Industria, il 2020 si prospetta difficile (e il Covid non c’entra)

di Chiara Volonté ♦︎ L’automotive, ancora prima dell’epidemia di Coronavirus, si immaginava già un anno in salita a causa dell’auto elettrica. Ora questa paura è diventata certezza. Non va meglio per l’economia italiana, che ha registrato un calo già nel quarto trimestre del 2019 e che potrebbe dover ripensare il suo assetto. I dati della Fondazione Ergo

Prima ancora che il Coronavirus si tramutasse nella più grande emergenza dal dopoguerra in poi, la nota mensile sull’andamento dell’economia italiana aveva fotografato una notevole fase di instabilità. Un prodotto interno lordo in calo dello 0,3% a dicembre, un mercato del lavoro in frenata, l’inflazione rallentata, tassi di crescita negativa: quattro indizi che fanno una prova definitiva, ovvero che l’Italia aveva smarrito la rotta già prima dell’arrivo del Covid-19.

Ma la congiuntura obbliga il nostro Paese a un ripensamento complessivo della sua industria, perché non è chiaro se la Cina sarà ancora la “fabbrica del mondo” o se il re-shoring che era già in atto nel nostro Paese proseguirà ulteriormente, accorciando la catena. Rimane, come detto, da analizzare sia l’impatto del Coronavirus, sia, più in prospettiva, il risultato delle elezioni americane di novembre che dovranno decretare quale corso avrà la politica economica a stelle e strisce per i prossimi quattro anni.







La Fondazione Ergo ha provato a mettere insieme tutti i segnali che sta raccogliendo in Europa. Il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, in una recente intervista televisiva ha sostenuto esplicitamente che il Coronavirus cambierà la globalizzazione e che alcune produzioni strategiche, in particolare quelle legate ai farmaci, devono tornare in Europa. In una intervista al Corriere della Sera, l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha sottolineato che la Cina sta mettendo in evidenza debolezze di sistema (la spaccatura fra aree centrali – dove il virus ha preso piede – e quelle avanzatissime sulla costa) e l’opposizione in Occidente al suo “momento Sputnik” ovvero alla diffusione della tecnologia 5G di Huawei.

Molti osservatori (vedi innumerevoli articoli della rivista Limes) sottolineano che i prossimi anni saranno difficili per l’economia cinese che già prima del coronavirus dava segni di relativo rallentamento e registra un forte indebitamento in dollari di gran parte delle imprese più importanti e dunque non può agire sulla leva della svalutazione. Resta il fatto, si legge nel report della Fondazione Ergo, che il Covid-19 non è destinato a spostare la tendenza demografica globale di fondo che vede per i prossimi decessi un’espansione della popolazione in Asia e in Africa e in definitiva un aumento del peso economico di queste aree.

Infine, si moltiplicano sulla Commissione Europea le pressioni per il varo di un grande piano di investimenti finanziato con l’emissione di euro-bond. Difficile dire se la nuova Commissione guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen si mostrerà all’altezza della sfida. Anzi, a dire il vero gli osservatori più attenti alle azioni europee stanno lanciando segnali di viva preoccupazione. In compenso la Germania (che ha i conti pubblici in attivo) sembra disponibile ad aumentare la propria spesa pubblica sul versante degli investimenti.

 

Il nuovo volto dell’automotive

In una seconda analisi del Centro Studi di Fondazione Ergo, si legge che secondo un recentissimo rapporto di Moody’s il mercato mondiale dell’auto si contrarrà del 2,5% nel 2020 contro la precedente sforbiciata dello 0,9% prevista prima dell’esplosione dell’epidemia legata al Coronavirus. Gli analisti americani sottolineano nel loro report che l’epidemia colpirà anche le catene di fornitura. Le previsioni indicano nella Cina il mercato più debole con un calo di quasi il 3% che si aggiunge alla riduzione del 2019. Leggera debolezza anche per Usa e Europa mentre il Giappone dovrebbe registrare una crescita delle vendite dello 0,4%. Moody’s infine prevede per il 2021 una crescita dell’1,5% delle vendite globali.

In Italia, il crollo della produzione industriale risente della flessione industriale del settore automotive che ha subito una diminuzione nel mese di dicembre 2019 in termini tendenziali dell’11,5% e nel 2019 rispetto all’anno precedente del 9,6%. Ma questo non vale per tutti e tre i comparti del settore automotive. Mentre la produzione del comparto della fabbricazione di autoveicoli diminuisce rispetto al 2018 del 13,9% e quello della fabbricazione di parti e accessori per autoveicoli e loro motori diminuisce dell’8,1%, il comparto della fabbricazione di carrozzerie per autoveicoli, rimorchi e semirimorchi cresce invece del 6,7%. Se si analizza il mese di dicembre 2019 rispetto al 2018, per avere la percezione di come sta iniziando il 2020, si conferma la flessione della produzione di autoveicoli (-8,6%) e di accessori (-17,2%) mentre aumenta la produzione della carrozzeria (+2,8%).

Il mese di novembre 2019 (ultimo dato disponibile) rispetto a novembre 2018 registra un calo di ordinativi nell’industria (ad esclusione delle costruzioni) pari al 4,3% (di cui il 7,3% riguarda il mercato estero e il 2,2% il mercato italiano). I primi 11 mesi del 2019 vedono una flessione di ordinativi rispetto allo stesso periodo 2018 del 2,6%. Forte è la diminuzione registrata nel settore automotive. Il settore nel suo complesso da gennaio a novembre ha una diminuzione di ordinativi pari al 10,6%. Diminuiscono del 12,3% gli ordinativi di autoveicoli e dell’8,2% di parti accessorie, mentre aumentano del 3,1% gli ordinativi relativi alla fabbricazione di carrozzerie. Nel mese di novembre 2019 la flessione di ordinativi rispetto a novembre 2018 è del 4,1%. Diminuiscono gli ordinativi del 12,3% nel comparto della fabbricazione di autoveicoli e del 5,3% in quello della fabbricazione di parti e accessori per autoveicoli e loro motori. Anche il comparto della fabbricazione di carrozzerie subisce una flessione a novembre 2019 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente pari al 3,4%.

L’economia e il settore automotive in particolare sta scontando anche gli effetti del coronavirus, sia per l’inevitabile calo dei consumi sul mercato cinesi sia per la riduzione della produzione per la chiusura forzata degli stabilimenti per il contenimento del contagio. La casa automobilistica più esposta al calo di produzione e immatricolazioni è la Volkswagen che in Cina, con 23 stabilimenti, produce il 40% del proprio output complessivo tra componenti e veicoli assemblati.














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