Dall’iperconvergenza all’edge computing e all’Intelligenza artificiale. Conversazione a 360 gradi con Massimo Chiriatti (Lenovo) tra i massimi tecnologi italiani

di Renzo Zonin ♦︎ L'iperconvergenza è l’utilizzo di sistemi che, in un unica piattaforma , riuniscano sia l’unità di calcolo, sia lo storage e il networking, consentendo di creare data center modulari che possano scalare facilmente ed essere gestiti con meno personale. L'intervista con Chiriatti parte da questa soluzione - proposta da Lenovo nell'ambito della piattaforma ThinkAgile - e tocca tutti gli ambiti importanti dell'Ict in azienda, dall'organizzazione del lavoro e delle risorse fino a Intelligenza artificiale, Edge e Blockchain. Chiriatti è leader del team di consulenza pre-sales nella divisione ISG (Infrastructure Solutions Group) di Lenovo

C’è un incubo che turba i sonni di molti Cio in questi mesi: si chiama “new normal”. Vi ricordate quando, un paio d’anni fa, dall’oggi al domani i reparti It dovettero inventarsi un modo per far lavorare tutti i dipendenti da casa, a causa del lockdown? Vennero generalmente adottate soluzioni estemporanee, senza preoccuparsi di “dettagli” come la sicurezza o la gestione centralizzata dei device: tanto, si diceva, è solo per qualche mese.

Ma adesso, dopo due anni, la maggior parte delle aziende ha deciso: il lavoro da remoto sopravvivrà alla pandemia, e i reparti It dovranno rendere permanenti le relative operation, garantendone sicurezza ed efficienza. Inoltre, molte aziende hanno avviato in questi mesi processi di trasformazione digitale, che richiederanno all’It l’attivazione di tanti altri nuovi servizi.







Oggi quindi, molti Cio si stanno ponendo il problema di come rispondere alle necessità crescenti in tema di elaborazione dati, visto che spesso le richieste non sono accompagnate da stanziamenti sufficienti, e che reperire personale adeguatamente formato non è semplicissimo, in particolare per le Pmi.

 

Tecnologie per fare di più con meno

ThinkAgile VX Series. L’iperconvergenza, per le caratteristiche di semplicità intrinseca della piattaforma Lenovo ThinkAgile, per velocità di implementazione e per la facilità di gestione (anche demandabile a partner esterni) è un’ottima soluzione ai problemi informatici delle Pmi

Un supporto potrà venire dall’adozione di tecnologie per ridurre la complessità, aumentare l’automatizzazione del data center, e migliorare le prestazioni complessive oltre a ridurre i tempi di implementazione. Fra queste tecnologie emerge l’iperconvergenza (ovvero l’utilizzo di sistemi che, in un’unica piattaforma, riuniscano sia l’unità di calcolo, sia lo storage e il networking, consentendo di creare data center modulari che possano scalare facilmente ed essere gestiti con meno personale); l‘intelligenza artificiale (che trova applicazione in molti contesti diversi, ma è particolarmente promettente nel supporto alle decisioni e in ambiti previsionali, come la manutenzione predittiva); e la virtualizzazione (tecnologia che permette di realizzare via software dei computer virtuali all’interno del server). Ne abbiamo parlato con Massimo Chiriatti, Chief Technical & Innovation Officer di Lenovo. Forte di oltre 30 anni di esperienza nei sistemi per data center, Chiriatti è leader del team di consulenza presales nella divisione ISG (Infrastructure Solutions Group) della multinazionale, ed è fra i massimi esperti in Italia di argomenti come blockchain e intelligenza artificiale, tema quest’ultimo sul quale recentemente ha pubblicato il libro “Incoscienza digitale: Come fanno le macchine a prevedere per noi” edito dalla Luiss Press.

Secondo Chiriatti, l’iperconvergenza, per le caratteristiche di semplicità intrinseca della piattaforma Lenovo ThinkAgile, per velocità di implementazione e per la facilità di gestione (anche demandabile a partner esterni) è un’ottima soluzione ai problemi informatici delle Pmi. Queste aziende, che formano la spina dorsale dell’economia italiana, per le loro dimensioni limitate spesso hanno difficoltà ad accedere a competenze specialistiche e a mettere sul tavolo gli elevati budget richiesti dalle architetture convenzionali. I sistemi iperconvergenti possono poi essere un’ottima base per altre tecnologie che sempre più spesso vengono adottate in azienda: dall’intelligenza artificiale (anche in forme “local” operanti da Edge Server installati direttamente in ambienti Ot) ai sistemi di virtualizzazione Vdi, che risolvono i tanti problemi di gestione e supporto creati dall’uso di Pc remoti “convenzionali”. Da non dimenticare, infine, che Lenovo offre i suoi sistemi iperconvergenti anche con la formula TruScale, ovvero “as a service”, formula che azzera il Capex, quindi l’immobilizzo di capitale, spostando l’investimento in Opex, ovvero nelle spese operative, con cifre contenute e allineate al carico di lavoro informatico.

 

L’evoluzione dell’infrastruttura tecnologica durante la pandemia

Massimo Chiriatti, Chief Technical & Innovation Officer di Lenovo

Concentrati come eravamo sui problemi della sanità, quasi non ci siamo accorti del carico di lavoro improvviso che si è abbattuto sulle infrastrutture digitali pubbliche e private nei mesi della pandemia. Eppure, l’incremento di traffico è stato elevato quanto rapido. Secondo un articolo comparso su Forbes, già dopo poche settimane di lockdown l’uso di Internet negli Usa era cresciuto del 50-70%, e lo streaming video del 12%. Sempre secondo Forbes, Telecom Italia nelle prime settimane di lockdown ha visto un +90% di traffico Internet, dovuto soprattutto a chi iniziava a lavorare da casa, e nello stesso periodo uno specialista del media delivery (MainStreaming) ha registrato nel nostro Paese il triplo del normale traffico di Tv streaming. Situazioni simili si sono create un po’ in tutto il mondo, con gli incrementi maggiori nei Paesi con lockdown più stringenti. «C’è stato un grande stress sulla connettività, ma la rete ha retto – ricorda Chiriatti – anche perché, poco prima che arrivasse la pandemia, c’era stato un primo forte incremento di carico dovuto all’inizio dei servizi di video streaming (partite di calcio eccetera), che aveva evidenziato i limiti di Internet e spronato i provider ad adeguarla. Un altro grande problema che si è presentato all’inizio della pandemia è stato la grande e inaspettata domanda di hardware da usare in remoto. Il picco inatteso ha messo in luce i problemi di una supply chainimperfetta“, poco resiliente, che per certi versi rimane tale ancora oggi». Ma se all’epoca era difficile reperire un notebook, il discorso era ancora più complicato per l’hardware di back-end, per il data center.

«Il back-end ha dovuto rapidamente fare upgrade su due direttrici: i dati e la sicurezza dell’intera filiera. Ogni azienda privata o pubblica ha dovuto gestire la situazione. Molti hanno dirottato il picco di richiesta sul cloud, pur tenendo l’on premise in una sorta di cloud ibrido. Per un uso di questo tipo, la piattaforma di iperconvergenza è stata la soluzione ideale per molti nostri clienti. Questo anche perché il tessuto economico italiano è fatto in maggior parte di Pmi, e i sistemi iperconvergenti non hanno costi elevati, non si tratta di una tecnologia alla portata solo di grandi aziende e enti». Un sistema iperconvergente, lo ricordiamo, riunisce in un singolo server, le risorse di calcolo, di storage e di connessione, risolvendo alla radice i problemi di interfacciamento e gestione delle varie componenti. Le caratteristiche di facilità di installazione e semplicità operativa di queste soluzioni fanno sì che la tecnologia sia in costante crescita. Secondo una ricerca di Fortune Business Insight, il mercato dell’iperconvergenza valeva 6,79 miliardi di dollari nel 2021, e arriverà a 32,19 miliardi di dollari nel 2028, con un Cagr del 24,9%. Secondo Markets&Markets, che mostra cifre simili (27,1 Mld$ nel 2025, con Cagr del 28,1%), il successo delle piattaforme iperconvergenti è dovuto soprattutto al TCO basso per la gestione di dati su interfaccia standard, alla diffusione di applicazioni Vdi e al crescente impiego di soluzioni del tipo Infrastructure as a Service. Trovarsi con nuove esigenze da soddisfare, spesso tramite nuove tecnologie, non è una situazione ideale per gli staff informatici delle Pmi, spesso ridotti all’osso. Per questo, in genere sono i vendor che intervengono per studiare la fattibilità di una soluzione. «Il lavoro del nostro team di consulenti, in questi anni, è stato soprattutto di capire come l’architettura attuale del cliente si allinei o meno al cloud. Architettura sia dal punto di vista hardware (quella dei “non functional requirement”, tipo le operazioni di backup eccetera) sia da quello del software applicativo, dei “functional requirement” – le applicazioni aziendali che possono migrare dall’on premise al cloud, anche attraverso sistemi di iperconvergenza. Il lavoro del team è stato insomma di rispondere a domande come: è possibile fare questo? e come? Che soluzioni posso proporti come Lenovo, che possano entrare nel tuo contesto?». E questa era solo la prima fase del lavoro, perché poi Lenovo assiste l’azienda nella fase di implementazione, che presenta una certa complessità. «Una complessità che non risiede nel sistema, ma è dovuta al fatto che bisogna integrarsi con altri sistemi. L’iperconvergenza per sua natura è la piattaforma più semplice possibile, perché nasconde la complessità interna all’utente» puntualizza Chiriatti.

 

L’iperconvergenza nel Paese del legacy

ThinkAgile VX Series. I sistemi Lenovo di iperconvergenza costituiscono una vera innovazione perché storage, networking e capacità computazionale possono essere aumentate a blocchi, a differenza di quanto accade con i sistemi convenzionali

Andando in una Pmi a proporre sistemi iperconvergenti, capita spesso di trovarsi davanti a soluzioni informatiche decisamente datate, per non dire “legacy“. Soluzioni spesso complesse, visto che sono formate dal “trittico” unità di elaborazione, sistemi di storage, infrastruttura di rete, e nelle quali mantenere l’equilibrio e l’allineamento fra le varie componenti hardware e ancora di più software è un lavoro quasi a tempo pieno. A questo tipo di soluzioni Lenovo contrappone la sua linea ThinkAgile di sistemi iperconvergenti. Secondo Chiriatti, «i nostri sistemi di iperconvergenza costituiscono una vera innovazione perché storage, networking e capacità computazionale possono essere aumentate a blocchi, a differenza di quanto accade con i sistemi convenzionali. E hai la possibilità di scegliere il virtualizzatore, se mettere VMware, Microsoft, Nutanix. La piattaforma che chiamiamo ThinkAgile ha i suffissi MX per Microsoft, HXper Nutanix, e così via. Dando questa libertà ai clienti di iperconvergenza abbiamo un vantaggio competitivo, perché prima i clienti dovevano comprare il pacchetto senza poter scegliere».

Con la crescente diffusione della piattaforma ThinkAgile, si registra un corrispondente aumento dell’attività di sviluppo svolta dai partner sulla piattaforma, e la maggiore disponibilità di software contribuisce a rafforzare una sorta di circolo virtuoso. Per tante aziende, la scelta di server x86 con un sistema di management integrato, in grado di gestire da un’unica console computing, storage, networking virtualizzati assieme alla piattaforma hardware, diventa una scelta di semplicità. «La semplicità è proprio una delle chiavi dell’iperconvergenza – puntualizza Chiriatti – la puoi declinare in molti aspetti. Una è l’approvvigionamento: quanto ti costa in termini di tempo comprare e installare un server, lo storage, il networking, metterli insieme? E poi implementare il sistema, metterlo in linea eccetera? L’altro punto fondamentale è la gestione, quando hai messo insieme tutto. Quali competenze servono per gestire il sistema?».

 

Architetti e specialisti

Lenovo data center. La linea di Lenovo comprende macchine compatte e resistenti che permettono di fare “local AI”: non si manda più il dato al data center, bensì è il server che “insegue” il dato, collocandosi dove esso nasce

A proposito di competenze, nell’Ict da anni dibattiamo sulla figura dell’architetto e dello specialista. Ogni tanto si dice “mi servono gli specialisti perché bisogna conoscere il sistema in verticale, in profondità”. Poi ci si accorge che lo specialista, essendo così tanto focalizzato, può perdere la visione generale del progetto. E allora, per recuperare la visione del contesto, si cercano gli architetti. I quali, però, magari non sanno più mettere le mani sui sistemi. «Nel settore informatico abbiamo sempre avuto questo “pendolo” fra specialisti e architetti – spiega Chiriatti – ma qui il tema è che non devi essere uno specialista. Secondo noi, con la nostra soluzione, il cliente non deve dotarsi di specialisti hardware, storage, networking, ma più che altro di figure “cross”. Poche, perché l’integrazione e la certificazione delle parti la facciamo noi. Stiamo parlando di un layer superiore di supporto: non devi impazzire a chiamare i vari fornitori A o B o C per avere supporto, ma chiami solo Lenovo. Per questo all’azienda cliente non serve avere gli specialisti per ogni piattaforma. Parlando di competenze, alla fine ti servono nel provisioning, per essere in grado di avere una soluzione che immediatamente ti fornisca la prestazione che chiedi, e soprattutto per poter fare il ripristino in caso di bug. Queste sono le competenze importanti, da avere come base di riferimento. Però, il punto di forza dei nostri sistemi iperconvergenti è che con un unico punto di contatto hai già la garanzia che abbiamo certificato finanche il firmware della scheda Hba».

 

Hardware, software e servizi

Lenovo data center thinkagile vx series. La linea di Lenovo comprende macchine compatte e resistenti che permettono di fare “local AI”: non si manda più il dato al data center, bensì è il server che “insegue” il dato, collocandosi dove esso nasce

Anche la componente servizi, dunque, gioca un ruolo importante nell’equazione della piattaforma ThinkAgile. «Abbiamo non solo strutture che fa la parte di prevendita, consulenza e consiglia i clienti su cosa fare e come fare, ma anche altre capaci di organizzarti dei cluster multi-sito, se per esempio sei soggetto a direttive che ti richiedono un’attenzione particolare alla rete e alle prestazioni. È il caso delle banche per esempio. Queste persone che sviluppano servizi seguono tutto il ciclo di vita post vendita e questo è uno dei punti più importanti». È interessante notare che, anche se un sistema iperconvergente richiede già un minor impegno per la gestione day by day rispetto alle soluzioni tradizionali on premise, buona parte delle operazioni da compiere possono essere esternalizzate, e affidate a Lenovo o a uno dei suoi partner, che costituiscono un ecosistema in grado di fornire tutti i servizi di gestione dell’on premise eventuale, spostamenti fra on premise e cloud eccetera.

«Sì, perché alla fine non parliamo di tecnologia, ma del time to value – concorda Chiriatti – La risorsa che scarseggia è il tempo. Ecco perché Lenovo gli offre una soluzione clusterizzata, e anche compatta, perché le grandi aziende hanno spazio a disposizione ma le piccole ne hanno poco, e bisogna fare attenzione anche a questi aspetti per rendere facile l’implementazione dei sistemi». fornire servizi di gestione rientra nell’ottica di semplificare il lavoro per il cliente. Anche perché con la pandemia il carico di lavoro dei data center è cresciuto, dovendo assistere tutti i dipendenti in remoto (magari con gli operatori del data center in remoto loro stessi). E le piccole realtà si sono trovate con personale insufficiente a gestire, per esempio, le richieste di help desk da centinaia di Pc e device eterogenei nati per uso individuale e difficili da gestire in modo coordinato. «Questo del lavoro da remoto è un altro tema interessante – commenta Chiriatti – e qui l’uso delle tecnologie Vdi (Infrastruttura di desktop virtuali), ha portato tanti benefici».

 

Dai Pc remoti alle macchine virtuali Vdi

Il quartier generale di Lenovo

Con il Vdi, il dispositivo del lavoratore remoto viene usato solo come una sorta di terminale, mentre le risorse di calcolo e storage sono attestate su una macchina virtuale che gira sul server iperconvergente. «Con Vdi, l’It manager non deve più impazzire per risolverti i problemi locali del Pc e dei dati che conteneva. E se si dispone di un po’ di banda quasi non ci si accorge che si sta usando un Pc virtuale in remoto. Le soluzioni iperconvergenti di Lenovo sono molto usate per fare Vdi, a tutti i livelli. Per esempio in molte imprese metalmeccaniche, anche perché adesso si virtualizzano le Gpu meglio di prima, grazie gli accordi che abbiamo con Nvidia. Quindi si possono usare anche applicazioni graphic intensive come il Cad».

 

Verso l’Edge Server iperconvergente

A quanto pare, il discorso dei dispositivi remoti va ben oltre l’ambito dei Pc e del front end in genere. «C’è una roadmap interessantissima che riguarda l’edge computing – sottolinea Chiriatti – i server classici non si possono installare in certi ambienti (per problemi dimensionali o fisici: temperatura, umidità, polvere, disturbi elettromagnetici…), per esempio in ambiti Ot. Ma la linea di Lenovo comprende macchine compatte e resistenti che permettono di fare “local AI”: non si manda più il dato al data center, bensì è il server che “insegue” il dato, collocandosi dove esso nasce. Pensate alle aziende metalmeccaniche, abbiamo una referenza di una grande azienda vicino a Milano dove abbiamo installato degli edge computer vicino ai macchinari, perché a loro serviva avere i dati “qui e ora”. In questo modo ottimizzano i dati in locale, e poi li spostano nel cloud dopo la prima analisi. Con questi edge computer (come il modello SE350, del quale potete trovare un test qui Tutti i segreti del server edge ThinkSystemSE350 di Lenovo – Industria Italiana), facendo l’elaborazione vicino al Plc, l’azienda è riuscita per esempio a ridurre i costi di manutenzione, passando al modello predittivo». Ricordiamo che con il modello predittivo, che si basa sull’analisi dei dati dei sensori in uscita dal macchinario, è possibile sostituire i pezzi usurati poco prima che si rompano, evitando sia costosi fermi imprevisti della linea per guasto, sia manutenzioni cadenzate con sostituzione prematura di pezzi funzionanti, altrettanto costose. «Usando gli algoritmi di AI sui server edge Lenovo, quell’azienda prevede già le rotture con un turno di anticipo, e stanno lavorando per portare la previsione a due turni di anticipo» specifica Chiriatti.

I sistemi iperconvergenti di Lenovo ottimizzano i dati in locale, e poi li spostano nel cloud dopo la prima analisi. Con questi edge computer, facendo l’elaborazione vicino al Plc, l’azienda è riuscita per esempio a ridurre i costi di manutenzione, passando al modello predittivo

Intelligenza artificiale sì, ma che non decida autonomamente

L‘intelligenza artificiale è un’altra “arma segreta” a disposizione delle aziende, e promette risultati eclatanti. Anche se Chiriatti, che sull’argomento ha scritto un libro, invita a mettere qualche paletto. Perché, pur funzionando, gli algoritmi di IA rimangono un po’ una sorta di Black Box. «Gli algoritmi che usiamo non sono trasparenti perché trattano enormi quantità di dati su base statistica, quindi stabiliscono correlazioni non deterministiche. Nei modelli dove abbiamo il codice, ossia la programmazione informatica, il computer è deterministico e segue le regole. Ma l’intelligenza artificiale, per esempio con il deep learning, estrae dai dati i modelli, e quella sì è un po’ una black box. Quindi dobbiamo essere noi umani ad avere l’ultima parola sulle decisioni delle AI. Perché la macchina non può avere un’etica, una coscienza, un’intelligenza. La macchina calcola. Siamo noi che possiamo dare un giudizio. Ed è pericoloso lasciare la macchina aperta a Internet, che legge e amplifica tutti i nostri bias, quando poi deve dare un giudizio valido per tutti». Ci si può fare un’idea della problematica pensando al cosiddetto “trolley problem” applicato alla guida autonoma: se l’auto si trova all’improvviso davanti due pedoni che attraversano con il rosso, sceglierà di investirli (sono loro che hanno torto) o di sterzare uccidendo il passeggero (un solo morto invece di due)? «C’è un dibattito in corso da tempo, si parla di utilitarismo o consequenzialismo, ma in ogni caso è difficile venirne a capo, perché la macchina è priva di questa capacità di giudizio, quindi siamo noi umani che dobbiamo decidere. Attenzione, io sono assolutamente a favore della tecnologia e del business, e sono ottimista perché la macchina a guida autonoma ci aiuterà a ridurre quasi a zero gli incidenti e tutta una serie di errori che facciamo guidando, per distrazione, stanchezza, eccetera. Ma quando accadranno quei pochi incidenti bisognerà affrontare l’argomento».

ThinkAgile VX Series in numeri

La value proposition dell’iperconvergenza made in Lenovo

Cosa ottiene dunque il cliente che punta sull’iperconvergenza di Lenovo? Secondo Chiriatti «disporrà di una piattaforma che è centralizzata ma anche flessibile, in grado di supportare una grande varietà di carichi di lavoro. Perché non dimentichiamo che al cliente non interessa l’hardware in sé, ma il fatto che la macchina soddisfi i requisiti funzionali dell’applicazione. Quindi otterrà un sottosistema integrato, che contiene lo storage, a prezzi bassi e incrementali: non avrà un Capex enorme, ma piccoli requisiti di Opex. Potrà scegliere il tipo di hypervisor e il tipo di storage (prestazionale o meno), a costi sempre marginali. Ecco, credo che questa sia la definizione: soddisfare i vari carichi di lavoro a costi marginali e con flessibilità».

E a proposito di costi, per le aziende che non vogliono avere immobilizzi di capitale nei propri bilanci e puntano a spostare la spesa It interamente alla voce delle spese operative (Opex), Lenovo ha anche un programma As a Service. «Sì, se si vuole portare il Capex a zero e fare solo Opex abbiamo servizi AaS completi. Possiamo fare anche dei “proof of concept” perché il cliente possa provare prima, e possa partire leggero, senza fare investimenti. Con TruScale avrà solo Opex crescenti in funzione dei suoi carichi di lavoro. In pratica allineiamo il carico di lavoro informatico al costo».














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