Mario Carraro: le rivoluzioni si fanno! Altro che dichiarazioni….

di Riccardo Sandre ♦ Il fondatore di Carraro Group, uno dei senatori dell’economia veneta (e italiana) ama fare il Grillo Parlante. E dice a Industria Italiana: il tessuto produttivo nazionale non ha colto il senso della quarta rivoluzione industriale in atto. La road map da seguire: recuperare vitalità del sistema, riconoscere i gravi ritardi, alzare il livello del confronto sulla trasformazione, anche per quello che riguarda le implicazioni sociali.

«Le rivoluzioni si fanno, non si dichiarano a parole». È questo in sintesi il commento sul tema della Rivoluzione 4.0 di quello che per decenni è stato il presidente di Carraro Group, Mario Carraro, decano di una generazione di industriali che sapeva guardare al futuro dei mercati creando imprese che ad oggi fatturano centinaia di milioni di euro sui mercati internazionali e che rappresentano un punto di riferimento globale in settori strategici.

 







Mario Carraro, presidente Carraro Group

Da solo il Piano Calenda non basta

«Si è scelto di battezzare 4.0 un piano di stimolo agli investimenti che non sarà probabilmente sufficiente a lanciare il sistema produttivo italiano verso una Rivoluzione 4.0 vera e propria. Lo stesso termine “4.0”, abusato da noi, è ormai scomparso sulla stampa internazionale» spiega Carraro. «Intelligentemente il ministro Calenda ha ritenuto di abbandonare la dicitura “rivoluzione” per un più concreto, nostrano, “Industria 4.0”. Un piano capace di certo di dare nuovo stimolo ad investimenti necessari per competere su di un mercato globale che non è attirato solo dai costi, ma da elementi di innovazione che devono stare al passo con le grandi trasformazioni tecnologiche che il pianeta sta vivendo. Ma il tessuto produttivo nazionale, fatta eccezione per alcune sicuramente importanti e significative eccezioni, non ha bene intuito il senso di questa rivoluzione globale».

Trattori Carraro Agricube

Una storia personale e aziendale all’ insegna dell’ innovazione

Ed intuizioni felici e capaci di precorrere i tempi Mario Carraro ne ha avute fino da quando nel 1960 aveva rilevato, col fratello Oscar, la società del padre, riconvertendo il business di un’azienda medio-piccola che, dopo la motorizzazione delle seminatrici, era entrata da due anni nella produzione trattoristica. Quando poi, un decennio dopo, nel 1970, il mercato trattoristico mondiale aveva subito un crollo sotto la più grave delle crisi, Mario Carraro decise di introdurre la produzione di assali per quattro ruote motrici e sistemi di trasmissione per macchine agricole e movimento terra. Un cambiamento di DNA che ha permesso al Gruppo di adeguare la propria struttura rivedendo il proprio footprint industriale sulla spinta della nascente globalizzazione, ed aprendo, già a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, siti produttivi in paesi a nuova industrializzazione come India, Cina, Argentina e Brasile.

 

Assemblaggio di motori automatizzato
Industria 4.0, linea automatizzata

In Italia è necessario un impegno per la diffusione della cultura digitale

«La “Rivoluzione 4.0” nasce dall’introduzione della cultura digitale nella gestione dei processi produttivi a partire dall’Internet of Things nella interconnessione dei dati con fornitori e clienti e verso un processo di automazione che giunge fino all’applicazione di robot a intelligenza artificiale nella produzione di beni e servizi. Solo a questo stadio riprende senso il termine “rivoluzione”» spiega l’imprenditore. «Competenze certamente poco attive in Italia, ma che trovano già applicazione, ancorché parziale, negli Usa, in Germania e nella stessa Cina che sta investendo capitali immensi per divenire punto di riferimento globale in tema di Intelligenza Artificiale. Un processo che implica naturalmente un impegno nella diffusione della cultura digitale. La tedesca Siemens ad esempio, che in Germania può contare su un sistema in cui le competenze tecnologiche sono ben più diffuse che da noi, ha investito in acquisizioni di imprese statunitensi operanti nel digitale ben 15 miliardi di dollari».

 

 

Automazione Siemens per Maserati
Automazione Siemens per Maserati

È grande il ritardo che il Paese deve recuperare

Investimenti eccezionali, inediti in Italia ma non nel resto del mondo. «Dobbiamo ammettere che i nostri ritardi provengono anche dalla gravità delle perdite subite dal sistema produttivo durante una crisi da cui solo ora riceviamo avvisaglie di uscita» chiarisce Carraro. «In questo periodo la nostra capacità produttiva ha subito un crollo del 25% contro, ad esempio, la crescita della Germania del 15%. Questo rende anche più arduo il cammino sul terreno di una rivoluzione come 4.0. E’ urgente, prima, recuperare la vitalità del sistema, un’azione che considero come preparatoria ai grandi cambiamenti che ci aspettano. Ciò significa anche dare alle nostre imprese dimensioni adeguate alla sfida».

 

Siamo in serie B, e la retorica 4.0 non aiuta ad avere questa consapevolezza

Per far comprendere il suo punto di vista rispetto al livello di competitività del Paese, Mario Carraro adotta una metafora calcistica. «Al di là di alcune punte avanzate e di settori specifici, penso che l’Italia sia retrocessa di fatto, con la crisi, nella serie B della produzione globale» conclude l’imprenditore «ma sembra che la cosa non sia stata percepita nella sua concretezza né la retorica imperante a proposito del “4.0” agevola la coscienza collettiva di questa realtà. Credo che riconoscere un ritardo importante possa essere il primo passo per lavorare seriamente ad un piano di medio periodo che ci permetta di ritornare protagonisti nel mondo, nella produzione e nell’innovazione. Per fare questo, pur nelle grandi difficoltà ricordate, sono necessarie la volontà e determinazione che serviranno a far ripartire il Paese sulla strada di un autentico nuovo sviluppo. Parliamo di una prospettiva non di anni, ma di decenni, in cui è possibile ritrovare perfino l’ottimismo necessario alla nostra azione».

Dal confronto pubblico assenti anche i temi sociali della trasformazione

E per Mario Carraro è la stessa qualità del dibattito in Italia sul tema “4.0” ad indicare un ritardo che non è solo tecnico ma pure culturale. Un confronto, quello pubblico, che si rifiuta di affrontare le conseguenze economiche ma pure sociali che una rivoluzione di questa portata non può non comportare. «Non avrebbe senso abbandonare l’idea di affrontare i nuovi processi in corso sotto il simbolo di 4.0, ma occorre ricordare che avranno complesse ricadute sulla struttura sociale. Si è riconosciuto negli studi provenienti dal MIT e nelle analisi prodotte dal World Economic Forum che una forte introduzione di robot a intelligenza artificiale non possa non avere influenza negativa sull’occupazione, questa volta toccando in particolare il settore dei colletti bianchi.

 

È illuminante in questo senso un saggio pubblicato di recente dall’importante settimanale tedesco Die Zeit in cui si esprime la preoccupazione legata a come individuare attività avanzate di servizi in grado di riassorbire le riduzioni occupazionali previste che nei prossimi vent’anni che, secondo l’articolo, potranno toccare alcuni milioni di lavoratori nella sola Germania. Quello che va sotto il nome, per lo meno in Italia di 4.0 è un processo della durata di decenni che dobbiamo avere il coraggio di affrontare mettendo in discussione lo stesso nostro modello di produzione, di consumo e di struttura come l’abbiamo conosciuto nel ‘900. Nel resto del mondo questo inizia a diventare chiaro, in Italia invece il dibattito è assente a molti livelli. Benvenuto quindi allo stimolo che proviene dal piano Calenda sugli investimenti che non basta tuttavia a farci sentire degli autentici “rivoluzionari”».

 














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