Le strategie di Granarolo tra m&a ed export

di Chiara Volontè ♦︎ Il colosso lattiero-caseario guarda alla Francia e agli Stati Uniti per aumentare la massa critica. E non esclude un possibile sbarco in Borsa

«Rimaniamo leader nel settore del latte fresco, ma è un comparto sempre più complesso: negli ultimi cinque anni in Italia abbiamo perso il 27% dei consumatori, l’unico modo per reagire era attuare strategie di m&a. La nostra strutturazione societaria ci impone di trovar modi per mettere a reddito il latte: siamo un gruppo cooperativo e abbiamo alle spalle gli allevatori che il latte lo producono, lo vogliono vedere collocato e anche adeguatamente remunerato. Per questo abbiamo “inventato” una modalità che coniugasse le innovazioni di prodotto e le acquisizioni di rami di azienda o di aziende già strutturate». Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo, commenta così le strategie di acquisizioni del gruppo da lui guidato e che gli sono valse il premio speciale “Finanza per la crescita” agli M&A Award. 

Granarolo è il primo operatore italiano del settore lattiero-caseario e leader del mercato del latte fresco dagli anni ’80. Ha un fatturato di 1,3 miliardi ed esporta il 32% della produzione. Negli ultimi 20 anni ha condotto 26 operazioni di acquisizione perché la necessità di ampliamento del mercato ha portato il gruppo ad aggredire nuovi paesi come Francia e Brasile e ad ampliare il core business, lanciandosi, ad esempio, nella produzione di aceto balsamico o di altri prdotti gastronomici non caseari. 







«L’ultima operazione condotta – prosegue Calzolari – è la friulana Venchiaredo che produce stracchini. In questo modo ci troveremo a raccogliere circa un quinto della produzione di latte della regione. La diversificazione attraverso m&a fa parte della nostra strategia, anche se per il futuro prossimo l’intenzione è di focalizzarci sul lattiero-caseario, un segmento in cui non abbiamo competitor grazie alla nostra filiera strutturata. Con la stessa logica guardiamo all’estero, senza ovviamente delocalizzare: vogliamo essere fuori dai confini italiani come una rete, non come dei semplici esportatori. Uno dei paesi su cui stiamo puntando maggiormente sono gli Stati Uniti, anche se rimane grande preoccupazione per le possibili misure protezionistiche. In Francia, poi, con l’acquisto di Codipal abbiamo portato a casa un grandissimo risultato, la madre di tutte le operazioni degli ultimi anni. Abbiamo reagito a un trend che vedeva gli investitori esteri sempre più presenti in Italia e mai viceversa. Abbiamo fatto esperienza e oggi la Francia vale circa 150 milioni di fatturato per il nostro gruppo».  

Borsa di MIlano

Infine, uno sguardo al comparto che, se paragonato a quello di altri paesi, dimostra tutta la sua dimensione ancora provinciale. «Il settore alimentare – conclude Calzolari – vale l’11% del nostro pil, ma noi esportiamo per 40 miliardi, mentre Germania e Olanda per 90. Dovremmo esportare almeno il doppio, visto che l’Italian sounding vale intorno ai 100 miliardi. La verità è che la Germania esporta il doppio di noi perché è più brava a organizzare e a fare sistema. Noi abbiamo creato una grande ricchezza enogastronomica, ma ogni prodotto lo dobbiamo dividere tra le centinaia di distretti che compongono l’Italia. Eppure, o facciamo massa critica o non siamo in grado di reggere l’urto. Basta con questo mito che le acquisizioni fanno sparire le realtà territoriali: noi abbiamo mantenuto nell’azionariato partecipazioni delle famiglie che possedevano l’azienda prima che la rilevassimo. Anche perché noi sembriamo grandi in Italia, ma non lo siamo appena guardiamo all’estero. È quindi necessario forzare nella direzione dell’aggregazione. I soldi ci sono, la vera difficoltà è vincere la ritrosia degli imprenditori. Granarolo finora è cresciuta con le proprie forze, ma nel futuro l’ipotesi Borsa potrebbe essere possibile. Siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo pensare a operazioni più significative».  














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