L’innovazione di business model di Be Power, aggregatore energetico intelligente

La sede di Terna a Roma - Foto di Carlo Dani

di Marco de’ Francesco ♦ La  digital green utility del gruppo Building Energy è insieme a Terna e Abb, in un progetto pilota per la gestione dell’energia nel prossimo futuro. Come le reti intelligenti supportate dalle tecnologie digitali renderanno ottimale la distribuzione del potere generato dalle fonti rinnovabili. Che viaggeranno anche sull’auto elettrica.

Quale sarà il futuro prossimo della produzione e della distribuzione dell’energia? Quali scenari si aprono in un mercato vitale per tutti gli altri? Il trend, già in atto, è quello dell’aumento delle fonti rinnovabili, della generazione elettrica distribuita per la comparsa di piccoli impianti, e delle reti intelligenti supportate da tecnologie digitali. Il problema, soprattutto legato alle rinnovabili, è quello della produzione incostante e imprevedibile che rende difficile il mantenimento dell’equilibrio tra produzione e consumo. Per cambiare paradigma occorre o un aggregatore, che combini la la flessibilità dei carichi di consumo con quella della produzione generata da una molteplicità di impianti. Una figura nuova, in grado di avvicinare la curva di domanda a quella di produzione.

Di qui un progetto pilota a livello nazionale, promosso da Terna come orchestratore delle risorse disponibili; Be Power – digital green utility del gruppo Building Energy – partecipa a questo progetto pilota in qualità di aggregatore e grazie a sofisticate tecnologie che Abb mette a disposizione insieme all’analisi insieme all’analisi dei dati, ottimizzerà la produzione per rispondere alla domanda variabile e contribuirà al bilanciamentdei consumi e della produzione. Ne abbiamo parlato con Paolo Martini di Be Power e con Enrico Mantero di Abb Italia.







 

Paolo Martini, Managing Director BePower

Be Power e il mestiere dell’aggregatore

«Anzitutto – ha affermato Martini, Managing Director  dell’azienda   – Be Power è una Utility Digitale che ha come obiettivo un modello di business pionieristico basato sulle potenti sinergie che possono nascere tra il mercato dell’energia e quello della mobilità. Il modello si propone di integrare le opportunità derivanti dalla apertura dei mercati dei servizi di dispacciamento (MSD) ad un parco di generazione diffuso (demand/response) con un’infrastruttura proprietaria di stazioni di ricarica e di flotte di veicoli elettrici. Fare convivere il ruolo dell’aggregatore nei mercati dell’energia e quello di Energy Mobility Provider nel mercato della mobilità elettrica rende il modello contemporaneamente innovativo, consistente e scalabile».

Be Power è controllata dal Gruppo Building Energy. Quest’ultimo, uno dei maggiori produttori indipendenti di energia con Headquarters a Milano e Londra e sedi in 6 paesi (5 continenti) nel mondo è stato fondato nel 2010. Il gruppo, guidato dal Ceo Fabrizio Zago, vanta «impianti di generazione in esercizio ed in costruzione per circa 700MW in Africa, Europa, Nord America e America Latina. La pipeline globale ammonta a oltre 2.600 MW». Le attività di Building Energy riguardano anche la progettazione iniziale dell’impianto, oltre che lo sviluppo interno e il finanziamento. Il gruppo produce energia elettrica da fonti rinnovabili, come l’eolico, il solare, l’idroelettrico e le biomasse. Dunque la società opera come IPP (independent power producer) integrata globale. L’energia è venduta con contratti PPA (Power Purchase Agreement) “long-term ” che garantiscono, secondo la società, un valore sostenibile per clienti, azionisti e comunità. Ma che cosa fa esattamente Be Power?

 

 

Per Martini, «è una utility digitale e, tramite la propria controllata 4energia, un operatore di bilanciamento». Sostanzialmente, è un aggregatore, figura emergente nel mercato dell’energia: combina i carichi di consumo di più consumatori e l’energia generata da più produttori, acquistando e vendendo l’energia necessaria alla rete sui mercati dei servizi. «La presenza di aggregatori – si legge in “Modelli di dispacciamento degli impianti di generazione elettrica in presenza di generazione distribuita” di Chiara D’Angelo – permette di avvicinare la curva di di domanda a quella di produzione, aspetto molto rilevante nel momento in cui la produzione non è più né costante né prevedibile precisamente e con anticipo dagli operatori di sistema richiedendo spesso l’utilizzo di risorse di riserva». In effetti «si è assistito ad un aumento della produzione da fonti rinnovabili e, di conseguenza, alla transizione da un sistema di generazione dell’energia elettrica centralizzato ad uno sempre più distribuito per la comparsa di molti piccoli impianti»; e tutto ciò rende necessaria l’opera di bilanciamento dell’aggregatore.

Sempre per la D’Angelo, le cose stanno così: «l’operatore di sistema definisce l’incremento o la diminuzione di volume che desidera in ogni intervallo di tempo, nella fase successiva lo comunica agli aggregatori. Quest’ultimi, tenendo conto del numero di clienti che partecipano al programma ed alla loro disponibilità, calcolano il volume di flessibilità che sono in grado di offrire. La flessibilità degli utenti è quindi messa a disposizione degli operatori di sistema allo scopo di fornire a questi servizi ancillari e garantendo in cambio benefici economici ai clienti». In questo senso, per dirla con Martini «l’energia, da commodity, diventa servizio».

Ora, la delibera 300/217 di ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) «ha individuato quattro possibili tipi di aggregazione – si legge in “Italia solare” di Emilio Sani: unità virtuali abilitate di produzione (UVAP), caratterizzate dalla presenza di sole unità di produzione sotto i 10 MW (siano esse programmabili o non programmabili), inclusi i sistemi di accumulo; unità virtuali abilitate di consumo (UVAC), caratterizzate dalla presenza di sole unità di consumo; unità virtuali abilitate miste (UVAM), caratterizzate dalla presenza sia di unità di produzione sotto i 10 MW, inclusi i sistemi di accumulo, sia di unità di consumo; unità virtuali abilitate nodali (UVAN), caratterizzate dalla presenza di unità di produzione sopra i 10 MW oggetto di abilitazione volontaria e/o sotto i 10 MW, ed eventualmente anche di unità di consumo». Finora, ARERA ha approvato un regolamento solo per UVAC E UVAP, mentre dovrebbe essere approvato a breve il regolamento per le UVAM, grazie al quale ci si aspetta che venga superata la distinzione tra produzione e consumo, relativamente alla fornitura di servizi di flessibilità.

 

La sede di Terna a Roma ( foto di Carlo Dani )

 

Terna e il progetto pilota per il mercato MSD (mercato per i servizi di dispacciamento)

Per capire, meglio fare un passo indietro. Il fatto è che nel nostro Paese dell’approvvigionamento delle risorse per garantire il funzionamento in sicurezza del sistema elettrico, e quindi di quel meccanismo di bilanciamento tra immissioni e prelievi, è incaricata Terna – Rete Elettrica Nazionale, primo operatore indipendente per chilometri di linee gestite in Europa, nonché grosso gruppo da 3.897 dipendenti e 2,24 miliardi di fatturato. La società guidata dall’ad Luigi Ferraris è peraltro quotata nell’indice FTSE MIB della Borsa di Milano. Per realizzare questo compito Terna gestisce un mercato specifico, l’MSD, («L’MSD è l’ultima parte del mercato, dove vengono formati i prezzi in tempo reale» – ha chiarito Martini), fino a qualche tempo fa riservato soltanto ai grossi player, e cioè alle grandi centrali termoelettriche. In pratica, l’MDSD è una sorta di mercato “fisico” che definisce le immissioni e i prelievi effettivi in tempo reale delle unità, e ciò in vista della sicurezza del sistema.

È un mondo molto complesso: Terna deve orchestrare real time le risorse disponibili, e fa ciò grazie ad un processo di ottimizzazione che considera più parametri: si pensi alle fonti rinnovabili non programmabili, alle riserve da costituire, al controllo dei livelli di tensione, alle accensioni, agli spegnimenti e a tantissimi altri elementi. Comunque sia, di recente le cose sono cambiate. In pratica, anche impianti di generazione distribuita alimentati da fonti rinnovabili e anche i sistemi di accumulo, una volta aggregati in UVA (unità virtuali abilitate) possono partecipare attraverso soggetti accreditati, gli aggregatori. E quindi con la già citata delibera 300/2017 si è iniziato un progetto pilota, inteso a favorire al più ampia partecipazione al mercato, sul modello di alcuni Paesi Europei. Unità di consumo e produzione di taglia diversa potranno essere della partita, una volta aggregate in UVAC, UVAP e UVAM. Il fatto è che del progetto pilota farà parte anche Be Power, con il sostegno tecnologico di Abb.

Be Power nel mercato MSD. Il ruolo della controllata 4energia.

Be Power entrerà dunque nel mercato MSD in qualità di soggetto aggregatore – si legge peraltro in un comunicato Agir – e ciò grazie alla controllata 4energia «trader energetico indipendente, nato per rispondere alla missione aziendale di acquistare energia elettrica da impianti di media e piccola dimensione e soddisfare le esigenze dei produttori di energia presenti sul mercato italiano». 4energia ha gestito, negli ultimi anni, oltre 700 MW di capacità complessiva. Peraltro 4energia fornisce servizi “chiavi in mano” a produttori e grandi consumatori di energia, come: l’assistenza per la stipula del contratto di dispacciamento con Terna; quella per la stipula del contratto di trasporto con i distributori interessati (Enel Distribuzione e altri); la programmazione giornaliera sulle piattaforme di mercato dell’energia consumata o immessa in rete; la pianificazione di hedging e copertura, in accordo con il cliente, delle relative quantità consumate o immesse in rete; e l’assistenza amministrativa per il settlement delle partite economiche con i relativi operatori di mercato coinvolti (Terna, GME, distributori locali).

Ma a che serve l’ MSD e in generale tutto questo meccanismo di bilanciamento dell’energia? «In linea teorica – ha affermato Martini – se offerta e domanda fossero uguali, ci sarebbe del risparmio, perché non ci sarebbero più gli oneri di sistema dovuti a inefficienze e sbilanciamento, che sono costi socializzati. D’altra parte, le aziende che aderiranno al nostro network, che opera in un contesto che tende all’ottimizzazione, potranno ottenere margini aggiuntivi».

 

Il Collaborative Operations Center di Abb a Genova(courtesy Abb)

Il ruolo di Abb come fornitore di tecnologie di automazione che consentono di provvedere al bilanciamento

Che c’entra la multinazionale svizzero-svedese Abb (acronimo di Asea Brown Boveri), colosso dell’energia e dell’automazione? «Noi – ha affermato Enrico Mantero, Hub Service Manager per l’unità di business Power Generation & Water in sud Europa di Abb – forniremo sia l’hardware che il software a Be Power perché possa svolgere il proprio ruolo di bilanciamento. Per intenderci, noi forniremo il sistema di automazione, basato su controllori a logica programmabile, specializzato nella gestione e controllo dei processi industriali, che sarà installato nell’unità di produzione e di consumo. Raccoglieremo i dati, che saranno analizzati e trasferiti (in conformità al protocollo di comunicazione IEC104, standard relativo ai criteri di connessione al sistema di controllo di Terna) per ulteriori elaborazioni al centro di aggregazione di Abb, l’Abb AbilityTM Collaborative Operations Center, che è operativo a Genova». L’analisi viene realizzata grazie all’Abb AbilityTM Symphony® Plus, soluzione di automazione di cui Industria Italiana si è già occupata; l’articolo è reperibile qui.

In buona sostanza, si tratta di una suite di hardware e software per il controllo totale di un impianto. Secondo Abb, quanto ad internet delle cose, la chiusura del cerchio. I dati vengono raccolti da un ambiente determinato e analizzati per capire se il sistema si stia comportando secondo le aspettative. Nel caso in cui ciò non stia accadendo, allora vengono adottate azioni per influenzare il comportamento del sistema tanto da allinearlo alle attese. In generale, dal Green Building di Genova dove c’è la sede della società, la multinazionale monitora – attraverso la piattaforma Ability –impianti di tipo convenionale e rinnovabile in tutto il mondo, alle navi in mare aperto. «Qui si tratta – ha affermato Mantero – di aggregare e storicizzare informazioni provenienti da più impianti per alimentare un software di ottimizzazione. Il nostro è un modello intelligente che opera in modo automatico e che si integra con gli algoritmi di Be Power. Se non si disponesse di queste tecnologie, sarebbe davvero complicato decidere in che misura distribuire l’energia, in più o in meno, a seconda delle esigenze del momento».

 

Enrico Mantero, Hub Service Manager per l’unità di business Power Generation & Water in sud Europa di Abb(courtesy Abb)

 

È grazie alla tecnologia Abb che Be Power può accedere agli impianti, al fine di regolare la produzione in vista del consumo. «Si tenga peraltro presente – ha continuato Mantero – che Terna aggiorna ogni 15 minuti il profilo di carico di una centrale di generazione; in pratica, Terna dice all’impianto quanto deve produrre. Fornisce un’ indicazione, per far sì che la domanda e l’offerta siano bilanciate dal punto di vista energetico». Secondo Martini «Be Power, grazie alle tecnologie ABB e all’analisi dei dati, aggrega consumo e produzione e provvede al bilanciamento a salire (quando non si copre il fabbisogno di sistema, e pertanto va aggiunta energia) o a scendere (quando c’è troppa energia in sistema). Terna in sostanza ci fa delle richieste, e noi rispondiamo grazie ad ABB».

In un futuro non troppo lontano, si dovrà tener conto delle auto elettriche

«Le auto elettriche – ha affermato Martini – sono paragonabili a grandi batterie su ruote, apparati mobili di storage in grado di collegarsi a sistemi di ricarica. Per questo motivo Be Power, tramite la propria controllata BE Charge, sta realizzando una infrastruttura di ricarica pubblica a livello nazionale che consentirà ai possessori di veicoli elettrici di ricaricare su tutto il territorio nazionale. Il piano industriale di Be Charge prevede l’installazione di migliaia di punti nei prossimi anni che erogheranno energia al 100% “green”. In tale contesto, le auto elettriche, collegandosi alle infrastrutture Be Charge, saranno vere e proprie unità di aggregazione che possono prelevare o immettere energia in rete. In futuro saranno in circolazione milioni di auto elettriche, e quindi GW distribuiti sul territorio; questa circostanza consentirà agli aggregatori di informare gli automobilisti su possibili vantaggi nella ricarica. Qualora in rete ci fosse energia in eccesso, gli automobilisti potrebbero approfittare di riduzioni di costo ottenibili prelevando energia in un lasso temporale opportuno. Certo, la macchina, neppure quella elettrica, è nata per questo; ma un giorno non si potrà non tenere conto della sua importanza per il bilanciamento energetico».

 

Stazione di ricarica Be Charge + auto elettrica Refeel eMobility

 

In effetti, anche secondo la D’Angelo «l’utilizzo di aggregatori è proposto anche come strumento indispensabile per la gestione della ricarica di veicoli elettrici che si presume avranno di qui a breve un largo sviluppo. Se infatti si pensa alla richiesta di energia che la ricarica di ogni veicolo richiede e la si moltiplica per il numero di automobili elettriche che si presume saranno utilizzate in un prossimo futuro, si capisce bene come sia importante il volume di domanda al quale si fa riferimento». Quando accadrà? «Attualmente – ha terminato Martini – mancano sia una regolamentazione specifica che della necessaria massa critica: i grafici presentano curve di crescita un po’ differenti, nelle previsioni. Oggi ci sono 38 milioni di auto a combustione interna circolanti in Italia; e nel 2030 ci saranno tra 3 e 9 milioni di auto elettriche. Qualsiasi punto in questa forchetta è sufficiente allo scopo, quanto a numero di batterie circolanti».














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