La storia di un Cio strategico: Luca Manuelli di Ansaldo Energia

di Marco de’ Francesco ♦︎ Il manager ha disegnato la digital transformation dell’azienda italiana produttrice di turbine e centrali energetiche, intervenendo nell’evoluzione del business model e nella creazione di nuovi prodotti e servizi. Con l’ideazione della turbina intelligente, la realizzazione del Lighthouse Plant e altre innovazioni. Una storia che si collega ai valori emersi dalla ricerca Kpmg

Luca Manuelli è l’esempio di Cio “strategico” che ha saputo incidere sulla trasformazione di processi, prodotti, servizi e soprattutto del modello di business dell’azienda. Lo ha fatto, negli ultimi otto anni, in Ansaldo Energia, storica industria attiva nel settore energetico e in particolare nella produzione di turbine e realizzazione di centrali elettriche in tutto il mondo, che nel 2018 ha realizzato revenue per 1,1 miliardi di euro. Come lo ha fatto? Inizialmente, sviluppando piattaforme digitali per supportare la gestione di processi chiave, come il Plm per gestire il ciclo vita del prodotto o l’Erp per supportare tutti i processi gestionali. Ha realizzato, cioè, una forte razionalizzazione delle architetture dei sistemi, eliminando una pluralità di sistemi superati.

Luca Manuelli, Chief Digital Officer e responsabile qualità, IT e miglioramento dei processi di Ansaldo Energia

In una fase successiva, sviluppando le piattaforme per favorire la JV con Shanghai Electric – il più importante produttore al mondo di turbine a vapore con il quale è stata siglata una partnership – e l’acquisizione della divisione grandi turbine a gas di Alstom, perfezionata nel 2016. Infine, dando impulso alla trasformazione digitale di Ansaldo Energia, che si declina, ad esempio, nella servitizzazione delle turbine a gas intelligenti, sensorizzate per acquisire dati utili per la manutenzione preventiva, e nell’Impianto Faro di Genova, la prima Fabbrica Intelligente del Piano Impresa 4.0 selezionata dal Cluster Fabbrica Intelligente. Manuelli, che ha un background più manageriale e di processo che tecnologico puro, è stato in grado di influire sulle scelte del top management che ha individuato nel ruolo di chief digital officer (cdo) la chiave di lettura per non confinare il cio nel ruolo di mero abilitatore tecnico di strategie di digital transformation decise da altri. L’intervista richiama un altro articolo di Industria Italiana che analizza il ruolo del cio sulla scorta di una ricerca di Kpmg.







Il cio e l’importanza del ruolo nel management team

In generale, non è sempre semplice, secondo Manuelli, portare avanti la giusta causa della trasformazione ed innovazione dei processi – contestualmente a quella dei prodotti, dei servizi e dei modelli di business – soprattutto in quei casi in cui le innovazioni incidono su abitudini consolidate supportate peraltro da risultati positivi. «L’azienda – afferma – finisce per focalizzarsi sul proprio know-how, e quindi talora fa resistenza ad esplorare nuove aree e modalità di innovazione». Occorre una visione nuova e, soprattutto, condivisa. «Naturalmente, conta moltissimo la posizione del top management; se non è partecipativo, il percorso si complica. Non è immaginabile che il cio possa sostituirsi al top management nel prendere decisioni chiave, ma può dare un valido contributo alle stesse». Occorre dunque lavorare su più fronti, a cominciare dalla cultura aziendale.

Per Manuelli, «bisogna spiegare che la produzione si può fare diversamente, sia in termini di processo che di prodotto. Per esempio, l’azienda può realizzare componenti della turbina con una stampante 3D in manifattura additiva, e cioè può costruirle più velocemente, con un numero minore di componenti, e quindi risparmiando sui costi di fornitura a monte e di gestione dei magazzini a valle, purché si doti di nuove competenze in grado di gestire tale tecnologia. In discussione, quindi, non c’è il tanto know-how acquisito nel tempo, quanto la possibilità di individuare ulteriori modalità per svilupparlo». Manuelli si dice molto «fortunato» ad aver trovato un ad «dalla visione molto allargata», Giuseppe Zampini, che, sulla base della sua esperienza di processi e di organizzazione, lo ha posizionato come cdo per orchestrare la complessiva trasformazione digitale di Ansaldo Energia evitando il rischio di giocare un ruolo di mero abilitatore tecnico.

Giuseppe Zampini, ad Ansaldo Energia. Credit www.ansaldoenergia.com

Manuelli ha consolidato la sua esperienza nel campo Ict dal 2002 al 2004 come ceo di Elsag Gest, «che forniva servizi IT ad Ansaldo Energia ed alle altre aziende del Gruppo Finmeccanica» e successivamente dal 2004 al 2009 in qualità di ceo di Finmeccanica Group Services (ora Leonardo Group Services) «dove in pratica svolgevo la funzione di cio di Gruppo, promuovendo piattaforme che dovevano supportare le attività indirizzate in business diversi, dagli aerei di Alenia agli elicotteri di Agusta all’elettronica per la Difesa di Selex». Il ruolo di facilitatore nell’adozione di nuove tecnologie digitali è proseguito dal 2009 al 2012, in qualità di general manager business improvement di Selex Communication e nell’attuale ruolo di chief digital officer e responsabile qualità, IT e miglioramento processi di Ansaldo Energia. Si definisce un «cio pragmaticamente strategico», capace di fornire all’azienda supporto allo sviluppo di nuovi modelli di business.

Fondamentale, per convincere gli imprenditori, gli azionisti e il top management, la capacità di fattibilità tecnica ed economico-finanziaria degli investimenti: la dimostrazione del Roi (Return on Investment) e dei rischi del “What if not”

Il cio, per convincere il ceo ed il management team dell’azienda, deve supportare le proprie proposte «con una completa analisi economico-finanziaria dell’investimento» – afferma Manuelli. Da una parte, cioè, deve possedere la capacità di dimostrare che quest’ultimo avrà un ritorno in termini di nuovi ricavi, di miglioramento della competitività ma anche di ampliamento del portafoglio di offerta e dei mercati aggredibili. Dall’altra, il cio può far un buon uso del concetto opposto, il cosiddetto “What if not”: quali rischi si correranno rimanendo fermi, senza cambiamenti? Dunque, il cio deve avere l’abilità di definire prospettive credibili, a largo spettro, in modo che siano comprese e accettate a tutti i livelli dell’organizzazione. Secondo Manuelli, tuttavia, «bisogna essere consapevoli che non tutti i cio dispongono immediatamente di adeguate competenze per portare avanti proposte strategiche come quelle descritte. È esattamente questo che fa la differenza tra un ottimo tecnico che non entra nella stanza dei bottoni e il cio che vi entra a pieno titolo non solo per chiedere risorse, ma per contribuire alla definizione della strategia di business, di cui la trasformazione digitale è parte integrante».

Le priorità del board e gli investimenti. Fonte Kpmg

La prima fase di attività di Manuelli in Ansaldo Energia: l’ottimizzazione dei processi e il consolidamento delle piattaforme applicative

Il suo primo contributo, secondo Manuelli, è consistito nell’introduzione di un modello di gestione per processi propedeutico alla razionalizzazione delle piattaforme applicative. Prima del suo arrivo questi erano supportati da una pluralità di sistemi; «era chiaro – afferma Manuelli – che occorresse una semplificazione, una forte razionalizzazione, delle architetture che li gestivano». Di qui, l’individuazione di alcune piattaforme per regolare i processi chiave. «Per quelli “tecnici” abbiamo subito pensato ad un Plm, nello specifico Teamcenter di Siemens». Il Plm (Product Lifecycle Management) è un sistema per la gestione del ciclo vita del prodotto – dalla ideazione, allo sviluppo, alla produzione, alla manutenzione. Consente di realizzare uno sviluppo appropriato del bene in un ambiente multi-target e basato sull’IT.

La produzione all’interno dello stabilimento di Ansaldo

«Quanto ai processi gestionali, l’altra piattaforma importante che abbiamo consolidato ed integrato strettamente con il mondo tecnico è l’Erp di Sap». Erp sta per Enterprise Resources Planning “pianificazione delle risorse d’impresa”, una piattaforma software che integra tutti i processi di business rilevanti di un’azienda come le vendite, gli acquisti, l’amministrazione del magazzino, la contabilità e altro. Sap in particolare propone sistemi modulabili, nel senso che un’impresa può decidere di avvalersi solo di una o più soluzioni, salvo implementarne altre in un secondo momento. L’Erp di Sap monitora tutte le aree dell’azienda; ed è caratterizzato dall’integrazione con l’intelligenza artificiale, l’analisi predittiva, il machine learning e il deep learning.  Cosa se ne fanno le aziende di un gestionale supportato da queste tecnologie? Per esempio, con l’intelligenza artificiale le imprese possono collegare fatture e pagamenti, accoppiando i documenti con una precisione che supera il 90%.

Le turbine Ansaldo

La seconda fase di attività di Manuelli in Ansaldo Energia: il supporto allo sviluppo strategico della JV con Shanghai Electric e l’acquisizione della divisione grandi turbine di Alstom

Ancora nel maggio del 2014, era stata stipulata una joint venture tra Shanghai Electric e Ansaldo Energia. Esattamente, il Fondo strategico italiano (Cdp Equity, società del gruppo Cassa depositi e prestiti, che a sua volta partecipa Ansaldo Energia per il 59,9% del capitale) e l’azienda cinese hanno firmato un accordo per l’acquisizione da parte di Shanghai di una quota del 40% di Ansaldo Energia per 400 milioni di euro. Shanghai Electric è non solo il più importante produttore al mondo di turbine a vapore ma una grande realtà industriale attiva nella produzione di energia e in altri settori quali quelli delle apparecchiature per la trasmissione e distribuzione di energia, dei trasformatori, degli interruttori automatici, dei quadri, e di tante altre strumentazioni in qualche modo collegate, come gli elevatori e le macchine per l’imballaggio. Ha 27mila dipendenti e nel 2018 ha fatto registrare revenue pari 15,2 miliardi di dollari. Risale al 2016 l’acquisizione, da parte di Ansaldo Energia, della divisione grandi turbine di Alstom da General Electric di 120 milioni di euro.

Interno dello stabilimento di Ansaldo a Cornigliano

In relazione a tale acquisizione, nel 2016 ha lanciato alcuni investimenti, tra i quali la digitalizzazione della Fabbrica di Campi e la costruzione di uno stabilimento a Cornigliano, per realizzare a Genova questi prodotti innovativi che prima erano fabbricati in Germania. Ma che c’entra Manuelli con tutto ciò?  «Senza una piattaforma tecnologica come il Plm – chiarisce Manuelli – sarebbe stato molto più difficile aiutare il nostro partner cinese a sviluppare due fabbriche e un centro di R&D. E senza una solida piattaforma Erp integrata al Plm sarebbe stato impossibile integrare le attività acquisite di Alstom, che oltre al centro di sviluppo di Baden in Svizzera comprendono anche Psm (Power System Manufacturing), azienda attiva in Florida, in grado tra l’altro di riparare le turbine di tecnologie concorrenti tra le quali quelle della General Electric». Anche grazie a questi sviluppi tecnologici, secondo Manuelli, «la nuova turbina a gas Gt 36 di classe H sarà prodotta ed installata in Italia nella centrale di Edison a Marghera (Venezia)».

La stabilimento di Ansaldo a Cornigliano

La terza fase si attività di Manuelli di Ansaldo Energia: la trasformazione digitale

Naturalmente, non è immaginabile fare una rassegna di tutte le attività di digital tranformation realizzate in una azienda delle dimensioni di Ansaldo Energia. «Si pensi solo allo sviluppo della “turbina intelligente”: implica un sistema di sensori in grado di raccogliere i dati, e una piattaforma IoT capace di analizzarli e di supportare l’erogazione di servizi a valore aggiunto verso i nostri clienti quali la manutenzione preventiva e predittiva per i clienti. Significa fornire non solo un prodotto, ma un servizio al contempo. Ma questi sistemi sono serviti anche a noi, per la produzione; solo grazie alla raccolta dati e allo sviluppo digitali siamo ora in grado di realizzare le più avanzate turbine “ereditate” da Alstom». E poi c’è tutta la partita della “fabbrica-faro”.  Queste sono veri e propri modelli di trasformazione digitale e punti di riferimento per le piccole e medie imprese. Modelli da imitare, e insieme impianti industriali ispirati alla rivoluzione 4.0, con un articolato piano di innovazione finalizzato ad applicare tutte le principali tecnologie abilitanti (tra le quali big data, cloud, additive manufacturing, Augmented and Virtual Reality) ai processi produttivi. Un programma in tal senso è stato promosso dal Cluster Fabbrica Intelligente (Cfi), associazione senza scopo di lucro costituitasi a settembre 2012 a seguito dell’emanazione di un bando del Miur e finalizzato alla costituzione di cluster tecnologici nazionali. Ne fanno parte circa 300 piccole, medie e grandi imprese, università, centri di ricerca, associazioni imprenditoriali e distretti tecnologici.

Il 15 febbraio dell’anno scorso quello di Ansaldo Energia è diventato il primo progetto di “Lighthouse plant” avviato operativamente a luglio 2018, grazie ad un accordo siglato da Mise, Regione Liguria e azienda; investirà complessivamente 15 milioni di euro in un piano triennale di R&S industriale basato sullo sviluppo e applicazione delle principali tecnologie digitali del Piano Industria 4.0 all’intero processo manifatturiero dei suoi due siti produttivi di Genova (Campi e Cornigliano). Ma come funziona? Per digitalizzare non solo l’azienda, ma l’intera filiera, serve un approccio olistico, completo, rispetto alle attività contemplate dal Piano Calenda. È quanto accade a Genova. Otto aree applicative, ognuna corrispondete ad un obiettivo da raggiungere: gestione operativa della produzione; gestione operativa fisica, gestione prestazioni asset produttivi, gestione dati tecnici, gestione dati qualità e manifattura additiva, smart safety, smart training e cyber security. C’è un po’ tutto, in termini di 4.0. Collegato al Lighthouse è nato il progetto AeNet 4.0 che coinvolge i 100 fornitori strategici italiani i cui prodotti e relativi processi sono destinati a beneficiare di un impatto positivo dalla trasformazione digitale. Grazie alla collaborazione con la rete dei Digital Innovation Hub di Confindustria molte pmi della filiera hanno la possibilità di essere coinvolte attivamente in tale processo a beneficio della competitività del sistema paese.

Le turbine Ansaldo Energia

Alcuni ambiti diversi dal management su cui il cio deve esercitare la propria capacità di convincimento

«Soprattutto con la digitalizzazione – afferma Manuelli – tutti in azienda sono tenuti a cambiare il proprio modo di lavorare». È un fenomeno altamente pervasivo. «Si pensi al controllo di qualità: prima era svolto fisicamente da una persona, che scriveva i risultati in statini che poi erano inseriti manualmente nei sistemi di gestione e controllo qualità. Il processo si svolgeva molto lentamente e con il rischio di errori materiali. Ora è tutto automatizzato, tutto molto veloce. Se c’è un errore di produzione, si corregge immediatamente prima che diventi un difetto del prodotto». Ma non solo. «Si pensi al Mes (Manufacturing Execution System): alla fine registra in tempo reale tutte le operazioni che vengono effettuate anche a supporto della sincronizzazione dell’attività dei fornitori con la fabbrica grazie alla sua integrazione con l’Erp. Cambia tutto, occorrono competenze diverse». E dunque? «Ci saranno sempre ambiti di resistenza. I lavoratori e i sindacati, ad esempio, erano preoccupati, perché pensavano che tutte queste novità avrebbero ridotto il personale.

Così, abbiamo spiegato loro che anzitutto ciò non era vero, e che poi la tecnologia sarebbe stata utilizzata prioritariamente a vantaggio della sicurezza dei lavoratori, grazie a tecnologie innovative basate su sensori applicati ai dispositivi di protezione individuale per incrementare la sicurezza». Anche nel settore commerciale non sempre l’innovazione passa con immediatezza. «Dopo anni di cultura del servizio successivo alla vendita del prodotto, la servitizzazione era vista con qualche perplessità. Ora il core-business è quello, come si è detto, della turbina intelligente. Non è mancato chi tempo fa ha sottolineato che la clientela ancora non chiedeva questo passaggio. Perché impegnarsi in una cosa non richiesta?». E poi la catena dei fornitori. «Non erano abituati a tracciare i dati, e hanno trovato qualche iniziale difficoltà a fornirceli in un certo formato».  Manuelli non è parte del Cda di Ansaldo Energia, ma lo è del management team. «Due anni fa l’amministratore delegato di Cdp convocò una riunione con le principali partecipate del Gruppo sull’innovazione tecnologica, alla quale fui invitato da Zampini. L’ad di Cdp disse: per accelerare la trasformazione digitale dobbiamo spingere nella direzione di avere più cio nei cda e meno amministratori con un background finanziario e legale. Resta un auspicio per il futuro».

Promuovere le prestazioni aziendali attraverso la tecnologia. Fonte Kpmg

Storia di Ansaldo Energia in pillole

L’azienda vanta «più di 160 anni di know-how». In breve, la società è stata fondata nel 1853 come “Giovanni Ansaldo & Co.”, a Genova. Un uomo notevole, Giovanni Ansaldo: due lauree, una in ingegneria civile e un’altra in ingegneria idraulica, una a distanza di un anno dall’altra. E un tipo sveglio: grazie a conoscenze a livello europeo, riuscì ad acquisire importanti commesse. Nel 1857 lo stabilimento conta 750 dipendenti. Muore molto giovane, a 44 anni, nel 1859; la direzione dell’azienda passa a Luigi Orlando; in questo periodo l’azienda amplia la gamma di prodotti: non solo treni, ma anche cannoni, acciaierie, fonderie e officine elettriche. Nei primi anni del Ventesimo Secolo, con l’ingresso di Ferdinando Maria Perrone nel cda, l’attività cantieristica venne orientata alla produzione militare. Ci si occupa di incrociatori corrazzati. Il primo impianto per la produzione di energia fu realizzato nel 1923, poco prima del fallimento del 1932, dovuto alla crisi del Ventinove. Dopo il salvataggio avvenuto per volontà della Banca di Italia, l’azienda finì sotto il controllo dell’Iri; con il nuovo ad Agostino Rocca, l’impresa si risolleva. Nel 1939 Ansaldo conta 22mila dipendenti, nel 1943 ben 35mila. Nel 1948 l’Iri affida la gestione della società a Finmeccanica, che la acquisisce totalmente nel 1993.

Ansaldo Energia è stata una divisione del gruppo Ansaldo, successivamente di Leonardo-Finmeccanica (prima Finmeccanica) fino a quando, nel dicembre 2013, quest’ultima ha deliberato la cessione di parte della propria partecipazione in Ansaldo Energia al Fondo Strategico Italiano del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti (oggi Cdp Equity), cessione che verrà perfezionata entro la fine del 2017. Ansaldo Energia, sostanzialmente è una delle aziende che portano il nome Ansaldo, l’unica “Ansaldo italiana”. È quella specializzata nella progettazione e costruzione di centrali elettriche chiavi in mano, nella costruzione di turbine a gas, turbine a vapore e alternatori per impieghi civili. Ha sede a Genova. Ma c’è, per esempio, Ansaldo Sts, società per azioni costituita nel 1995, operativa con l’attuale denominazione e struttura dal 2006 ed avente come attività quella di holding finanziaria a capo di un gruppo di società operanti nel settore dei sistemi di trasporto ferroviari e metropolitani, oggi appartenente alla giapponese Hitachi. Ha sedi a Genova, Napoli, Piossasco e Tito. Nel 2013 Ansaldo Sts, Salini Impregilo, Bombardier, Nesma e Larsen & Toubro si sono aggiudicati una commessa dal valore di sei miliardi di euro per la realizzazione della Linea 3 della Metropolitana di Riyad: è la più grande commessa affidata a imprese italiane. Sono parte del gruppo Ansaldo Energia anche Ansaldo Energia Switzerland, Ansaldo Thomassen, Ansaldo Thomassen Gulf, Ansaldo Nucleare, Ansaldo Nuclear Ltd e Psm.

La produzione all’interno dello stabilimento Ansaldo













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