Intelligenza Artificiale: Italia in ritardo

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di Nicola Penna ♦ Perlopiù sotto forma di chatbot, maggiormente utilizzata nei servizi bancari, finanziari e automotive. E’ in questi campi che riscuote interesse l’A.I., ancora poco sfruttata dalle imprese nazionali, anche se oltre la metà ha già avviato un progetto in questo senso. Una ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano.

Lo sviluppo dell’Artificial Intelligence — il ramo della computer science che studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di abilità tipicamente umane, come l’interazione con l’ambiente, l’apprendimento e l’adattamento, il ragionamento e la pianificazione— è ancora a uno stadio iniziale, ma evidenzia già un certo fermento in tutto il mondo. Lo dimostrano il crescente interesse della comunità accademica al tema, l’offerta dei grandi player di servizi Cloud, la vitalità di 460 startup che dal 2016 ad oggi hanno raccolto complessivamente 2,2 miliardi di euro a livello internazionale, ma soprattutto la diffusione di soluzioni tra le aziende. Ma il nostro Paese è indietro, se le iniziative locali vengono messe a confronto  con il quadro globale.

 







 

L’ A.I. in Italia

In Italia il 56% delle grandi imprese oggetto di indagine ha già avviato progetti di Artificial Intelligence (contro circa il 70% di  Francia e Germania) a dimostrazione dell’attenzione sul tema, anche se siamo solo in una fase embrionale di utilizzo delle grandi opportunità di questa tecnologia: i progetti sono orientati prevalentemente su soluzioni di Intelligent Data Processing (il 35% dei casi) e di Virtual Assistant/Chatbot (25%), mentre sono quasi assenti le applicazioni più di nicchia, a sostegno dei processi interni delle aziende. Rispetto alle esperienze estere, aperte anche ad applicazioni sperimentali, inoltre, le imprese italiane sembrano prediligere ambiti maturi: il 52% delle soluzioni individuate è già a regime (contro il 38% a livello internazionale), mentre il 48% è ancora allo stadio di idea progettuale, di progetto pilota o in fase di implementazione. La maggior parte dei progetti di intelligenza artificiale in Italia si concentra nei settori delle banche, finanza e assicurazioni (17%), automotive (17%), energia (13%), logistica (10%) e telco (10%).

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano  *, presentata al convegno “Artificial Intelligence: prospettive dalla ricerca al mercato”. La ricerca ha analizzato 721 imprese e 469 casi di utilizzo di Artificial Intelligence, riferibili a 337 imprese internazionali e  italiane. Nella ricerca sono stati considerate le principali imprese a livello mondo e Italia, rispettivamente con fatturato superiore a 15 e 1,5 miliardi di dollari, e sono state inoltre incluse alcune esperienze ritenute di particolare rilevanza ed innovatività, sebbene non riferibili alle classi di fatturato elencate. Dalla ricerca emerge come un  qualsiasi progetto di Artificial Intelligence nelle fasi iniziali necessiti di un grande investimento da parte dell’impresa, non solo in termini economici .

Secondo i curatori «Al momento, le soluzioni pronte all’uso sono limitate e per raggiungere un livello di prestazioni simile o superiore a quello umano spesso richiedono lavoro sia in fase preparatoria, per le infrastrutture, il patrimonio informativo, le competenze e la cultura, che in corso d’opera, per l’apprendimento della macchina e il miglioramento. Nei progetti di AI serve perseveranza e orientamento al risultato, che si ripagano con le prestazioni, ma anche con un vantaggio competitivo difendibile in termini di Knowhow».

 

 

Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence

I campi di applicazione a livello internazionale

La ricerca, studiando 469 casi di utilizzo di intelligenza artificiale, rivela che soltanto il 38% delle iniziative di AI individuate nel mondo è a regime (utilizzate da tutti gli utenti e sottoposte a un processo di miglioramento continuo già strutturato). «Una su cinque, il 1%, è in corso di implementazione, in una fase di rilascio su larga scala che coinvolge buona parte dei processi e degli utenti – rileva Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Una quota analoga, invece, è ancora in fase pilota, durante cui vengono misurati i primi risultati e individuate problematiche, il 20% è ancora soltanto un’idea progettuale, con un budget stanziato per esplorare un possibile progetto in un campo d’applicazione ben definito».

I principali ambiti di applicazione riguardano l’Intelligent Data Processing (35%), soluzioni che utilizzano algoritmi di AI per estrarre informazioni e avviare azioni basate sulle informazioni estratte, e i Virtual Assistant o Chatbot (25%), agenti software in grado di interagire con un interlocutore umano per eseguire un’azione o offrire un servizio. Seguono a distanza le soluzioni di Recommendation (10%), raccomandazioni personalizzate per indirizzare le decisioni del cliente in diversi momenti del percorso d’acquisto basandosi su informazioni fornite dagli utenti stessi, Image Processing (8%), che analizzano le immagini per il riconoscimento biometrico e l’estrazione di informazioni, Autonomous Vehicle (7%), mezzi a guida autonoma in grado di percepire l’ambienteesterno e adattare le manovre di conseguenza, e Intelligent Object (7%), capaci di eseguire azioni senza intervento umano, interagendo con l’ambiente circostante tramite sensori e apprendendo dalle azioni delle persone che li usano.

Chiudono l’elenco soluzioni marginali come Language Processing (4%), che elaborano il linguaggio per comprendere un testo, tradurlo o produrlo in autonomia a partire da dati e documenti, e Autonomous Robot (4%), in grado di spostarsi e muovere alcune parti, manipolare oggetti e eseguire azioni in autonomia. Gli ambiti con un maggior numero di progetti a regime sono Recommendation (62%), Language Processing (50%), Intelligent Data Processing (42%) e Virtual Assistant/Chatbot (40%). Tra i meno consolidati, gli Autonomous vehicle (100% di progetti in idea progettuale o pilota), gli Autonomous Robot (74%) e l’Image processing (57%).

 

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Google Car. Secondo l’indagine gli Autonomous vehicle sono tra i progetti A.I. meno consolidati

 

«Siamo solo agli inizi di un percorso di diffusione e di comprensione del potenziale dell’intelligenza artificiale, che porterà a definire meglio i confini applicativi e il grado di intelligenza di una soluzione – afferma Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Dall’autovettura che si guida da sola all’elettrodomestico che impara stile di vita e necessità della famiglia, dall’assistente personale che consiglia le decisioni di spesa fino ai robot assistenziali per disabili e anziani, ogni esperienza del quotidiano può essere ripensata alla luce delle capacità delle macchine. La velocità con cui questo avverrà dipenderà dall’esistenza di soluzioni tecnologiche consolidate, dalla capacità di gestire un delicato cambiamento nelle organizzazioni e dal bilancio tra valore dell’innovazione e costo del rendere intelligenti prodotti e processi».

I settori

Spostando l’analisi sui settori, il comparto più attivo nell’introdurre soluzioni di intelligenza artificiale a livello internazionale è il banking-finance-insurance, che raccoglie il 21% delle applicazioni, spinto dall’opportunità di conoscere più approfonditamente i propri clienti e garantire un servizio mirato e un supporto alle decisioni del management. Il secondo è l’automotive (12%), trainato dai grandi investimenti finalizzati allo sviluppo di veicoli a guida autonoma. Seguono, con percentuali comprese fra il 6% e l’8%, i settori hi-tech, retail e telco, interessati a offrire un servizio più flessibile e personalizzato. Marginali ma comunque attivi, a testimonianza dell’elevata pervasività dell’innovazione legata all’intelligenza artificiale, gli altri settori, con percentuali fra il 3% e il 5%.

Analizzando invece le funzioni aziendali, i processi dedicati alla relazione col cliente (marketing, sales e customer service) raccolgono da soli il 40% delle applicazioni, mentre in tutti gli altri processi interni (Operations, HR, Ricerca e Sviluppo e Finance) si concentra un altro 40% e il rimanente 20% delle applicazioni riguarda le funzionalità del prodotto offerto, con lo scopo di incrementarne le prestazioni e l’esperienza d’uso. Minoritaria appare invece l’enfasi verso il recupero di efficienza e la riduzione del costo del lavoro.

I chatbot

I Virtual Assistant o Chatbot sono il secondo campo di applicazione più esplorato dalle soluzioni di Artificial Intelligence. L’Osservatorio ha censito 118 casi di chatbot utilizzati a livello internazionale, rilevando come i più utilizzati nell’ambito servizi sono quelli per l’assistenza al cliente dopo la vendita (87%), seguiti da quelli che offrono al cliente servizi che non riguardano direttamente l’ambito in cui opera l’azienda (7%) e gli assistenti virtuali della tipologia Corporate Knowledge (6%), che hanno il compito di rispondere a domande poste dal personale o da figure esterne sull’organizzazione aziendale. Nella funzione marketing i virtual assistant vengono impiegati come shop assistant (46%), guida all’acquisto (27%), per azioni di brand reputation (18%) e supporto alle vendite (9%). Alla categoria prodotto appartengono quei chatbot inseriti all’intern di un prodotto per consentirgli di interagire con l’utente. Gli assistenti virtuali impiegati nelle funzioni HR, infine, si suddividono fra soluzioni orientate al recruiting e altre indirizzate alla gestione del personale.

 

Le startup e il mercato dell’offerta

La ricerca ha censito 460 startup a livello internazionale, fondate dal 2013 in avanti e finanziate a partire dal 2016, capaci di raccogliere complessivamente 2,2 miliardi di dollari, un valore significativo con un finanziamento medio in crescita nell’ultimo anno da 5,5 a 8,8 milioni di dollari. Le soluzioni di Autonomous Vehicle sono quelle che hanno ottenuto più finanziamenti, con un investimento medio di 37,7 milioni di dollari. Il mercato dell’offerta delle soluzioni di intelligenza artificiale è particolarmente dinamico lo testimonia la capacità di attrarre finanziamenti da parte delle startup, ma anche il fermento dei grandi player di servizi Cloud e il grande interesse da parte della comunità accademica e dei centri di ricerca di eccellenza.

 

Giovanni Miragliotta, Direttore dell'Osservatorio Artificiale Intelligence
Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificiale Intelligence

L’impatto sull’occupazione

Da più parti si sollevano timori sulle ripercussioni negative dell’intelligenza artificiale sull’occupazione. L’Osservatorio ha indagato il tema, analizzando in modo organico le evidenze delle pubblicazioni internazionali e nazionali (scientifiche o di opinionisti di rilievo) circa l’impatto sul bilancio occupazionale, ma anche la prospettiva cognitiva, psicologica e sociale della sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine. Ne emergono tre segnali incoraggianti, che sembrano smentire le previsioni più pessimistiche. Pur considerando che ci troviamo in una fase di transizione e sono rare le soluzioni già pronte all’uso, dall’analisi risulta che la domanda di lavoro nei progetti di AI è cresciuta, e non diminuita. Inoltre, le soluzioni  di AI oggi sono utilizzate più come leva competitiva esterna per migliorare i servizi e la qualità che non come strumento per aumentare l’efficienza interna.

Infine, le imprese appaiono consapevoli della delicatezza del tema, selezionando attentamente i progetti da attivare, considerando sia i benefici attesi sia l’accettabilità interna ed esterna dell’innovazione. «I risultati incoraggianti devono consigliarci un tono non allarmistico, senza però porre il tema in una luce semplicisticamente positiva – commenta Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence –. Sarebbe sbagliato infatti abbracciare con acritico e superficiale entusiasmo le capacità dell’Artificial Intelligence: servono riflessione e responsabilità, in un progetto strategico che dia risposta alle preoccupazioni e alle aspettative della forza lavoro»














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