamente critica e imprevedibile, che si è protratta fino a oggi e della quale ancora non si vede la fine. Come ha fronteggiato l’emergenza Sap Italia?

R. «Sono successe tante cose in questi nove mesi. È stata una situazione senza precedenti, a livello globale. Avevamo visto cosa era successo in Cina, ma non avevamo idea di cosa sarebbe potuto succedere in Europa. Purtroppo l’Italia è stata colpita per prima, e anche molto duramente. E non c’era un manuale per affrontare la situazione: abbiamo dovuto cercare le soluzioni da soli, come persone, come comunità e come business community. La nostra prima preoccupazione è stata di mettere in sicurezza le nostre persone. E questo ho visto che è stato fatto da tutte le aziende italiane, di ogni settore. Personalmente, ho avuto la sensazione che questa sia stata la prima volta che quando si chiedeva a una persona “come stai”, si prestava davvero attenzione alla risposta, non era più solo una formula di cortesia. Abbiamo adottato un approccio molto coscienzioso nel fornire opzioni alle nostre persone, per esempio per la possibilità di lavorare da remoto – cosa sulla quale eravamo ben preparati, visto il nostro settore di attività».

 

Sap Transformation Navigator, lo strumento self-service che i clienti utilizzano per pianificare la transizione a Sap S / 4Hana

 

D. Cosa ha imparato Sap da questa situazione?

R. «Abbiamo osservato con attenzione cosa succedeva dai nostri clienti. Sappiamo che i differenti settori dell’industria sono stati toccati in modo diverso dal virus. In Italia un’industria importante come quella della moda, per esempio, aveva avuto delle difficoltà già prima dell’arrivo della pandemia in Europa, perché le aziende del settore avevano fatto significativi investimenti in Cina, e quindi avevano avuto un danno economico prima di qualsiasi altro mercato. Abbiamo visto reazioni diverse dai vari settori, alcuni colpiti più duramente da subito come i trasporti, il turismo, il retail non-food, altri invece che una volta sopravvissuti al primo colpo hanno visto migliorare il loro business, come il food retail o il comparto farmaceutico. Altri settori sono stati toccati solo marginalmente, penso a banche e assicurazioni, ma anche telecom e utilities. Quindi, guardando al quadro complessivo, ci sono delle differenze, ma il comune denominatore è che ogni cliente con il quale abbiamo parlato ha reagito all’inizio in uno stato che potremmo definire di “shock”, ma ha anche subito concentrato l’attenzione sui risultati. Qui si è vista l’importanza del compito dei cfo, di assicurarsi che il cash flow sia regolare, che l’azienda possa sopravvivere, e questo soprattutto parlando di Pmi, che sono la spina dorsale dell’economia italiana. Questa è stata, per tutti, la prima reazione. Poi, tre o quattro settimane dopo l’inizio della pandemia, tutti abbiamo cominciato a essere ottimisti sulla possibilità di creare nuovi canali per raggiungere i nostri clienti, di mettere a punto supply chain più robuste, e di incrementare la fiducia dei clienti. E abbiamo visto i nostri clienti venire da noi a discutere di come sarà il “new normal”. E penso che i clienti siano usciti da questa situazione in tempi diversi, ma anche con una migliore conoscenza del problema e di come affrontarlo. Per sintetizzare, la prima reazione a questo evento senza precedenti è stata di pensare alle nostre persone, ma immediatamente dopo di discutere con i clienti per vedere come potevamo essere loro d’aiuto e come facilitare le cose anche da un punto di vista finanziario, con una visione a lungo termine, perché questi clienti sono con noi da molto tempo e desideriamo restino con noi ancora a lungo».

Sap sta accelerando la transizione al clopud, che per i clienti vuol dire un modo più semplice per fare business e per “consumare” il software, in modalità “as a service”, senza che debbano occuparsi in prima persona di cose tecniche come la gestione del software e dell’hardware

D. Intorno a Sap si sviluppa un ecosistema di partner molto importante soprattutto per raggiungere la clientela delle Pmi e i mercati verticali che necessitano di know-how specifico. Come si evolverà questo ecosistema nei prossimi anni?

R. «Il nostro ecosistema è formato sia da grandi partner globali, sia da aziende che operano a livello europeo o anche locale. È sempre stato e sempre sarà un pilastro del nostro business. Per dirlo chiaramente, non c’è nessuna possibilità che riusciamo a realizzare le nostre ambizioni di crescita senza l’aiuto dei nostri partner. Per quantificare l’importanza dell’ecosistema per Sap, a livello globale ma anche per l’Italia, posso darvi un dato di Idc. Il valore creato dal nostro ecosistema per i nostri clienti crescerà da 160 miliardi a oltre 200 miliardi nel corso dei prossimi tre o quattro anni. Se mettiamo tutto insieme, è una cifra comparabile con il Pil di una piccola nazione. Quello che stiamo cercando di fare è di restare competitivi per i nostri partner. Sappiamo che essi hanno accesso anche a tecnologie di altri vendor, per questo dobbiamo restare competitivi, e vogliamo essere loro vicini. Abbiamo un buon programma per i partner, che continua ad evolversi perché possano crescere con noi, restando un pilastro fondamentale per accedere al mercato. Un’ultima cosa che voglio sottolineare è che i partner rappresentano una larga fetta della “Sap Economy”. Per ogni euro prodotto da Sap, ci sono da 8 a 10 euro di fatturato generati dall’ecosistema, e questo può dare un’idea del suo grande impatto sull’economia locale».

 

Sap e Siemens collaborano per offrire ai clienti soluzioni realmente integrate e migliorate per la gestione del ciclo di vita del prodotto, la supply chain e la gestione delle risorse

 

D. Le statistiche di mercato nel settore Erp variano moltissimo a seconda di cosa si include nel calcolo. Secondo le stime più ottimistiche, nel 2019 il mercato complessivo dell’Erp globale, fra servizi, licenze e finanza, è arrivato a circa $94 Mld e prima della pandemia si stimava che nel 2024 dovesse arrivare a $97,1 Mld, con un Cagr dello 0,7%. Pensate che queste stime possano essere confermate? In Italia, in particolare, come pensare si evolverà il mercato Erp? E come mai le statistiche indicano una crescita dell’Erp così lenta?

R. «In effetti, le stime di settore sono differenti fra loro. Le ricerche delle quali disponiamo in Sap parlano di una crescita annuale (Cagr) compresa fra l’8 e il 10%, che è piuttosto elevata e si riferisce solo alla parte relativa alle licenze e ai servizi correlati al vendor. Se conteggiassimo anche i servizi forniti dai partner, otterremmo numeri ancora più grandi. Ma una cosa importante da dire, e l’avevamo accennata prima, è che Sap oggi è un vendor che non fa solo Erp, e quest’ultimo costituisce oggi circa il 30/35% del fatturato, a seconda del trimestre. Ci sono molti altri settori nei quali possiamo creare nuovi prodotti per i nostri clienti. Un settore è quello della “customer experience”, un altro è l’”experience management”, cioè gli strumenti per valutare la customer experience, una categoria che abbiamo creato noi. Poi c’è il comparto “data & analytics”, gli strumenti per aiutare i clienti a estrarre informazione dai dati che possiedono: le tecnologie per raccogliere, analizzare e produrre insights con quei dati sono importanti in Sap. Abbiamo un’altra nuova categoria, un’estensione dell’Erp che chiamiamo Intelligent Spend Management, che aiuta i clienti a ridurre i costi e a essere più efficienti quando fanno acquisti. Noi tutto questo lo chiamiamo Intelligent Enterprise. Quindi, se definiamo il mercato senza chiuderci nei limiti dell’Erp, e lo vediamo piuttosto dal punto di vista dell’Intelligent Enterprise, vediamo che c’è spazio per raddoppiare nel giro dei prossimi quattro o cinque anni. Questo naturalmente considerando il mercato globalmente. Quanto di questo market share saremo in grado di catturare come Sap non lo sappiamo, ma certamente vogliamo essere i leader in questo».

Sap Leonardo è la piattaforma IoT, aperta e flessibile, che collega i dati di fabbrica a quelli del business

D. Cosa avete in programma per spingere, nei prossimi mesi, le altre tipologie di software e servizi del vostro portfolio? E pensate di impegnarvi particolarmente su specifici mercati verticali?

R. «Assolutamente. Una delle aree in particolare sulla quale vorrei concentrarmi è quella del Customer Experience e dell’Experience management. E questo per un fatto molto semplice: non c’è nessuna azienda, tantomeno fra quelle nostre clienti, che non sia interessata a raggiungere meglio i propri clienti. Questo è un segmento che sta davvero correndo, anche nel nostro portfolio. Una seconda area è quella che chiamiamo Extended Manufacturing, che non è solo Industria 4.0. Bisogna estendere un po’ il concetto, includendo anche la supply chain: come compro, come pianifico, come produco, come distribuisco. Il tema della supply chain end-to-end diventerà molto importante nella nostra narrativa dei prossimi anni».

La digital supply chain secondo Sap. Il Covid ha insegnato che la catena di fornitura deve essere più robusta e inserita all’interno del concetto di Extended Manufacturing

D. In generale, come vede il processo di digital transformation nelle aziende italiane, sia grandi che Pmi? Ha notato differenze significative rispetto agli altri Paesi, e fra la situazione pre-pandemia e post-pandemia? E più in particolare, l’industria manifatturiera italiana secondo lei a che punto è con l’adozione del digitale e con il percorso verso l’Industria 4.0?

Sap Headquarters in Walldorf, Germany

R. «Quello che ho osservato in Italia lo potrei definire come “innovazione per uno scopo”. Ho visto altre parti del mondo dove l’innovazione è un po’ una buzzword, e i clienti sono favorevoli a provare cose nuove, anche di frontiera – e questo è positivo – ma quando l’economia frena, i clienti tornano ai fondamentali, come dicevamo prima. Secondo me, l’Italia è sempre stata sulla linea dell’innovazione per uno scopo, ovvero non tecnologia fine a sé stessa, ma tecnologia che abbia un valore evidente, che risponda alla domanda “cosa posso ricavare da questo”. Se trasliamo questo nel mondo delle Pmi italiane, dove spesso il proprietario investe in azienda il suo patrimonio personale, la cosa diventa ancora più critica, soprattutto se si tratta di scegliere fra mettere denaro in un’innovazione tecnologica, o metterlo in un nuovo stabilimento o in un nuovo negozio. Per questo dico che alla base di tutto c’è sempre la creazione del valore per il cliente. Per le Pmi la cosa è dunque ancora più problematica, in quanto hanno meno risorse da investire, e questo rende più difficile risolvere l’equazione insieme a loro. Ma penso che molti nostri clienti in quella fascia siano contenti di quello che hanno, almeno a giudicare dalle testimonianze che abbiamo raccolto ultimamente fra i partecipanti di Sap Now. Molte Pmi hanno commentato riguardo il valore che ottengono da Sap, e ritengo che nel comparto Industria 4.0 ci sia una costruttiva discussione e grande energia positiva. Queste indicazioni vanno raccolte e noi possiamo fare molto nell’Industry 4.0, per aiutare i clienti a competere meglio sul mercato mondiale».

 

D. Uno dei miti più diffusi sull’Erp è che sia una tipologia di software poco dinamica, e che ogni modifica richieda molto tempo e molte risorse. L’emergenza del 2020 ha richiesto per molti vostri clienti un riadattamento dei modelli di business e quindi del software sui quali si basavano. Cosa vi hanno chiesto i clienti? E come ha funzionato l’ecosistema Sap in queste condizioni?

R. «Le aziende che sono risultate meglio preparate alla pandemia sono state quelle che avevano già il backbone Erp operativo. In effetti i clienti non hanno cambiato molto nei loro sistemi Erp. Quello che abbiamo notato è l’emergere dell’importanza della figura del cfo. Egli chiedeva di avere più insight e più rapidamente, e avendo l’Erp già operativo non c’era necessità di cambiare nulla, bastava sfruttare bene quello che si aveva a disposizione. Abbiamo anche notato che molti clienti hanno sfruttato questo periodo per apportare cambiamenti perché si sono accorti di avere delle criticità nella supply chain o nel modo di servire i clienti. Abbiamo visto una forte accelerazione in questo particolare comparto perché è fondamentale e, come dicevamo prima, nei momenti di crisi si torna ai fondamentali, a cosa voglio avere. L’abbiamo visto accadere e il mercato ce lo ha confermato concretamente, perché i livelli di revenue, considerando il settore allargato dell’intelligent enterprise, sono cresciuti in questo particolare periodo».

[Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 22 dicembre 2020]














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