Omron e Oracle insieme per il cobot del futuro

- Presidente della Regione Emilia Romagna -

di Marco Scotti ♦︎ La multinazionale giapponese ha portato a Sps Parma una nuova linea di robot collaborativi che garantiscono maggiore sicurezza e flessibilità. Oracle fornirà, tramite cloud IoT, la modalità di acquisizione dei parametri operativi del robot collaborativo

«Il nostro impegno è interamente dedicato a fare in modo che tutte le informazioni rendano il processo quanto più lean possibile. La nuova partnership con Omron garantisce le condizioni necessarie per attivare progetti di fabbrica 4.0, una fabbrica connessa e intelligente, dove le informazioni sono messe a disposizione di sistemi capaci di valorizzare il connubio uomo-macchina in una chiave sostenibile e portatrice di competitività, pur mantenendo il fattore umano come centrale e determinante per la guida strategica dei processi». Così Simone Marchetti, digital supply chain sales development manager di Oracle, spiega a Industria Italiana quali siano le motivazioni e gli sviluppi dell’accordo stretto con Omron, uno dei più importanti produttori a livello mondiale di robot e cobot. In particolare, durante l’ultima edizione della fiera Sps di Parma è stato presentata all’interno dello stand di Oracle una linea di cobot collaborativi, le cui caratteristiche contribuiscono alla realizzazione di un ambiente di produzione sicuro e flessibile. Il robot sarà integrato con la piattaforma Cloud IoT di Oracle, che permette di acquisire tutti i dati di funzionamento della demo in modo da avere ovunque e in tempo reale tutti i parametri operativi del robot.







Stefano Bonaccini – presidente della Regione Emilia Romagna – Massimo Porta – general manager di Omron Italia –  Marco Ceribelli – general manager sales Southern Europe. Foto A. Carra

Omron a Sps

La multinazionale giapponese ha portato a Parma due prodotti differenti. Il primo è un robot collaborativo dotato di un sistema di visione di ultima generazione, in grado di eseguire una serie di task complessi, sotto la guida umana o in completa autonomia. Tutte le informazioni che riguardano il suo funzionamento sono monitorate real time dalle Cloud Application di Oracle, permettendo così di gestire tutte le istanze legate al suo perfetto funzionamento, in linea con gli standard qualitativi e quantitativi richiesti: la demo live sviluppata in collaborazione con Oracle dedicata alla Smart Connected Factory dimostra la totale integrazione tra la piattaforma It ed Ot.

Il secondo prodotto è Forpheus, il primo e unico robot al mondo dotato di intelligenza artificiale e in grado di allenare a giocare a ping-pong. Forpheus deriva da “Future Omron Robotics technology for Exploring Possibility of Harmonized aUtomation with Sinic theoretics”, un termine che incarna le tecnologie robotizzate di Omron che sono basate sulla sua teoria delle previsioni future – “Sinic theoretics” (Seed-Innovation to Need-Impetus Cyclic Evolution). Forpheus è anche la combinazione di “For” e “Orpheus” (Orfeo, personaggio della mitologia greca che incarna i valori eterni dell’arte ed è il simbolo della creatività umana), che rappresenta l’attitudine di Omron a far emergere la creatività e le possibilità umane.

Forpheus è l’incarnazione delle tecnologie di Omron, Sensing & Control + Think, e mostra come le macchine intelligenti possono imparare dalle interazioni umane e contribuire a sostenere il potenziale umano. Questa quinta generazione dispone di una gamma più ampia di movimenti, di maggiori abilità di previsione dei comportamenti umani, di rilevamento delle oscillazioni della pallina e di addestramento personalizzato basato sull’Ai.

«Si tratta – ci racconta Marco Spimpolo, regional marketing manager di Omron – di un robot capace di giocare a ping pong: l’idea non è tanto che batta l’uomo, ma che ne riconosca l’abilità e sia poi in grado di insegnare all’umano a raggiungere i risultati migliori, in quell’ottica di “continous improving” che è tanto caro ai giapponesi. Per quanto riguarda il cobot, invece, si tratta di un progetto antropomorfo utilizzato per diverse azioni, dal machine tending all’asservimento di macchine. L’applicazione che abbiamo presentato a Parma è piuttosto semplice: tramite la visione integrata, il cobot gioca a dadi, identifica il numero e poi rilancia. Via cloud si può chiedere la possibilità di una giocata manuale: il robot tira un solo dado, mentre l’altro viene affidato all’umano. L’applicazione di per sé è molto semplice, ma sfrutta le caratteristiche di collaboratività, oltre alla visione integrata che consente di riconoscere la posizione del dado e del case in cui riporlo. L’idea di fondo, al di là di questa dimostrazione, è quella di gestire l’interconnettività in real time, come se si trattasse di un digital twin».

Omron a Sps Parma 2019. Foto A. Carra

Il mercato dei robot collaborativi in Italia

Secondo Siri, l’Associazione italiana di robotica e automazione, le vendite di robot collaborativi nel 2018 nel nostro Paese sono arrivate a 480 pezzi, e le stime di crescita sono di un 50% all’anno per i prossimi cinque anni. Questo perché si tratta di una tecnologia nuova che consente l’impiego di questi dispositivi in parti della fabbrica che prima non venivano toccate dai cobot. Ad esempio: nel caso delle applicazioni stagionali, prima venivano effettuate totalmente dall’uomo, oggi invece le attività possono essere delegate anche ai robot collaborativi in diverse aree della fabbrica. Omron, ad esempio, sta investendo su un robot mobile che “gira” su un robot collaborativo e su cui sta investendo parecchio in termini di tempo e denaro. Si tratta di un’applicazione già prototipata ma che arriverà in commercio almeno tra un paio d’anni.

 

La partnership Omron-Oracle

La collaborazione tra Omron e Oracle è stata realizzata per monitorare tutte le informazioni che riguardano il funzionamento dei cobot in tempo reale, permettendo così di gestire tutte le istanze legate al loro perfetto funzionamento, in linea con gli standard qualitativi e quantitativi richiesti. Le fabbriche di tutto il mondo, infatti, devono essere flessibili nei rapidi cambi di linea e di layout, e i robot collaborativi e mobili sono ideali per una rapida implementazione dell’automazione poiché possono ridurre il time-to-market.

«Connettere il robot – ci racconta Simone Marchetti – ha portato due risultati: monitorare i parametri vitali del robot stesso garantendo che il lavoro sia costantemente garantito e controllato; impiegare i dati forniti dal robot in una serie di ordini di lavorazione che vengono in questo modo sequenzializzati. Questo permette anche di prevedere interventi di manutenzione in modo che siano coerenti con l’intero processo della fabbrica. Vogliamo fare in modo che tutte le informazioni rendano il processo quanto più lean possibile».

«Quello di cui ci siamo rapidamente accorti – aggiunge Marco Spimpolo – è che il concetto di mass production è completamente cambiato: le linee non sono più fisse, oggi si richiedono celle di lavoro interconnesse tra loro. Un robot come quello che abbiamo installato e su cui abbiamo avviato la collaborazione con Oracle consente di avere a che fare con diverse macchine, in diverse zone della fabbrica e in diversi momenti di operatività».

 

L’impegno di Oracle per la manifattura

Da qualche tempo Oracle ha lanciato la Smart Connected Factory, un modello di fabbrica connessa e intelligente che individua come elemento abilitante la possibilità di integrare il livello produttivo con i diversi anelli della supply chain e, a livello ancor più alto, con i processi di business (Erp, Enterprise Resource Planning). Attuando questa integrazione le aziende manifatturiere hanno la possibilità di sfruttare tutte le informazioni disponibili – provenienti dall’interno, ma anche dall’esterno – per potenziare le proprie capacità decisionali, per avere maggior accuratezza, capacità di agire e reagire in tempo reale e accelerare l’innovazione.

Il principale valore aggiunto della proposta Oracle è la capacità di aprire i sistemi di fabbrica a una maggiore interazione tra persone, macchine e dispositivi. Ad alimentare queste interazioni ci sono i dati – generati da sensori, macchine, persone/operatori – che sono costantemente analizzati e utilizzati per attivare in tempo reale funzionalità di automazione integrate nella piattaforma e mettere a disposizione strumenti intelligenti e sofisticati per tutti gli aspetti della supply chain industriale.

«Quella che proponiamo – ci racconta Marchetti – è un’offerta applicativa in cloud dedicata al mondo della manifattura. Quello che ci siamo proposti di fare è dare alle aziende un acceleratore che consenta rapidamente di mettersi al passo con i tempi. Inoltre, il cloud permette di abbattere i costi sia per noi che per le aziende. Il 5G, poi, rappresenterà un ulteriore acceleratore, soprattutto in quelle aree dove c’è una carenza di connettività o in cui non è ancora arrivata la fibra ottica. Questo sarà molto importante perché nel nostro Paese ci sono distretti industriali che sono collocati in zone con bassa potenza di rete».

Simone Marchetti, Sales Development Manager, Digital Supply Chain Solutions di Oracle

 

L’intelligenza artificiale

Uno dei temi di maggiore attualità (ne abbiamo parlato recentemente qui) è quello del ruolo dell’intelligenza artificiale e se la maggiore pervasività di queste tecnologia si tradurrà in un taglio di posti di lavoro o in una marginalizzazione del ruolo dell’essere umano. Oracle e Omron sono concordi nell’affermare che sarà un’evoluzione positiva, ma il problema è il presente. «Chi pensa che si possa rimanere fermi e mantenere lo status quo – chiosa Marchetti – sbaglia radicalmente: le aziende che abbracceranno questa trasformazione probabilmente avranno difficoltà in un primo momento, ma saranno sicuramente problemi minori rispetto a chi, per lasciare tutto com’è, sarà costretto a chiudere perché incapace di stare al passo con i tempi».

«L’Italia – conclude Spimpolo – è un passo avanti così come l’Europa tutta. La Cina sta evolvendo solo ora nell’ottica della mass production, mentre noi abbiamo già vissuto la stagione del reshoring. Stiamo andando verso una produzione molto più customizzata, con un’automazione che sarà sicuramente spinta ma anche con la consapevolezza che al centro ci sarà l’uomo. Per questo partiamo avvantaggiati nella transizione verso il prossimo capitolo industriale».

Robot collaborativo Omron. Foto A. Carra

 

Le competenze

Un modo, ormai piuttosto noto ai lettori di Industria Italiana, di gestire il passaggio epocale che stiamo vivendo, è quello di puntare sulla formazione, integrando soft skills a nuovi corsi, come gli Its o le nuove facoltà che rientrano nell’alveo delle cosiddette Stem. «Gli Its – ci spiega Andrea Langfelder, hcm strategy leader di Oracle – sono la fucina ideale per gli skill di cui abbiamo bisogno. Piano piano arriveremo ai lavori di domani, ma intanto è innegabile che stiamo togliendo alla logica quotidiana la parte più “noiosa”. Nella mia direzione delle risorse umane, ad esempio, stiamo analizzando i dati con sistemi intelligenti e con il cloud, estraendo le informazioni e ottenendo un vantaggio competitivo. Non è un caso che Generali abbia fatto sapere che ha liberato tempo – circa il 50% – alle persone che prima si occupavano della gestione dei dati. La formazione deve essere osservata da un punto di vista differente. Prendiamo ad esempio il telepass: un tempo c’era il casellante, oggi con gli sportelli automatici questo lavoro sta progressivamente sparendo. In compenso sono arrivate nuove professionalità collegate all’automazione che è necessaria per i caselli di nuova concezione».

Infine, per quanto concerne il rapporto di Omron e Oracle con la formazione, il colosso giapponese sta collaborando da tempo con università e istituti tecnici, oltre ad essere inserito in molti digital innovation hub e negli Its. Oracle, invece, ha avviato una divisione specifica, l’Academy, che sviluppa progetti di alternanza scuola-lavoro per diffondere la cultura digitale.














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