All’Open innovation serve una carica

polinnovation_1

Cresce il budget in digitale nel 2017, le imprese si “aprono” alle startup
ma solo poco più della metà ricorre a collaborazioni esterne. La ricerca del Politecnico di Milano

Si chiama Open innovation ed è il paradigma secondo cui le aziende, per il loro sviluppo, non devono fare solo riferimento a idee nate ed elaborate all’interno, ma anche e soprattutto a contributi e suggerimenti che arrivano dall’esterno. Una opportunità che è una delle chiavi dello svecchiamento e dell’ innovazione, ma che in Italia è ben poco percorsa. Se poi si guarda alla collaborazione con Università e Centri Ricerca, al partner scouting e ai progetti di startup intelligenti lo stato delle cose nell’ Open innovation è tale che mediamente almeno il 45 per cento delle imprese non ha intrapreso ancora alcuna iniziativa in questo senso.







La ricerca

A fotografare lo stato di salute dell’ Open innovation è la ricerca dell’Osservatorio Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata insieme all’Osservatorio Startup Intelligence in collaborazione con PoliHub al convegno “Open Digital Innovation: imprese e startup insieme per ridisegnare il futuro”. La ricerca ha intervistato 205 tra Chief Information Officer e Chief Innovation Officer di aziende italiane e Pubbliche Amministrazioni per comprendere l’evoluzione della gestione dell’innovazione digitale.

La gestione dell’innovazione digitale resta una priorità

È innegabile che la gestione dell’innovazione digitale oggi resta una delle priorità per il business delle imprese italiane. Nei fatti lo dimostra la tenuta del budget ICT che nel 2017 prevede un tasso di crescita complessivo in linea con il 2016, tra lo 0,5% e lo 0,6%, con investimenti concentrati in particolare su sistemi ERP, Big Data e Analytics–Business Intelligence, digitalizzazione e dematerializzazione. Lo conferma il fatto che nel 39% delle imprese sia presente un ulteriore budget per l’innovazione digitale anche in altre Direzioni, nell’8% dei casi comparabile o superiore a quello della Direzione ICT.

polimi_Corso
Il prof. Mariano Corso , Responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital Transformation Academy (photo by P.Meloni)

 «Le previsioni del budget ICT delle imprese italiane mostrano un quadro più ottimistico di quello degli anni precedenti – afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital Transformation Academy – a cui si aggiunge la presenza di budget dedicati all’innovazione digitale in altre Direzioni, che dimostra come il digitale non sia più inteso come un elemento tecnico-specialistico, ma una leva fondamentale del business. A questo accresciuto ruolo dell’innovazione digitale si associa la creazione di unità organizzative dedicate, processo che incontra però sfide culturali interne alle imprese, legate alla rigidità dei processi e chiusura in silos dei ruoli e delle competenze».

Difficoltà a collaborare con startup, un fattore culturale

Si può allargare la breccia per fare arrivare l’’innovazione in azienda, magari attraverso l’utilizzazione di startup come fornitori? In questo ambito appena 3 su 10 tra le imprese italiane ha collaborazioni attive con startup, con una percentuale che sale quasi a 5 per le grandissime imprese, e scende quasi a 2 per le altre. Resta fuori quindi un 70 per cento che non ha sperimentato una collaborazione attiva, per mancanza di risorse e di condizioni che permettano di focalizzare l’interesse su questa fonte di innovazione/servizi o per la mancata strutturazione e preparazione da parte delle funzioni aziendali interne (54%). Un fattore culturale, che deve far riflettere. Anche le imprese che adottano startup come fornitori incontrano comunque delle difficoltà: la cultura interna non è abbastanza “aperta” (40%), oppure la startup non è abbastanza matura alla finalizzazione del servizio (34%) o c’è uno scarso orientamento al B2B (22%).

poli_2
Un momento della presentazione della ricerca al Politecnico di Milano                 ( photo by P.Meloni)
Perché la collaborazione fa bene alle aziende

I benefici principali di avere startup come fornitore sono, per oltre la metà delle imprese che ne fa uso, l’apertura culturale e la contaminazione continua utile per rivedere i modelli di gestione. È importante anche lo sfruttamento dell’innovazione per il lancio di nuovi prodotti/servizi innovativi e l’apertura di nuovi mercati, la riduzione del time to market e l’accelerazione del processo di sviluppo tramite esternalizzazione di parte dello stesso. «Sono poche le imprese che hanno utilizzato startup come fornitori, ma questa collaborazione può dare consistenti frutti come dimostrano le esperienze delle 24 imprese salite a bordo dell’Osservatorio Startup Intelligence – rileva Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence – Non si tratta solo di ottenere risultati di business tangibili velocemente, ma di trovare un nuovo entusiasmo da parte dei propri collaboratori nel condurre i processi di innovazione e nel rendersi promotori e imprenditori di soluzioni innovative».

La governance dell’ innovazione digitale un processo faticoso

Le cose non vanno meglio per quello che riguarda la governance dell’innovazione digitale la cui gestione è ancora un processo faticoso per le imprese. Quali sono le cause? Per più della metà delle imprese intervistate la principale sfida da affrontare è organizzativa, con la difficoltà di inquadrare processi e meccanismi di coordinamento e cooperazione tra le Direzioni. Un altro fattore negativo è la mancanza di competenze digitali e i relativi meccanismi di scouting, assessment e sviluppo all’interno dell’organizzazione. E infatti le risposte organizzative sono ancora limitate: solo nel 19% dei casi esiste una Direzione Innovazione, mentre la maggior parte delle imprese adotta team dedicati a ogni specifico progetto (40%) o una gestione occasionale (31%), solo nel 10% dei casi presi in esame è presente un Comitato Innovazione interfunzionale che si riunisce periodicamente.

polimi_3
L’uditorio alla presentazione della ricerca al Politecnico
(photo by P. Meloni)

La strada verso l’ Open Innovation è ancora lunga

Dove presente, la Direzione Innovazione svolge attività soprattutto di sperimentatore per la valutazione delle opportunità, lo sviluppo di proof of concept e scouting di innovazione, mentre è limitato il ruolo nella conduzione dei progetti, nella gestione diretta di budget, nella sensibilizzazione e nella contaminazione in azienda.  «Le imprese ricercano modelli più agili e una cultura più aperta e sperimentale per affrontare le iniziative più innovative e per contrastare i fenomeni della digital disruption – afferma Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence. – Startup, centri di ricerca, università e clienti sono le principali fonti di innovazioni a cui i manager guardano per il futuro. Ciononostante, la strada è ancora lunga e non sono molte le imprese che hanno intrapreso azioni concrete e non estemporanee di Open Innovation ».














Articolo precedenteUltimo miglio per Assiteca Crowd Startup Showcase
Articolo successivoIndustria 4.0: un passo avanti, ma non basta






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui