Liu Jo Luxury, quando l’innovazione del modello di business crea valore

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di Laura Magna ♦ L’incontro  tra Liu Jo e Nardelli luxury,  tra fashion e gioielleria artigianale ha dato vita a un’azienda e, soprattutto, ha creato un nuovo mercato

Innovare in un settore tradizionale come quello dell’orologeria e imporsi con un modello di business che nessun altro, in quel mercato, ha ancora messo in pratica. Lo ha fatto Liu Jo Luxury, che ha applicato a gioielli e orologi le regole del fast fashion e ha scelto di avvalersi di una rete distributiva con negozi di proprietà e in franchising in cui ogni singolo punto vendita tende alla clusterizzazione per potenzialità del mercato, di modo che venga rifornito solo della quantità esatta di merce che riuscirà a vendere. La sua storia rappresenta un modello di Innovazione che noi di Industria Italiana – che ci siamo dati la mission di raccontare l’Innovazione e l’Economia Reale di questo Paese – riteniamo interessante raccontare.







Liu Jo e Nardelli luxury : scocca l’ora dell’ incontro

Il gruppo che ha rivoluzionato il mondo dell’orologeria di moda nasce dall’unione di due competenze: il fashion di Liu Jo e la gioielleria artigianale di Nardelli Luxury. L’incontro – che è poi l’incontro tra due imprenditori, Bruno Nardelli, gioielliere napoletano di prima generazione, e Marco Marchi, uno dei due fratelli fondatori di Liu Jo – avviene nel 2006, anno di profonda crisi per il mercato degli orologi, soppiantati nella loro funzionalità precipua dallo smartphone. In quegli anni non era raro trovare prodotti anche di grandi marchi del lusso, distribuiti sul mass market a prezzi stracciati. Il che, ovviamente, ne sviliva il posizionamento. Come minimizzare questo rischio ?

Liu Jo Luxury lo ha fatto costruendo il suo modello di business su due elementi: fare dell’orologio un oggetto che non servisse più solamente a controllare l’ora, bensì a completare l’outfit. In più, facendone un oggetto in cui il colore è la caratteristica dominante e gestendo il flusso di prodotto in maniera da immetterlo nel circuito commerciale in modo scientifico: clusterizzando i negozi in base alle potenzialità di vendita, così da bilanciare sell-in e sell-out in modo da ridurre al minimo il magazzino ed evitare la creazione di rimanenze da riversare poi su di un mercato parallelo.

Risultato: a dieci anni dalla sua creazione Liu Jo Luxury fattura 11 milioni di euro, in un mercato molto parcellizzato in cui le linee generate da accordi di licenza – anche di marchi molto più noti e grandi come Fossil e Armani – viaggiano sui 7-8 milioni. Un mercato nel quale molti marchi del lusso accessibile hanno provato a entrare, per poi rinunciare dopo due o tre anni. Un segnale che la forza del brand da sola non basta se non si è in grado di capire il mercato.

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Un modello delle collezioni Liu Jo Luxury

L’ idea innovativa vincente

L’idea alla base dell’alleanza tra Nardelli e Liu Jo è è di applicare a un settore statico e tradizionalista come l’hard luxury le strategie commerciali e di marketing (più dinamiche e innovative) della moda. Il processo di creazione avviene in un “ufficio stile” interno che dialoga con quello Liu Jo, proprio della casa madre della moda, che lavora per intercettare la domanda del mercato e costruire un’offerta in linea. Ne escono collezioni che, come nella moda di alta gamma, si rinnovano rapidamente e secondo le tendenze di stagione, e che coprono una gamma completa, uomo, donna e bambino.

La prima linea di gioielli in argento è arrivata nel 2006, poi è stata la volta degli orologi colorati nel 2009. Nel 2011 si aggiungono accessori per i più piccoli e nel 2015 quelli per l’uomo. Il tutto nella cornice di una distribuzione capillare, tipica del fast fashion: 70 punti vendita tra monomarca e franchising, 1200 gioiellerie indipendenti e 500 punti vendita dei principali gruppi d’acquisto. E’ un modello questo, che sceglie una formula distributiva destinata a diffondersi in maniera sempre più capillare, soppiantando la classica e un po’ polverosa gioielleria d’antan.

Chi è Nardelli

L’innovazione permea anche il modello societario. L’accordo tra Nardelli e Marchi va oltre la cessione di una licenza: Nardelli Luxury e Liu Jo di fatto diventano partner di un’impresa nuova che si pone l’obiettivo di trattare, dal punto di vista della cura del prodotto, il cliente del lusso accessibile nello stesso modo in cui viene trattato quello dell’hard luxury, offrendogli però i servizi e la velocità tipica del mondo fashion.

«Per ognuno di noi, inteso come consumatore , la moda è sia uno strumento per rappresentarsi nel sociale e nella vita privata, sia uno strumento di gratificazione – dice a Industria Italiana Bruno Nardelli, amministratore delegato di Nardelli Luxury e direttore creativo del brand di orologi e gioielli Liu Jo Luxury -. E chi lavora nella moda, nel fashion deve mettere sempre al centro il consumatore con i suoi sogni, le sue ambizioni e i suoi bisogni, spesso latenti».

Nardelli, napoletano doc, ha ereditato dal papà, come i suoi fratelli, Dna imprenditoriale e capacità commerciali. Ma tutto il resto l’ha fatto da sé, insieme a Domenico, il fratello maggiore che era ancora adolescente quando iniziò a lavorare nel mondo dei gioielli, con la fondazione della Nardelli Gioielli. Con l’ingresso di Bruno l’azienda diventerà una delle maggiori realtà italiane del settore, fino alla fondazione della Nardelli Luxury, nel 2006, e all’acquisizione della licenza Liu Jo, che cambia tutto e apre un nuovo orizzonte per l’imprenditore napoletano. E anche, a ben vedere, per il mondo della gioielleria tutto.

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Bruno Nardelli, a sinistra, e Marco Marchi

«Dal 2006 abbiamo lavorato per essere una realtà solida e questo ci ha permesso di avere una distribuzione molto selettiva e politiche commerciali che valorizzassero sempre il brand – spiega Nardelli –. L’ho potuto fare soprattutto grazie ad una solida partership con il fondatore di Liu Jo Marco Marchi, un grande imprenditore che con grande umiltà ogni giorno mi trasferisce la sua visione su come costruire sempre collezioni ad hoc per il consumatore Liu Jo». L’azienda diventa in pochissimo tempo uno dei pochi player italiani nel settore orologeria a distribuire l’originale e riconosciuto Italian style.

«Dopo vent’anni nel mondo dell’alta gioielleria – continua Nardelli – nel momento in cui ho scelto, nel 2006, di iniziare la nuova avventura imprenditoriale con la licenza di Liu Jo, mi sono imposto di non tradire il mio approccio al mercato e la continua ricerca di un rapporto costante con i bisogni del consumatore. Con Liu Jo Luxury – prosegue Nardelli – fin dal primo giorno abbiamo puntato a collezioni mai banali, con logiche di produzione che si rifanno ai canoni dell’alta gioielleria ma con l’obiettivo di poter offrire alla cliente il miglior rapporto qualità/prezzo». Dopo pochi mesi dall’inizio dell’avventura, ecco l’idea di dar vita a un orologio che fosse «innanzitutto accessorio fashion. Il tutto mettendo sempre al centro la qualità del prodotto e il suo design».

L’internazionalizzazione è stata quasi una conseguenza naturale di questo approccio.«Per la strategia di internazionalizzazione Liu Jo Luxury – spiega Letizia Monteforte per il marketing di Liu Jo Luxury – abbiamo puntato su Baselworld, la più importante fiera del settore, e da settembre del 2016 abbiamo scelto di tornare a VICENZAORO. Un ritorno legato alla volontà  di promuovere i valori di un brand che, a 10 anni dalla creazione, è una realtà indiscussa. In questo senso, la partecipazione a VICENZAORO, costituisce uno dei punti di un più ampio progetto di fidelizzazione della nostra clientela. Il progetto si evolve in attività mirate al cliente che attivamente segue il brand».

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Un modello delle collezioni Liu Jo Luxury

Chi è Liu Jo

Fin qui il racconto di Nardelli Luxury. Chi è, invece, Liu Jo? Un’azienda fondata nel 1995 a Carpi, nel distretto italiano della maglieria, dall’intuizione dei fratelli Marco e Vannis Marchi. Che puntano subito sul lusso accessibile con le collezioni Liu Jo e Liu Jeans e sviluppano il mercato italiano attraverso l’avvio della distribuzione multimarca in Italia per poi lanciarsi nella distribuzione monomarca sul mercato domestico e all’estero.

Nel 2000 viene introdotta Liu Jo Accessories, la collezione di accessori. Negli anni successivi il gruppo inizia a espandersi in Europa: dapprima con l’apertura, nel 2016, di uno store al civico 33 di Theatinerstraße di Monaco di Baviera, poi con l’allestimento in Francia, a Parigi, di uno spazio all’interno del centro commerciale Le Quatre Temps e nel centro di Les Halles. I nuovi punti vendita nella Ville Lumière, che rispettivamente misurano 125 e 167 metri quadrati, sono tra i più grandi della rete retail Francia.

Ciò che colpisce maggiormente quando si parla di Liu Jo è che si tratta di un gruppo in crescita in un settore che nell’ultimo biennio ha perso quota. Si tratta del 24esimo tra i gruppi del lusso italiani con un fatturato 2015 di 307 milioni, in crescita dell’1,7%, secondo i dati di Pambianco (società di consulenza che offre servizi alle aziende della moda, del lusso e del design. Ndr.).Vicino, per dimensione, a un nome come quello di Brunello Cucinelli, che fattura 414 milioni (ma che cresce di più, di oltre il 16% annuo).

Ma se si sposta lo sguardo ai numeri relativi alla redditività, Liu Jo fa un balzo in classifica di ben 12 posizioni e diventa 12esimo con un EBITDA/fatturato del 16%. E non è molto distante dal marchio che occupa la quarta posizione: Ferragamo, con un un EBITDA su fatturato del 22,7%, seguito dal 22,6% di Prada, dal 21% di Luxottica e dal 19,5% di Tod’s e dal 19,4% di Armani. Solo i primi tre superano la soglia del 30% staccandosi dal gruppo: Moncler (34,4%), Bottega Veneta (32,2%) e Gucci (30,9%). L’innovazione, anche nella moda, paga.














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