L’eccellenza della meccatronica italiana a Torino, fra Stellantis, Thales Alenia Space e AvioAero

di Gaia Fiertler ♦︎ Auto elettriche, a idrogeno, il veicolo da rifornimento spaziale Cygnus: sono solo alcuni dei progetti delle aziende di Amma, associazione confindustriale torinese che punta sugli hub di innovazione come il Manufacturing Technology Center e il Polo Mesap. Ne parliamo con il presidente Stefano Serra

Secondo Carlos Tavares, senza ulteriori aiuti dallo Stato gli stabilimenti Stellantis sono a rischio. Fra questi, c'è quello di Mirafiori

Grandi sfide per il doppio comparto aerospaziale e automotive di Torino, rappresentato dall’associazione di categoria territoriale Amma, che è coinvolta in importanti poli per la ricerca e il trasferimento tecnologico. Dall’annunciato Mtc (Manufacturing Technology Center), sostenuto con 20 milioni di euro stanziati nel Decreto Rilancio (infrastruttura di ricerca di interesse nazionale che, tra le altre mission, sosterrà la competitività dell’automotive e favorirà la transizione green della mobilità) al Polo Mesap dedicato aSmart Products and Manufacturing”, in linea con la strategia di specializzazione intelligente della Regione Piemonte nei settori aerospazio, automotive, meccatronica, tessile e agroalimentare, chimica verde/clean tech, salute e benessere. L’Unione Industriale di Torino è presente anche nel DapDistretto Aerospaziale Piemonte; nei DIH Piemonte e Valle d’Aosta e nell’Innovation Point, la “sentinella” che mette al servizio delle imprese associate per monitorare le novità tecnologiche di prodotto e di processo.

Amma, creata nel 1919 dal senatore Giovanni Agnelli è il principale dei 24 gruppi merceologici dell’Unione Industriale di Torino, rappresenta tutto il mondo meccanico e a differenza degli altri gruppo gode del rango di associazione autonoma. Ne fanno parte 600 aziende che occupano oltre 50 mila addetti nei settori automotive, macchine e sistemi di produzione, componentistica automotive, elettronica/elettrotecnica, meccanica/metallurgia e aerospazio. Amma ha un proprio presidente (oggi Stefano Serra, protagonista dell’intervista che state per leggere), un amministratore delegato (denominazione alla quale corrisponde quello che per tutte le altre associazioni confindustriali è un direttore generale) e propri vice presidenti. Chi si iscrive all’Amma, diventa automaticamente anche socio dell’Unione industriale di Torino. Spesso, alla guida dell’Unione Industriale di Torino si alternano vice presidenti dell’Unione stessa e presidenti dell’Amma.







Giorgio Marsiaj, Presidente dell’Unione Industriale di Torino.
Giorgio Marsiaj, Presidente dell’Unione Industriale di Torino

È stato così per Giorgio Marsiaj (che come imprenditore presiede l’azienda di famiglia, la Sabelt) che dalla guida dell’Amma è passato al vertice dell’Unione. Ma anche, alcuni anni fa, per Gianfranco Carbonato, presidente di Prima Industrie. Alberto Dal Poz, invece, è passato dalla guida di Amma a quella di Federmeccanica. Nel caso di Marsiaj, ha portato con sé, come direttore generale dell’Unione, anche l’amministratore delegato di Amma, Angelo Cappetti. Il passaggio di consegne alla direzione generale dell’Unione si è manifestato perché nello stesso momento si è verificato il pensionamento di Giuseppe Gherzi, storico direttore generale dell’associazione imprenditoriale sotto la mole (nella quale ha fatto quasi 40 anni di carriera), un personaggio mitico nel mondo confindustriale. Il nome Amma nel 1919 era l’acronimo di Associazione Metallurgici Meccanici Affini. Nel 2007 è diventato Aziende meccaniche meccatroniche associate, usando tra i primi in Italia la parola “meccatronica” che poi, negli anni della successiva Quarta rivoluzione industriale, diventerà cogente e indicherà un destino: la meccanica può esistere solo se diventa meccatronica.

Stefano Serra, amministratore delegato di Teseo-Clemessy Italia

La provincia di Torino è un territorio con solidi asset industriali da cui partire per fare da volano allo sviluppo dei due settori, automotive e aerospazio, con la voglia e il coraggio di pensare al futuro, anche in un periodo difficile come questo. Un futuro prossimo di meccatronica spinta, innovazione continua, ibridazione delle filiere e cittadelle del sapere per una sana contaminazione di tecnologie e know-how. È la visione, con i piedi ben saldi a terra, del neopresidente Stefano Serra, amministratore delegato di Teseo-Clemessy Italia, che scommette sull’idrogeno, addirittura già oltre l’elettrico a batterie, come catalizzatore di ricerca e sviluppo per le imprese italiane. E che vede positivo oltre il Covid: dopo dieci anni di débâcle nella crescita, nel terzo trimestre dell’anno l’Italia ha dimostrato grande reattività, recuperando 16,1 punti del Pil. Poi c’è stata la seconda ondata, i cui effetti sono ancora da valutare. «Grazie alle nostre strutture industriali più flessibili e snelle siamo stati veloci a rispondere al mutare delle richieste e a fornire piccoli lotti, di fronte all’accorciamento drastico della catena del valore. E ciò fa ben sperare anche per la nostra capacità di reazione nei prossimi mesi. Certo la visione di politica industriale non è di ampio respiro, del miliardo di euro investito dal Governo per rilanciare l’auto il 90% è per il sostegno della domanda e non per la ricerca e sviluppo, mentre Francia e Germania investono da 6 a 8 volte in più e solo un quarto è dedicato a sostegno della domanda», commenta Serra ottimista e amaro insieme.

 

D. Presidente, quali sono questi asset solidi del territorio su cui automotive e aerospazio possono fare leva?            

R. Premetto che in Amma rappresentiamo circa un terzo delle imprese iscritte all’Unione Industriale di Torino, con oltre 50mila addetti di cui 28% automotive, 37% tra meccanica ed elettronica, 20% nei beni strumentali e le rimanenti aerospazio e altri settori. Se partiamo dall’automotive, trovo che l’investimento di 5 miliardi di euro di Fca in Italia sia un segnale concreto della volontà del Gruppo di continuare a operare nel nostro Paese, anche se non abbiamo altri elementi per capire quali scenari si apriranno con Stellantis, la recente joint venture con il gruppo Psa. Altri segnali incoraggianti per il nostro territorio e per le imprese della componentistica sono la decisione appena annunciata di produrre a Mirafiori la nuova 500 elettrica, come pure i piani di sviluppo per modelli elettrici di Maserati e il Polo per l’assemblaggio e il controllo delle batterie sempre a Mirafiori. Stiamo parlando di investimenti in tecnologie essenziali per il futuro dei trasporti su strada.

Fca Mirafiori. Linea robotizzata per la produzione della 500 elettrica

Passando agli asset aerospaziali, abbiamo sul territorio un filiera importante guidata da Leonardo e AvioAero, nonché da Thales Alenia Space, realtà franco-italiana partecipata da Leonardo (33%). Leonardo e AvioAero hanno ruoli determinanti nei grandi progetti europei per lo sviluppo dei nuovi velivoli, tra cui il drone europeo. Thales Alenia Space, invece, progetta e integra a Torino moduli pressurizzati per la stazione spaziale internazionale, satelliti scientifici, sonde interplanetarie e rover, i veicoli da trasporto sui corpi celesti. Tra l’altro ha appena firmato due contratti che avranno importanti ricadute sul nostro tessuto produttivo: la realizzazione di due moduli del futuro Space Lunar Gateway. Più in generale, l’Italia fa parte degli 8 firmatari degli Artemis Accord della Nasa, che vuole riportare l’uomo sulla Luna. Sono fiducioso che giocheremo un ruolo da protagonisti anche nella costruzione delle infrastrutture di superficie.

AvioAero ha realizzato a Cameri (Torino) una delle maggiori installazioni italiane di manifattura additiva per metalli, forte di oltre 50 stampanti impiegate per produrre componenti atte al volo, comprese le palette delle turbine dei motori d’aereo

D. Cosa vuol dire ibridare le filiere e perché è strategico?

R. Vuol dire uscire dai propri confini tradizionali e dalla zona di comfort, far leva sulle proprie expertise e metterle al servizio di business nuovi, anche cooperando con aziende di altri settori. Le nuove tecnologie trasversali permettono e incoraggiano questo nuovo modo di fare ricerca applicata e accelerano i processi di innovazione. Per esempio, sul nostro territorio un’azienda meccanica nel settore aeronautico e un’azienda meccanica produrranno pompe e stanno sperimentando la produzione in 3D di oggetti destinati al mercato aerospaziale. È un modo per moltiplicare le opportunità e accelerare lo sviluppo del distretto.

Un esempio di successo è quello di Sabelt che, specializzata nella realizzazione di cinture di sicurezza ad alta prestazione per il mondo della Formula Uno, ha trasferito il proprio know-how tecnologico (materiali resistenti, ma leggerissimi) al mondo aerospaziale, fornendo le reti di contenimento per il veicolo da rifornimento spaziale Cygnus, realizzato da Thales Alenia Space. In questo caso il trasferimento tecnologico è avvenuto dall’automotive all’aerospazio, compiendo il percorso inverso del Goretex che, negli anni Settanta, da materiale sofisticato per rispondere alle necessità delle tute degli astronauti è diventato d’uso comune per le calzature e l’abbigliamento tecnico. Oggi un tema dalle enormi potenzialità e ricadute economiche è il green, che sarà un catalizzatore di ricerca e trasferimento tecnologico per le nostre filiere ed è uno degli ambiti primari raccomandati dall’Unione europea su come investire i fondi della Next Generation UE (750 miliardi di euro in totale, di cui 209 all’Italia). Tra l’altro si passerà dall’elettrico a batterie all’idrogeno, ulteriore ambito di ricerca.

Sabelt, specializzata nella realizzazione di cinture di sicurezza per la Formula Uno, fornisce le reti di contenimento per Cygnus, realizzato da Thales Alenia Space (credits Sabelt). L’azienda è guidata dall’azionista Giorgio Marsiaj, già presidente di Amma e oggi numero uno dell’Unione Industriale di Torino

D. Qual è il ruolo delle grandi e medie aziende italiane?

Presidente IMA_S.p.A
Alberto Vacchi, Presidente e ad Ima

R. Sono cruciali le grandi e medie imprese in queste operazioni di trasferimento tecnologico, perché aggregano le piccole aziende innovative. Le grandi e le medie sono più agganciate alla finanza e mettono in sicurezza l’intera catena di approvvigionamento. Un precursore di questa concezione nuova di subfornitura intesa come collaborazione, partnership e sviluppo condiviso è Alberto Vacchi della Sylicon Valley bolognese, nel settore del packaging. Dieci anni fa la sua azienda, Ima Group, ha protetto dalla crisi la propria catena di fornitura, entrando in società con quote minoritarie. Di fatto ha lasciato la libertà di svilupparsi e trovare altri clienti a ciascuna impresa fornitrice e l’ha “trainata” anche finanziariamente. E questo è il momento buono per lanciare questa cultura collaborativa win-win: non è più il tempo delle filiere lunghe, che dal Covid hanno ricevuto il colpo di grazia. Le produzioni saranno invece più contenute come lotti, diversificate e a breve-medio raggio come supply chain. Un ulteriore asset su cui le nostre filiere possono, anzi devono, fare leva.

 

D. Come affronta la crisi la componentistica auto a Torino?

R. La componentistica auto è sempre stata un settore molto vitale nel torinese grazie allo stimolo di Fiat e continua a esserlo nonostante la forte contrazione dell’automobile. È una filiera composita sia per competenze sia per dimensioni aziendali: si va dall’officina di carpenteria meccanica alle società che sviluppano sistemi elettronici, automazione e a quelle che integrano i sistemi (meccatronica). Abbiamo piccole e medie aziende, tutte impegnate a fare la propria parte in una supply chain che oggi punta all’integrazione digitale. Espansione e contrazione sono sempre state cicliche nell’automotive, diciamo “messe in conto”, ma il presente ha una componente di volatilità e di velocità di innovazione tecnologica che rende tutto più sfidante da gestire. Nei cicli precedenti c’era il tempo di assimilare il cambiamento, di studiarlo, provare, acquisirlo; oggi i tempi sono così rapidi che richiedono una flessibilità che noi italiani abbiamo già d’indole e che ritroviamo anche nelle nostre fabbriche, ma non basta. L’innovazione va fatta accadere di continuo. Condivido quanto detto da Roberto Cingolani, capo dell’innovazione di Leonardo.

Stazione Thales Alenia e impiego Fsw

Nel commentare l’uso del Recovery Fund, auspica che l’Italia scelga un numero limitato di tecnologie sulle quali investire somme importanti e diventare tra i migliori al mondo, sempre un passo avanti rispetto ai competitor globali e per far questo, aggiungo io, dobbiamo tenere tutte le nostre filiere al passo. Serve quindi una politica industriale di investimenti mirati nell’innovazione tecnologica, investimenti che in percentuale in Italia sono meno lungimiranti rispetto a Germania e Francia. Infine, perché queste filiere stiano al passo delle capofila servono imprenditori che si confrontino, dialoghino fra loro, mettano a fattor comune le competenze per progettare il nuovo e ibridare le loro stesse filiere. Quest’ultimo è un ruolo essenziale di Confindustria, dell’Unione Industriale di Torino e di Amma.

Silenziatore completo Cornaglia, altra azienda meccanica che produce marmitte, oggi dotate di sensori elettronici che permettono di garantire il controllo delle emissioni, mantenendole sempre a norma di legge. (Credits Cornaglia)

D. Voi come associazione come supportate gli imprenditori?

R. Abbiamo quattro aree di contributo. Intanto aggreghiamo i bisogni dei nostri affiliati e li rappresentiamo ai tavoli istituzionali, quindi insistiamo sulla formazione tecnica e manageriale, perché il capitale umano è l’asset che fa la differenza in fabbrica. Non basta dotarsi di macchine digitali e connesse per trarne valore aggiunto, bisogna conoscerne la logica e saperle fare funzionare. A tal proposito abbiamo dei cantieri aperti per sviluppare la managerializzazione delle risorse nelle nostre medie aziende, tenendo conto delle skill digitali. Come terza area d’intervento facilitiamo gli accordi con il sistema finanziario perché senza liquidità non c’è ossigeno e, infine, favoriamo il trasferimento tecnologico, cioè il far accadere l’innovazione nell’ecosistema.

2017 Ferrari Challenge – Laguna Seca, cinture Sabelt

Intanto noi, come Amma, facciamo incontrare gli imprenditori, diamo loro una “casa” dove dialogare, confrontarsi e far nascere nuove idee. E scommettiamo sugli hub d’innovazione in fase di progetto in città: una ibridazione non solo delle filiere, ma anche della formazione, della ricerca e dell’impresa, poiché a un tavolo comune l’osmosi va ad alta velocità. C’è un piano ambizioso per Torino: campus dove ritrovarsi e contaminarsi positivamente, in particolare il Manufacturing Technology & Competence Center e la Cittadella dell’Aerospazio. Sono incubatori e acceleratori d’impresa, dove lavoreranno gomito a gomito ricercatori, startupper e imprenditori. Infine l’assegnazione del Centro italiano di ricerca sull’intelligenza artificiale costituirà un asset determinante, perché non c’è settore industriale che potrà fare a meno di quella tecnologia.

Gruppo Sila è un’azienda meccanica di produzione di cambi che oggi è diventata meccatronica, elettronica e automatizzata, che costruisce cambi controllati da centraline elettroniche (credits Sila)

D. A che punto è la digitalizzazione della filiera dell’automotive a Torino?

R. Sicuramente c’è consapevolezza che la direzione ormai sia quella e che bisognerà puntare, tra l’altro, su piattaforme digitali condivise per rendere più veloci ed efficienti le diverse fasi della produzione e della supply chain. Anche a livello produttivo lo sviluppo è velocissimo. Abbiamo punte avanzate, come il Gruppo Sila, un’azienda meccanica di produzione di cambi che oggi è diventata meccatronica, elettronica e automatizzata, che costruisce cambi controllati da centraline elettroniche. O come Cornaglia, altra azienda meccanica che produce marmitte, oggi dotate di sensori elettronici che permettono di garantire il controllo delle emissioni, mantenendole sempre a norma di legge. Anche nell’aerospazio abbiamo casi già molto avanzati con le nuove tecnologie digitali, come Apr di Pinerolo che costruisce parti rotanti critiche e strutturali per l’aerospazio e l’energia che, negli ultimi tempi, ha avviato un proprio design office per integrare verticalmente la progettazione alla capacità di sviluppo, testing e produzione di sistemi ed equipaggiamenti fluidodinamici per lo spazio con l’integrazione di tecnologie di additive manufacturing.

APR di Pinerolo costruisce parti rotanti critiche e strutturali per l’aerospazio e l’energia. Ha avviato un proprio design office per integrare verticalmente la progettazione alla capacità di sviluppo, testing e produzione di sistemi ed equipaggiamenti fluidodinamici per lo spazio con l’integrazione di tecnologie di additive manufacturing (Credits Apr)

[Ripubblicazione dell’articolo del 14/11/2020]














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