Piano Calenda 1 e 2 : la radiografia critica di Ferri, che dice la sua sullo sviluppo economico a 360 gradi

di Laura Magna ♦ Il fondatore di Innext, alla guida del Centro Studi del Pensiero Liberale, fa una radiografia critica di Industria 4.0 e snocciola le sue proposte per una reale inversione di tendenza in ambito industriale e per il Paese: lavoro ai giovani, sburocratizzazione, riduzione del debito con taglio della spesa e ….flat tax.

Il piano Industria 4.0? Lodevole nelle intenzioni, ma potenzialmente inefficace nell’applicazione. Una occasione persa se non poggia su solide fondamenta di politica economica, quelle necessarie per far  ripartire   l’Italia. Così la pensa Francesco Ferri, fondatore della società di consulenza strategica e change management Innext. 42 anni, parmense, responsabile del topic entrepreneurship dell’associazione Alumni Bocconi, ex consulente in Dale Carnegie, società attiva nella gestione del cambiamento aziendale, Ferri, che si definisce imprenditore nel campo dei servizi,  guida il Centro Studi del Pensiero Liberale, un think tank composto da imprenditori, giovani professionisti e docenti universitari che ha l’obiettivo di realizzare proposte e contenuti di stampo liberale per il futuro del paese, da mettere a disposizione della politica. Fa inoltre parte del Consiglio generale di Assolombarda dopo essere stato fino allo scorso maggio vicepresidente dei giovani imprenditori di Confindustria.

Ferri
Francesco Ferri, imprenditore nel campo dei servizi

Il Piano Calenda ha avuto veramente successo?

Ferri non appartiene certo alla schiera degli entusiasti del piano Calenda ma non nega che il pacchetto sia «l’unica iniziativa di politica industriale che si ricordi da anni in Italia, una politica dell’offerta e non della domanda». Il suo invito è a valutare più in profondità i dati disponibili. Il primo e più importante, quello relativo alla crescita degli ordinativi di macchine, sbandierato come dimostrazione del successo della manovra. «Senza dubbio positivo, a patto di essere sicuri che dentro questo incremento a doppia cifra ci sia veramente IOT e connessione, ovvero tutto ciò che abilita la trasformazione digitale». E’ il punto di partenza di un ragionamento generale, per il quale ha elencato a Industria Italiana tutte le sue perplessità sia sul primo pacchetto che sulle nuove proposte in via di definizione da parte del Ministro.







 

Gli obbiettivi del Piano Calenda
Gli incentivi: manca la certezza sulla loro efficacia

Partiamo dagli incentivi: dalla cabina di regia tra governo e parti sociali per la riedizione di Industria 4.0 sono emerse indicazioni abbastanza chiare in merito al rinnovo delle misure di stimolo fiscale, in particolare l’iper e il super ammortamento, anche se nel farlo ci si dovrà scontrare con le scarse risorse a disposizione stante il vincolo di bilancio. Non si conoscono dunque perimetro, entità e platea dei prossimi beni incentivati. L’industria attende con ansia, proprio alla luce dell’importante risultato della prima tornata di incentivi. Calenda ha sottolineato che «da gennaio a giugno l’andamento degli ordinativi è in crescita di circa il 9%», in linea con le ambiziose mire del governo, ed è in continua accelerazione. Il settore “macchinari e altri apparecchi” ha segnato addirittura un incremento dell’11,6%.

Cosa ne pensa Ferri? «I benefici tangibili che ci sono stati quest’anno sulle aziende si stanno misurando con la voglia di rilanciare le produzioni in Italia e questo è al di là di tutto l’elemento più positivo del piano, l’ aver dato slancio alla manifattura che è il nostro asset più importante», afferma il consulente che riconosce dunque che «il piano sia senza dubbio lodevole». Ma non è privo di difetti. « Il caveat che personalmente ho sempre espresso anche in sede Confindustriale, è che vorrei vedere anche la qualità degli investimenti. L’11% di crescita dei macchinari anno su anno nel semestre è un dato assolutamente positivo. Poi cosa ci sia davvero dentro in questo 11%, sarebbe bello scoprirlo attraverso un’indagine approfondita. Parliamo davvero di macchinari 4.0 con tecnologia IOT o di piccoli investimenti vestiti da 4.0?».

Se fosse vera la seconda ipotesi si tratterebbe di una occasione persa e le marce trionfali sulla ripresa si ridurrebbero in una bolla di sapone. «Conoscere che tipo di tecnologie sono state incentivate consente a Industria 4.0 di essere veramente efficace in termini di servizio al cliente e di rinnovamento del business. Il mio è un dubbio metodologico e deve funzionare da bussola per riorientare i nuovi stimoli, perfezionando la definizione nel dettaglio delle tecnologie su cui investire. Se si fa questo ulteriore passaggio si evita il rischio che Industria 4.0 diventi un altro fenomeno a pioggia che impedisce il vero salto di qualità».

 

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Ferri: sulla formazione, il primo piano Calenda non ha ottenuto nel 2017 i frutti sperati
La formazione e i Competence Center

L’altro tema chiave che sarà affrontato nel 2018 sono le competenze. Innanzitutto con la piena attivazione dei Competence Center, al momento in forte in ritardo rispetto alla tabella di marcia, e poi investendo sulla formazione. Si tratta di una priorità assoluta: e il Mise vuole affrontarla introducendo nella legge di bilancio la previsione di un credito d’imposta per le attività di formazione legate a Industria 4.0 con un meccanismo di detrazione fiscale fino al 50% dell’incremento di spesa nel triennio 2018-2010 rispetto ai tre anni precedenti. Anche qui Ferri introduce una valutazione piuttosto disincantata.

«Proprio sulla formazione, il primo piano Calenda non ha ottenuto nel 2017 i frutti sperati: mi ha deluso soprattutto la questione dei Competence Center. Dopo 11 mesi il Miur non ha ancora fatto il bando per avviarli. Eppure sono stati stanziati 30 milioni, una cifra piccola ma sufficiente e dopo quasi un anno manca un fattore abilitante fondamentale, ovvero gli istituti che permettono di fare il trasferimento tecnologico dall’Università alle imprese. La ragione di questo ritardo è certamente un rimbalzo burocratico, in cui prima si pensava si potesse andare in appalto in aggiudicazione diretta, poi è saltato fuori che era necessario fare un bando di gara che è stato fatto due o tre volte e rimpallato tra Ministeri. Oggi il bando sembra aggiudicato e bisogna correre: ma se i fondi non vengano stanziati entro dicembre questa rischia di essere un’occasione persa», afferma Ferri.

I quattro pilastri che dovrebbero sorreggere la ripresa

Insomma, in estrema sintesi, secondo Ferri, la politica industriale di Calenda potrebbe trasformarsi nella politica delle   opportunità mancate. Senza considerare quello in cui il governo è totalmente carente, quei quattro pilastri che, a parere dell’ imprenditore nel campo dei servizi, potrebbero sorreggere veramente la ripresa.Eccoli.

Supporto all’occupazione giovanile

«Sono cose di cui si parla incessantemente e che sono fondamentali per una reale ripartenza- esordisce Ferri -: la prima è una formula di supporto all’occupazione giovanile. Il Paese deve ripartire dando dignità ai giovani che sono senza lavoro. Diciamo che il Jobs Act ha creato lavoro, ma su fasce di popolazione più adulte. Ci vorrebbe un’esenzione fiscale per l’assunzione dei giovani sotto i trent’anni e per i primi tre anni del lavoro».

Sburocratizzazione e riduzione del debito

Il secondo pilastro di una politica industriale efficace è per il fondatore di Innext «la sburocratizzazione, che riguarda tutti i settori, dai trasporti alle municipalizzate, che vanno resi competitivi facendo misure di liberalizzazione e privatizzazione. Ancora, è necessario procedere alla riduzione stabile del debito attraverso la riduzione della spesa, misura necessaria ma di cui è scomodo parlare. Infine, il quarto pilastro è la flat tax. Un’aliquota unica per persone fisiche e giuridiche al 25%, tutti hanno detto che è fattibile: facciamola!».

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Flat tax

La flat tax cara a Ferri viene definita «una di quelle manovre disruptive che, al di là dei proclami sugli zero virgola di crescita che a intermittenza si realizzano, potrebbe rappresentare quella discontinuità che serve adesso in Italia per far realmente ripartire l’economia». Resta da capire se ci siano le risorse per fare questo genere di riforme, tenendo a mente il vincolo di bilancio. «Ho analizzato uno studio dell’Istituto Bruno Leoni che afferma che l’ istituzione della flat tax sarebbe di difficile fattibilità perché a monte sarebbe necessaria una riforma fiscale e del welfare, oltre che degli incentivi alle imprese.»

«Tuttavia ci sono versioni alternative (come quella che ha realizzato il Centro Studi del Pensiero Liberale) che dimostrano come il maggior costo derivante dall’applicazione dell’aliquota unica potrebbe essere compensato dall’emersione da un lato e da una ripresa dell’economia da un altro. La flat tax è un ulteriore fattore abilitante per la ripresa economica , e dall’altra parte il taglio di spesa e del debito si fa con liberalizzazione e privatizzazione. Basterebbe attuare i piani Cottarelli e Giavazzi, implementare qualcosa che è già stato ampiamente studiato. In Italia sappiamo benissimo cosa si deve fare, ma lo facciamo sempre sul filo del rasoio o fuori tempo massimo».

Temi che tornano in auge soprattutto perché il clima di campagna elettorale è già iniziato. C’è una forza politica che può davvero cambiare il Paese? «Io credo che il cambiamento può arrivare solo se c’è una novità nelle facce, persone credibili con un solido background professionale, che hanno carriere pregresse ma che siano anche vicine a professionisti, imprese, cittadini. Se persone di questo calibro dedicano cinque anni al Paese mettendo in campo riforme di buonsenso sono fiducioso che le cose possano migliorare. Ci vorrebbe un po’ di sano rinnovamento».














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