Che cosa farà il laboratorio nazionale di intelligenza artificiale e sistemi intelligenti (Aiis)

 Promosso dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’informatica (Cini) avrà compiti di ricerca. E anche di orientare il sistema della comunità scientifica italiana alla concretizzazione di opportunità economiche in ambito industriale. Parla il direttore Rita Cucchiara

Magari non sono biondi e con lo sguardo struggente come David, il bambino robot immaginato da Steven Spielberg nel suo film dedicato all’intelligenza artificiale, ma i super computer in grado di pensare e interagire come gli uomini sono diventati realtà già da molto tempo. Quando si parla di machine learning, computer vision, reti neuronali e deep learning non stiamo più parlando di fantascienza, di un concretissimo terreno su cui si stanno già giocando le sfide del futuro. L’Italia prova a non essere tagliata fuori anche se sconta un certo ritardo e una mancanza cronica di finanziamenti, specie se il paragone viene fatto con giganti come gli Usa o la Cina.







Sulla ricerca teorica però siamo tra i migliori. Proprio per mettere a sistema le eccellenze accademiche italiane è nato il Laboratorio nazionale di intelligenza artificiale e sistemi intelligenti (Aiis). Hanno aderito 44 università e oltre 700 ricercatori. Il Laboratorio è stato promosso dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’informatica (Cini) e costituito in sole tre settimane. Il laboratorio vuole creare le basi per un efficace ecosistema italiano dell’intelligenza artificiale, inclusivo di tutte le competenze e votato a evidenziare le eccellenze nazionali per rafforzare il ruolo scientifico e tecnologico dell’Italia in Europa e nel Mondo. Data la ricchezza di temi all’interno del laboratorio verranno definiti gruppi di lavoro tematici, coinvolgendo tutti gli attori dei Nodi dei laboratori CINI (Consorzio Interuniversitario per l’Informatica), fino ai centri di ricerca esterni pubblici e privati. Le diverse aree di ricerca si confronteranno anche nei diversi campi applicativi e saranno poste in relazione alle diverse iniziative scientifiche/tecnologiche italiane quali i Cluster Nazionali o i Competence Center di Industry 4.0 e alle attività di ricerca industriale coinvolgendo nelle sue azioni anche la Pubblica Amministrazione «Rappresentiamo la quasi totalità della comunità accademica informatica italiana» spiega Paolo Prinetto, presidente del Cini, «connettere realtà significative come il Cnr (Centro nazionale delle ricerche), l’IIt (Istituto italiano di tecnologia) e la Fondazione Bruno Kessler è un’opportunità enorme. La diversità significa arricchimento reciproco e non è mai un problema».

 

 

 

Deep Blue, il computer avversario dello scacchista Garry Kasparov By James the photographer

Un primo passo per colmare il gap con le altre nazioni

L’ambizione del laboratorio è però quella di uscire dai confini accademici per abbracciare il mondo industriale e soprattutto delle start up. L’intelligenza artificiale rappresenta una «gigantesca opportunità economica, non avremo più i settori come li conosciamo ora con un’accelerazione indotta dal processo di digital transformation» sostiene Roberto Baldoni, vicedirettore del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza) della presidenza del Consiglio, mettendo in luce il divario che ancora esiste tra mondo universitario e quello industriale. «Nelle classifiche siamo al quinto posto (davanti a Germania e Inghilterra, rispettivamente all’ottavo e decimo posto) come pubblicazioni scientifiche in questa materia, ma al ventiduesimo come start up attive nel settore. C’è qualcosa da fare, la prima è stata creare un sistema nazionale che possa spingere tutte le nostre attività ed eccellenze perché alle sfide che abbiamo di fronte non si può rispondere con un singolo gruppo di ricerca, essendo troppo complesse».

Sono passati più di vent’anni da quando Deep Blue, il supercomputer in grado di elaborare 200 milioni di mosse al secondo, sconfisse a scacchi il campione Garry Kasparov. Assemblato grazie agli investimenti di Ibm da un canadese e un informatico cinese (quando si dice la lungimiranza!), Deep Blue è il papà dei più moderni sistemi di reti neurali che apprendono basandosi sulle regole per estrarre conoscenza, lavorando con un comportamento simile a quello dell’essere umano. Più facile a dirsi che a farsi. Funzioni per noi scontate come vedere, percepire il corpo nello spazio, integrare la visione e il linguaggio diventano infinitamente più complesse se devono essere devolute a un prototipo di intelligenza artificiale. Per questo servono competenze integrate e interdisciplinari.

 

Rita Cucchiara, Direttore del Laboratorio AIIS

 

Parla il direttore del laboratorio

 Chiamata a dirigere il nuovo Laboratorio di Intelligenza Artificiale e Sistemi Intelligenti del Consorzio Interuniversitario per l’Informatica sarà la Prof.ssa Rita Cucchiara, professore ordinario di Ingegneria Informatica presso il DIEF – Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” di Unimore a Modena, dove è titolare del corso di “Computer Vision and Cognitive Systems“. Coordina il laboratorio di ricerca AImagelab ed è, altresì, direttore del Centro di ricerca in ICT Softech-ICT del Tecnopolo di Modena, nonché delegata del Rettore per i rapporti con Aster e per la ricerca industriale sul territorio. Inoltre, è presidente dell’Associazione Italiana di Computer Vision,Pattern Recognition and Machine Learning (CVPL), membro dell’executive board dell’International Association di Pattern Recognition e advisory board della Computer Vision Foundation americana e componente del Consiglio dell’Istituto Italiano di Tecnologia .

«Ho fatto il liceo classico, – dice Cuccchiara – ma ho sempre amato le discipline scientifiche. Ho lavorato durante il mio dottorato a uno dei primi progetti italiani sulla percezione dei sistemi intelligenti. Ho progettato un calcolatore parallelo occupandomi sia di hardware sia di software. Ho studiato e usato negli anni 90 le reti neurali quando non funzionavano. Ma le reti neurali ora funzionano e sono solo soluzioni tecnologiche e rappresentano un paradigma computazionale interessantissimo che solo ora in modo “deep” e su calcolatori adeguati hanno trovato la loro giusta dimensione come il migliore strumento dell’AI attuale».Vicedirettore è il Prof. Marco Gori  dell’ Università degli Studi di Siena. Nel comitato di gestione siedono Barbara CaputoIstituto Italiano di Tecnologia, Nicolò Cesa BianchiUniversità degli Studi di Milano, Giuseppe De GiacomoSapienza Università di Roma, Raffaele GiancarloUniversità degli Studi di Palermo, Fosca GiannottiConsiglio Nazionale delle Ricerche, Roberto NavigliSapienza Università di Roma, Giovanni SemeraroUniversità degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Bruno SicilianoUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”, Paolo TraversoFondazione Bruno Kessler.

Ricerca e risultati per le aziende

Per il futuro italiano in questo settore si augura che verrà colmato il gap con le altre nazioni, specie finanziario. «La quantità di investimenti è risibile in Italia. Lavoriamo con fondi che sono spesso decine di volte inferiori rispetto ai laboratori americani.-spiega Cucchiara – Anche se i ragazzi italiani fossero dei geni più di tanto non si può fare. Le aziende dovrebbero capire che va finanziata anche la ricerca di base e nelle tecnologie abilitanti. Dall’industria chiedono prototipi funzionanti: è giusto e siamo disponibili ma se lavoriamo solo per quello abbandonando la ricerca fra tre anni non avremo altro da dire. Bisogna dedicare risorse adeguate anche alla teoria per risolvere problemi concreti; un esempio per me è Israele dove le aziende private finanziano la ricerca con donazioni che vengono ringraziate e citate nei progetti. Il nostro impegno deve essere commisurato al vantaggio per le aziende. In molti casi comunque troviamo un giusto compromesso e i risultati ci sono in ottica win-to-win, sia per la ricerca scientifica che per le aziende. Spero che il nuovo governo, gli enti pubblici e privati possano supportare sempre più la ricerca scientifica».

La privacy è un ostacolo per la ricerca sull’ A.I?

Ma non tutti condividono l’ottimismo della volontà. Per Alberto Forchielli, guru del fondo italo-cinese Mandarin capital partners, la sfida con la Cina l’abbiamo già persa: «Siamo il fanalino di coda, anche per la diffusione non capillare della banda larga nel nostro Paese ; inoltre l’Europa con la Gdpr (la nuova normativa sulla privacy) ha reso più difficile la raccolta e l’assemblaggio dei dati. In Cina, non essendoci vincoli, sono disponibili molti più dati. La privacy è una gran cosa, ma va a scapito del business. Più ce n’è, peggio è. Gli investimenti cinesi in intelligenza artificiale stanno superando quelli americani, la Cina vincerà» è la sua conclusione.

Cucchiara ribadisce però che la ricerca consente anche di ovviare al problema dei dati. Ecco come: «I nostri diritti consolidati li dobbiamo mantenere, la tutela della privacy è un passo avanti e non indietro. Deve solo essere chiaro cosa si può fare e cosa no, senza problemi di interpretazione. In Cina si può far tutto, ma sono contenta di non essere come loro. Inoltre i nuovi sistemi imparano da dati simulati e spesso non c’è necessità di un numero elevatissimo di dati reali. Stiamo facendo il tracking delle persone e il riconoscimento della posizione del corpo umano, ad esempio nel basket. Per arrivare alla predizione del movimento serve il riconoscimento preciso della postura. È una delle nostre attività di frontiera, specie quando c’è folla o se il corpo si vede in modo parziale. Serviranno migliaia di dati e per ovviare al problema stiamo usando i videogiochi e la computer grafica. Utilizziamo anche dati reali, ma addestriamo le reti con dati verosimili».

I campi di applicazione dell’ AI e la collaborazione europea

Le sfide che il laboratorio ha davanti sono molteplici e anche i campi di applicazione che vanno dalla medicina ai trasporti intelligenti (droni e auto che si guidano da sole), dall’analisi del linguaggio al contrasto delle fake news. «Entro la fine del 2018 mi auguro riusciremo a organizzare una grande giornata dell’AI italiana»  racconta Cucchiara «dove l’università avrà il 33 percento e il resto spetterà alle aziende e alle istituzioni, in modo da privilegiare il loro ruolo». Ad augurarsi un sempre più efficace collegamento tra università e mondo delle imprese è Stefano Firpo, direttore generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese del Ministero dello Sviluppo economico. «Questo laboratorio è molto positivo al fine di creare un network qualificato; mi auguro che oltre a essere forti nella ricerca lo saremo anche nell’applicazione a livello industriale. L’Italia ha ottimi centri di ricerca, ma restano confinati lì e collaborano poco con le imprese. Francia e Germanía sono più avanti da questo punto di vista» afferma Firpo, mettendo in guardia da un’altra tentazione, pensare solo al proprio orticello nazionale.

«La vera strategia rispetto agli altri grandi attori si fa in Europa. Trovo abbastanza curiose le strategie nazionali che hanno un respiro tra il velleitario e il banale. Mi riferisco a quella francese e tedesca. Occupandomi di politica industriale e sedendo al tavolo europeo come rappresentante del mio Paese mi sono ben guardato dal costruire una strategia nazionale perché credo che serva il livello europeo per giocare la partita dell’AI dove è in gioco il posizionamento geostrategico. Mettendo insieme industria dei superconduttori e capacità di calcolo computazionale si può mettere a fattor comune il vantaggio competitivo di avere un mercato vastissimo di 400 milioni di persone di fascia medio alta e quindi con capacità di spesa».














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