I progetti innovativi di Epic Sim, che seleziona gli investitori crowdfunding

di Lura Magna♦ La startup di Andrea Crovetto, (tra gli azionisti Digital Magics di Marco Gay), ha inventato uno speciale sistema, molto selettivo, per alimentare la crescita delle aziende clienti. Accesso riservato per selezionare i potenziali investitori e price discovery. Punta a quota 100 milioni, quadruplicando il volume d’affari.

Obiettivo: 100 milioni di erogato a fine 2018, partendo dai 25 attuali. Vuole quadriplicare il suo volume di affari Epic Sim, «la prima piattaforma fintech dove Pmi e startup possono presentare a una platea selezionata di investitori professionali progetti di sviluppo da finanziare », per dirla con le parole del suo amministratore delegato Andrea Crovetto. Insomma, una start up che fa crowdfunding, ma con regole del tutto sui generis: l’accesso alla piattaforma infatti non è consentito al pubblico indistinto ma è riservato a investitori qualificati e registrati, ovvero banche, assicurazioni, family office, sim. Niente crowd dunque, ma un’élite selezionata di esperti che ha la possibilità, una volta individuato il progetto o l’azienda di interesse, di trarre tutte le informazioni di cui necessita direttamente alla fonte. Ovvero, intervistando le aziende stesse. Che, da parte loro, dialogano con diversi investitori potenziali, raccogliendo offerte differenti e concorrendo alla formazione del prezzo, in un processo che gli anglosassoni chiamano “price discovery”. Un processo efficiente, molto diverso da quello bilaterale che vede coinvolta l’azienda e la banca o il PE dove, di fatto, non c’è nessuna trattativa, ma solo un “prendere o lasciare”.

 







Andrea Crovetto
Andrea Crovetto, ad Epic Sim

 

«Il crowdfunding può essere basato sul lending o sull’emissione di titoli, nel qual caso prende il nome di security based crowdfunding. Noi siamo in questo ambito, ma ci rivolgiamo solo a investitori professionali, per tanto siamo giuridicamente una Sim e siamo sottoposti alla vigilanza di Bankitalia e Consob, con procedure del tutto analoghe a quelle a cui viene sottoposta una banca», precisa Crovetto. Che ci spiega poi il funzionamento della piattaforma nel dettaglio. «L’accesso è riservato agli operatori che abbiano ricevuto una password dopo le nostre verifiche, che includono anche un controllo anti-riciclaggio e anti-terrorismo. Ci sono due “stanze” per ogni azienda: la prima contiene i dati pubblici, ovvero un company profile che serve all’investitore per fare una prima valutazione di massima. Se l’azienda viene reputata interessante, l’investitore accede alla seconda stanza, la dataroom, dove ci sono i dati sensibili. Poiché tra i soggetti di questa relazione di debito potenziale esiste sempre una certa diffidenza reciproca, abbiamo creato una procedura per cui l’investitore deve chiedere informaticamente il permesso all’azienda per accedere alla data-room, che è il sancta sanctorum dell’impresa», dice Crovetto.

Come funziona

Questa formula dell’accesso riservato consente anche di abbattere i costi ed è quindi un modo per fare margine: «Se vuoi allargare il crowdfunding all’investitore al dettaglio, i costi esplodono. La nostra piattaforma si regge sul fatto di tenere bassi i costi delle transazioni delle imprese. D’altronde siamo anche convinti che la media impresa italiana sia un investimento complesso e che non sia opportuno investire in cose che non sono comprensibili a un profano, qual è tipicamente il retail».

 

Nella sede di Epic

Come viene remunerato il business, posto che i costi sono contenuti grazie all’accesso riservato? «Per seguire la singola media impresa nei suoi investimenti bisogna sostenere costi di consulenza e di logistica per portare la proposta da più fondi e più soggetti, noi lo facciamo con la piattaforma a cui segnaliamo ogni operazione, ma l’investitore va da solo a informarsi. I costi di queste transazioni sono ridotti: e questo è il nostro primo plus. Poi, veniamo pagati su base percentuale in base alla dimensione dell’operazione. Ma una caratteristica che ci siamo voluti dare è che guadagniamo solo se l’operazione si chiude. In questo modo, l’imprenditore tiene bassi i costi legati all’incertezza, ma se le cose vanno bene è ben contento di remunerare chi ha mediato l’operazione. I costi si aggirano intorno all’1,5-2% per emissioni di bond e sul 5% in caso di operazioni che coinvolgono l’azionario. Sono costi simili a quelli della banca, però ci sono vantaggi che la banca non dà e non ci sono i costi nascosti», spiega Crovetto.

Non solo. L’interazione tra richiedenti e investitori, una volta superata la barriera della diffidenza, non si limita a quanto già descritto. «La vera innovazione sta nel fatto che l’investitore, se non è soddisfatto dall’analisi della data-room, può chiedere ulteriori informazioni direttamente all’azienda o a noi. Così, in tempi che oggi sono già di giorni, gli investitori manifestano l’interesse, fanno la loro proposta di investimento e si crea trattativa e mercato. Questa interazione diretta e la possibilità per l’azienda di trattare con diversi finanziatori dà vita a un mercato multilaterale in cui si crea competizione e si ha la possibilità alle imprese di trovare la migliore occasione per il proprio business», sostiene Crovetto. A che genere di impresa si rivolge Epic SIM? Risponde l’amministratore delegato: «Parliamo di un bacino di 5mila imprese tra 50 milioni e i 300 milioni di fatturato, che dipende ancora in maniera prevalente dal canale bancario, in un momento storico in cui diversificare le fonti di credito è necessario più che mai».

La dipendenza dal canale bancario, un problema italiano

E non è difficile comprenderne le ragioni. Diversificare le fonti di finanziamento contribuisce a rendere il conto economico più equilibrato e la crescita più solida. Per esempio, secondo Crif nell’ultimo decennio l’eccessiva dipendenza dal canale bancario ha ridotto la crescita delle Pmi. La ricerca, condotta su 15mila imprese con fatturato tra 10 e 500 milioni, innanzitutto conferma che per fronteggiare le esigenze finanziarie di breve e lungo periodo, tra il 2006 e il 2015 – periodo dell’osservazione di Crif – i cambiamenti nelle strategie sono stati solo minimi: il debito bancario è rimasto costantemente oltre l’85%. Solo un numero ristretto di aziende, poco più del 5%, ha diversificato le proprie fonti facendo ricorso ai mercati dei capitali.

«La percentuale delle obbligazioni sui debiti finanziari per le Pmi analizzate (4,1%) – scrive Crif – risulta circa 1/3 rispetto alla media delle aziende italiane non finanziarie (13%), a loro volta molto al di sotto dei livelli rilevati in UK (26%) e USA (41%)». Anche se si sposta lo sguardo a mercati meno dinamici, come quelli del Vecchio Continente, le percentuali restano le medesime: secondo la Banca d’Italia,  ( vedi Sole 24 ore ) «il credito bancario vale, in Italia, oltre due terzi dei debiti finanziari delle aziende, contro un terzo in Francia e nei Paesi anglosassoni e la metà in Germania». Infine, l’Ue, nel piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali, entro il 2019 invita a porre la diversificazione delle fonti di finanziamento in cima all’agenda politica. «Vi è la necessità, da un lato, di informare maggiormente le piccole imprese con esigenze di finanziamento sulle opzioni di finanziamento basate sul mercato a loro disposizione e, dall’altro, di aumentare la visibilità delle imprese agli occhi di potenziali investitori locali e paneuropei», si legge nel documento.

«Il mercato dei finanziamenti a medio termine ogni anno vale in italia tra 40 e 50 miliardi di euro. I minibond su Extromot hanno una quota fa tra 1 e 2%, però la nostra aspettativa è di una fortissima crescita. L’equity ha un peso ancora inferiore, anche in anni di grande successo è quantificabile in qualche centinaio di milioni. Tuttavia il trend di Aim segnala un grande progresso, in cui crediamo», dice Crovetto. A testimoniare che qualcosa, lentamente, si sta muovendo.

 

Marco Gay_Vicepresidente Esecutivo Digital Magics_web
Marco Gay, amministratore delegato di Digital Magics

I compagni d’avventura

Crovetto, che ha alle spalle una carriera interamente spesa in banca, quattro anni fa ha accettato di seguire nel suo progetto Guido Ferrarini, «un giurista, che ha disegnato la nostra idea sulla base della regolamentazione. Con lui, avevo contributo alla piattaforma TLX di Unicredit e da lì è nata l’idea di portare in Italia questo modello che abbiamo visto crescere negli Usa, e lo abbiamo adattato alle esigenze del mercato italiano, caratterizzato da aziende più piccole e più debito e investitori molto più prudenti. A oggi abbiamo 100 investitori aderenti alla piattaforma che guardano alle diverse opportunità grazie soprattutto all’onda dei Pir. Abbiamo fatto operazioni verso le imprese per un valore di 25 milioni e crediamo che sia una cifra che possa salire moltissimo. Puntiamo ai 100 milioni per fine anno. Le aziende finanziate sono 5, tuttavia ne abbiamo una trentina che sono in lavorazione e si preparano per andare sul mercato. Arriveremo a breakeven quest’anno. La crescita che prevediamo ci sta facendo investire nello staff: a fine anno avremo 20 dipendenti e intanto abbiamo traslocato in un ufficio più grande in Foro Bonaparte a Milano», racconta l’ad.

Nel processo di crescita di Epic SIM, un ruolo determinante lo ha avuto Digital Magics, l’incubatore di imprese quotato a Piazza Affari: «è un nostro grande sostenitore, un azionista che ci aiuta in tante cose, innanzitutto nella parte di sviluppo digitale, e in quello di strategie nel mondo digitale. Hanno partecipato a diversi round di finanziamenti», dice Crovetto. E Marco Gay, l’amministratore delegato di Digital Magic aggiunge «Il ruolo di Digital Magic è quello di cogliere megatrend in cui investire e creare sviluppo. Epic SIM è interessante e importante perché è un’ottima base di partenza per lo sviluppo di aziende non quotate, oltre che per il settore degli investimenti diretti. Qualificando gli investitori, la SIM li porta ad avere semplificazione, ed è qualcosa di molto vicino al nostro mondo, in cui crediamo profondamente. Il nostro investimento complessivo ammonta a oggi a 350mila euro».














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