Monica Poggio, Ceo Bayer Italia: perché credo negli ITS

di Filippo Astone e Laura Magna ♦ Il presidente della Fondazione ITS Lombardia Meccatronica spiega  perchè gli Istituti Tecnici Superiori rappresentano la risposta alle necessità formative della manifattura nazionale. L’82,5% dei diplomati ha trovato lavoro entro un anno dalla conclusione degli studi. Il contributo delle aziende: Abb, Bosch, Brembo, Alstom,  Fluid-o-Tech, Kone, Heidenhaim, Mitsubischi, Schneider Electric e altre

«Il segmento della formazione terziaria professionalizzante in Italia rappresenta ancora una esperienza di nicchia: nel 2014 quando siamo partiti con la Fondazione Istituto Tecnico Superiore Lombardo per le Nuove Tecnologie Meccaniche e Meccatroniche (in breve, ITS Lombardia Meccatronica) è stato come avviare una start up. Ancora oggi l’ostacolo maggiore è spiegare alle persone cosa siamo e cosa facciamo e che il percorso che offriamo è complementare a quello universitario e strettamente connesso con il mondo del lavoro e con il suo futuro». A dirlo a Industria Italiana è Monica Poggio, amministratore delegato di Bayer Italia e presidente della Fondazione ITS Lombardia Meccatronica.

 







Monica Poggio, amministratore delegato di Bayer Italia

Impresa 4.0 e la formazione tecnica

In un mondo dell’industria che cambia alla velocità della luce, con tecnologie sempre più pervasive e connesse e con l’automazione che spazza via le mansioni più ripetitive e faticose, studiare e specializzarsi – ovvero studiare ciò che il mercato richiede – sembra essere l’unica soluzione per non restare travolti. Non è un caso, dunque, che la formazione fosse il fulcro del secondo pacchetto di misure per lo sviluppo economico pensato dall’ex ministro Carlo Calenda. Con “Impresa 4.0” nell’ultima legge di bilancio ha introdotto il credito di imposta del 40% sulle spese sostenute dalle aziende per la formazione sui temi della quarta rivoluzione industriale – misura che l’ex ministro intendeva trasformare da transitoria in strutturale – e, soprattutto, aveva aumentato lo stanziamento pubblico per gli ITS, gli Istituti Tecnici Superiori, a cui si accede dopo la maturità. Il valore del finanziamento è stato portato a 10 milioni per il 2018, 20 per il 2019 e 35 per il 2020.

Una cifra ancora piccola, ma una miccia utile a smuovere il sistema: nelle intenzioni dell’ex titolare del Mise sarebbe dovuto essere solo un inizio, cui sarebbe seguito uno stanziamento di 400 milioni aggiuntivi all’anno con l’obiettivo di raggiungere un numero di almeno 100mila studenti iscritti entro il 2020. E la ragione è semplice: da queste scuole potrebbero uscire, dopo un percorso di studi di due anni, i 280mila supertecnici 4.0 dei quali secondo Confindustria   le imprese avranno bisogno entro il 2020 in settori cruciali, dalla meccanica, alla chimica, alle nuove tecnologie informatiche, alla moda all’agrolimentare. E che al momento, semplicemente, non ci sono. Un paradosso nell’Italia della disoccupazione all’11%, secondo gli ultimi dati Istat , con quella di chi ha tra i 25 e i 34 anni, ancora sopra il 31% (seppur in miglioramento).

Un paradosso, in un Paese che soffre di una cronica carenza di professionalità in ambito digitale. Il dato è drammatico: i dati OCSE (2015) dicono che nel 2011-12 l’Italia è risultato il paese con la più alta percentuale (33% circa) di skill mismatch; si stima che se riducessimo tale disallineamento tra le competenze fino al livello del Paese OCSE con il valore più basso in ciascun settore di attività, la produttività del lavoro in Italia crescerebbe del 10%. Inoltre, secondo la Strategia per le competenze dell’Ocse  «l’Italia investe relativamente poco per sviluppare le competenze, in particolare per l’ istruzione terziaria e la formazione degli adulti. Mentre la spesa per studente nell’istruzione primaria e secondaria in Italia è vicina alla media dell’OCSE, la spesa a livello terziario vede l’Italia solo al 21° posto su 31 paesi…L’investimento ridotto e poco efficace sull’istruzione e sulla formazione – insieme ad altri fattori – può avere implicazioni negative per l’accesso alle opportunità di sviluppo delle competenze, nonché per la qualità delle stesse, con effetti negativi di lunga durata sulla produttività e sul benessere».

 

Gli ITS sono una potenziale soluzione a questo drammatico mismatch?

La risposta è si, e si trova nella stessa descrizione dell’oggetto di cui parliamo: gli ITS sono scuole biennali che formano esperti altamente specializzati in diversi settori cruciali per le imprese che reggono il nostro tessuto economico. L’offerta attualmente disponibile spazia dalle nuove tecnologie per il made in Italy (sono 36 gli ITS in questo ambito che include agro-alimentare, moda, meccatronica, servizi alle imprese e casa), all’ICT, al turismo, all’efficienza energetica e alla mobilità sostenibile, fino alle nuove scienze della vita. In Italia gli ITS sono in tutto solo 95, distribuiti più o meno su tutto il territorio, con la Lombardia, che ne ospita 20, in testa. Seguono Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Toscana a quota 7. Non solo Nord: la Puglia ospita 6 istituti, Sicilia e Calabria 5, la Campania e la Sardegna 3, il Lazio ne conta 7 e l’Abruzzo 4.

Si tratta di istituti che funzionano perchè ben  inseriti nel contesto territoriale che li ospita: perché a quel contesto offrono le professionalità che servono. Sono scuole, per così dire,di distretto: l’elenco completo è disponibile sul sito del Miur. La caratteristica distintiva degli ITS è che sono retti da Fondazioni partecipate da Università, Enti di formazione, associazioni di categoria e soprattutto, aziende che mettono a disposizione le proprie conoscenze o risorse negli stessi percorsi formativi. Questa è la ragione per cui, secondo i dati del Miur, l’82,5% dei diplomati ha trovato lavoro entro un anno dalla conclusione degli studi.

 

L’ITS Lombardia Meccatronica

L’ITS Lombardia Meccatronica, quattro sedi in regione, con Assolombarda tra i soci fondatori, fa anche meglio: il tasso di occupazione è del 95%. Il coinvolgimento di diverse aziende della meccatronica  è sicuramente un punto di forza, ma non l’unico. Cerchiamo di capire perché, partendo dal collegamento tra Bayer e la meccatronica. «Bayer ha tre stabilimenti: a Garbagnate, Segrate, e Filago.- spiega Poggi-  La meccatronica si trova ovunque. Automazione e connessione sono del tutto trasversali. Per stare nel nostro caso, Garbagnate sta realizzando un progetto pilota sul digital manufacturing. Stiamo digitalizzando la manifattura e vogliamo usare i big data con tutte le relative implicazioni in termini di organizzazione e nuove professionalità. In questo contesto per esempio abbiamo assunto di recente un data scientist, un laureato in matematica, profilo che fino a un anno fa non sarebbe stato considerato: la componente tecnologica avanzata è invece diventata essenziale.» spiega Poggio a Industria Italiana. L’ amministratore delegato di Bayer SpA ci spiega poi come è arrivata a presiedere l’ITS Lombardia Meccatronica.

 

La composizione dei soci della Fondazione

 

«E’ una esperienza che è cominciata nel 2014, l’anno stesso di fondazione dell’Istituto. La proposta mi è stata avanzata da Assolombarda, uno dei soci fondatori. I soci iniziali erano circa 30, oggi sono arrivati a 84; è un azionariato diffuso, composto essenzialmente dalle Confindustrie territoriali lombarde, corrispondenti alle quattro sedi dell’Istituto: Assolombarda, Brescia, Lecco e Sondrio, Bergamo. Poi figurano alcune scuole superiori, le Università di Bergamo e Brescia, Enti di formazione e le aziende che attualmente sono 41: molte Pmi ma anche grandi gruppi del calibro di Abb, Bosch, Alstom, Brembo, Mitsubischi, Schneider Electric, Fluid-o-Tech, Kone, Heidenhaim e altre. Le aziende giocano un ruolo fondamentale per gli ITS e offrono il loro contributo su più fronti», dice Poggio. Oltre che essere partner, dunque, le aziende partecipano al Comitato tecnico scientifico che definisce percorsi e progettazione operativa, consentendo di aggiornare le competenze o modularle velocemente alle esigenze del mercato. Ancora, oltre il 50% dei docenti proviene dal mondo del lavoro (manager o tecnici), e, elemento decisivo, nelle imprese si svolgono i tirocini degli studenti, il cardine della formazione tecnica superiore.

 

Open Day 2015 (Tutti i diritti riservati a ITS Lombardia Meccatronica)

 

«Su questo fronte collaboriamo con oltre 200 aziende, – spiega Poggi- quindi non solo con quelle associate. Questa è la peculiarità, la ragion d’essere dell’ITS , il punto di sintesi di soggetti diversi ma complementari, che facendo sistema riescono a esprimere una qualità dimostrata dai dati. La media nazionale di occupazione dei diplomati è dell’82,5%; il nostro ITS si colloca al 95% e il 5% che non è occupato è perché ha scelto di proseguire gli studi», spiega Poggio. Nessuna formula magica dietro questi numeri: solo il giusto match tra domanda e offerta che consentirà con il tempo di scardinare la mancata corrispondenza che per l’Italia raggiunge vette di drammaticità.

Finora tuttavia non è stato possibile colmare questo gap perché gli ITS diplomano troppo pochi tecnici superiori. «Gli iscritti oggi sono 10mila e i diplomati 8mila, una goccia nel mare della formazione terziaria», continua Poggio. Che non manca di considerare il divario con la Germania, anche se invita a valutare con le dovute attenzioni il paragone con il nostro Paese. «La Germania con le sue Fachhochschulen va considerata un esempio, ma tenendo presente le diversità delle esperienze: in Germania si diplomano 800mila giovani nel sistema duale contro i nostri 8mila. Il sistema di formazione duale è consolidato in quel paese, e ha radici storiche profonde. In Italia è al contrario un’esperienza recente in un contesto culturale che ancora tende a premiare le conoscenze rispetto alle competenze, un dibattito che viene da lontano. Personalmente credo che servano entrambe: non si può puntare solo sul saper fare, le conoscenze servono a sviluppare un pensiero più profondo. Abbiamo bisogno di persone formate, ma d’altro canto conoscenze senza competenze non sono sufficienti a produrre il ponte con il mondo del lavoro. Gli ITS sono le esperienze più vicine al sistema duale tedesco ma fare paragoni è una forzatura».

Per l’Italia un’esperienza relativamente recente

Gli ITS sono stati istituiti in Italia con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio 2008   e i primi sono partiti solo nel 2011. Il sistema è dunque in fase di crescita. L’ITS Lombardia Meccatronica ha un percorso ben definito in termini di specializzazione, alla fine del quale si ottiene un titolo di studio legalmente riconosciuto che si posiziona al quinto livello nel sistema delle qualifiche europee. Vi si accede con un diploma quinquennale di maturità. «Il tecnico superiore in ambito meccatronico è caratterizzato da multidisciplinarietà: si studiano, in un percorso molto applicativo, discipline che vanno dalla meccatronica alla matematica, e sono contemplati moduli su team building e anche competenze relative a soft skills.- spiega Poggio- Questo vuol dire che il tecnico deve saper operare lavorando su processi integrati in ambienti complessi dal punto di vista dell’interazione, ma sicuramente ha un orientamento più applicativo e realizzativo, grazie a una specializzazione verticale molto alta su quelle competenze ».

Chi sceglie l’ITS rispetto all’Università lo fa per dotarsi di un patrimonio di specializzazione molto preciso, e l’offerta degli ITS spazia da specializzazioni in campo marittimo, chimico, per arrivare alle nuove tecnologie per le scienze della vita, alla grafica, all’ICT, al marketing e turismo. Lo stile di apprendimento è applicativo e si ottiene un’immediata spendibilità nel mondo del lavoro grazie a un percorso concentrato. Non solo. «Le due Università di Bergamo e Brescia che figurano tra i nostri soci riconoscono alcuni crediti formativi: sarebbe auspicabile che la cosa si applicasse in maniera più ampia e che la cinghia di trasmissione fosse più diretta tra i diversi mondi della formazione», dice Poggio, lasciando intendere che anche quando un giovane volesse proseguire gli studi presso un classico ateneo, successivamente al diploma ITS, il biennio non andrebbe sprecato. Non solo, ma in questo modo si offre una opportunità a chi, dopo una iniziale esperienza universitaria non soddisfacente, volesse rimettersi in gioco su un diverso percorso formativo.

 

 

Studente impegnato in uno stage (Tutti i diritti riservati a ITS Lombardia Meccatronica)
Modalità di finanziamento e costi di frequenza per gli studenti dell’ITS Lombardia Meccatronica

Poggio ci spiega come funziona il regime economico dell’ITS:«Per quello che riguarda i sostenitori, le aziende socie contribuiscono solamente con una quota di entrata e non è richiesto di fornire successivamente altri contributi economici. Oltre alla quota di ingresso dei soci, ci finanziamo con i bandi regionali, i finanziamenti ministeriali e l’autofinanziamento. Inoltre, è previsto un sistema di premialità per gli ITS in base alle performance: per esempio in base al dato di occupazione vengono riconosciuti contributi ministeriali ulteriori grazie ai quali si possono avviare nuovi corsi. La retta dei ragazzi nel nostro caso è molto contenuta, e per il secondo anno prevede anche un sostegno allo studio. Il costo di due anni è 1500 euro, 500 euro il primo anno e 1.000 il secondo. Ma quest’ultimo, in funzione del reddito familiare e del merito dello studente, può essere gratuito. “ Muoviamo passioni” è il motto del nostro ITS. E per questo chi dimostra passione viene premiato.»

Ma l’elemento di snodo è che il mondo degli ITS non è ancora conosciuto e quindi è poco considerato. «E’ fondamentale parlare con i ragazzi e le famiglie di questa possibilità e delle potenzialità che rappresenta: con assoluta convinzione lo faccio personalmente in occasione degli open day. Lo scopo è diffondere la conoscenza intorno al progetto. Spiegare ai potenziali studenti e alle loro famiglie cosa offriamo e perché siamo una ottima scelta », continua Poggio. Che, pur apprezzando quando si è fatto nell’ultimo anno per sostenere gli ITS, considera ancora molte le carenze da colmare dal fronte pubblico.

«Quello che serve è una cornice normativa più chiara: una legge quadro per gli ITS. Inoltre sarebbe auspicabile un riordino complessivo dell’offerta formativa terziaria, che indichi chiaramente quali sono le alternative dopo il diploma: fino a ieri c’era solo l’Università, che ha e continuerà ad avere un indiscutibile valore, ma oggi ci sono alternative. Soluzioni che hanno pari dignità. Si deve avviare una importante azione informativa per aumentare la consapevolezza di questo percorso di studio, rendere il sistema più stabile e dotarlo di un riconoscimento sociale. Il primo obiettivo – ha concluso Poggio – è puntare a formare i 280.000 supertecnici che secondo i dati di Confindustria mancheranno nei prossimi 5 anni nel nostro sistema di impresa. Certamente sarebbe un grave peccato non rispondere a questo fabbisogno, soprattutto considerando l’attuale momento di congiuntura e crescita del Paese. »

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Monica Poggio

Monica Poggio, 52 anni, dopo il diploma al liceo classico frequenta l’Università Statale di Milano dove si laurea in scienze politiche nel 1988. Prosegue la formazione frequentando il Master Istud in gestione aziendale e, dopo le prime esperienze lavorative, perfeziona la sua preparazione partecipando a un Master della Bocconi in Human Resources, settore che caratterizzerà il suo percorso professionale. Avvia la carriera manageriale nel gruppo farmaceutico MSD – Merck Sharp and Dohme. Dopo qualche anno in GE – General Eletric – e nella multinazionale pharma Eli Lilly arriva in Finmeccanica dove rimane fino al 2007. Successivamente entra in Unicredit dove, dopo il primo periodo nella funzione HR, nel delicato momento della crisi del settore bancario assume la responsabilità della comunicazione interna e della corporate culture. Terminata l’esperienza nel banking ritorna ad occuparsi del settore farmaceutico entrando in Bayer nel 2012 come direttore delle risorse umane, fino a diventare lo scorso anno Amministratore Delegato.

 

La sede Bayer Italia a Milano (courtesy Bayer)

Bayer Italia

 Bayer AG è una azienda chimica e farmaceutica fondata a Barmen, in Germania nel 1863. L’azienda, una delle più grandi della Germania nonché una delle principali case farmaceutiche a livello mondiale, ha sede a Leverkusen.  Ha annunciato che a breve completerà l’acquisizione per una cifra intorno ai da 63 miliardi dollari del gigante americano di biotecnologie agrarie Monsanto. La Sede centrale di Bayer in Italia si trova a Milano. Ecco le cifre che raccontano la realtà italiana: un fatturato 2017 di 1,029 milioni di euro, 3 siti produttivi sul territorio nazionale con impianti fra i più avanzati al mondo, oltre 2.000 collaboratori (dati dicembre 2017).

Bayer focalizza la propria attività nei settori delle Life Sciences, Salute e Agricoltura. Il portfolio   business abbraccia vari ambiti, da Pharmaceuticals a Consumer Health, ad Animal Health e a Crop Science, e si rivolge non solo ai medici, ma anche ai veterinari, agli agricoltori e ai consumatori.In Italia attualmente Bayer è costituita da società che consentono al Gruppo di essere presente e operare in diversi ambiti strategici e di primaria importanza.

Bayer S.p.A., a cui fanno capo le attività nel campo della salute dell’uomo e degli animali.

Bayer CropScience S.r.l., che opera nel settore della protezione delle colture, del giardinaggio, dell’igiene e sanificazione ambientale.

Nunhems Italy S.r.l., con un centro di ricerca a S.Agata Bolognese, Bayer commercializza con il marchio Nunhems circa 1.200 varietà di sementi per l’orticoltura professionale.

Bayer Healthcare Manufacturing S.r.l. per la produzione di specialità farmaceutiche, di prodotti cosmetici ad uso dermatologico e all’importazione, e per il confezionamento e la distribuzione di prodotti medicinali biologici.














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