Nidec: dove vogliono arrivare i giapponesi che hanno comprato Embraco (e l’italiana Ansaldo Sistemi Industriali)

di Marco Scotti ♦ Strategie e obiettivi della multinazionale dell’elettronica industriale, che in Italia ha una presenza importante, a Genova, dopo l’acquisizione del polo manifatturiero energetico ex Finmeccanica, ribattezzato Nidec Asi

In questi giorni la multinazionale manifatturiera giapponese Nidec è al centro delle cronache economiche mondiali per aver comprato Embraco da Whirpool (escluso però lo stabilimento piemontese che tanto ha fatto parlare di sé per la sua chiusura). Ma già nel recente passato il colosso nipponico – tra i leader mondiali nella realizzazione di motori elettrici e inverter – ha condotto un’aggressiva strategia di M&A che ha portato all’acquisizione di otto aziende solo nello scorso anno.







L’azienda giapponese guidata da Shigenobu Nagamori ha un fatturato (maggio 2017) di oltre 28 miliardi di dollari con più di 100.000 dipendenti in tutto il mondo, oltre che nel quartier generale di Kyoto. La sua strategia di M&A nel recente passato ha riguardato molto da vicino il nostro paese: nel 2012, infatti, Nidec ha acquistato Ansaldo Sistemi Industriali – storica eccellenza genovese con oltre 150 anni di vita – dando vita a una nuova creatura, Nidec ASI, azienda con un fatturato intorno ai 500 milioni di euro realizzato grazie a 1.500 dipendenti “capitanati” dal CEO Giovanni Barra.

Nidec ASI ha saputo imporsi come un punto di riferimento nella progettazione di generatori elettrici, nell’elettronica di potenza e nei sistemi di controllo e automazione per applicazioni industriali. Oltre a un forte orientamento su specifiche competenze, la ricetta del successo dell’azienda passa anche dal fatto di aver avuto una brillante intuizione: la più devastante crisi economica del Dopoguerra, infatti, è stata sfruttata come “innesco” per varare una nuova strategia industriale.

 

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Le Officine Ansaldo nel 1926. Un’azienda storica della manifattura italiana

 

«Nel 2008 – racconta a Industria Italiana Kaila E. Haines, top manager di Nidec ASI – quando c’è stato il crack dell’economia abbiamo avuto un momento di “illuminazione” e abbiamo capito che il mondo del capitale si era definitivamente capovolto: non sarebbe mai più tornato un sistema in cui ci fossero soldi per fare investimenti in infrastrutture. A quel punto abbiamo creato un mondo di microreti collegate tra di loro: prima di tutto per la flessibilità e la possibilità di fare investimenti in maniera più contenuta rispetto alle decine di miliardi necessarie per varare grandi opere; poi perché siamo stati capaci di realizzare prototipi per la cosiddetta “industria intelligente”, quella che prevede l’integrazione con le nuove tecnologie e che oggi ricade sotto il nome di Industria 4.0. Ma abbiamo iniziato a farlo già 10 anni fa, in qualche modo scommettendo su un futuro in cui anche i soggetti dimensionalmente meno rilevanti avrebbero potuto accedere a macchinari di ultima generazione e a tecnologie di più moderna concezione». Ma soffermiamoci su Nidec Asi (che sta per Ansaldo Sistemi Industriali), l’attività prevalente in Italia, nonché un polo manifatturiero di grande importanza storica.

 

 

Nidec ASI Cinisello Blasamo
Nidec ASI Cinisello Blasamo – foto ©Yuri Laudadio

Nidec ASI

Nidec ASI ha solo cinque anni di storia, ma può contare sul bagaglio di esperienze di Ansaldo Sistemi Industriali, sul mercato dal 1858. Prima faceva parte di Ansaldo, poi è diventata una costola di Finmeccanica, fino alla recente acquisizione, appunto, da parte della multinazionale giapponese. Oggi la nuova “creatura” è il vertice della piattaforma industriale all’interno del gruppo Nidec. Nidec ASI oggi fattura poco meno di 500 milioni di euro, investe in ricerca e sviluppo il 4% delle revenue e ha 1.500 dipendenti nel mondo, più di un settimo del totale di Nidec Industrial Solutions che impiega circa 10.000 persone a livello globale. I suoi mercati di riferimento sono petrolchimico, energia tradizionale e rinnovabili, siderurgia, navale e automazione industriale. La multinazionale è specializzata in applicazioni pesanti dove sono richieste alte potenze e prestazioni elevate: motori elettrici e generatori fino a 65 MW di potenza (87.000 cavalli); inverter e convertitori elettronici di potenza; automazione e software di processi industriali; retrofit di centrali elettriche e generatori idroelettrici; sistemi integrati per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e loro stabilizzazione nel collegamento alle reti nazionali.

«Abbiamo una forte capacità di ingegneria e sul prodotto tailor made, – racconta ancora la Haines – mentre i nostri concorrenti sono più forti sulla standardizzazione. La nostra peculiarità è creare un prodotto su misura, mentre abbiamo scelto fin da subito di non concentrarci su soluzioni più tradizionali. Per questo abbiamo sviluppato un grande know-how». Il rapporto tra il pragmatismo giapponese e la creatività italiana si è dimostrato un punto di forza ulteriore, grazie alla fusione di due diverse filosofie industriali. «Già dal 2005 – aggiunge Haines – avevamo introdotto la lean manufacturing, ma fino al 2013, quando siamo entrati nel gruppo Nidec, i progressi erano stati minimi. Il grosso salto in avanti l’abbiamo visto con l’introduzione del metodo Toyota nelle nostre fabbriche e questo è sicuramente il beneficio maggiore che abbiamo avuto dal contatto con il Giappone. Inoltre, abbiamo anche un managing team che crede molto in questa filosofia, che ci ha permesso di ottenere una significativa riduzione dei costi e un maggiore coinvolgimento del personale nella fabbrica. Il contributo dei giapponesi, quindi, è stato darci un metodo per “incanalare” la nostra creatività lungo modelli più efficienti».

 

Linea di montaggio nello stabilimento Toyota UK

 

Il metodo Toyota

Da decenni il colosso nipponico utilizza un ciclo produttivo che solo in tempi più recenti è stato codificato anche per i fornitori utilizzando il simbolo di una casa. Alla base di questo sistema, secondo Toyota, sta il fatto che ogni operazione costruisce soltanto ciò di cui ha bisogno la fase successiva. L’obiettivo principale è quello di massimizzare la produzione riducendo gli sprechi, eliminando quello che per Toyota è il “peccato capitale”, la sovrapproduzione, che conduce ad altri problemi secondari come la manutenzione, i difetti strutturali e via dicendo.

Perché il One Piece Flow funzioni, ogni organizzazione deve comprendere il vero valore di “less is more”. Tornando alla “simbolica” casa di cui sopra, il tetto è composto da qualità migliore, costi più bassi e lead time più breve: l’azienda ideale. I due pilastri esterni, che devono reggere il peso di tutta la costruzione, sono il Just In Time e il Jidoka. Il primo significa realizzare il componente giusto, nella quantità giusta, nel momento giusto. In sostanza, si tratta della certificazione del passaggio da una logica “push” (in cui l’azienda produce senza prendere inizialmente in considerazione le reali esigenze del mercato e spingendo, appunto, sulle leve di marketing) a una “pull” in cui è il mercato stesso a creare i bisogni. Il Jidoka è invece l’automazione intelligente, con un tocco umano. Il che si traduce in un capillare controllo qualità della postazione, con l’arresto automatico del processo in caso di errore.

Al centro dello schema si trova il cuore pulsante di ogni organizzazione: le persone, dove tutti diventano “piccoli scienziati” dedicati al miglioramento continuo del proprio processo produttivo o transazionale che sia. Persone organizzate in “piccole squadre”capaci di risolvere in modo inventivo problemi di grande impatto. Infine la guerra infinita agli sprechi. Questo modello porta a una serie enorme di benefici. In primo luogo incrementa la qualità dei prodotti: se ogni passaggio è funzionale al successivo, aumenta il controllo e la possibilità di trovare difetti strutturali. Aumenta la sicurezza, perché rende il luogo di lavoro più controllato. Accresce la produttività e la flessibilità, così come la scalabilità di ogni singolo processo. E inoltre, dettaglio da non trascurare, aumenta il morale della forza lavoro: ogni ganglio del processo produttivo è retto da persone che si sentono parte integrante di un processo di successo.

 

Nidec per Steag: stoccaggio dell’energia

Il focus sull’industry elettrica

Uno dei settori in cui Nidec ASI è più attiva è quella dell’energia, soprattutto per quanto concerne la realizzazione di microreti per le rinnovabili. Si tratta di un sistema integrato che consente la distribuzione dell’energia in zone in cui i metodi tradizionali non riescono a funzionare, per carenza di infrastrutture o per caratteristiche morfologiche del terreno. Attraverso batterie di accumulazione caricate da energia eolica e fotovoltaica, viene veicolata l’energia lungo microreti. Il primo esempio è quello dell’installazione in Cile di una smart microgrid. «Anche nelle Maldive – aggiunge Haines – abbiamo portato avanti un progetto analogo per dare energia a un resort a cinque stelle che non aveva rete elettrica. Da queste prime due esperienze è nato un notevole know-how sulle batterie e sui sistemi di accumulazione. Da qui, quindi, la nostra offerta si è ampliata con l’installazione di batterie stand-alone che creassero un supporto alle reti elettriche europee che avevano difficoltà».

Inoltre, Nidec ASI ha fornito alla tedesca STEAG un sistema di stoccaggio energia per una capacità totale di 90 MW – il più grande nel suo genere. L’inaugurazione è avvenuta a novembre del 2016. E altri progetti sono già stati avviati in Francia e Inghilterra. «Oggi siamo leader nel settore dello stoccaggio dell’energia – spiega ancora la top manager di Nidec ASI – con 550 MW/h già installati. Abbiamo anche una competenza per l’installazione sui mega yacht o sui traghetti e possiamo anche realizzare impianti di cogenerazione e trigenerazione che forniamo, chiavi in mano, alle fabbriche di grandi dimensioni come quelle siderurgiche. Infine, un progetto ancora avveniristico che per il momento non sta ancora rendendo come potrebbe è quello realizzato, in Francia, per la generazione di energia elettrica dal moto ondoso.

 

 

nidec_genova
Nideg ASI e l’elettrificazione delle banchine del porto di Genova

Il porto di Genova

L’ultimo progetto in ordine di tempo varato da Nidec ASI è quello per l’elettrificazione delle banchine del porto di Genova. Si tratta di una commessa da 8 milioni di euro che garantisce anche di essere compliant con i nuovi requisiti di sostenibilità ambientale. Si tratta di un progetto “shore to ship”, un sistema avanzato di alimentazione elettrica che consente alle navi ormeggiate di attingere dalle banchine l’energia necessaria ad essere pienamente operative, senza bisogno di accendere i motori di bordo. La soluzione risponde all’esigenza di adeguarsi alle direttive dell’Unione Europea che, dal 2003, ha invitato i porti ad adottare sistemi shore to ship per ridurre le emissioni inquinanti delle navi. Una raccomandazione che diventerà vincolante per tutti i porti europei entro il 2025.

Grazie al sistema messo a punto da Nidec Industrial Solutions, le emissioni di SOx, NOx, CO2 e di PM, che rappresentano una significativa fonte d’inquinamento per un territorio densamente popolato, vengono notevolmente ridotte a beneficio della salute pubblica. Inoltre, collegando le navi alla rete elettrica nazionale ed evitando l’impiego dei generatori diesel di bordo, si ridurranno significativamente anche le emissioni acustiche che infastidiscono turisti e abitanti delle zone limitrofe.

«Questo progetto –racconta Kaila Haines – rappresenta per noi un traguardo fondamentale rispetto alla riduzione dell’impatto ambientale delle attività portuali, tema centrale per promuovere un modello di sviluppo sostenibile in un Paese come l’Italia, con 7500 km di coste e 42 grandi porti. La trasformazione dei porti nell’ottica di una maggiore sicurezza e di un risparmio energetico può, inoltre, contribuire ad attrarre un più elevato numero di navi da crociera, con impatti positivi per il commercio e il turismo. Siamo orgogliosi di collaborare con il Porto di Genova apportando la più avanzata tecnologia, unita alla capacità di soddisfare esigenze specifiche attraverso soluzioni personalizzate e a una comprovata esperienza, sviluppata grazie alle diverse applicazioni già installate nel Porto di Livorno, nei Cantieri di Muggiano – La Spezia, nelle Basi Militari Navali di Taranto e a Tolone (Francia)».

L’azienda ha, infatti, già realizzato un progetto per Livorno, uno dei pochi porti al mondo già all’avanguardia insieme a quelli di Los Angeles e San Francisco (California), Juneau (Alaska), Göteborg (Svezia), e Lubeck (Germania). Per l’elettrificazione della banchina del Porto di Livorno, Nidec Industrial Solutions ha fornito nel 2013 un drive a frequenza variabile per la realizzazione di un impianto che abbatte le emissioni navali e riduce l’inquinamento, fornendo energia elettrica da terra alle navi da crociera ferme. Per il porto di Genova – che nel 2016 si è aggiudicato il premio come “Top 100 Worldwide Container Ports” – Nidec Industrial Solutions fornirà due convertitori statici di frequenza da 6 MVA che, con i sovraccarichi richiesti, possono arrivare a 12 MVA, i quadri e trasformatori MT e BT, i conduttori di connessione per le varie apparecchiature e le componenti accessorie. La particolarità dei sistemi di Nidec Industrial Solutions, infatti, è quella di adattare tensione e frequenza della rete elettrica nazionale al fabbisogno delle singole navi. Nel lungo periodo, Nidec seguirà, inoltre, le opere civili, i montaggi, la messa in servizio e l’assistenza tecnica funzionali al progetto, per i prossimi 10 anni.

 

Kaila Haines
Kaila E. Haines, top manager di Nidec ASI

Automotive

L’esperienza in batterie e accumulatori si traduce anche nell’offerta al comparto automotive, sempre più votato a una “elettrificazione” che però si scontra con due problemi non di poco conto: in primo luogo, le batterie attualmente montate sulle autovetture sono ancora troppo poco capienti per consentire un’autonomia sufficiente. Da questo punto di vista, sembra che la seconda generazione potrebbe incrementare il numero di km che possono essere percorsi. L’altra questione spinosa è lo scarso numero di postazioni di ricarica che, soprattutto fuori dai centri urbani, rendono quasi impossibile l’approvvigionamento.

«Grazie alla nostra tecnologia – spiega Haines – siamo già oggi più veloci nei tempi di ricarica di 5 minuti rispetto a Tesla. Si tratta di un dato molto interessante perché il nostro sistema consente un prelievo costante di energia, senza troppi “picchi”, in modo da garantire stabilità all’infrastruttura. Con l’avvento entro la fine di quest’anno delle batterie di nuova concezione, il problema dell’autonomia potrebbe avviarsi verso una prima soluzione. Per quanto riguarda le stazioni di ricarica, poi, le abbiamo già pensate per le nuove generazioni, che prevediamo possano anche essere più diffuse, incrementando il fabbisogno di energia. Da questo punto di vista dovremo essere bravi a gestire la propagazione del calore: oggi le auto non sarebbero in grado di essere caricate in 15 minuti, ma le nuove generazioni avranno una tecnologia che, oltre a ridurre i tempi di ricarica, potrà affrontare anche il tema della produzione di calore».

Oil&Gas

Nidec ASI è anche presente nel settore dell’oil&gas, dove fornisce motori e drive su misura. «Qui possiamo contare – ci racconta ancora Haines – due eccellenze: i motori anti-esplosione e i motori super-veloci. I primi permettono di minimizzare i rischi soprattutto in quelle industrie che sarebbero enormemente danneggiate in caso di esplosione. Questi motori contengono al loro interno eventuali fughe potenzialmente esplosive, garantendo una maggiore sicurezza per l’impianto. Per quello che riguarda i secondi, i motori superveloci, siamo stati dei pionieri con prodotti che possono generare fino a 15 MW a 20.000 giri al minuto. Recentemente abbiamo realizzato un importante progetto in Russia, con quasi 300 macchine, per poter operare a temperature estremamente rigide, fino a -60°C».

Siderurgia

Infine, un comparto che sta particolarmente a cuore al nostro paese è quello della siderurgia e dell’industria pesante in genere. Anche in questo caso Nidec ASI ha pronte soluzioni tailor-made che però si rivolgono più alla parte “software” che a quella “hardware”. «Quando parliamo di digital factoring – conclude la manager di Nidec ASI – tutti si immagina immediatamente una rivoluzione nei macchinari perché siano pronti per l’integrazione con le nuove tecnologie. La realtà è che in Italia la quasi totalità delle fabbriche è stata costruita oltre 60 anni fa, con una evoluzione specifica che non può essere “rasa al suolo” con un colpo di spugna. La difficoltà maggiore, quindi, è capire come si fa a trasformare una fabbrica rendendola 4.0 senza mettere in ginocchio l’azienda costringendola a cambiare tutti i macchinari.»

«Da tanto tempo stiamo lavorando con i nostri clienti per realizzare un passaggio a fabbriche più moderne, sviluppando anche vari sistemi per permettere il dialogo più efficace tra i diversi dispositivi. Ad esempio abbiamo elaborato Artex, una piattaforma aperta open source che permette l’interazione con software sviluppati da altri fornitori. Attualmente vedo che la tecnologia che più interessa è quella cloud, perché permette di avere i dati in tempo reale tramite un centro di comando remoto che cambia la modalità di controllo e gestione della fabbrica. Proprio il data analytics avanzato permesso dal cloud mi consente anche di elaborare best practices, mettendo a confronto le informazioni su diversi impianti per capire quale sia la metodica di lavoro più efficace».














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