Quali effetti del coronavirus sulla supply chain industriale?

Secondo Anra, le aziende possono evitare le conseguenze relative alla diffusione della pandemia se hanno preventivamente attuato la procedura dei Geoaudit, che permette di identificare i potenziali rischi legati all’esposizione internazionale ed elaborare soluzioni efficaci

Il coronavirus non rappresenta solo un rischio per la salute delle persone, ma anche per quella dell’economia globale, già messa a dura prova dalla trade war di Trump e dalla Brexit.

Basti pensare che la sola città di Wuhan – epicentro della diffusione della pandemia – è un importantissimo snodo di distribuzione e fornitura nel settore hi-tech ed automobilistico, rappresentando ben l’1,6% del il nazionale, e il suo isolamento sta ovviamente causando notevoli difficoltà al comparto produttivo.







«Davanti alla progressiva paralisi delle catene di approvvigionamento, alla crescente mancanza di manodopera, all’impossibilità di transito delle merci e al rischio di disordini sociali, le aziende che puntano sulla produzione just-in-time si trovano in notevole difficoltà, e sempre più prossime al completo blocco della supply chain – commenta Mark William Lowe, Socio Anra e Membro dell’Advisory Board, Pyramid Temi Group – questo porterebbe ad una sempre minore reperibilità dei prodotti, e al conseguente aumento dei prezzi. Inoltre, S&P Global Ratings ha stimato una decrescita del Pil nazionale cinese di 1,2 punti percentuali, che impatterebbe in maniera considerevole sul mercato globale».

La conseguenza più immediata del coronavirus, dunque, è il blocco della supply chain, ma questo può essere evitato se è stata preventivamente attuata la procedura dei Geoaudit, che permette di identificare i potenziali rischi legati all’esposizione internazionale ed elaborare soluzioni efficaci.

Mark William Lowe, Anra

«Per tutelare le aziende da conseguenze catastrofiche – prosegue Mark William Lowe – i risk manager si affidano al Geoaudit, una procedura che identifica i potenziali rischi legati all’esposizione internazionale: in primo luogo, si studiano le dinamiche dei rapporti con l’estero, e la maniera in cui queste possono impattare, sulla catena di fornitura. Il compito del risk manager, a questo punto, è quello di monitorare il rischio di cambiamento, per cercare di anticipare il momento in cui può comparire un problema, ed elaborare non solo un piano B in caso di blocco, ma anche con un piano C che garantisca il regolare transito delle merci».

Le procedure per condurre un audit e mantenerlo nel tempo sono complesse, ma fondamentali per operare in un mondo globalizzato, dove ogni più piccolo cambiamento politico, fiscale o sociale può avere un grande impatto.














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