Di piccole dimensioni, età media 40 anni: è l’identikit di start up e start upper italiani

Start-up

Startupper: alta formazione, buon livello di esperienza. Startup: in prevalenza con modello B2B e con molta voglia di crescere. Nell’ indagine  di Italia Startup e GRS-Ricerca e Strategia i profili imprenditoriali degli innovatori italiani e delle giovani imprese innovative

La ricerca “La voce delle startup” è stata presentata a Milano durante un workshop promosso da Italia Startup,  Associazione no profit che rappresenta, sostiene e dà voce all’ecosistema dell’innovazione italiana riunendo  soggetti, pubblici e privati. Fondata nel 2012, l’Associazione è formata da imprenditori, incubatori, investitori, startupper, industriali, enti e aziende.







Gli Startupper

Dall’analisi condotta su un campione di oltre 300 startup emergono le qualità prevalenti nelle figure dei founder di imprese, il cui obiettivo è innovare nel rispettivo settore di appartenenza professionale. Oltre il 66% dei founder ha un’età compresa fra 25 e 44 anni, mentre si registra un incremento di più del 18% di giovani nella fascia di età che va dai 30 ai 39 anni, rispetto all’ indagine precedente, svolta nel del 2015.

Con il diminuire dell’età non si riduce, però, il livello di preparazione dei founder italiani, che in oltre il 56% dei casi dichiarano di aver conseguito una laurea di secondo livello, un post laurea o un master, in aggiunta al titolo di laurea triennale. La percentuale degli under 30 e degli over 50, invece, numericamente tende quasi a convergere, registrando rispettivamente il 16,2% e il 13,4% dei rispondenti. L’approccio pragmatico degli addetti ai lavori è evidente: metà degli intervistati individua tra i punti di forza della propria startup il focus totale sul progetto e la voglia di intraprendere e di rischiare, insita nella propria attività aziendale.

Slide_Workshop_voce delle startup_def2

Quanto alle prospettive di crescita, è previsto un incremento variabile nel numero di dipendenti da +6% a +25% per oltre il 40% degli intervistati e una forte crescita del fatturato nell’esercizio in corso per il 74% delle startup prese in esame. Di queste, circa il 14% dichiara un boom nella variazione attesa di fatturato del 50% ed oltre, il 25,7% prospetta una crescita da +26% a +50% e il 34,4% prevede un incremento stabile, da +6% a +25%. L’approccio dei founder e delle loro imprese si rivela poi orientato all’innovazione del settore nel quale hanno maggiori competenze, come si evince dalla netta prevalenza di attività legate al B2B Business-to-Business (50,7%) e al B2B2C Business-to-Business-to-Consumer (36,1%), con solo l’11% dello startup puramente B2C.

Le Startup

La dimensione prevalente delle startup italiane rimane piccola (meno di 10 dipendenti e meno di 1 milione di fatturato) con poca propensione all’export, ma ci sono segnali incoraggianti quanto ai modelli prevalenti (l’87% delle imprese innovative italiane si rivolgono al B2B o al B2B2C, con un incremento di 7 punti percentuali rispetto allo stesso dato del 2015) e alla voglia di crescere (quasi il 75% degli intervistati dichiara sviluppi importanti relativamente all’esercizio in corso). Si tratta per l’86 % di startup seed, cioè attività imprenditoriali di recente formazione, spesso sostenute dai cosiddetti finanziamenti all’idea, i primi fondi finanziari utilizzati per lanciare un’attività imprenditoriale innovativa, mentre solo l’8,6% del campione preso in esame è costituito da startup consolidate, con un fatturato superiore a 1 milione di Euro.

Slide_Workshop_voce delle startup_def1

Le risorse umane impiegate in azienda sono prevalentemente contenute, con il 50% delle realtà intervistate che dichiara di avere un team composto da un numero variabile di 3/9 persone, mentre il 32% presenta un massimale di 3 dipendenti e solo nel 13% dei casi si registra la presenza di un pool di risorse che varia dai 10 ai 20 individui e oltre. Per quanto riguarda la percentuale di fatturato generata all’estero, il 36% degli intervistati presenta una quota export inferiore al 10% e un analogo 36% dichiara di non esportare i propri prodotti/servizi in altri paesi.

«I dati che emergono dalla ricerca riflettono la struttura dell’ecosistema startup italiano, a luci e ombre – commenta Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup – tra gli aspetti positivi si evidenzia un profilo prevalente dei founder italiani connotato da istruzione elevata, età media intorno ai 40 anni, quindi con esperienza qualificata e con presenza importante di manager/imprenditori di lungo corso, così come un modello prevalente B2B, di buon auspicio per la contaminazione necessaria con il sistema industriale italiano e internazionale. Dall’altro lato si conferma una dimensione media piccola e una scarsa propensione allo sviluppo internazionale, parzialmente compensate da una voglia di intraprendere, di rischiare e di crescere (più che di vendere, di exit) che sono coerenti con lo spirito imprenditoriale tipico di una parte importante del nostro sistema industriale. L’Associazione, oltre al suo compito di rappresentanza verso le istituzioni europee, nazionali e regionali, prosegue nell’azione di avvicinare le giovani imprese innovative alle medie e grandi imprese italiane, in logica di open innovation e di corporate venture capital, così come nella spinta verso l’internazionalizzazione dell’ecosistema startup italiano».

 

Federico Barilli
Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup

Osservando il livello di formazione accademica, si scopre che il 26,2% dei nuovi imprenditori ha concluso un lungo percorso di studi con una laurea di secondo livello. Il 30,2% ha conseguito un master o un post laurea. Un aspetto fortemente differenziante rispetto allo stereotipo dello startupper molto giovane, tecnologo e geniale, ma senza esperienza aziendale o consulenziale. Attitudine confermata dai dati sulla formazione interna: la ricerca fa emergere che vengono organizzati progetti di formazione interna annuale per un periodo superiore alle 40 ore a dipendente, per il 28% delle aziende, mentre il 21% investe dalle 21 alle 30 ore di formazione per i propri dipendenti.

lide_Workshop_voce delle startup_def3

Secondo Enrico Gallorini, Consigliere di Italia Startup e coordinatore della ricerca «lo stereotipo degli startupper e delle startup italiane va rivisto, i dati parlano chiaro: la qualifica e l’esperienza professionale elevata dei fondatori/imprenditori emergono nitidamente, con un miglioramento rispetto all’indagine di 2 anni fa; il modello aziendale innovativo rivolto prevalentemente alle imprese piuttosto che al consumatore finale va nella direzione giusta, del matching con l’industria; la voglia di intraprendere e di crescere, fa ben sperare. Sono segnali importanti che vanno sostenuti e incoraggiati, con politiche e con azioni concrete a supporto».














Articolo precedenteA SMAU innovazione dal Nordest: caschi 3D, turbine eoliche e soluzioni di teleassistenza
Articolo successivoVincenzo Boccia ci dice la sua a 360 gradi: sindacati, Borsa, produttività, Paolo Gentiloni, questione industriale, Stx/Finmeccanica, Matteo Renzi e……






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui