Perché in Lombardia è crollato il lavoro in somministrazione?

di Laura Magna ♦ L’andamento di questa tipologia di contratti è in caduta libera. Un meccanismo inceppato dalle recenti norme del governo (Decreto Dignità) o conseguenza della debolezza dell’economia nazionale? E si tratta necessariamente di un male? Tra chi lo rimpiange e chi ne plaude l’estinzione, ecco il punto di vista di un giuslavorista, Fabrizio Daverio, e delle agenzie per il lavoro interinale, con  Zoltan Daghero di Gi Group, e Andrea Malacrida di Adecco

Crolla la domanda di lavoro in somministrazione. Non è detto che sia necessariamente un male (come hanno scritto in molti) ma siccome ci chiamiamo Industria Italiana e ci siamo dati la missione di raccontare questo mondo, dobbiamo prendere atto di questo dato di fatto, quantificarlo e spiegarlo. A Milano il lavoro in somministrazione segna il peggior risultato dal 2013, secondo l’Osservatorio di Assolombarda sulle Agenzie per il Lavoro: complice, senza dubbio, il rallentamento economico (recessione) e il tonfo degli investimenti diretti. Una concausa potrebbe essere il Decreto Dignità, almeno secondo il parere delle società che vivono di questo e che Industria Italiana ha intervistato sul tema.

Ne abbiamo anche parlato con Fabrizio Daverio, socio fondatore dello Studio legale Daverio & Florio, specializzato in diritto del lavoro e diritto della previdenza sociale che sottolinea «la scarsa qualità tecnica della riforma» che ha contribuito a «creare disaffezione verso uno strumento, qual è la somministrazione, che offre un servizio socialmente utile perché conforme alle esigenze delle aziende». Di parere simile anche i responsabili italiani delle agenzie per il lavoro interinale come Andrea Malacrida, Country Manager di The Adecco Group, secondo il quale «una visione miope della realtà» ha portato «il governo a preferire l’equazione somministrazione/tempo determinato uguale precarietà, ingessando di fatto le opportunità di ingresso nel mercato da parte soprattutto di giovani alle prime armi. In questa situazione, quindi, il meccanismo si inceppa, trascinando il Paese a quel 33% e oltre di disoccupazione giovanile».







Secondo Zoltan Daghero, Managing Director di Gi Group Italia, se «fino a luglio 2018 avevamo un sistema di norme per il lavoro tra i migliori al mondo, il secondo più apprezzato dopo quello olandese, particolarmente favorevole alla realizzazione della flexicurity, il Decreto Dignità ne ha messo in discussione la bontà, irrigidendo le possibilità di assunzione per le imprese con la reintroduzione delle causali, scritte tra l’altro in modo da essere inapplicabili e creare contenzioso, e non aggiungendo tutele significative per le persone». Nei prossimi articoli interpelleremo anche alcuni rappresentanti sindacali sul medesimo argomento.

 

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Economia che soffre (ma aumentano i contratti a tempo indeterminato)

Certamente, a pesare su qualsiasi numero che riguardi l’economia è la strutturale debolezza italiana: il Pil nell’ultimo trimestre del 2018 ha segnato un calo dello 0,1% sul trimestre precedente ed è risultato flat anno su anno. Anche la produzione industriale nel quarto trimestre, ha visto il valore aggiunto segnare una diminuzione congiunturale (-0,5%) e l’Indice PMI è entrato in territorio negativo, sotto la soglia di 50 che indica decrescita a fine 2018 per restare a quei livelli anche a inizio 2019. In realtà, sul fronte del lavoro, l’Italia, secondo Istat, ha mostrato una sostanziale tenuta nel 2018, che prosegue anche a gennaio 2019: l’occupazione è aumentata dello 0,1%, pari a +21 mila unità. L’andamento degli occupati è determinato da un aumento consistente dei dipendenti permanenti (+56 mila), mentre si osserva un calo dei dipendenti a termine (-16 mila) e degli indipendenti (-19 mila), scrive l’ Istat. Se si desse ascolto a questi numeri, sembrerebbe invece centrato l’obiettivo con cui il Decreto Dignità è stato scritto, ovvero quello di dare maggiore stabilità ai lavoratori italiani. Ma è pur vero che quelle riguardanti l’occupazione sono dinamiche a lungo termine e per via normativa, in assenza di crescita, è difficile ottenere risultati appezzabili.

I numeri del lavoro in somministrazione

In ogni caso, per quanto riguarda la formula della somministrazione, la direzione sembra essere chiaramente quella della discesa. A Milano la richiesta di lavoro in somministrazione nell’ultimo trimestre del 2018 è crollata del 58% (dopo il -37% segnato in estate), archiviando la contrazione peggiore dal 2013. Lo sostiene  l’indagine realizzata dal Centro Studi, insieme a dieci tra le principali agenzie per il lavoro, tra cui Adecco Italia e Gi Group a cui Industria Italiana ha chiesto di commentare i numeri. Numeri che si riferiscono alla regione del Paese a più forte sviluppo e crescita e che dunque lascerebbero presagire un panorama fosco per l’Italia.

La stessa rilevazione condotta sul territorio di Brescia ha dato risultati analoghi: -43% nell’ultimo trimestre dell’anno, dopo il -26% del terzo trimestre. Dunque, non un fatto episodico ma un trend che prosegue da un semestre. Sommando i dati delle due aree, in un anno leaziende milanesi e bresciane hanno chiesto alle agenzie per il lavoro 25mila lavoratori in meno. A essere penalizzate sono state soprattutto le figure ad alta specializzazione. I tecnici hanno registrato un calo del –83% anno su anno; i commerciali invece hanno invece avuto il 61% di richieste in meno. Ma anche le figure meno qualificate hanno dato segni di sofferenza: -44%. Male anche operai specializzati (-24%), impiegati esecutivi (-21%) e conduttori di impianti (-15%).

 

Fabrizio Daverio, socio fondatore dello Studio legale Daverio & Florio

Il peso del decreto Dignità sul tempo determinato, secondo l’avvocato Fabrizio Daverio

«La somministrazione del lavoro è uno strumento molto tecnico che completa la gamma di opportunità che il sistema normativo offre in tema di occupazione. Si tratta di una formula collegabile a esigenze di natura temporanea in cui l’utilizzatore intende non solo avere la disponibilità di una risorsa per un periodo di tempo limitato, ma chiede una ricerca già selezionata in base a specifiche caratteristiche: questo è il vero valore aggiunto della somministrazione. Il servizio che l’agenzia di somministrazione offre all’azienda è la fornitura di risorse formate per il tempo necessario e questo meccanismo ha funzionato perfettamente in particolare dal 2015 in poi in un contesto di norme liberalizzate che hanno consentito l’espletarsi di questa finalità che non avrei dubbio a definire anche socialmente utile.»

«Si tratta senz’altro di una formula che corrisponde alle esigenze delle aziende ma, allo stesso tempo, per sua stessa natura, può essere volatile e dunque presentare cali pesanti e balzi altrettanto importanti. La lettura dei dati può non essere univoca», precisa l’avvocato, socio fondatore dello Studio legale Daverio & Florio, specializzato in diritto del lavoro e diritto della previdenza sociale. Tuttavia, al di là di queste osservazioni di carattere generale è del tutto probabile che il Decreto Dignità, con la sua guerra dichiarata al tempo determinato, abbia avuto un impatto negativo sul lavoro in somministrazione.

«Sono convinto che l’intervento estivo abbia rafforzato una disaffezione verso l’istituto di cui parliamo. La caratteristica penalizzante del Decreto Dignità non è stata tanto la riduzione dei termini dei contratti a tempo determinato, che in precedenza prevedevano una durata massima di 36 mesi e oggi invece sono stati tagliati 12 e a 24 mesi in base alle caratteristiche del lavoratore. Il vero problema è la reintroduzione delle causali per la risoluzione dei rapporti flessibili e il rischio di ripiombare in stagioni di contenzioso che avevano caratterizzato le forme di lavoro a tempo tra cui anche la somministrazione, fino al Jobs Act. Sono convinto che il decreto dignità abbia creato una barriera verso uno strumento che invece andrebbe incentivato e che è importante per l’ecosistema delle aziende e dell’occupazione», spiega Daverio, che non manca di evidenziare la discutibile qualità tecnica della riforma. E che il calo attuale nel lavoro somministrato sia da attribuire più a fattori strutturali che a una volatilità fisiologica, lo giustifica anche il fatto che parliamo di numeri importanti, un crollo epocale, il peggiore dal 2013.

Peraltro le statistiche italiane sul rapporti di lavoro non sempre sono complete, ed è difficile dire che trend stanno seguendo le molte formule che il contesto normativo offre come l’appalto di servizio, il contratto a termine, l’apprendistato, il tempo indeterminato. Allo stesso modo, i dati sul contenzioso non sono disponibili in maniera tempestiva ed esaurente. L’ultima rilevazione è del 2017 e indicava un crollo dei litigi giudiziali, dunque un dato positivo, grazie a norme che avevano chiarito la situazione. «Però una caduta di queste dimensioni della somministrazione è un segnale da non sottovalutare e deve avere una spiegazione plurifattoriale, includendo tra i fattori scatenanti una disaffezione normativa verso lo strumento. A livello tecnico, ora aumenta la necessità e il senso di responsabilità delle parti sociali perché il sistema consente delle specificità, cioè, delle deroghe a cura di aziende e sindacati e credo che ripristinare un clima di fiducia nello strumento della somministrazione possa essere utile, prima ancora di pur auspicabili future revisioni della legge».

 

Andrea Malacrida, Country Manager di The Adecco Group

In 4 mesi 50mila assunzioni temporanee in meno per Adecco

«Per le aziende è un momento difficile», afferma Andrea Malacrida, Country Manager di The Adecco Group. «La mancanza di fiducia genera pochi investimenti che si traducono in una situazione di attesa anche sul fronte occupazionale. In momenti come questi è la flessibilità del mercato del lavoro l’unica arma che permette di mantenere livelli di produzione, di far fronte a picchi momentanei, senza la necessità di legarsi a vita ad un collaboratore, ma potendolo testare, misurare con le esigenze del mercato e dell’azienda, in un contesto di sicurezza e garanzia di diritti che la somministrazione e i contratti a tempo ormai da anni offrono». La situazione, secondo Malacrida, è paradossale. «Siamo in recessione, l’Istat ci dice che c’è una forte contrazione di investimenti, l’export ha smesso di trainarci e la domanda interna subisce ancora un rallentamento. Abbiamo una disoccupazione giovanile al 33% mentre il dato dell’Unione a 28 è di poco superiore al 14%, abbiamo un forte problema di mismatch tra skills dei candidati che escono da scuola e università e richieste delle aziende che cercano competenze specifiche. In questo quadro, a complicare la situazione è intervenuto il Decreto Dignità, con il quale il governo non fa altro che ingessare il mercato del lavoro con causali e vincoli che rendono la vita delle imprese ancor più complicata».

Potrebbe essere necessario puntare sull’occupabilità (più che sull’occupazione)

I vincoli stabiliti dalla normative, tra causali e limite massimo di mesi per i contratti a tempo, ricorda Malacrida «finiscono per disincentivare le assunzioni, con le imprese che preferiscono temporeggiare rimandando a tempi migliori i nuovi ingressi. Dodici mesi, inoltre, non sempre sono sufficienti per testare e confermare una stabilizzazione a tempo indeterminato in un’azienda. In questa situazione, quindi, il meccanismo si inceppa, trascinando il Paese a quel 33% e oltre di disoccupazione giovanile. I dati rilevati da Assolombarda non fanno che confermare che quello che si credeva potesse essere la panacea di tutti i mali si sta rivelando un danno per imprese e lavoratori».

Negli ultimi quattro mesi del 2018 solo Adecco, che rappresenta un quinto del mercato delle agenzie per il lavoro, ha registrato un calo di circa 50mila assunzioni temporanee rispetto allo stesso periodo del 2017. Non solo: emergerebbe che dal momento dell’entrata in vigore del Decreto Dignità non siano stati rinnovati i contratti a termine di 250mila persone. E non basta.«Il Decreto rischia di avere un effetto negativo anche sul tema della formazione. La parificazione del contratto di assunzione a tempo determinato e del contratto di somministrazione è un errore, perché si tratta di istituti con caratteristiche e finalità differenti. La somministrazione agisce come strumento per facilitare l’ingresso dei lavoratori nel mercato e l’introduzione di regole più stringenti penalizza non solo le Agenzie per il lavoro, ma anche gli stessi lavoratori. L’approccio corretto è quello di promuovere lo sviluppo delle competenze individuali, attraverso la formazione continua, concentrandosi sull’occupabilità, piuttosto che sull’occupazione in senso stretto».

 

Zoltan Daghero, Managing Director di Gi Group Italia

Gi Group: Ottimismo nel medio lungo periodo, in cui le Agenzie faranno da camera di compensazione

Per Zoltan Daghero, Managing Director di Gi Group Italia, la prima multinazionale italiana del lavoro, «possiamo parlare di due cause alla base del calo della somministrazione: la prima da rintracciare nel rallentamento economico generale che si riflette in primis sulle Agenzie per il Lavoro, anticipatrici delle tendenze di mercato, la seconda nel Decreto Dignità. Con una precisazione; se da un lato c’è un calo per la somministrazione a tempo determinato, per la somministrazione a tempo indeterminato, che non era oggetto di indagine, si sta registrando una fase di crescita».

Questo rafforzerebbe la convinzione che ci sia una correlazione diretta tra nuova normativa sul lavoro a tempo determinato e calo dei contratti di somministrazione. Ed è il rinnovato pericolo di contenziosi infiniti ad aver creato più danni: «Il Jobs Act aveva avuto il pregio di rendere il contratto a tempo indeterminato più attrattivo e meno vincolante, avendone sgravato le assunzioni unitamente al fatto che era stato abbattuto il contenzioso», dice Daghero che tuttavia pur non aspettandosi un miglioramento del tasso di occupazione nel breve periodo è «ottimista su quello di medio e lungo. I cicli economici possono essere positivi o negativi e dai cambiamenti sempre più repentini, ma al di là di questo e del quadro normativo più o meno favorevole, resta una tendenza di fondo. Le aziende avranno sempre più bisogno di intermediari per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e la flessibilità sarà ancora più richiesta, per cui le agenzie per il lavoro dovranno continuare nel loro ruolo di “camere da compensazione” in grado di assorbirla dando ai lavoratori sicurezza e continua occupabilità. Le Agenzie per il Lavoro contribuiscono, infatti, a migliorare l’incontro tra domanda e offerta, a massimizzare le opportunità di impiego di tutte le fasce di lavoratori e a costruire percorsi di sviluppo di carriera attraverso la formazione ed il supporto alla ricollocazione assicurando, al tempo stesso, trasparenza e rispetto di norme e contratti».














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