Manifattura dei cavi made in Italy, tra nuovi regolamenti e leadership mondiale

Cavi prysmian
Cavi prysmian

di Laura Magna ♦ Il settore, che raggruppa in seno all’ AICE sia PMI che colossi come Prysmian, da sempre con una forte vocazione all’ export, ha approfittato dell’ adeguamento a nuovi standard europei per innovare le tecnologie ai fini di un vantaggio competitivo

Prysmian, il colosso dei cavi tra i leader mondiali per le tecnologie nella fibra ottica, nei cavi ad altissima tensione e nel fotonico, è sicuramente la più famosa delle associate di AICE. Ovvero l’associazione che all’interno di Federazione ANIE (Confindustria) rappresenta le aziende attive nei comparti dei cavi per energia e accessori, cavi per comunicazione e conduttori per avvolgimenti elettrici. Le aziende aderenti ad AICE sono 35 con 7 mila dipendenti, un fatturato di circa 2,4 miliardi di euro nel 2015 e rappresentano l’85% del comparto nazionale.

In arrivo il nuovo regolamento europeo

Un settore dunque variegato, che sta affrontando un profondo processo di metamorfosi, in particolare nell’ambito dei cavi per il trasporto dell’energia. Che saranno rivoluzionati da un regolamento europeo, noto come CPR, che entrerà in vigore il prossimo primo luglio in tutt’ Europa e rispetto al quale le aziende italiane sono pronte da un anno. Questo regolamento imporrà una nuova etichettatura dei prodotti che ne indichi la categoria prestazionale. Una vera e propria rivoluzione, di cui parleremo diffusamente più avanti. Prima vediamo l’identikit della nostra industria dei cavi.







Cavi Euroconnection
Cavi prodotti da Euroconnection

L’industria dei cavi in Italia

«Quando parliamo dell’industria dei cavi spaziamo da cavi per energia a bassa, media e alta tensione, a quelli per applicazioni speciali e comunicazioni, ai cavi per la trasmissione di dati nella telefonia. Aderiscono anche le fabbriche per conduttori di avvolgimenti elettrici ovvero il rame nudo per usi vari, tra cui il più noto è quello per motori e trasformatori», dice a Industria Italiana Francesco Sciarra, vicepresidente di AICE e responsabile della CPR.

Sciarra
Francesco Sciarra, vicepresidente di AICE e responsabile della CPR

Il 60% delle aziende produttrici di cavi sono PMI, mentre il 40% è composto da grandi aziende tra cui figurano tre multinazionali: la già citata Prysmian, la francese Nexans che ha la sua sede in Italia ad Agrate Brianza e opera nel settore del trasporto dell’energia e Corning Optical Communication con filiale italiana a Torino e specializzazione nella fibra ottica. «All’ombra di Prysmian – continua Sciarra – sono nate e cresciute nel tempo altre aziende medie e piccole (qui l’elenco completo delle associate AICE   che operano in tutti i comparti citati sopra. La distribuzione di energia pesa per il 65% sul fatturato complessivo, i conduttori per avvolgimento che sono al 16%, i cavi per comunicazione 9% e quelli per la media tensione 6%».

Valerio Battista, ceo di Prysmian
Valerio Battista, ceo di Prysmian

Una comune vocazione all’ export

Aziende diverse che si caratterizzano per avere una forte e comune vocazione all’export e che non hanno paura di innovare. «Nel 2017 – continua Sciarra – ci aspettiamo una riduzione dei fatturati compreso quello relativo all’export  che rappresenta oggi la metà del giro di affari delle nostre aziende. Cosa vuol dire? Che l’industria italiana dei cavi è caratterizzata da forte competitività di processo e prodotto e da una qualità elevata, come richiede il mercato. La qualità è importante soprattutto per i cavi per la trasmissione di dati e per segnalamento e comando e per quelli che trasportano energia. Così come la tecnologia dei processi è fondamentale: per realizzarla sono richiesti grandi investimenti nella macchine per la lavorazione di rame e alluminio e per la fibra ottica».

Cavi Prysmian
Il rinnovamento delle tecnologie

Investimenti che nel corso degli anni sono stati fatti perché in tutti i sotto-settori di questo comparto ci sono state «evoluzioni dovute al cambiamento delle tecnologie d’uso, per esempio i cavi telefonici sono diventati quasi tutti fibra ottica; quelli in uso nell’elettronica hanno subìto le trasformazioni dell’elettronica stessa, mentre i cavi per l’energia languivano da anni: la CPR ha impresso una spinta di innovazione che in effetti mancava».

Un cambiamento necessario che va a impattare in maniera radicale sull’industria che, ribadiamo, per il 65% è fatta da cavi per energia e soprattutto sulla distribuzione di energia a bassa tensione «ovvero quei cavi tra 0,6 e un chilowatt di potenza che vanno nelle abitazioni e che alimentano uffici, ospedali e capannoni: sono il 70-80% di quelli distribuiti sul territorio italiano. Un mondo importante e vasto e che è quello che deve garantire la sicurezza d’uso e di permanenza», spiega Sciarra. Per garantire questa sicurezza nasce la CPR.

Posa di cavi ad alto voltaggio (courtesy ABB)

Il Regolamento Europeo

«Il Regolamento prodotti da Costruzione UE 305/2011, Construction Product Regulation meglio noto come Regolamento CPR, diverrà obbligatorio dal primo luglio prossimo e riguarda tutti i prodotti fabbricati per essere installati o utilizzati in modo permanente negli edifici e nelle altre opere d’ingegneria civile come abitazioni, edifici industriali e commerciali, uffici, ospedali, scuole o metropolitane – dice Sciarra – Il nuovo regolamento introduce una sorta di linguaggio obbligatorio comune per tutti gli Stati membri e avrà un forte impatto sulle aziende produttrici e sugli utilizzatori di cavi.

In pratica, ogni cavo sarà dotato di un certificato di performance che lo classificherà in base alla risposta del prodotto al fuoco, senza distinzioni in termini di destinazione d’uso del cavo o di materiale conduttore utilizzato. L’obiettivo della nuova disposizione è quello di garantire una maggiore sicurezza dei prodotti in circolazione nella UE e di conseguenza dell’impianto elettrico realizzato con quei prodotti in ogni tipo di costruzione o opera d’ingegneria».

Fino al primo luglio dunque sussisterà un periodo di coesistenza con la normativa attualmente in vigore, durante il quale produttori e importatori potranno immettere sul mercato cavi che rispettano o meno il Regolamento CPR. Dopo il primo luglio i cavi non marcati CE potranno comunque essere utilizzati in applicazioni differenti da edifici ed opere di ingegneria civile e al di fuori dell’Unione europea.

Prysmian, trasporto cavi all’interno della stiva di un aereo Antonov

La compliance in Italia

«Il Regolamento è diventato operativo in Italia dal primo giugno 2016 – precisa il vice presidente – ogni Stato membro ha avuto i suoi tempi di attuazione: le nostre aziende sono state rapide ed efficienti. Il regolamento riguarda tutti i cavi prodotti per essere installati in modo permanente in opere di ingegneria. Per aumentare la sicurezza i cavi sono stati classificati in sette categorie in funzione della reazione al fuoco. Nel momento della progettazione di edifici e strutture si sceglie la classe più idonea in virtù della sua installazione. Inutile dire che i prodotti sono sottoposti a prova severissime: resistenza alla fiamma, ai fumi, gocciolamento delle parti incandescenti».

L’esame viene effettuato da enti notificati a livello europeo e lo standard stesso è europeo. «Questo significa che in Europa tutti i cavi avranno un loro codice alfanumerico unico – spiega Sciarra – sulla guaina o sul cartellino (le aziende italiane hanno scelto di marchiare direttamente il cavo, ndr) che identifica una classe di uso: per esempio la classe B2ca è una categoria top rivolta ad aerostazioni, gallerie, stazioni marittime, metropolitane e tutto ciò che è costruito sotto terra.  ».

Se non funziona l’Ue politica, funzionerà insomma quella dei cavi. E in questo caso l’Italia ha fatto bene i compiti: «oltre ad avere adottato questo standard tra i primi nell’Ue, abbiamo enti preposti al collaudo e alla certificazione e gli associati aderiscono all’Istituto del marchio di qualità (IMQ) che è il più importante ente di certificazione italiano, leader in Europa nell’attività di valutazione della conformità. IMQ ha cambiato le tecnologie di processo nei collaudi – spiega ancora Sciarra – questo implica che non basta passare una volta l’esame del prodotto in laboratorio, ma che si viene sottoposti, almeno per i primi due anni, a controlli rigidi anche da parte dell’Istituto».

Un investimento necessario per guadagnare in competitività

Ovviamente questa metamorfosi ha comportato grossi costi per le imprese italiane «non solo per i collaudi, c’è stato un cambiamento radicale nei processi e anche nei materiali usati – continua Sciarra – per molti non è stato il primo esame che si è concluso con una promozione, a testimonianza del fatto che il traguardo tecnologico è un traguardo alto. La produzione di questa nuova gamma di cavi ha avuto un costo di ricerca e applicazione elevatissimo. Ovviamente questi produzioni costeranno più di quelli del passato, anche se nell’ambito delle costruzioni il prezzo inciderà comunque poco e la sicurezza,in ogni caso, è un bene impagabile ».

Un costo che le imprese italiane hanno comunque affrontato di slancio, tanto da avere anche il plauso di molti Paesi della Comunità Europea che hanno anche apprezzato la campagna informativa compiuta negli ultimi due anni.«Abbiamo incontrato in 20 città circa 20mila persone, tra grossisti di materiale elettrico istallato e enti che li rappresentano e progettisti: abbiamo fatto formazionane a tutti i livelli della filiera per preparare il mercato a questa importante innovazione .

I produttori hanno avuto il tempo di fare prove e acquisire nuove competenze, con il risultato che oggi il 98% di essi ha già superato le prove e ha i cavi che verranno messi sul mercato tra un mese. Un grande salto tecnologico soprattutto sulle materie prime». E che comporterà, dopo due anni di ammortamento degli ingenti investimenti sostenuti, un potenziale aumento di fatturato. «Abbiamo sostenuto le spese di un anno o due di ricerca oltre ai costi di omologazione, ma tutto questo riteniamo che sia una barriera tecnologica importantissima che ci garantirà un valore aggiunto rispetto chi opera fuori dall’Europa», conclude Sciarra.














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