Phoenix: ecco come l’economia reale affronta la digital transformation

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L’azienda di Verdello (Bergamo) è leader mondiale negli stampi per l’estrusione di alluminio. Insieme a Project e Hpe sta vivendo il delicato passaggio della digitalizzazione ♦ di Filippo Astone e Marco de’ Francesco

L’economia reale è al centro della nuova fase di digitalizzazione del mondo che conosciamo. Un processo che si chiama Industry 4.0 e che cambia le vite non solo delle fabbriche e di coloro che ci lavorano, ma di ognuno di noi. Per Industria Italiana, che si propone soprattutto di raccontare i grandi cambiamenti della manifattura (cioé del cuore dell’Italia che produce e vive…) si tratta di un tema centrale.







In questo articolo raccontiamo la storia di come la Phoenix di Verdello (Bergamo), un’azienda-gioello leader mondiale nella progettazione, distribuzione e vendita di stampi per l’estrusione dell’alluminio, sta affrontando la digital transformation. Una fase delicata che necessita non solo di una totale revisione dei processi e delle strategie, non solo di un software capace ed efficace, ma anche di un hardware che garantisca velocità, affidabilità e sicurezza. Da questo punto di vista, l’affidarsi a una infrastruttura ibrida, come hanno fatto in Phoenix, può essere una scelta decisiva.

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Veduta aerea dello stabilimento Phoenix, Verdello BG

 L’IOT, l’internet delle cose (una evoluzione della rete, in base alla quale persone, cose e luoghi sono connessi, comunicano con intelligenza e agiscono su oggetti a loro volta collegati; ndr) comporterà un aumento esponenziale delle informazioni a disposizione dell’azienda; e il dominio dei numeri, dei dati e delle cifre, costituirà un fattore darwiniano di selezione sui mercati. Il Cloud, e cioè l’erogazione on demand di servizi di archiviazione, trasmissione e elaborazione di risorse configurabili, è senz’altro un mezzo per trasformare quantità considerevoli di dati in informazioni di valore, e di conseguenza uno strumento che consente di affrontare la sfida dell’innovazione.

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Stefano Biava IT manager Phoenix

Phoenix International e il cloud ibrido

 È già iniziato, in Phoenix International, il processo di approccio al Cloud ibrido, che integra il modello pubblico e quello privato. «Siamo in fase di test avanzato e alla vigilia di un primo rilascio operativo già significativo – afferma l’IT manager Stefano Biava -. In generale l’azienda non ha una mentalità pregiudizievolmente protettiva, né teme di esternalizzare archivi, servizi e software tecnici. Naturalmente sono stati pensati e adottati gli opportuni criteri di protezione, a salvaguardia della sicurezza, integrità e riservatezza del dato. Valuteremo i vantaggi dell’ammodernamento, in termini di velocità e qualità tecnica. Già viaggiamo in Bmw; perché non andare in Ferrari?». Con l’ibrido l’infrastruttura è gestita in parte dall’azienda e in parte dal provider esterno. In pratica offre la possibilità di mantenere in casa dati critici, e di esternalizzare servizi, risorse e informazioni meno sensibili.

L’innesco di un meccanismo virtuoso

 Peraltro, secondo l’agenzia americana di analisi di prodotto Principled Technologies l’ibrido consentirebbe concreti vantaggi in termini di riduzione dei costi, nonché una riduzione della complessità organizzativa e un aumento dell’efficienza operativa. «L’investimento previsto per l’intero progetto a livello di Gruppo, è di circa 200mila euro complessivi – continua Biava -, e sono certo che il budget sarà ampiamente rispettato. Alcune possibili varianti tecniche, rilevanti e migliorative, possono determinare una maggiorazione del 30% circa. D’altra parte l’ottimizzazione delle tecnologie informatiche si traduce in un incremento quantitativo e qualitativo dei processi produttivi. A regime, il risparmio economico viene indirizzato sullo sviluppo di altre tecnologie, quelle legate al core-business. Questo è il meccanismo virtuoso».

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Un prodotto Phoenix
Un complesso processo d’innovazione

 Biava fa parte di un team di sei persone, operativo nella sede di Verdello (Bergamo), adibito sia alla gestione ordinaria e straordinaria della infrastruttura IT presente in sede (ma anche delle varie componenti attive presso alcune Company del Gruppo: Dubai, Germania, Cina), che alla progettazione e sviluppo di soluzioni software proprietarie. È in Phoenix International da cinque anni. L’azienda è leader europeo nella progettazione, produzione e vendita di matrici in acciaio per l’estrusione dell’alluminio. «In pratica, acquistiamo barre di acciaio – afferma Biava – e da esse realizziamo le matrici: quei “segmenti di cilindro opportunamente sagomati e lavorati”, attraverso i quali passa, pressato, l’alluminio fuso, che assume al termine una forma determinata».

Detta così, sembra tutto molto semplice. In realtà sono in gioco alte temperature, che com’è noto hanno sempre effetti sui metalli. «L’acciaio va temprato, va trattato termicamente – chiarisce Biava -; peraltro, gli estrusori oggigiorno soddisfano esigenze impegnative, con acciai ad alte prestazioni, con disegni futuristici e possibilità di lavoro virtualmente illimitate. Per esempio, lavorazioni a cinque assi con uno speciale rivestimento ad alta tecnologia».

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Fase di lavorazione alla Phoenix
….per un prodotto ad alta tecnologia

   Del resto l’azienda assicura che «la gamma di dimensioni del prodotto è completa: dai 50mm fino ai 1.200 mm di diametro, per garantire l’operatività di presse di estrusione da 5 a 120 meganewton». Va detto che, in un contesto globale, la richiesta di prodotti di alluminio aumenta anche a fini industriali; la leggerezza si traduce in un basso consumo energetico per molte attività. Di qui l’importanza di ciascun componente della filiera (produttori di matrici, estrusori, e altro).

 Il Gruppo Phoenix, 77 milioni di fatturato e un ebitda del 20%, è passato un anno fa ai francesi di Chequers, che hanno battuto la concorrenza dei fondi Hig Capital e Ambienta rilevando la quota di controllo da Opera Sgr. I manager e lo stesso presidente e AD Roberto Rusticelli hanno reinvestito in una quota di minoranza. Il gruppo ha 539 dipendenti. «E controlla tre stabilimenti a Brescia – continua Biava – nonché altre unità produttive in Spagna, in Germania, in Romania, in Olanda, a Dubai, e in Cina. Il futuro potrebbe portarci verso Canada e Stati Uniti».

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Stabilimento Phoenix a Verdello,BG veduta esterna
Il cloud ibrido tappa conclusiva del processo di rinnovamento informatico

 Il Cloud Ibrido rappresenta la terza fase di un processo iniziato con l’arrivo di Biava in azienda. «Il sistema informatico, allora, richiedeva una profonda ristrutturazione – ricorda l’IT manager -, sia in termini di tecnologie applicate, che da un punto di vista di affidabilità. La normale operatività produttiva era troppo di frequente compromessa dagli inconvenienti di natura informatica. E il blocco della produzione, di fatto, comportava sensibili conseguenze economiche negative. Il management ha subito compreso la necessità di una profonda trasformazione, avvenuta in due passaggi.

  Anzitutto, la modernizzazione e stabilizzazione dell’intero parco installato: partendo dal cuore dell’infrastruttura (piattaforma virtuale, eliminazione di oltre il 90% dei server fisici, storage di ultima generazione), per arrivare alla sostituzione di oltre 350 personal computer dislocati in azienda. Il tutto passando all’introduzione di strumenti di business continuity e sicurezza, interna e perimetrale, contro potenziali minacce (virus, ramsonware, ecc.). Questo intenso lavoro, durato circa 4 anni, ha comportato investimenti inferiori ai 400 mila euro, ampiamente ripagati in termini di continuità consolidata dei servizi, maggiori prestazioni operative ed elevati standard di sicurezza del dato.

In una battuta: tutto viaggia più velocemente, in maniera sicura, senza fermarsi mai. La seconda fase, quella di standardizzazione: si è voluto realizzare un “modello informatico” unico, costituito da infrastruttura hardware e software, e strumenti di gestione del processo. Un modello all’avanguardia per le soluzioni adottate, tale da poter essere esportato ed applicato a tutte le Aziende del Gruppo; modello sostitutivo di piattaforme eterogenee ed obsolete. Questo percorso, già avviato e tutt’ora in atto, garantisce maggiore flessibilità in termini di gestione, uniformità delle procedure tecniche ed operative, e riduzione dei costi di manutenzione e governo dell’intera organizzazione informatica e tecnologica. Alla fine il risultato si può così tradurre: più velocità, più matrici, più produzione; e recupero di risorse finanziarie da reindirizzare alle attività “core” del Gruppo».

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La sede di Project Informatica

La guida progettuale : Project Informatica

 La progettazione – il disegno del nuovo sistema – è stata messa a punto insieme a Project Informatica di Stezzano (Bergamo), che accompagna le aziende verso la trasformazione tecnologica dei processi aziendali e organizzativi. La società, 142 dipendenti e 97 milioni di fatturato, è a capo di un gruppo (230 dipendenti per 350 milioni di fatturato) di cui fanno parte la Ates Informatica di Pordenone; la Personal Data di Brescia; la Project Adriatica di Ravenna; la Imecon di Fiesco (Crema); la Venticento di Milano; la Monclick di Vimercate (Monza e Brianza) e la Toltech sempre a Stezzano. Il gruppo Project, è tra i primi corporate dealer italiani.

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Alessandro Stobbia, divisione sistemistica di Project

   «Alla Phoenix – afferma Alessandro Stobbia, system engineer di Project – è in corso un processo evolutivo in previsione della crescita aziendale. Si trattava anzitutto di consolidare il sistema, e questa fase, tesa a realizzare standard uniformi per tutti gli stabilimenti che il gruppo ha in giro per il mondo, è durata un po’ di tempo, dal momento che si è dovuto convertire in virtuale tutto ciò che c’era di fisico. I servizi sono finiti su pochi server, e tutto ciò è stato realizzato senza interruzioni di sistema, per non fermare le macchine produttive». Secondo Stobbia «l’ibrido, che Phoenix ha di recente preso in considerazione, consente di rispondere in modo più efficiente e dinamico alle esigenze dei vari business dell’azienda. È un mondo in evoluzione, che peraltro sta per raggiungere importanti quote di mercato».

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Sala Server Cloud HPE

 Il ruolo di Hewlett Packard Enterprise

Si è trattato, a ben vedere, di un’operazione a tre: il terzo soggetto coinvolto è Hewlett Packard Enterprise (o HPE), la multinazionale di Palo Alto (California) che, con 52 miliardi di dollari di fatturato e 240mila dipendenti, è leader nel settore dei server, storage, reti cablate e wireless, sistemi converged, software, servizi e cloud. Dispone di un ampio portafoglio di proprietà intellettuali. «Ho sposato Hpe» – afferma Biava. Ma quali soluzioni può mettere in campo per rendere gli ambienti IT più efficienti, produttivi e sicuri, tenendo conto, peraltro che molte aziende sono in fase di transizione verso infrastrutture compatibili con il cloud?

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Rosalba Agnello, country sales manager di Hpe nel settore industria & terziario
Una strategia basata su tre capisaldi: il primo, hybrid IT

  «La nostra strategia – afferma Rosalba Agnello, country sales manager di Hpe nel settore industria & terziario – è basata su hybrid IT, intelligence edge e servizi. Quanto al primo elemento, raggruppa tre componenti. Anzitutto le soluzioni tradizionali per i datacenter, e quindi le infrastrutture di storage, quelle computazionali e i dispositivi di rete , in cui il Sotware-Defined Infrastruture (SDI) è l’elemento chiave per gestire nel modo più efficiente e flessibile tutte le infrastrutture ibride presenti oggi nei datacenter. Sono campi in cui possiamo vantare un’esperienza consolidata.

E poi il cloud, che di per sé, può essere privato e pubblico. La strategia di HPE si basa su un approccio ibrido (”Multi Cloud approach”) per fornire soluzioni hardware e software che consentano ai nostri clienti di ottenere il corretto bilanciamento tra costi e benefici».Peraltro, grande rilievo riveste per Hpe il tema della sicurezza. «Sia per quanto riguarda l’accesso ai data center – continua la Agnello – che per la gestione dei dati, che devono viaggiare in rete sotto la massima protezione».

 

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Server Sinergy HPE
Intelligence Edge e la raccolta di dati

  E l’Intelligence Edge? «Siamo circondati da oggetti che vogliamo controllare – chiarisce la Agnello -: i nostri mobile, gli impianti industriali, gli elettrodomestici ma non solo; nel prossimo futuro, anche le automobili. Nelle fabbriche, i robot e le macchine possono essere dotati di sensori che intercettano informazioni che dovranno essere elaborate per poi essere messe a disposizione delle funzioni aziendali al fine di intraprendere una serie di azioni». In effetti, come si è detto, un’azienda può ottenere un vantaggio competitivo nella misura in cui è in grado di reperire informazioni essenziali in modo rapido ed efficiente. «È probabile – afferma la manager – che la raccolta di dati ricoprirà un ruolo sempre più rilevante nel processo decisionale strategico di molti business».

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Server Sinergy HPE
I servizi e l’operazione con Phoenix

 Quanto ai servizi, «quelli di Hpe sono a 360 gradi. Consulenze sull’architettura, sull’implementazione e sull’ottimizzazione del cloud; nonché su sicurezza, mobilità e big data; servizi di assistenza IT, quelli di istruzione e formazione e tanto altro». Quanto alla Phoenix, la Agnello la mette così: «Abbiamo messo a disposizione di Phoenix le nostre migliori competenze in termini di consolidamento dei data center, ma anche in tema di storage e altro. Il successo dell’importante trasformazione che abbiamo realizzato in Phoenix ha visto come primario attore il nostro partner “Project Informatica” che con competenza ha saputo definire la migliore soluzione da proporre a Phoenix. È un mondo, il nostro, che sta progredendo al passo serrato. Anche un’operazione come quella dell’azienda di Verdello, solo una decina di anni fa sarebbe stata irrealizzabile».

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La Hewlett Packard Enterprise è una delle due eredi di Hewlett-Packard (nota anche con la sola sigla hp)multinazionale statunitense dell’informatica attiva sia nell’hardware (leader di mercato nei notebook, nei server e nelle stampanti, tra i protagonisti anche nei sistemi di connessione e nei desktop) che nel software e nei servizi collegati. Nel 2011 era il primo produttore mondiale di PC per unità vendute.

Meg Whitman, ceo del gruppo Hp
Meg Whitman, ceo del gruppo Hp

Fino al 2015, quando si è scissa in due, era la prima società di informatica nel mondo, con circa 100 miliardi di dollari di giro d’affari, più grande di Ibm, Microsoft e altri colossi. Nel 2015 la società si è divisa dando origine ad HP inc. attiva nel mercato dei PC e delle stampanti (con interessanti progetti di sviluppo nel mondo della stampa 3D) e Hewlett Packard Enterprise, più nota come HPE che fornisce soluzioni (server, sistemi di connessione, e servizi collegati) per data-center e grandi imprese. HPE, il cui CEO è Meg Whitman, ha scelto di focalizzarsi sull’enterprise, ovvero tutto ciò che ruota intorno a reti, server, consulenza e supporto. In Italia Hpe è guidata da Stefano Venturi.

Stefano Venturi
Stefano Venturi, Amministratore Delegato del gruppo Hewlett-Packard in Italia e Corporate Vice President Hewlett-Packard Inc.

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