Le ragioni per stare con la Tav senza alcun dubbio

di Filippo Astone ♦ L’Unione Industriale di Torino si schiera con decisione contro le ipotesi di blocco o rallentamento targate 5 Stelle e Luigi Di Maio. Ecco i numeri e i benefici economici e di sviluppo che ne potrebbero derivare. E le ragioni industriali per appoggiare la scelta Torino-Lione

Oltre 9 miliardi di effetti socio-economici positivi e 52.000 nuovi posti di lavoro: è questo l’impatto stimato dall’Unione degli Industriali di Torino in uno studio sulla Tav Torino-Lione. Non basta: secondo la survey, condotta dal Gruppo Clas, se si valuta la produzione diretta attivata in Italia per la realizzazione della sezione transfrontaliera (il 58% dell’opera complessiva), si stima un valore di 5,36 miliardi.

Questi numeri, per noi di Industria Italiana, sono la base per poter dire: noi stiamo con la Tav. Questo giornale ha nell’industria e nelle alte tecnologie la sua ragion d’essere: non può che stare con la Tav, schierarsi con la Tav, usare l’arma della penna per denunciare la follia consistente nel ritiro da un progetto così. Questo significa essere contro i 5 Stelle? Assolutamente no, la proposta politica del partito fondato da Beppe Grillo ha numerosi punti interessanti e validi per noi, come la revisione della legge Fornero, la convinzione che debba ripartire la domanda interna per far crescere lo sviluppo economico, il salario di cittadinanza (che però andrebbe declinato in forme appropriate, e non dato indistintamente, buona l’idea di legarlo alla riqualificazione professionale attraverso i centri per l’impiego), gli investimenti in digitalizzazione e tutela dell’ambiente. Ma su questa partita, la frangia che spinge contro la Tav (per fortuna non totalitaria e forse nemmeno maggioritaria) sbaglia. Lo sviluppo economico e sociale passa attraverso l’industria e le infrastrutture.







Che cosa succederà adesso? Se, infatti, permane un’anima ambientalista ed ecologista particolarmente radicata all’interno del Movimento che preme per l’altolà alla grande opera, dall’altro sta crescendo anche in seno ai Pentastellati di governo l’idea che l’opera, alla fine, debba essere portata a termine. Il ministro  dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria, durante l’assemblea di Confartigianato, ha dichiarato di auspicare la realizzazione della Tav e della Tap. E analogo proposito è stato mostrato dal sottosegretario Giorgetti. Certo, non va dimenticato che il Movimento 5 Stelle ha dovuto incassare una pesante ondata di malcontento a Taranto, dopo la firma dell’accordo con Arcelor Mittal per l’Ilva, di fatto “deludendo” molti elettori che avevano scelto di affidare il proprio voto ai 5 Stelle proprio perché procedessero al progressivo smantellamento dello stabilimento e alla realizzazione di un nuovo polmone verde per la città.

 

Gli impatti complessivi

Tornando alla Tav, la spesa prevista nei cantieri italiani è di 3,1 miliardi e attiva complessivamente 3,4 miliardi di produzione nei settori fornitori e 2,5 miliardi per quanto riguarda l’indotto. Il totale degli effetti, dunque, è di poco superiore ai 9 miliardi. Sempre la survey realizzata dal Gruppo Clas sostiene che tutti i settori (dall’agricoltura al turismo, dal commercio ai servizi alle persone) ricevono impatti benefici dalla realizzazione della Tav. Perfino l’agricoltura otterrebbe un incremento della ricchezza intorno agli 86 milioni di euro.

Per quanto riguarda poi l’occupazione attivata, la realizzazione del progetto richiederà complessivamente, negli undici anni di lavoro preventivati, l’impiego di 52.000 addetti a tempo pieno. Da notare come nello studio due lavoratori part time vengano conteggiati come un lavoratore a tempo pieno. Il che significa che la ricaduta occupazionale potrebbe riguardare un numero ancora maggiore di persone. Tra l’altro, il settore delle costruzioni sarebbe uno dei più importanti, ma ben il 76% degli occupati complessivi dovrebbe occuparsi di altre attività che esulano da quelle meramente cantieristiche. Inoltre, per ogni addetto italiano impegnato nei cantieri, altri 10 addetti troveranno occupazione in Italia nelle restanti attività coinvolte in modo diretto, indiretto e indotto.

Complessivamente, dunque, il contributo del progetto imputabile al pil italiano è pari a 11,3 miliardi di euro, e, considerando il contributo europeo previsto tra gli anni 2019 e 2029 (termine ultimo per la realizzazione dell’opera), il rapporto tra pil prodotto e spesa sostenuta dall’Italia (poco meno di 3 miliardi) sarà di 3,77. Significa che per ogni euro speso si genererà un prodotto di quasi 4 euro. Più specificamente, a fronte di una spesa annua prevista per il nostro paese di 350 milioni di euro tra il 2020 e il 2027, si genererà un aumento complessivo del pil annuo di 1,32 miliardi di euro.

L’area della Tav

L’area economica europea integrata che va da Trieste a Lione, passando per Treviso, Padova, Verona, Bologna, Milano, Novara, Torino e Grenoble, nel 2016 ha generato un Pil di 1.191 miliardi di euro, più grande di quello della Spagna (1.118 miliardi) e della somma di due colossi come il Baden-Württenberg e la Baviera (1.049 miliardi insieme). L’Italia è interessata dal Corridoio Mediterraneo, il Corridoio Reno-Alpi e lo Scandinavo. Il solo Corridoio Mediterraneo, di cui è parte anche la Torino-Lione, interessa il 18% della popolazione europea e attraversa regioni che rappresentano il 17% del pil comunitario.

Oggi il collegamento ferroviario con la Francia viene assicurato dal solo valico del Frejus, un tunnel voluto da Cavour e inaugurato nel 1871. Un corridoio forse un po’ troppo antiquato soprattutto se si pensa all’interscambio tra il nostro paese e i “cugini” transalpini e che vale, per il solo Piemonte, il 13,3% dell’export complessivo.

 

Il Ministro del lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio (foto di Mattia Luigi Nappi)
La posizione del Governo

Di fronte a questi numeri, però rimane alta la preoccupazione dei residenti e della politica. Nel contratto di governo firmato da Lega e Movimento 5 Stelle lo scorso 18 maggio si legge che l’esecutivo, « dopo un’attenta analisi e valutazione del rapporto tra costi e benefici, adotterà le opportune decisioni con riferimento alla realizzazione e al completamento delle opere pubbliche di rilievo nazionale». E soprattutto che «con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia».

Ancora a gennaio di quest’anno, in piena campagna elettorale, il futuro vicepremier Luigi Di Maio aveva dichiarato che «continuiamo a mettere soldi sulla. Noi vogliamo recuperare 9 miliardi dalle grandi opere inutili e investirli sulle grandi, medie e piccole opere utili». E tornando indietro di quasi due anni, la sindaca di Torino Chiara Appendino aveva esultato dopo l’uscita della città dall’Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione. «So bene – aveva detto l’esponente del Movimento 5 Stelle – che un sindaco non può bloccare il Tav, ma questo è un atto che ha grande valenza politica e sono orgogliosa di poterlo votare. Le ragioni del No non sono ideologiche, ma sono frutto di un’analisi costi-benefici».

 

Un momento dell’incontro “Il Sistema Industriale a Sostegno dei Corridoi Europei”

La posizione degli Industriali torinesi

«Sulla Torino –Lione – dichiara il presidente degli industriali torinesi Dario Gallina – tornare indietro non si può e non si deve. È troppo tardi: sono già stati scavati 24 km di gallerie su 162. Abbandonare l’opera adesso ci costerebbe tanto quanto portarla a termine, con la differenza che alla fine ne saremmo privi. Significherebbe gettare “alle ortiche” 2 miliardi di euro dei contribuenti. Abbandonare l’opera minerebbe inoltre la nostra credibilità internazionale, nei confronti dell’Europa e, in particolare, della Francia, nostro principale partner commerciale (13,3% dell’export piemontese)». Il grido di allarme è arrivato durante l’incontro “Il Sistema Industriale a Sostegno dei Corridoi Europei” che si è svolto il 12 settembre a Torino e a cui hanno preso parte oltre 200 imprenditori.

«Un Paese moderno ha bisogno di reti che siano al passo con i tempi, nei trasporti, nell’energia, nelle risorse idriche e nelle telecomunicazioni – commenta il Presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli – nonché con lo stesso livello di sviluppo dei territori e delle loro esigenze di relazionarsi a livello nazionale e internazionale. La questione del ponte Morandi, nella sua tragicità, ci fa comprendere quanto il tema delle infrastrutture sia importante ma non scontato e quanto la visione dell’Italia che dovremmo avere sia di centralità geoeconomica tra Europa e Mediterraneo, aperta a Nordest e a Nordovest. È stato calcolato che, se disponessimo di infrastrutture e logistica pari alla Germania, il nostro export subirebbe un incremento di oltre il 15%. Per confermare la capacità a competere noi oggi siamo qui a ribadire che un Paese che non investe nelle infrastrutture non ha futuro. Perché esse sono una precondizione per la crescita economica e un elemento di inclusione per aumentare il reddito, collegare territori e città tra loro e l’Italia al mondo».

 

il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia

 

Per il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, l’associazione di Viale Astronomia «ha sempre sostenuto l’importanza strategica dei Grandi Corridoi Europei sin dalla loro prima definizione, convinta che una vera rete europea di trasporto interconnessa, interoperabile e sostenibile rappresenti una precondizione e uno strumento essenziale all’integrazione economica e sociale dell’UE e dell’Italia nell’UE. Dopo 24 anni dal Consiglio Europeo di Essen, che già individuava come progetti prioritari le direttrici ferroviarie europee dalla Germania alla Sicilia e dal Portogallo all’Ucraina, attraverso il Brennero e il Moncenisio, sarebbe inconcepibile fermare i cantieri e rimettere in discussione tutto per valutare nuovamente opere già più volte valutate, discusse, riviste, progettate, concordate, finanziate e ormai in corso di realizzazione».

 

Dario Gallina
Dario Gallina Presidente Unione Industriali Torino

 

«L’atteggiamento che il Governo riserva alla Tav – ha concluso Gallina – ci preoccupa: nell’immediato genera incertezza sull’avanzamento dei lavori ma non esclude affatto una clamorosa marcia indietro. L’inazione del Governo ci preoccupa anche a più vasto raggio. Riscontriamo una scarsa attenzione per l’economia, un’attenzione ridotta sulle questioni industriali in un contesto ove pare mancare una visione strategica e progettuale. Abbiamo purtroppo constatato in questi mesi che il Governo, anziché affrontare e gestire i problemi, preferisce utilizzarli per enfatizzare aspetti della vita civile che alimentano il fanatismo dell’elettorato. È un meccanismo perverso e pericoloso che, nell’immediato, ci mette in rotta di collisione con l’Europa, il soggetto con il quale dovremmo invece dialogare e progettare un comune futuro».

 

La survey

Lo studio realizzato per l’Unione degli Industriali di Torino dal Gruppo Clas ha potuto stimare l’impatto socio-economico delle opere di adeguamento dell’asse ferroviario Torino-Lione di competenza di Tunnel Euralpin Lyon Turin (Telt), ovvero la sezione transfrontaliera del collegamento che include un tunnel a due canne tra Saint-Jean-de-Maurienne in Francia e Susa in Italia per complessivi 57,5 km; le due stazioni internazionali di Saint-Jean-de-Mauerienne e di Susa; ulteriori 7,5 km di collegamento tra Susa e Bussoleno, di cui 3 km all’aperto e i restanti in tunnel.

L’analisi è stata svolta considerando quattro distinte categorie di impatto, ovvero gli effetti diretti, strettamente generati dall’attività di cantiere in esame; indiretti, attivati dalla catena di fornitura degli input (merci e servizi) necessari alla produzione delle attività dirette; indotti, riguardanti il fatturato e l’occupazione creati dal meccanismo di spesa del reddito percepito dalle risorse umane direttamente ed indirettamente coinvolte nelle attività dirette e indi-rette; globali, coincidenti con la somma degli impatti precedenti.

L’effetto benefico di un investimento infrastrutturale sul pil, quindi sui redditi e l’occupazione, è particolarmente interessante nelle fasi di congiuntura negativa, di scarsa domanda ed elevata disoccupazione, poiché in tali circostanze il sistema delle imprese è più pronto a rispondere a incrementi della domanda con incrementi della produzione.

ha collaborato Marco Scotti














Articolo precedenteConto alla rovescia per il World Manufacturing Forum 2018
Articolo successivoBuffagni e le intenzioni del Movimento 5 Stelle in campo economico ed industriale






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui