La prossima rivoluzione industriale: il Remanufacturing

di Filippo Astone ♦︎ Anatomia di un nuovo paradigma che cambierà i modelli di business di molti settori, a cominciare da aerospazio, automotive, componentistica, elettronica, mobili. Remanufacturing: smontare un prodotto o un componente già utilizzato, rimetterlo a nuovo e riportarlo sul mercato. Con vantaggio per: il produttore, che guadagna di più rispetto alla fabbricazione ex novo e può più facilmente accedere a modelli di business 4.0; il consumatore finale, che spende di meno; l'ambiente; l'occupazione. In Europa vale 30 miliardi e arriverà a 100 nel 2030, negli Usa vale già quella cifra. I casi Bmw, Renault, Boeing, Bosch, Ricoh, Knorr Bremse. Parlano Tullio Tolio e Marcello Colledani

Fase di remanufacturing nel settore automotive. Fonte Indra

Tra i danni del Coronavirus c’è l’interruzione delle catene globali di fornitura all’industria, che hanno provocato il rallentamento, o addirittura il blocco, della maggior parte delle produzioni, contribuendo alla depressione economica in atto. Eppure, se ci fosse stato un ricorso più importante al remanufacturing, l’impatto negativo sarebbe stato inferiore, perché molti produttori sarebbero stati autonomi nel rifornirsi.

Anche se in Italia per ora si fa poco e ancor meno se ne parla, il remanufacturing è uno dei più importanti trend dell’industria mondiale, ed è destinato a crescere fortemente di importanza nei prossimi anni. Nel 2015 in Europa il remanufacturing valeva 30 miliardi di euro e, secondo le stime dello European Remanufacturing Network, arriverà a 100 miliardi nel 2030. Già oggi, negli Stati Uniti, vale circa 100 miliardi di dollari. I calcoli in termini di benefici ambientali (e di conseguenza anche economici) sono stati fatti dallo European Remanufacturing Network in riferimento al settore dell’auto: risparmio dell’88% sui materiali, del 56% sul fabbisogno energetico, del 53% sull’immissione di Co2.







In poche parole, remanufacturing vuol dire smontare un prodotto o un componente già utilizzato, rimetterlo a nuovo e riportarlo sul mercato, facendo crescere il vantaggio per: il produttore, che guadagna di più rispetto alla fabbricazione ex novo e, come vedremo, può più facilmente accedere a modelli di business 4.0; il consumatore finale, che spende di meno; l’ambiente, meno consumo di materie prime e di energia, meno rifiuti da smaltire; l’occupazione visto che il remanufacturing come vedremo è ancora ad alto tasso di lavoro umano, e può permettere di recuperare una parte della disoccupazione frizionale generata dall’automazione.

Da 20 a 30 pezzi di riutilizzo per veicolo. Fonte Indra

Rivoluzione? Per quanto il termine sia piuttosto inflazionato, in questo caso è veramente azzeccato. Noi di Industria Italiana siamo convinti che quando si tratterà di scrivere una politica industriale di lungo respiro che permetta all’industria di ripartire e di recuperare i passi indietro fatti già dalla crisi del 2008, andando al di là dei provvedimenti emergenziali di cui si parla in questi giorni per la recessione del Coronavirus, un capitolo importante debba essere dedicato al remanufacturing. Che merita di essere incoraggiato e incentivato, anche fiscalmente, come si fede a suo tempo con il famoso Piano Calenda per le tecnologie abilitanti interconnesse. Prima, però, è necessario rompere il velo di silenzio che, soprattutto in Italia, circonda questo importante approccio industriale.

In questo articolo, primo di una serie, daremo il nostro contributo in tal senso. Racconteremo di che cosa si tratta, come funziona, dove si applica, a quale condizioni può avere successo. Il nostro scopo è di fornire indicazioni e spunti operativi ai lettori che si occupano di produzione. Ma anche svegliare chi dovrà scrivere una politica industriale. Nel piccolo viaggio ci faranno da Virgilio i professori del Politecnico di Milano Tullio Tolio e Marcello Colledani e il dettagliato paper* cui hanno contribuito anche loro, un paper a cura del Cirp, l’International Academy for production engineering, cioé l’accademia scientifica più autorevole in Europa nel settore dell’ingegneria di produzione. Tuttavia, la responsabilità di ciò che viene scritto è solo dell’autore, che ha unito i puntini e fatto analisi in prima persona.

Mass composition di un veicolo recente. Analisi eseguita da Re-source su un veicolo privo di carburante. Fonte Indra.fr

Il remanufacturing è particolarmente attrattivo per industrie che realizzano prodotti ad alta densità di capitale, durevoli e con un ciclo di vita relativamente lungo: aerospazio, automotive, ferroviario, macchinari, elettronica, mobili, elettromedicale, periferiche di pc. Tra gli esempi più noti, purtroppo tutti extra italiani, ci sono automotive, aeronautica, stampanti e fotocopiatrici. Tra gli Oem automobilistici, emergono Renault e Bmw, che eccellono nel recupero di veicoli fuori uso e a fine vita e dei loro componenti. Già da qualche anno, Renault progetta vetture e componenti prevedendo il riutilizzo o il riciclaggio a fine vita.

Batterie: neutralizzazione degli acidi, recupero del piombo e della plastica. Fonte Indra

Lo stabilimento Renault di Choisy-le-Roi, subito fuori Parigi, ricostruisce motori automobilistici, pompe di iniezione e altri componenti per la rivendita. Renault controlla una rete di società specializzate nel settore. La più importante è Indra, che gestisce 400 demolitori in Francia, che trattano 100 mila veicoli di tutte le marche, il 25% delle auto fuori uso, di cui viene garantito il 95% del riciclaggio della massa. Boom Comenor gestisce il riuso di ferro e metalli non ferrosi provenienti dalla demolizione. Gaia si occupa del recupero di veicoli fine serie negli impianti e nei magazzini post vendita.

Indra in pillole

Bmw, in joint con la società specializzata Alba, ha addirittura costituito una società specializzata, Encory, che fa consulenza di processo per conto di componentisti e altri produttori auto. Tra i componentisti, uno dei più avanzati è la tedesca Bosch, che ha sviluppato il programma Bosch Exchange, per ridurre il volume delle materie prime utilizzate e mettere in commercio una vasta gamma di ricambi rigenerati e completamente garantiti. Sempre tra i componentisti e ancora in Germania, i tedeschi di Knorr Bremse eccellono nella rimessa sul mercato di sistemi frenanti rigenerati. In ambito periferiche di stampa e fotocopiatura, i giapponesi di Ricoh riescono ad avere margini più elevati della media (in un settore che in genere li ha compressi o è addirittura in difficoltà) grazie alla loro capacità di usare componenti rigenerati, minimizzando l’impatto ambientale.

ReLife Points: nel magazzino di 11.000 mq a Regensburg, in Germania, si lavorano componenti automobilistici, si identificano i nuclei buoni per la rigenerazione, si eliminano in modo sicuro le parti rimanenti e le si inoltra al produttore. Fonte Encory

In ambito aerospaziale, la franco-tedesca Airbus, uno dei principali produttori mondiali di aeromobili, riesce a rigenerare circa il 90% dei suoi componenti.

Lo stabilimento Renault di Choisy-le-Roi, subito fuori Parigi, ricostruisce motori automobilistici, pompe di iniezione e altri componenti per la rivendita

 

Un trend industriale importantissimo. Nonché il paradigma più avanzato dell’economia circolare: si concentra sulla funzione dei prodotti da riciclare invece che sui materiali

Il remanufacturing è il paradigma più avanzato dell’economia circolare, che quando è nata si è focalizzata soprattutto sui materiali, e adesso invece tende a concentrarsi sulla funzione dei prodotti da riciclare, che è un aspetto di rilevanza forse superiore.

Cominciamo il viaggio dalle parole che, come sempre, sono alla base di tutto. Volendo adottare una definizione più completa, il remanufacturing è un processo manifatturiero che comporta lo smontaggio di un prodotto, la rimessa a nuovo dei suoi componenti fino a che non possono riprendere al 100% la loro funzione originaria. La performance che ne deriva deve essere uguale o superiore a quella del componente nuovo e ci deve essere una garanzia. Tolio e Colledani vogliono essere più precisi e vanno una definizione fra de-manufacturing (quanto si smonta per rigenerare) e re-manufacturing.

Il processo di remanufacturing. Fonte European Remanufacturing Network

«Più formalmente, la deremanufacturing comprende l’insieme di tecnologie e sistemi, strumenti e metodi basati sulla conoscenza per recuperare sistematicamente, riutilizzare e aggiornare funzioni e materiali da rifiuti industriali e prodotti post-consumo, per supportare un’implementazione sostenibile incentrata sul produttore di economia circolare. Mentre la de-produzione libera materiali e componenti target, la rigenerazione (remanufacturing) ripristina o migliora le loro funzioni», si legge nel saggio pubblicato dal Cirp. «Sta emergendo una nuova generazione di sistemi intelligenti di demanufaturing e remanufacturing che mostrano livelli più elevati di automazione, flessibilità e adattabilità al cambiamento delle miscele e dei valori dei materiali ed è necessario sistematizzare gli approcci esistenti a supporto delle loro operazioni», spiega Tolio. «Tali approcci innovativi di progettazione, gestione e controllo del sistema di demanufacturing e remanufacturing nonché abilitatori tecnologici avanzati hanno un ruolo chiave a supporto del paradigma dell’Economia Circolare».

Tullio Tolio, docente al Politecnico di Milano e presidente del comitato scientifico del Cluster Fabbrica intelligente

Tuttavia, da qui in avanti, noi (in linea con ciò che quasi ovunque avviene) per maggiore semplicità parleremo solo di remanufacturing, anzi di Reman, come lo chiamano negli Usa.

 

Il valore economico del reman per settori: emerge l’aerospazialen, poi l’automotive

Purtroppo le ultime stime sul valore economico del remanufacturing in Europa (fonte European remanufacturing network) sono del 2015. Danno comunque un’idea delle dinamiche in corso. Emerge che il primo settore è l’aerospaziale, che genera 12,5 miliardi dei 30 di valore complessivo di cui si è parlato in precedenza. È chiaro che l’aerospaziale ha le migliori caratteristiche richieste perché il Reman funzioni: i componenti utilizzati sono molto capital intensive, durano anni e hanno un ciclo di vita relativamente lungo. Il remanufacturing vale (da ora in poi questo criterio lo chiameremo intensità) 11,5% del fatturato, viene eseguito da 1000 aziende e coinvolge a vario titolo 71mila lavoratori. Segue l’automotive, che vale 7,4 miliardi, cioé abbastanza poco rispetto al giro d’affari del settore in gioco, e infatti l’intensità è appena dell’1,1%. Poi i macchinari con 1 miliardo e i mobili con 300 milioni.

Riepilogo delle dimensioni del mercato delle attività di rigenerazione per settore. Fonte European Remanufacturing Network

La supply chain del Reman

Il Reman è un processo di elevata complessità. «La prima cosa è fare il testing, cioé capire quale sia lo stato residuo del componente che ritorna dalla fase d’uso. C’è una pluralità di condizioni possibili, alcune delle quali possono essere causa di difetto o guasto, e far decidere di scartare il componente stesso», ci spiega Marcello Colledani del Politecnico di Milano, «Dopo il testing si decide se il componente è più o meno rigenerabile. Quando è definito come rigenerabile si inizia a fare il disassemblaggio: cleaning ovvero la pulizia; l’identificazione delle parti riutilizzabili; la sostituzione delle parti non riusabili con quelle nuovi; e quindi l’assemblaggio finale del componente rigenerato».

Il disassemblaggio è molto manuale perché il prodotto arriva in condizioni imprevedibili e diverse da caso a caso. Quindi non c’è la ripetitività che consente di usare i robot. «La grande differenza tra il manifatturiero e il demanufacturing è che mentre nel manifatturiero i componenti sono tutti in specifica e poi vengono uniti, si fanno le lavorazioni successive e si lavora sempre su cose note, al contrario quello che arriva dal mercato dopo l’uso è un punto di domanda, lo stato di quel componente è un punto di domanda», spiega Tolio. Insomma «il disassemblaggio non è facile; banalmente una vite arrugginita, non può essere svitata facilmente da un sistema automatico, le condizioni sono variabili: l’uomo con la propria flessibilità e capacità di giudizio riesce a svitarla, il robot si impianta una volta su due».

Marcello Colledani, docente al Politecnico di Milano

La parte di testing del componente riportato a nuova vita è spesso eseguita nelle medesime celle di testing che vengono utilizzate per fabbricare il prodotto nuovo. Il prodotto rigenerato ha una garanzia che è più bassa e maggiormente limitata nel tempo ma che deve essere con le medesime coperture dello stesso tipo della garanzia che viene data sul nuovo, proprio perché il testing viene fatto con le medesime macchine. Da notare come questi processi comportino un importante quantità di lavoro manuale, non automatizzato. «Non sono mansioni ripetitive, quindi è necessaria una significativa presenza di lavoro umano, il che può costituire una interessante via di impiego per risorse che magari sono state messe fuori gioco da automazione e robotizzazione», aggiunge Tolio.

Distribuzione geografica delle attività di remanufacturing. Fonte European Remanufacturing Network

 

Tre attori coinvolti: Oem, componentista e independent manufacturer

Il remanufacturing necessita anche di speciali tecnologie di processo. Gli attori che possono essere coinvolti sono di tre tipi. «Uno e l’Oem, cioé il brand che realizza e vende il prodotto finito, che nel caso dell’automotive sono le varie Fca o Bmw. Poi c’è l’Oes, cioé il componentista. Il terzo è l’independent remanufacturer, sono soggetti indipendenti fuori dalla tipica filiera del settore di riferimento, che hanno le skill per rigenerare componenti di diversi produttori, hanno impianti molto flessibili e una profonda conoscenza del tipo di prodotto. Tra gli skill principali ci sono reverse engineering e diagnostica avanzata».

Fase di remanufacturing nel settore automotive. Fonte Indra

Importante ricordare che per la prima volta il World Remanufacturing Summit si terrà sul nostro territorio, in Lombardia e a Milano. Originariamente pianificato per il 2-3 Marzo, è stato posticipato a causa del Covid-19 e non appena sarà possibile saranno comunicate le nuove date. Il summit è co-organizzato da Politecnico di Milano e Regione Lombardia, Cluster Fabbrica intelligente. All’evento avrebbe preso parte anche il professor Nabil Nasr, massima autorità scientifica mondiale sull’argomento. Informazioni in merito al summit sono disponibili al sito www.wrs2020.com.

 

*Fonte: CIRP Annals – Manufacturing Technology

journal homepage: http://ees.elsevier.com/cirp/default.asp

Tullio Tolio (1)a,b, *, Alain Bernard (1)c , Marcello Colledani (2)a,b , Sami Kara (1)d , Guenther Seliger (1)e , Joost Duflou (1)f , Olga Battaia g , Shozo Takata (1)h

a Politecnico di Milano, Department of Mechanical Engineering, Via la Masa, 1, 20156 Milan, Italy b ITIA-CNR, Institute of Industrial Technologies and Automation, Via Bassini 15, 20133 Milan, Italy

c Ecole Centrale de Nantes, 1, rue de la Noë, 92101 Nantes, France

d The University of New South Wales, School of Mechanical and Manufacturing Engineering, 2052 Sydney, Australia

e TU Berlin — Institute for Machine Tools and Factory Management, Pascalstr. 8–9, 10587 Berlin, Germany

f KU Leuven, Celestijnenlaan, 300, 2422 3001 Heverlee, Leuven, Belgium

g Institut Supérieur de l’Aéronautique et de l’Espace, ISAE-Supaéro, Toulouse, France

h School of Creative Science and Engineering, Waseda University, Tokyo, Japan

 

 

(Ha collaborato Chiara Volontè)














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2 Commenti

  1. Buongiorno, sono una studentessa di ingegneria gestionale che sta scrivendo una tesi sul riciclo degli oli lubrificanti. Al fine di una ricerca di mercato mi interesserebbe sapere una stima delle auto rigenerate vendute in Italia da oggi a 3 anni. Potete fornirmi questa informazione?

    • Non esistono automobili completamente rigenerate. Non so dove abbia inventato questa ipotesi, nell’articolo comunque non se ne parla.

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