Industria italiana: è la meccanica a guidare la crescita (modesta)

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Fasi di lavorazione nello stabilimento Sicor, Polo Meccatronica di Rovereto

di Stefano Casini ♦ Come vanno i settori industriali? Il made in Italy tiene, crescita meno brillante per elettronica ed elettrodomestici. Sull’ export, motore fino ad oggi, pesa l’ incognita Trump. Gli studi e i dati di Banca  Intesa e Prometeia

Il processo di rinnovamento in atto nel settore manifatturiero ha portato negli ultimi anni a una diminuzione del numero delle imprese componenti il sistema industriale; chi è rimasto è però più competitivo, e ha un capitale umano più qualificato. Si riscontra un aumento delle dimensioni medie aziendali, una migliore capacità di radicarsi sui mercati esteri; l’ aggiornamento tecnologico degli impianti e recupero della redditività, sono tra i principali fattori della trasformazione in atto. Secondo le analisi e previsioni della Direzione Studi e Ricerche di Prometeia e Banca Intesa Sanpaolo, nel biennio 2018-19 l’industria manifatturiera italiana registrerà un consolidamento dell’attuale tendenza positiva. L’attività produttiva crescerà del 2,4% per quest’anno e del 2,1% nel 2019, consentendo al fatturato di riportarsi sui livelli pre-crisi del 2007. Negli anni a seguire, per il biennio 2020-22 è previsto un graduale rallentamento, al di sotto del 2% annuo, in linea con un fisiologico ripiegamento ciclico della domanda.

 







Il ranking per settori: meccanica sopra tutti

La meccanica viene individuata come protagonista della crescita nei prossimi anni, insieme con autoveicoli e moto, ed elettrotecnica. Sempre che la guerra commerciale e dei dazi, innescata dagli Stati Uniti di Donald Trump, non abbia contraccolpi troppo pesanti. Si confermerà, poi, la specializzazione dell’Italia come base produttiva nella farmaceutica e nel largo consumo. Ma, a partire da quest’anno, il recupero sul fronte della redditività aziendale si farà più lento: la selezione in atto tra le imprese e la trasformazione della base produttiva, che continueranno a caratterizzare anche il medio termine, attenueranno progressivamente i loro effetti positivi sul quadro finanziario.

«Le imprese sopravvissute alle crisi degli anni scorsi, mediamente più grandi rispetto a prima, hanno conseguito miglioramenti importanti sul fronte della marginalità delle vendite, della produttività del lavoro, della solidità patrimoniale e finanziaria» rileva Alessandra Lanza, partner della società di consulenza Prometeia. «Si tratta di realtà aziendali più strutturate che in passato, in grado di affrontare sia i mercati esteri con strategie di maggiore radicamento, come testimonia sia la performance dell’Export italiano nei settori di punta del Made in Italy, che il cambio di passo sul piano dell’aggiornamento dell’apparato produttivo, ad esempio nell’ambito del piano nazionale Industria 4.0».

La meccanica sarà quindi protagonista all’interno del panorama manifatturiero italiano, con la previsione nel 2018 di un tasso di crescita del fatturato decisamente superiore alla media (+4,2% a prezzi costanti), che potrà confermare la buona performance del 2017. Con il contributo positivo del canale estero, il settore rimarrà tra i più dinamici anche nel medio termine (+3,1% nella media tra 2018 e 2022, sempre secondo le analisi di Prometeia), nonostante un progressivo e fisiologico rallentamento degli investimenti. Nel periodo 2018-22, una performance sostenuta è attesa anche per il largo consumo (+2,6% in media d’anno), autoveicoli e moto (+2,3%), farmaceutica (+2,2%), e l’elettrotecnica (+2,2%), a rafforzare il riposizionamento del manifatturiero italiano su settori a maggiore contenuto tecnologico.

Il buon andamento dei settori a valle si rifletterà in opportunità di sviluppo anche per il settore dei prodotti in metallo (+2,3% in media d’anno, sempre nel periodo 2018-22). Gli altri produttori di beni intermedi (intermedi chimici +1,7%, altri intermedi +1,7%, prodotti e materiali da costruzione +1,2%), invece, sconteranno il venire meno del ciclo scorte, che aveva sostenuto i vivaci ritmi di espansione del 2017. «Tuttavia, anche per questi settori si intravedono spunti di crescita sui mercati esteri» sottolinea Lanza, «dove le imprese italiane potranno beneficiare dell’incremento di competitività che deriva dalle ristrutturazioni degli ultimi anni, con la comparsa di nuove linee di produzione tecnologicamente all’avanguardia, per esempio, la “chimica verde”, e degli sforzi messi in campo dalle aziende dei settori di eccellenza e a maggiore vocazione estera, come imballaggi e piastrelle». Il quadro di previsione della metallurgia (+2% la crescita attesa, nella media 2018-22) resta invece penalizzato dall’incertezza sull’esito della ristrutturazione del comparto siderurgico, con la questione dell’Illva di Taranto in prima fila.

I settori trainanti del Made in Italy

Per i settori di consumo tipici del Made in Italy, determinante sarà invece la capacità di cogliere la crescita della domanda mondiale di beni di alta gamma, che consentirà alle imprese italiane di mantenersi su un percorso di espansione del fatturato, sebbene a tassi inferiori alla media manifatturiera: Sistema Moda +1,5% nella media del periodo 2018-22, Mobili +1,3%, Alimentare e bevande +1,3%. «In coda al Ranking delle prospettive dei vari settori» rimarca Cristina Rossi, partner di Prometeia, «troviamo l’elettronica e gli elettrodomestici, penalizzati dalla forte concorrenza internazionale e da una base produttiva ormai fortemente ridotta rispetto al passato. Tuttavia, in entrambi i settori, non mancheranno le opportunità di sviluppo per le imprese innovative e posizionate su nicchie di mercato, in grado di sfruttare al meglio i fattori competitivi del Made in Italy: dalla cultura del Design alla capacità di servire al meglio altri settori di punta dell’industria italiana, tramite lavorazioni ad hoc, alla partecipazione in filiere produttive locali e internazionali».

Saldo commerciale in miglioramento, lento recupero redditività

In questo quadro complessivo dell’industria e del manifatturiero italiani, non si arresta il processo di miglioramento del saldo commerciale, che è previsto superare i 115 miliardi di euro nell’orizzonte del 2022. Il principale contributo verrà anche qui dalla Meccanica, che da sola garantirà 11 dei 25 miliardi di incremento del surplus, ma anche dall’alimentare e bevande e dalla farmaceutica, settori in deficit strutturale con l’estero fino a pochi anni fa. Anche se un’eventuale escalation delle spinte protezionistiche potrebbe modificare la geografia degli scambi mondiali. Il commercio estero contribuirà quindi in maniera positiva ai livelli di attività del manifatturiero nei prossimi anni, e fino al 2022: il fisiologico rallentamento della domanda interna frenerà la crescita delle importazioni di manufatti, combinandosi a esportazioni in espansione su ritmi vicini al 3,5% medio annuo.

«Nonostante le buone prospettive di crescita del fatturato» fa poi notare Rossi, «la redditività media delle imprese manterrà un profilo di recupero più lento nel 2018 e nel medio termine. Il processo di selezione e rinnovamento che ha caratterizzato il manifatturiero negli ultimi anni rallenterà progressivamente i suoi effetti positivi sul quadro finanziario: in praticolare, sulla base delle stime Prometeia, sia il ROI che il ROE potranno assestarsi sui buoni livelli raggiunti nel 2017, sfiorando rispettivamente il 9% e l’8% nell’orizzonte del 2022».

Occupazione: aumenta la popolazione di  lavoratori qualificati

Il rimodellamento in atto del tessuto produttivo della manifattura italiana comporta, poi, anche effetti sul fronte occupazionale. C’è stato, ed è in corso, un processo di trasformazione delle competenze interne al manifatturiero, che ha visto un riposizionamento della forza lavoro verso mansioni più qualificate, soprattutto del tipo “colletti bianchi”. Il trend è visibile in quasi tutti i settori, ed è stato particolarmente intenso nella filiera dell’automobile e in quella dell’elettrotecnica ed elettrodomestici. Oggi la struttura per mansioni e competenze del settore auto italiano si presenta più allineata a quella di Germania e Francia, rispetto al passato. Anche il riposizionamento della meccanica su livelli occupazionali più qualificati ha comportato un avvicinamento della struttura italiana a quella tedesca, con ancora differenze importanti riguardo al peso delle professioni intellettuali e scientifiche, compresi gli addetti alla Ricerca e sviluppo, e a quello della base operaia meccanica qualificata, che restano più elevati in Germania.

E la valorizzazione del capitale umano è ancora più importante alla luce della crescente digitalizzazione dell’attività manifatturiera: in questo scenario, gli investimenti in ICT e attività immateriali si confermeranno tra le componenti più dinamiche della domanda interna. Ma lo scenario fino a qui delineato appare sensibile a numerosi fattori di rischio. Preoccupante, in particolare, la possibilità di una crescita delle spinte protezionistiche, che potrebbe avere effetti dirompenti sulla geografia degli scambi globali, con intensità e conseguenze variabili da settore a settore.














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