La parabola delle tecnologie made in Italy, che sono come la nostra economia: indietro. Anche se una minoranza virtuosa traina tutti, e alza la media

di Filippo Astone ♦ VIDEOEDITORIALE del direttore: l’Ict italiano (monitorato di recente da Anitec-Assinform) cresce molto bene, ma resta indietro rispetto agli altri Paesi occidentali. Perché ad essere indietro è l’intero Paese. Ma è ancora possibile uno scatto in avanti

 







Video di: Anna Benedetto

Marco Gay debutta da presidente di Anitec-Assinform in un momento fortunato. I dati presentati nei giorni scorsi sono infatti quelli di un mercato che cresce bene. Gli anni bui della recessione ict sembrano un lontano ricordo. Ma il Paese, nel suo complesso, resta ancora indietro rispetto alle altre economie occidentali avanzate e, soprattutto, rispetto a quanto sarebbe necessario fare. C’è ancora un digital divide piuttosto marcato, si innova troppo poco, le start-up nel loro insieme sono residuali, mancano le competenze necessarie per restare al passo. Molte aziende ancora non hanno colto le potenzialità delle nuove tecnologie, la necessità di innovare, le opportunità che ci sono per chi si muove veloce e bene, e i rischi che ci sono per chi non si muove.

Una situazione che riflette quella dell’economia italiana, che è notoriamente spaccata in tre parti. La prima vede aziende, soprattutto di media dimensione, che investono, innovano, sono leader di una nicchia di mercato che spesso si sono inventate loro stesse, vivono soprattutto di esportazioni e sostengono una importante rete di fornitori che rischia e innova insieme a loro. E’ il cosiddetto Quarto Capitalismo oggetto di tante fortunate analisi di Fulvio Coltorti e dell’ufficio studi di Mediobanca. La seconda parte è quella delle imprese in mezzo al guado, che un po’ innovano e un po’ sono indecise, nel frattempo restano a galla e fanno comunque lavorare tanta gente. E poi, terza parte, le aziende in crisi, conclamata o nascosta che sia. Terza parte composta soprattutto da soggetti di piccola dimensione, inadeguati a reggere la competizione internazionale. Basta un terzo delle aziende a sostenere l’economia, la società e l’occupazione? Certo che no. L’essenza di quella che si può chiamare Questione Industriale Italiana sta anche, e forse soprattutto, in questo. Ma veniamo ai dati.

Una crescita fra il 2 e il 3%. Nel 2017, il mercato digitale italiano (informatica, telecomunicazioni, contenuti ed elettronica di consumo) è cresciuto del 2,3% a quota 68.722 milioni di euro e lascia intravedere ancora crescita per i prossimi anni: 2,6% per il 2018, 2,8% per il 2109, 3,1% per il 2020. Il trend discendente degli anni più bui della crisi appare oramai alle spalle sull’onda delle componenti più legate all’innovazione. Ma non ci si può accontentare. Il gap digitale accumulato in passato obbliga a un passo ancora più sostenuto, centrato sull’accelerazione delle politiche per l’innovazione già avviate, per l’ammodernamento della pubblica amministrazione, l’inclusione digitale delle piccole imprese e dei territori, lo sviluppo diffuso delle competenze. Queste le principali evidenze delle rilevazioni di Anitec Assinform – l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende del settore – condotte in collaborazione con NetConsulting cube.

Crescono soprattutto Cloud, Iot e Sicurezza informatica, Intelligenza artificiale e blockchain. E infatti, crescono non solo i contenuti e pubblicità digitale (+7,7%) ma i servizi ICT (+4%), il software e le soluzioni (+5,9%), mentre i dispositivi e sistemi e servizi di rete mostrano tenuta pur fronte di un calo costante dei prezzi unitari. E se si attraversano i diversi comparti per pesare le dinamiche delle componenti più innovative in assoluto (digital enabler) si nota come: IoT a 2483 milioni di euro (+17,4%), sicurezza digitale a 896,5 (+10,8%), cloud a 1861,8 (+23,3%), big data a 773 (+20,1%), piattaforme gestione web a 372 (+14,2%), mobile business a 3523,4 (+11,9%), wearable a 488,3 (+17,9%); ancora di peso limitato, ma in rapida crescita invece l’ intelligenza artificiale / cognitive computing a 79,8 (+58,7%), e le blockchain 16 (+88,2%).

ANITEC-ASSINFORM

Anitec-Assinform è l’associazione confindustriale delle aziende tecnologiche. Con un po’ di ottimismo la si potrebbe definire la Casa dell’Innovazione italiana, perché le tecnologie sono un veicolo indispensabile per innovare e quindi per rimanere sul mercato, creando lavoro e ricchezza per tutti. Anche se, da sole, le tecnologie non risolvono sostanzialmente nulla, ci vuole comunque un business plan che funziona. Ne fanno parte praticamente tutti. Ci sono le filiali italiane dei colossi tecnologici (da Ibm a Microsoft, da Google a Facebook, da Accenture ad Hpe, Samsung e Cisco), ma anche aziende come Tim, attori made in Italy (prevalentemente system integrator) come Sidi, Zucchetti, ItWay e tanti altri. E, last but not least, Digital Magics, l’azienda di venture capital del fresco presidente Anitec-Assinform Marco Gay, che si era fatto notare alla guida dei Giovani Imprenditori di Confindustria per la sua capacità di non mandarle a dire ai politici e per una grande attenzione ai temi dell’innovazione, che sono stati il suo cavallo di battaglia. Fra i nomi del consiglio generale, Silvia Candiani di Microsoft, Stefano Venturi di Hpe, Fabio Benasso di Accenture, Agostino Santoni di Cisco, che è anche un past president dell’associzione.














Articolo precedenteIndustria: ma cos’è questa crisi?
Articolo successivoBosch: Internet of Things per tutti






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui