L’innovazione? E’ un ottovolante

di Marco dé Francesco ♦ Ha ridato nuova vita a Coney Island, ha fatto Eurodisney, ha lavorato per Gorbaciov e ora per Trump. Per Zamperla, leader del comparto amusement, anche per le giostre è arrivato  il momento dell’Industry 4.0, una sfida da affrontare assieme all’ ’Innovation Lab’ di Carlo Bagnoli.

Quale sarà il futuro dei parchi divertimento nell’era dell’innovazione tecnologica spinta e della realtà virtuale? Che cosa chiederà il pubblico per godere di uno svago diverso in una realtà antica ma in rinnovamento costante, come il Luna Park? «Siamo ai blocchi di partenza» dice a Industria Italiana Carlo Bagnoli, il docente di Strategy Innovation a Ca’ Foscari che guiderà, per conto del Gruppo Zamperla, azienda vicentina e corazzata tascabile del comparto dell’amusement, un team multidisciplinare incaricato di interpretare le esigenze del mercato attuale e di pronosticare quelle future.







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Discovery
Competenze diverse in un solo team

Questo lavoro è stato affidato a una équipe di dieci persone, con diversa estrazione culturale. «Esperti di strategia, ricercatori di sociologia dei consumi, docenti di lettere contemporanee, ingegneri, specialisti in design industriale e altri» – chiarisce Carlo Bagnoli – «Chi non è dell’ambiente, chi osserva le cose da fuori può cogliere elementi che sono nell’aria, può avere una prospettiva diversa da quella dell’esperto di settore. Bisogna porsi tre domande: “Perché? Perché no? E cosa succederebbe se?”. – continua Bagnoli – In effetti, se l’imprenditore dice “sì, ma”, è già finito. In realtà, tutti vorrebbero emulare Red Bull e Tesla. Tutti vorrebbero creare il proprio mercato annientando quello precedente. Ma per far ciò, occorre gente che non si accontenti della posizione raggiunta e che sappia osservare il mondo con occhi diversi».

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Una fase della progettazione

L’Industry 4.0 al Luna Park

Concetti che sono piaciuti ad Alberto Zamperla, il presidente della Antonio Zamperla Spa che pertanto ha dato il “la” all’operazione. Una iniziativa che va inserita in un’ampia strategia di Industry 4.0. «Sono rimasto molto impressionato quando, alla General Electric – dice il presidente – ho visto realizzare le turbine degli aerei con la stampante 3D. Mi sono detto: se riuscissimo a fabbricare gli assali delle giostre con questo metodo, le nostre vetture peserebbero 400 Kg in meno, con enormi vantaggi di carico e di spesa energetica per il cliente e di competitività per noi.

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Alessandro e Antonio Zamperla seguono una fase della produzione

Bisogna dunque lavorare sul processo e sul prodotto.- prosegue Zamperla – D’altra parte, noi facciamo lavorazioni limitate, ma di alto valore aggiunto. Per questo credo molto in questo genere di soluzioni, che si adattano al nostro modello di azienda».

Zamperla porta il divertimento italiano nel mondo

La Antonio Zamperla Spa, con sede ad Altavilla Vicentina (Vicenza) ha un fatturato di 70 milioni. «Ma già per l’anno in corso – afferma il presidente – gli ordini sono pari a 90 milioni. L’azienda ha 200 dipendenti. Non c’è un fatturato consolidato, ma abbiamo altri due stabilimenti in Italia, e poi in Slovacchia, in Cina, nelle Filippine, in Bielorussia e a Dubai, per una forza lavoro di altre 200 unità. Inoltre, io sono proprietario del Cai (Central Amusement International) di Boonton, New Jersey, che ha 900 dipendenti e serve luoghi iconici come il Central Park a New York e Coney Island.

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Una fase della lavorazione

Quanto al primo sito,- precisa Zamperla – siamo in società con Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti. Lui avrebbe preferito chiamare il parco di divertimenti “Trump Park”, ma alla fine si è scelto “Victorian Garden”». La quota export è pari al 96% del fatturato. «Un po’ dappertutto, nel mondo – continua Zamperla -. Tra gli obiettivi, ma non a breve termine, c’è anche l’Africa. Si potrebbe ideare una giostra economica e sostenibile, che funzioni a pedali e che fornisca energia ai villaggi».

Tutto per lo svago, progettazione compresa

L’azienda produce sia giostre trasportabili che attrazioni per installazione fissa, ideate per grandi parchi divertimento, ma anche per centri d’intrattenimento e svago al chiuso. Roller coaster, ottovolanti, people mover, thrill e acqua ride e tanto altro. La Zamperla ha la capacità di proporre ai clienti una gamma completa di attrazioni necessarie per la realizzazione di un intero parco divertimenti, oltre alla progettazione del parco stesso.

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Una fase del lavoro di progettazione

«C’è un ufficio artistico, qui – afferma il presidente – ma ci occupiamo anche della meccanica, dell’idraulica, dei calcoli strutturali. Insomma, ci assumiamo tutte le responsabilità relative a tutti gli elementi della giostra. Questo ci rende particolarmente competitivi». La Zamperla investe il 4% del fatturato in innovazione. «Alla fine – continua Alberto Zamperla – abbiamo 45 ingegneri impegnati su questo fronte. La sfida, ora, è quella dell’Innovation Lab di Bagnoli».

Le giostre dell’innovazione

Ed è grazie all’innovazione di prodotto che, negli ultimi anni, l’azienda si è inserita nel settore delle grandi giostre. Si pensi a ThunderBolt, adrenalinica montagna russa già replicata in più parchi: costruita per aree ristrette – 15 metri per 260 – con 681 metri di pista, dispone di un veicolo che raggiunge la velocità di 90 km all’ora.

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ThunderBolt

E a Windstar, che simula il volo sul deltaplano dando spazio a 24 persone. È un’attrazione pensata per le famiglie, e insieme un sistema originale che consente agli utenti di sentirsi protagonisti della propria esperienza, giacché possono controllare il movimento della vela, grazie ad un meccanismo di contrappesi.

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Windstar

Poi c è Discovery, gigantesco pendolo rotante descritto dall’azienda come «l’emozione di una vita». In realtà, dietro a queste macchine per grandi e bambini ci sono anni di ricerca e protocolli ben collaudati, anche a livello di organizzazione aziendale. Le giostre esprimono una creatività e un saper fare italiani e consolidati. Peraltro, una delle ultime sfide del gruppo consiste nell’offrire attrazioni e saper progettare parchi accessibili anche ai diversamente abili. E non solo in riferimento alle disabilità motorie, ma anche a quelle sensoriali e psichiche.

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Discovery

50 anni di attrazioni speciali

Lo scorso 10 giugno l’azienda ha spento 50 candeline. Ma la storia è più antica di quanto non indichi l’anno di fondazione, il 1966. «Mio nonno Umberto lavorava nel circo – ricorda il presidente – ma anche lui era dotato di un certo intuito, e così se ne andò a Parigi, dove comprò un proiettore. Mise su un cinema ambulante, che per i tempi era una cosa molto innovativa. Ma gli americani, con Technicolor e Cinemascope, portarono nel settore evoluzioni tecniche non replicabili in piccolo; e così mio nonno rimase uno spirito piuttosto girovago.

E dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu mio padre Antonio a prendere le redini della famiglia. Inizialmente costruiva attrazioni per sé stesso , e cioè per il circo. Accadde, però, che i colleghi gli chiedessero di realizzarne anche per loro. Erano anni buoni, gli anni Sessanta. Con il boom generale, anche il settore esplose. Così mio padre decise di fermarsi a Vicenza: lì aveva trovato una fabbrica di fibra di vetro, materiale avveniristico, per i tempi. Prima c’era la lamiera da battere. E gli venne un’intuizione che allargò parecchio il giro d’affari: c’erano gli autoscontri per adulti? Lui iniziò a costruirne per bambini. E si riempì di ordini. Ma non erano oggetti banali: c’erano tanti accorgimenti, dietro».

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Antonio Jr e Antonio Zamperla
Da Eurodisney….

L’attuale presidente entrò in azienda nel 1976. «Mio padre – continua Alberto Zamperla – aveva il pallino degli Stati Uniti. Mi spedì da quelle parti, per aprire una filiale; e lì mi sono fatto le ossa, come imprenditore. Ai clienti si offriva una gamma completa di attrazioni per realizzare un intero parco divertimenti. “One Stop, One Shop”, era il motto. Di lì, nel 1988, la consacrazione: la nostra azienda, che si era appena trasformata in S.p.a, vinse la gara d’appalto di Eurodisney, il nuovo grande parco parigino. E con sette attrazioni su dodici. Dopo, non abbiamo mai più avuto bisogno di referenze.

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Discobélix

…..a Coney Island

E siccome anche Michail Gorbačëv, l’ultimo presidente dell’Urss, voleva che la gente si divertisse, stringemmo accordi con imprese militari di quel Paese per convertire i fondi a disposizione in investimenti per l’acquisto di attrazioni. Poi la Cina, le Filippine e i Paesi Arabi, la cui cultura ci ha obbligati a costruire due parchi, uno per gli uomini e l’altro per le donne».

Fu un successo anche quello di Coney Island. «Era stato il playground d’America – chiarisce il presidente -: il nome “Luna Park” è stato coniato lì. Quando siamo arrivati, c’era una sorta di critica preventiva sulla bocca di tutti: questi distruggeranno lo spirito del luogo. Invece, a lavori terminati, Joseph Berger del New York Times pubblicò un articolo dal titolo: “Coney Island, Renewed but Recognizable”. Non solo tecnologia, ma tradizione. La facciata del nuovo parco si ispirava a quella storica; e anche le decorazioni erano simili. La nuova opera era connessa all’ambiente».

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Air Race

Le cose, per Bagnoli, sono andate così: «In cento giorni Zamperla ha rifatto il parco, che era diventato una zona un po’ malfamata. Zamperla, quell’anno, è diventato il nome italiano più citato dalla stampa americana. Ora Coney Island è diventata una vetrina per l’azienda. E laddove tutti i parchi di divertimento sono in genere dei non-luoghi avulsi dal contesto, Coney Island, invece, dialoga con il territorio».

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Carlo Bagnoli, docente di Strategy Innovation a Ca’ Foscari, a capo dell’ Innovation Lab

Verso la Zamperla del futuro

E ora? «Ora si tratta di curare il passaggio generazionale – termina Zamperla. Ho tre figli, uno in età scolare e due grandi, Antonio di 38 anni e Alessandro di 35: vorrei che portassero avanti la Zamperla del futuro. Che dovrà sempre più focalizzarsi sulla continua innovazione. Servono nuove attrazioni, in grado di rappresentare un’esperienza arricchente per l’utente. Dobbiamo immaginare come verrà percepito il nostro mondo tra cinque o dieci anni; e alla fine è per questo che sto studiando: capire quali saranno le applicazioni del 4.0 nel nostro settore».














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