Parla il ceo mondiale di Hewlett-Packard Enterprise: ecco i miei goal

Stefano Venturi e Antonio Neri sul palco del Discover More

di Marco Scotti ♦︎ Antonio Neri ci racconta il futuro dei Big Data e i giganteschi business che ne verranno fuori. E spiega perché Hpe punta sull’ edge computing (raccolta ed elaborazione vicino a dove vengono generati i dati ) e vi ha investito 4 miliardi. E come sarà il futuro dello storico marchio dell’ It

Una fiche da quattro miliardi di dollari sull’intelligent edge: è la decisione strategica di Hpe, la multinazionale guidata da Antonio Neri – il più antico brand dell’information technology insieme a Ibm – che ha deciso di scommettere sullo sviluppo, da qui al 2023, di un nuovo modo di gestione e impiego dei dati per migliorare l’efficienza e l’impiego delle informazioni raccolte. Oggi infatti il 94% dei dati in edge viene utilizzato correttamente.







«Il nuovo corso della società è stato inaugurato nel 2015, quando sono state separate Hp e Hpe, due aziende che oggi sono entrambe nell’indice di Fortune. Abbiamo pensato che non fosse possibile gestire le complessità naturali che la digital transformation sta portando avanti senza un adeguato meccanismo di controllo. Per questo sono orgoglioso del percorso che ho fatto in questi primi 15 mesi da che sono stato nominato presidente e ceo dell’azienda. Veniamo da un periodo un po’ particolare in cui, dopo aver avuto quattro amministratori delegati che provenivano dall’azienda nei primi 70 anni di storia (di cui due, Hewlett e Packard stessi, per oltre 50 anni), abbiamo avuto poi cinque Ceo esterni negli ultimi 18 anni. Io sono il quinto amministratore delegato che proviene dall’azienda. Da 15 mesi quindi abbiamo affrontato una trasformazione del nostro core business, perché siamo convinti che l’edge sia il futuro. Tutto sarà connesso, ma dobbiamo imparare a gestire i dati in maniera corretta, perché oggi solo il 6% delle informazioni viene impiegata in maniera corretta. Nei prossimi due anni verranno prodotti più dati di quanti non siano stati creati nella storia dell’umanità. Il nostro impegno è molteplice anche per quanto riguarda la sostenibilità, ci stiamo concentrando sull’economia circolare, riciclando le componenti elettroniche che altrimenti sarebbero estremamente inquinanti». Antonio Neri, presidente e amministratore delegato di Hpe, dal palco della convention Discover More che si svolge a Milano, ha voluto spiegare le strategie e le intenzioni dell’azienda che guida da ormai 15 mesi.

L’edge e i dati

Il cuore della proposta di Hpe continuerà a essere incentrato sull’edge, che dovrà diventare sempre più intelligente e sempre più al servizio delle esigenze delle imprese. L’importanza dei dati, d’altronde, continuerà a crescere e a diventare sempre più centrale nella vita delle imprese. «Stiamo investendo 4 miliardi in intelligent edge, una spesa necessaria dal momento che il 94% dei dati in edge viene sprecato, mentre noi vogliamo arrivare a usare ogni byte. Entro il 2023 – prosegue Neri – la maggior parte dei dati sarà creato in edge, non in cloud o in datacenter. Per questo stiamo puntando così tanto sull’intelligent edge, perché è quello che ci permette di lavorare e creare informazioni dove ci troviamo, sul luogo di lavoro o a casa. La nuova sfida è “unire i puntini” e mettere insieme da una parte miliardi di persone, dall’altra migliaia di miliardi di dispositivi che generano dati per creare un mondo interamente connesso, sia esso fisico o virtuale».

 

 

 

L’azienda del futuro che Hpe immagina sarà quindi data driven e per questo sarà necessario creare un’architettura ibrida tra cloud ed edge. «Un mondo iperconnesso – prosegue Neri – in cui tutti saranno reperibile e l’intelligence sarà dappertutto. Macchine, scuole, stadi, fabbriche: tutti i luoghi di lavoro e di divertimento produrranno dati che dovremo imparare a gestire. Finora ci siamo solo resi conto delle possibilità di un mondo più intelligente, ma ancora non abbiamo colto le vere opportunità. Questo perché non disponiamo ancora della velocità e della capacità computazionale necessaria per impiegarli correttamente. Per questo stiamo lavorando sull’intelligent edge, che rappresenta la possibilità di raccogliere i dati on site, nel luogo in cui ci troviamo, in cui viviamo o in cui lavoriamo. Già oggi ci sono miliardi di persone connesse attraverso migliaia di miliardi di dispositivi. La sfida è riuscire a unire il mondo fisico a quello virtuale, per creare un’esperienza ancora più completa, dall’e-commerce alla logistica, dalla fabbrica 4.0 all’istruzione».

Il nuovo cloud

Il cloud rimane lo strumento più immediato, attualmente, per fruire in maniera intelligente dei dati. Ma c’è ancora molto da fare sia per quanto concerne gli sviluppi, sia per quanto riguarda la capacità computazionale. Senza dimenticare l’importanza della sicurezza che deve essere costantemente garantita. «Pensiamo che il cloud – prosegue Neri  – non sia una destinazione, ma un’esperienza. I data scientist amano il cloud perché è veloce e consente di impiegare le applicazioni con agilità. Proprio per questo siamo convinti che la cloud experience sia il nuovo asset su cui puntare per rendere l’intero processo più agevole. Stiamo vivendo la prima generazione del cloud, la prossima sarà quella che permetterà una gestione ancora più efficace dei dati. Oggi abbiamo 1,2 miliardi di miliardi di dati generati ogni giorno, tra due anni saranno il doppio del complessivo delle informazioni create nella storia dell’umanità».

Per il numero uno di Hpe, inoltre, la nostra società sta per entrare nella seconda età dell’innovazione. «Crediamo – aggiunge Neri – che ci siano due grandi sviluppi all’orizzonte: il primo è che abbiamo bisogno di una memory driven computing architecture, dove i dati sono tutto. Il secondo è che in un futuro prossimo tutto dovrà essere per forza “as a service”. Il possesso non avrà più gran senso. Ma la parte più complicata da cambiare è la cultura delle persone. Dobbiamo trovare talenti oppure riskillarli. E il contributo di Hpe è rappresentato da Pointnext, che aiuta le aziende in questo viaggio di ridefinizione delle competenze».

 

Antonio Neri e Stefano Venturi

La Formula Uno

Una delle partnership annunciate dal palco milanese è quella con la scuderia di Formula Uno Mercedes Amg, che da cinque anni sta dominando il campionato e che ha trionfato nelle prime cinque gare della stagione con altrettante “doppiette”. «Abbiamo avviato un accordo con Mercedes e con il team principal Toto Wolff – spiega Neri – lo scorso anno. Ma il motivo per cui da così tanto tempo stanno dominando è che usano la tecnologia in maniera corretta, anche prima del nostro arrivo. Le prestazioni sono migliorate di due secondi nell’arco della stagione perché hanno saputo sfruttare in maniera corretta le informazioni per migliorarsi. Noi li abbiamo aiutati a creare la nuova macchina anche grazie a un private cloud in cui vengono allocati tutti i dati raccolti, che sono veramente tantissimi. Non tutti sanno che la Formula uno è lo sport più tecnologicamente avanzato che ci sia e che buona parte della performance in questo comparto deriva dall’utilizzo corretto dei dati. Nel 95% dei casi, infatti, le scuderie devono saper leggere in maniera appropriata la telemetria per poter apportare migliorie in tempo reale. La velocità di trasmissione dalla macchina ai computer e viceversa diventa quindi parte integrante del successo della scuderia medesima. E la partnership tra noi e Mercedes li ha resi ancora più veloci».

L’economia circolare

Uno dei problemi maggiori delle società ad alto tasso d’innovazione è l’inquinamento prodotto dai datacenter. Secondo le ultime stime, quest’anno verranno prodotte oltre 50 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici, di cui la metà direttamente dai datacenter. Urge quindi, anche da questo punto di vista, trovare una soluzione. «Non tutti sanno che i rifiuti possono essere una grande risorsa – aggiunge Neri, concludendo il suo intervento – e noi stiamo cogliendo questa occasione. Vogliamo migliorare il business delle aziende anche facendo leva su prodotti che noi ricicliamo. Per questo abbiamo inaugurato, negli Stati Uniti orientali, la più grande fabbrica del mondo di rifiuti tecnologici che ci consente di ridare nuova vita all’89% dei dispositivi e di gettare definitivamente solo lo 0,7% dei rifiuti che vi arrivano. L’obiettivo, ovviamente, è arrivare a 0. Questa è un’ottima soluzione per quelle imprese che stanno iniziando un percorso di trasformazione tecnologica ma ancora non hanno le risorse necessarie per farlo. Noi, vendendo questi prodotti riciclati a prezzi più bassi, incentiviamo questo processo e, al tempo stesso, riduciamo il nostro impatto sul pianeta. Ogni anno arrivano quattro milioni di unità che vengono poi rivendute ai clienti che non hanno le risorse necessarie per acquistarle».

 

HPE-Synergy

Cloud ibrido

Sul palco del Discover More è poi salito Mauro Colombo, Sales and Presales Manager, per illustrare le strategie di cloud ibrido adottate dall’azienda. «Ognuna delle aziende con cui abbiamo lavorato – spiega Colombo – ha vissuto la soluzione di hybrid cloud come una tappa e non come un punto di arrivo. Le problematiche maggiori che abbiamo riscontrato sono state quelle della complessità dell’offerta del mondo cloud. Da questo punto di vista, Hpe ha un vantaggio competitivo rispetto agli altri vendor: è l’unico ad avere contemporaneamente la tecnologia, le competenze e i modelli economici in grado di agevolare le soluzioni di hybrid cloud. Hpe può rendere disponibili modelli a servizi tramite la divisione Hpe Financial Services, in modo da liberare modelli di consumo che non prevedono più la proprietà dell’infrastruttura ma solo il suo impiego. Abbiamo avviato oltre 1.000 progetti che sono poi stati espansi con i nostri clou technology partner. Le nostre architetture, poi, sono aperte e modulari grazie alla soluzione Hpe Composable Cloud. Si tratta di tre layer distinti: Hybrid cloud e servizi edge; app e servizi infrastrutturali; servizi di gestione dati intelligenti. Questi tre ingredienti, uniti tra loro, permettono di indirizzare specifici workload e di funzionare dove è più utile, sia esso in edge, sul private cloud o sul public cloud».

Nuovi modelli di business e intelligent enterprise

Uno dei mantra della missione di Hpe è sicuramente l’intelligenza, che consente di far evolvere i propri modelli di business e di avviare processi efficaci di digital transformation. In un’era in cui i dati stanno proliferando, è necessario gestirli in maniera corretta. «Questo nuovo modo di affrontare le informazioni – spiega Claudio Bassoli, Vice President Industry Segment Sales Hpe – sta dando vita all’intelligent enterprise, che è una trasformazione fondamentale perché ci aiuta con la comprensione delle strategie digitali, con la complessità degli ambienti ibridi e con la gestione stessa dei dati. Il tema ancora più importante è che l’intelligenza consente di estrarre valore, in tempo reale, da questi dati, creando nuove opportunità. I dati, poi, sono al centro di tutto quello che facciamo e per questo abbiamo bisogno di definire una strategia intelligente. Abbiamo anche lanciato una nuova piattaforma che permette di dialogare con qualsiasi sviluppatore e di sostenere i diversi ambienti applicativi, basandosi sulle architetture intelligenti e gestendosi in autonomia. I tre pilastri proposti da questa architettura sono l’intelligenza artificiale, con la quale viene gestita questa piattaforma; il multicloud in maniera nativa; l’impiego on premise ma con consumo as a service, visto che sempre più spesso i clienti ci chiedono di trasformare da Opex a Capex gli investimenti avendo le infrastrutture a casa propria».

Le partnership in Italia

Ad aprire i lavori della giornata è stato il Ceo di Hpe Italia, Stefano Venturi, che ha presentato la data driven society in cui ci stiamo muovendo. «I dati – spiega il numero uno della branch italiana – sono al centro delle nostre vite e dei nostri business. L’evento Discover More si compone di 31 eventi in 29 paesi differenti, ma quello italiano è uno dei più grandi, tant’è che oggi è qui con noi il nostro Ceo Antonio Neri. L’intelligent edge è il faro del nostro futuro, un futuro che poggia su un nuovo modello: il consumption based model. Significa che la proprietà degli asset non è più importante e che tutto deve diventare un servizio. Oggi stiamo collaborando con moltissimi partner diversi, come Caterpillar, Datalogic, Msc Crociere, Pirelli, Snam. Stiamo lavorando con Mercedes per la parte di elaborazione delle telemetrie, calcolo, big data, intelligenza artificiale e analytics. Inoltre, con Samsung stiamo studiando l’integrazione tra 5G e WiFi».

 

La nuova cultura di Hpe

Nel  novembre del  2015 l’azienda ha concluso un radicale processo di trasformazione che ha permesso di ottimizzare i processi interni: si è deciso di dividere Hpe da Hp, creando due imprese distinte che sono entrambe nell’indice di Fortune. Hewlett Packard, un’azienda con una storia di oltre 80 anni, oggi sta raccogliendo i frutti di questa decisione anche grazie al nuovo Ceo, entrato in carica 15 mesi fa e che ha permesso di raggiungere nuovi importanti risultati. Negli ultimi 18 anni, infatti, si sono alternati cinque diversi Ceo, tutti provenienti dall’esterno della compagnia, mentre nei precedenti 60 anni ce ne erano stati solo quattro, tutti interni. Antonio Neri, entrato in servizio come Ceo 15 mesi fa, proviene dalla business unit di Hpe che si è occupata di sviluppare le soluzioni di intelligent edge, che sono poi diventate il più importante asset di sviluppo del nuovo corso di Hewlett Packard Enterprise.














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