La grande marcia delle reti SDN

di Laura Magna ♦ Abbattimento dei costi, scalabilità, manutenzione più agile. Possono essere questi nel settore telecomunicazioni  i plus dell’ adozione delle tecnologie  che simulano le reti nel cloud, utilizzando software che girano su un hardware generico. Secondo IDC presto molte aziende impegnate nella digital transformation sceglieranno questa soluzione

Cosa vuol dire virtualizzare le reti? Vuol dire simularle nel cloud utilizzando software che non hanno bisogno di un hardware specifico per funzionare: consentono in questo modo di aumentarne capacità ed efficienza, abbattendo i costi. Questo è, in estrema sintesi, il Software Defined Networking (SDN) – che promette di avere un impatto disruptive sul modello delle comunicazioni per come lo conosciamo. «Viene coinvolto tutto l’assetto di esercizio e manutenzione degli operatori e del loro ecosistema», dice a Industria Italiana Maurizio Dècina, Professore Emerito del Politecnico di Milano, ingegnere elettronico ed esperto di telecomunicazioni, 50 anni di carriera divisa tra Accademia e industria. «L’Europa è ancora indietro nello sviluppo e la leadership è in mano a operatori nordamericani e asiatici: At&t, Verizon (che abbiamo intervistato sul tema, nella seconda parte dell’articolo, ndr), Ntt Docomo, e SkTelecom sono tra i più attivi nel mondo. I vantaggi? Cito uno studio dei Bell Labs, a partire dal 2015 fino alla fine del 2020, sui risparmi di costo ottenibili per i sistemi cellulari di quarta generazione 4g in Nord America, tramite l’uso estensivo delle tecnologie Nfv/Sdn. Quindi non ancora sistemi 5g. Lo studio mostra che l’introduzione massiccia di tecnologie Sdn/Nfv (Network Function Virtualization, l’evoluzione di Sdn, che consente di estendere la virtualizzazione dai router alle diverse funzioni di rete, ndr) permetterà all’operatore cellulare nordamericano nei prossimi cinque anni una riduzione di costo di quasi l‘80%, da circa 6 a 1,35 dollari, per erogare un Gigabyte al mese per utente».

Un modello appetibile per le Pmi

Questo abbattimento dei costi è proprio ciò che rende appetibile SDN/NFV per la piccola industria italiana. Vedremo più avanti perché, prima ci facciamo condurre dal professore nei dettagli tecnici di questo paradigma rivoluzionario per le telecomunicazioni.« Per capire di cosa parliamo, dobbiamo partire dal concetto di cloud», dice il professore Dècina. «Il cloud, che nasce per il mondo consumer e solo più di recente approda in azienda, consiste in sostanza nel mettere in rete server e software che vengono fruiti come applicazioni da qualsiasi punto fisico anche molto lontano da quello, centralizzato, dove si colloca la gestione. Un esempio per spiegare in maniera semplice: Google ha 64 data center nel mondo, l’utente entra in uno di questi data center e usa il cloud dell’azienda, scaricando video o mappe, facendo ricerche e così via. Tutti i 64 data center sono orchestrati dal medesimo punto fisico.







Il concetto di cloud è collegato poi a quello di Virtual Machine (Vm), che domina oggi lo sviluppo dei grandi data center. La realizzazione tradizionale di un server prevede un hardware dedicato – Apple, Dell, Cisco, Ibm, ecc -, un sistema operativo proprietario e delle applicazioni. Secondo il principio delle Vm, invece, si realizza un hardware generico secondo standard di mercato e uno strato di virtualizzazione detto “Hypervisor”. Sullo strato di virtualizzazione operano le Vm, ciascuna intesa come un insieme di hardware virtualizzato, sistema operativo e applicazione. In questo modo si riescono a sfruttare alti volumi di hardware standard e software generico per gestire una molteplicità di virtual machine ciascuna dedicata ad una specifica applicazione».

 

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Con economie di scala enormi. «Il vantaggio principale di SDN sta proprio nell’abbattimento dei costi: l’hardware generico è meno costoso; inoltre consente di avere un unico sistema operativo che controlla tutto il software del data center e anche di tutti i data center nel territorio. Per una Pmi l’uso delle virtual machine vuol dire che invece di acquistare fisicamente un computer con relativi sistema operativo e applicazioni – e manutenzione che deve essere fatta da uno specialista – ci si connette alle rete e si paga a consumo alla rete stessa, tutto ciò che serve. Con una possibilità di flessibilità non indifferente: se il giro di affari aumenta è sufficiente pagare per più servizi. Di contro se il business parte da zero e le esigenze sono di servizi al minimo, non è necessario fare grandi investimenti iniziali», continua Dècina.

L’hardware per il cloud computing è di tre tipi: ovvero specializzato per server, storage e networking. «SDN nasce con la virtualizzazione di router: l’hardware del router è fisico, sta nella centrale telefonica e si attacca alle fibre ottiche, ma con l’ SDN elimino da quella sede fisica il software, lascio lo strato di ipervisione dentro al router e sposto la parte software nel cloud, con il grande vantaggio di avere tutti i software di tutti i router in un unico punto, e di gestire il traffico concentrato dentro il data center. Questo mi agevola, per esempio, nella manutenzione: un’operazione che deve fare chi gestisce la rete. Per esempio, gli aggiornamenti delle release o l’introduzione di nuovi servizi: è possibile effettuarla da remoto, nel punto in cui avviene la gestione della rete via software e non più nella centrale. E questo sistema è estensibile alle altre funzioni degli apparati di rete – cosa che fa NFV. Per esempio, il software di gestione della fabbrica si porta dentro al cloud su un hardware standard fuori dalla fabbrica».

I vantaggi sono che «le aziende invece di investire capex, spendono in opex: semplicemente paghi as you go e sei più agile, più scalabile. Il che è poi di fatto l’essenza di industria 4.0. Le applicazioni possibili sono molteplici: si pensi alla supply chain, la fabbrica collegata con i fornitori e poi oltre alle operazioni dentro la fabbrica, il delivery, il dispacciamento, l’e-commerce. Tutto può essere virtualizzato, il procurement, le operation e il marketing & sales, e centralizzato con il cloud. Più piccola è l’industria e più grande il vantaggio», conclude Dècina.

 

La diffusione dell’ SDN

Chiarito cosa sia SDN, vale la pena analizzare quanto sia diffuso il paradigma in ambito aziendale. Secondo Gartner   si contano meno di duemila installazioni nel mondo, per lo più in Giappone, che possano definirsi Software-Definded Networking. Non una diffusione capillare ma qualcosa che, sempre secondo gli analisti di Gartner, ha spostato l’attenzione dall’hardware al software e separato i due mondi. Questo nuovo approccio ha reso possibile per esempio, la distinzione tra tipologie di rete fisiche e logiche, la gestione della rete nel suo complesso e non per singoli dispositivi. Inoltre, entro il 2019, secondo la società di ricerca internazionale IDC, l’esigenza di maggiore agilità, semplicità e sicurezza spingerà le aziende che si stanno trasformando digitalmente a migrare oltre il 50% dell’infrastruttura IT a un modello software-defined. Già nel corso del 2018, evidenzia IDC, il 75% dei nuovi acquisti in ambito data center sarà proprio influenzato dalle tecnologie software-defined.

In USA i leader di mercato

I leader di questo mercato, come accennato anche da Dècina sono i colossi Usa, tra cui Verizon, multinazionale newyorkese, con oltre 160.000 dipendenti e 126 miliardi di dollari di ricavi nel 2016, nonché responsabile della gestione della rete wireless più affidabile d’America con oltre 114 milioni di connessioni retail nazionali. Il colosso IT offre fornisce soluzioni aziendali integrate ai clienti in tutto il mondo. E con un suo rappresentante abbiamo fatto il punto di cosa SDN può cambiare in ambito aziendale. «Il punto centrale è che SDN permette di separare la fase in cui i dati vengono controllati (data intelligence) dal flusso dei dati stessi. Questa astrazione permette alle aziende di beneficiare della virtualizzazione delle funzioni della rete: trasferendo, cioè, diverse attività dagli attuali supporti fisici ai software. A confronto con gli hardware fisici, i software sono più facili da comprare, testare e applicare. Inoltre, la loro scalabilità e il loro mantenimento sono più semplici. In ultimo, riducono le dinamiche di vendor/feature lock-in, a tutto vantaggio della flessibilità del business», dice a Industria Italiana Anders Hellman, principal member of technical staff, SDN and IP products, per Verizon EMEA.

 

Anders Hellman, principal member of technical staff, SDN and IP products, per Verizon EMEA.

La rete diventa più sofisticata, centralizzata e controllabile, e nel contempo si liberano risorse umane, finanziarie e organizzative da spendere in innovazione e nello sviluppo di servizi e applicazioni invece che nella gestione dell’hardware.Più nello specifico, è lo stesso Hellman a esplicitare quelli che sono i potenziali vantaggi per un’azienda manifatturiera che si doti di una SDN. «SDN consente innanzitutto alle aziende di essere più reattive nei confronti di utenti, consumatori e opportunità commerciali. Un primo elemento chiave per l’implementazione della tecnologia SDN riguarda la semplificazione della complessità della rete, trasferendo sempre più le applicazioni aziendali verso piattaforme mobile e cloud. Non solo: la rete diventa elastica e flessibile, permettendo di gestire un’intensa domanda di traffico durante i periodi di picco, dando la precedenza alle applicazioni più importanti e riducendone la congestione”, spiega Hellman. Ancora SDN, insieme agli analytics, contribuisce a creare soluzioni ottimizzate per affrontare le crescenti minacce informatiche. In generale operatività ed esecuzione diventano più agili e inoltre, un servizio automatizzato end-to-end permette di fornire le giuste risorse di rete, ridurre l’errore, garantire migliori standard di servizio e offrire una gestione continuativa e in tempo quasi reale delle funzioni e del traffico del network.

E le imprese ne sono sempre più consapevoli: «molti progetti pilota si sono trasformati già in implementazioni più ampie. Inoltre molte aziende si documentano su come accelerare il passaggio alle reti Software-Defined. E una survey su 165 responsabili IT di grandi organizzazioni globali, sponsorizzata da Verizon e condotta da Longitude – società del Financial Times, sottolinea alcuni dei motivi di questa impellente necessità – continua Hellman – Questa survey ha sottolineato che l’adozione della tecnologia SDN è ormai pienamente in corso. Infatti, il 15% delle aziende interpellate stanno esplorando queste tecnologie, oppure le hanno già adottate e, entro i prossimi due anni, questa percentuale crescerà ulteriormente, fino a raggiungere il 57%. In questo intervallo di tempo, il 12% di queste realtà conta di estendere l’SDN all’intera organizzazione. Tuttavia, il 31% delle aziende pensa invece che l’adozione dell’SDN procederà più lentamente, in un arco di tre o anche cinque anni. Da questo, si evince che le aziende che sono ancora ferme alla fase di valutazione dell’SDN rischiano di ritrovarsi faticosamente in ritardo nella corsa alla flessibilità del business, ancora prima che abbiano il tempo di intraprendere questo cammino».

Ovviamente perché l’implementazione sia efficace, «è necessario che le imprese consolidino gli obiettivi e i piani fin dall’inizio per impostare un solido processo di governance in modo da guidare al meglio la migrazione al cloud. La chiave è la semplicità: in un mondo che si fa sempre più complesso, le organizzazioni di successo sono quelle in grado di focalizzarsi sul core business delegando le attività che non sono cruciali. Le soluzioni SDN possono anche essere sviluppate gradualmente per supportare diverse parti di un’impresa, evitando così interruzioni e modifiche all’intera rete in un unico momento»,spiega Hellman.

SDN in Italia

E l’Italia? Nel nostro Paese l’applicazione delle reti SDN è ancora in forte ritardo: ma si tratta di uno strumento che è adattabile a un universo fatto da oltre 4 milioni di Pmi?«Le reti SDN funzionano sia per le grandi che per le piccole imprese. Finora però abbiamo visto principalmente le grandi aziende abbracciare le nuove tecnologie: tuttavia, man mano che la tecnologia diventa più matura, verranno definiti pacchetti di soluzioni standardizzate, che potranno essere implementate in maniera facile e rapida anche per le Pmi», risponde Hellman.

La strada, certo, è ancora lunga: un’idea di come si posizionino le nostre aziende nel percorso di gestione del dato come fattore competitivo la fornisce un altro studio di IDC condotto su un campione di 172 imprese italiane di classe enterprise. L’indagine ha consentito di individuare quattro stadi di avanzamento. Solo il 9% di queste aziende best in class si colloca nello stadio più avanzato, avendo avviato «una fase profonda di trasformazione, che implichi la capacità gestire i dati non solo per automatizzare i processi o migliorare la pianificazione e il controllo, ma per competere sul terreno dell’innovazione a lungo termine… quasi la metà del campione (il 43%) si trova al primo stadio: aziende che devono ancora concludere la fase di razionalizzazione dei propri sistemi e della propria strategia digitale, e che dunque ancora non riescono a trarre un vantaggio competitivo concreto dai dati». Numeri su cui le nostre aziende dovrebbero riflettere.














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