Industry 4.0: la grande speranza dell’Ict italiano

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di Franco Canna ♦ Sarà l’industria a risollevare morale e business dell’Ict, dopo gli anni di magra? Il rapporto Assinform Industria 4.0 vede (quasi) rosa.

Per Assinform Industria 4.0 è una speranza che profuma di necessità. I dati relativi al comparto dell’Information Technology indicano, infatti, che il settore si muove a due velocità: le tecnologie digitali tradizionali crescono poco o, in qualche caso, perdono valore. Al contrario, i cosiddetti digital enabler crescono a due cifre. Vediamo quali sono e che cosa c’entrano con Industria 4.0.







Tra le slide mostrate a settembre dal ministro allo Sviluppo, Carlo Calenda, al momento di presentare il Piano Nazionale Industria 4.0 ce n’era una dedicata alle tecnologie abilitanti. Tra queste figuravano cloud, big data, Iot, additive manufacturing, cybersecurity: tutte materie appartenenti al dominio dell’Ict. E proprio per questo l’Associazione che riunisce le principali aziende di Information technology in Italia è stata coinvolta dal ministero per lo Sviluppo nella stesura del Piano. Coinvolgere Assinform significava chiedere il parere di aziende leader del settore informatico come Google, Ibm, Microsoft, delle telecomunicazioni come Cisco, della consulenza come Accenture, dei sistemi gestionali come Sap e dell’It industriale come Schneider Electric e Dassault Systèmes.

Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting
Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting

Luci e ombre

In attesa che le misure previste vengano tradotte in legge, Assinform si dichiara speranzosa, ma anche preoccupata. Il programma di politica industriale, ha spiegato Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting cube, la società che insieme ad Assinform conduce le rilevazioni di mercato, genererà infatti effetti solo “a tre condizioni: che i 13 miliardi promessi siano effettivamente inclusi nel Def, che siano ridefiniti i perimetri e chiarito che cosa avrà diritto a iper e superammortamento e che cosa no, che si faccia presto perché le aziende, in attesa di poter sfruttare gli incentivi, hanno fermato gli investimenti”.

Sempre sul tema Industria 4.0 Capitani sostiene che “si deve basare su un ecosistema di innovatori. Per noi questo è cruciale perché si crei un effetto diffusivo di massa”. I competence center e i digital innovation hub possono creare le condizioni perché si crei un mercato del lavoro delle nuove competenze (i data scientist, per citarne una) che oggi “hanno costi elevati che rallentano gli investimenti delle imprese”. L’Università deve “creare figure di questo tipo per consentire alle Pmi l’accesso a competenze meno rare e accelerare in tal modo l’innovazione digitale del Paese”.

L’Italia si sta digitalizzando “a macchia di leopardo”, nota il manager, e occorre una “regia potente con un mandato preciso e bisogna fare presto. È questo che ci lo aspettiamo dal Commissario del governo per il digitale e l’innovazione Diego Piacentini, al quale vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro”.

Circuiti elettronici
Circuiti elettronici

I numeri del digitale

Per comprendere appieno le ragioni delle “preoccupazioni” di Assinform basta del resto leggere i dati del primo semestre 2016 resi noti dall’associazione. Le vendite di tecnologie informatiche in Italia sono cresciute dell’1,2%, poco sotto quota 32 miliardi di euro, e chiuderanno l’anno con un volume d’affari di poco superiore ai 65 miliardi di euro, facendo registrare una crescita dell’1,3%. Potrebbe sembrare poco ma, sottolineano dall’associazione, questo sarà il secondo anno consecutivo che chiuderà in territorio positivo dopo sette anni di buio.

“Nel secondo trimestre 2016 sono emersi a livello nazionale segnali di rallentamento della crescita del Pil, della spesa delle famiglie, della spesa della Pubblica amministrazione, ma soprattutto una diminuzione degli investimenti in macchinari e attrezzature. In questo contesto vanno considerati positivamente i numeri di un mercato digitale che sta diventando sempre più anticiclico e resiliente”, chiosa Capitani. Il merito è soprattutto dei “digital enabler che supporteranno le aziende nel raggiungimento dei loro obiettivi: l’innovazione dei processi, l’automazione, il miglioramento della conoscenza dei clienti, l’innovazione di prodotto e servizio, la revisione delle strategie di vendita, l’innovazione nella supply chain, il miglioramento della collaboration e della comunicazione interna”.

Diego Piacentini
Diego Piacentini

Cloud e Iot a doppia cifra

La modesta crescita registrata nel primo semestre nasconde, come dicevamo, una realtà a due facce: quella delle tecnologie digitali tradizionali (Pc, servizi, dispositivi e sistemi) e quella dei digital enabler (cloud, big data, Iot, Piattaforme per la gestione web, mobile business e sicurezza).

Per esempio, i servizi. Il valore complessivo del comparto cresce solo del 2% a quota 5.198,5 milioni, ma al suo interno le componenti innovative legate a datacenter e cloud computing aumentano del 18,8%. Stringendo di più lo zoom su questa area, le sole applicazioni in cloud crescono addirittura del +29% (700 milioni il valore assoluto). Stesso discorso se si osserva il comparto del software: le vendite sono cresciute del 4,8% (2.863 milioni il valore), ma a trainarlo sono le buone performance del software applicativo (+7,1%) e in particolare l’IoT (+16,4%) e le piattaforme web (+15,2%), mentre le soluzioni orizzontali e verticali tradizionali arrancano. Anche se si considera l’hardware, i PC desktop e portatili perdono quota, mentre le vendite di server per i datacenter crescono di oltre il 10%.

 

 














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