«Il governo non abbandoni i competence center dopo i primi tre anni»

di Marco Scotti ♦︎ Da Sps arriva la richiesta di un impegno garantito anche in futuro da parte delle istituzioni. Perché Impresa 4.0 non può essere un progetto triennale, ma deve poter contare su fondi (anche) pubblici, come avviene in UK. Le voci di Made, Cim 4.0, Artes 4.0, Meditech, Bi-Rex, Smact, Start 4.0, Cyber 4.0

«Siamo convinti che per avere una strategia coerente in Italia per quanto concerne il trasferimento tecnologico non si può fare affidamento esclusivamente sui privati: il Mise deve continuare a sostenerci anche alla naturale scadenza del partenariato, ovvero tre anni. In UK, dove hanno iniziato ben prima di noi e con risultati decisamente commendevoli, a otto anni di distanza dal kick off i competence center sono ancora sostenuti per un terzo dal ministero. Il Mise ha messo circa 70 milioni per finanziare gli otto centri, dovrebbe diventare un investimento continuativo, così come dovrebbe continuare a prevedere strumenti di agevolazione fiscale ». È con queste parole che Marco Taisch, presidente del competence center Made, ha chiesto a gran voce dal palco del forum inaugurale della Fiera Sps di Parma che le istituzioni garantiscano continuità al progetto-pilastro su cui poggia Impresa 4.0. Un incontro a cui hanno partecipato gli otto competence center che sono stati certificati dal dicastero guidato da Luigi Di Maio per rilanciare la domanda di innovazione da parte delle Pmi. Alla fiera Sps di Parma sono sfilati gli otto protagonisti: Artes 4.0, Meditech, Bi-Rex, Smact, Start 4.0, Cyber 4.0, Cim 4.0, Made.







Due le richieste che sono arrivate a gran voce dall’incontro che si è tenuto a Parma: non abbandonare i competence center al loro destino una volta che il triennio sotto l’egida del Mise sarà terminato e la necessità di mettere a fattor comune le esperienze maturate nei singoli centri. «Magari ci sarà qualche sovrapposizione – ci spiega Stefano Panzieri, rappresentante del competence center Cyber 4.0 – magari ci sarà anche competizione tra di noi, ma sarà sicuramente uno stimolo a fare meglio. L’unione delle diverse esperienze potrebbe avere un ruolo determinante per la buona riuscita del progetto».

I competence center

Dalla fine di marzo di quest’anno, infatti, con l’ultimo decreto attuativo diventato realtà, il Ministero dello Sviluppo Economico ha finanziato i centri con 73 milioni di euro stanziati a sostegno del progetto, per dare finalmente avvio al new deal di Industria 4.0. «In ballo – diceva l’ex direttore generale del Mise Stefano Firpo in un’intervista pubblica condotta dal nostro Filippo Astone – ci sono 60 miliardi di euro, fondi che potranno essere intercettati dai competence center nella misura in cui saranno in grado di esprimere una capacità progettuale orientata a soddisfare la domanda sollevata dalle nuove sfide con cui si stanno confrontando le aziende nel passaggio alla trasformazione digitale».

Ciascun centro avrà a disposizione una cifra che si aggira intorno ai 10 milioni di euro. Di questi, il 65% servirà a coprire le spese di costituzione e avviamento del centro mentre il restante 35% servirà a finanziarie progetti di innovazione, ricerca e sviluppo presentati dalle imprese. La copertura finanziaria per ogni singolo progetto è nella misura del 50% per un importo massimo non superiore a 200 mila euro. A conti fatti, per ciascun centro, significa poter contare su una disponibilità di circa 3,5 milioni di euro per supportare nuovi progetti d’impresa, cifra che potrà essere incrementata dal contributo offerto dai partner industriali associati alle varie iniziative.

Tra i big player ad avere condiviso il percorso d’innovazione spiccano i nomi di Fca, Leonardo, Abb, Rockwell Automation, Schneider Electric, Siemens, STMicrolectronics, Sap e Ibm. Il modello così definito, oltre ad incentivare investimenti a partecipazione mista pubblico-privata sul territorio nazionale, mira anche ad attrarre finanziamenti a livello europeo e internazionale.

Stefano Firpo
Stefano Firpo

Made

Con la nascita del competence lombardo guidato dal Politecnico di Milano, le imprese potranno accedere a servizi di orientamento, formazione e trasferimento tecnologico nell’ambito delle tecnologie che concorrono alla creazione di soluzioni di Industria 4.0. L’iniziativa è sostenuta da un finanziamento privato-pubblico di 22 milioni di euro: 11 provengono da imprese private e quasi 11 dal Mise. Oltre al Politecnico, esiste una partecipazione attiva da parte delle Università di Pavia, Bergamo e Brescia. Ogni soggetto coinvolto, impresa o istituzione pubblica, metterà a diposizione le proprie specifiche competenze per soddisfare un obiettivo comune: diffondere e capitalizzare il valore 4.0.

«Abbiamo costruito il progetto – ci spiega il presidente di Made Marco Taisch – per analizzare bisogni e fabbisogni per tecnologie fondamentali nell’industria 4.0. In quattro anni ci saranno complessivamente 30 milioni di investimenti. Abbiamo già sviluppato tre livelli diversi di obiettivi: il primo è di erogare più di 400 progetti di innovazione e trasferimento tecnologico, lanciare 200 assessment digitali, erogare oltre 45.000 ore/uomo di formazione, coinvolgendo 10.000 persone e 3.000 imprese. Il secondo livello è riuscire a convincere il Mise che lo strumento dei competence center andava finanziato all’inizio ma che deve essere sostenuto anche dal quarto anno in avanti. Non è neanche corretto pensare di far evolvere il paese verso il 4.0 solo con il sostegno dei privati: in UK continua ad arrivare un terzo dei finanziamenti dal governo anche dopo otto anni. Il Mise ha messo circa 70 milioni per finanziare gli otto centri, dovrebbe diventare un investimento continuativo, così come dovrebbe continuare a prevedere strumenti di agevolazione fiscale. Il terzo livello di sfida è che siamo convinti che per avere e fare strategia in Italia con il trasferimento tecnologico dobbiamo avere una dimensione internazionale. Entro due mesi usciremo con i bandi per le pmi, ma nel frattempo ci siamo già attrezzati per trovare partner continentali.

_Marco Taisch
Marco Taisch

Cim 4.0

Il Competence Industry Manufacturing 4.0 è il centro di eccellenza piemontese. Nella regione sono presenti i quartier generali di aziende multinazionali dell’aerospace e dell’automotiveFca, General Motor, GE Avio, Thales Alenia – con tutta una serie di co-partner fatto di medie e piccole e aziende: un sostrato eccellente da cui avviare la strategia del competence center. «Abbiamo due pilastri – ci spiega Enrico Pisino, ceo di Cim 4.0 – l’additive manufcaturing e il ciclo di sviluppo dell’additive manufacturing. Nel nostro competence center c’è la presenza di 24 tra le più importanti aziende italiane. Inoltre abbiamo coinvolto l’università di Torino in un progetto che, entro la fine dell’anno, potrà portare delle linee di additive e digital factory. Subito dopo l’estate faremo partire i lavori, mentre presenteremo il progetto alle pmi l’ultima settimana di giugno. Per quanto concerne la governance abbiamo definito il nostro cda che ora è composto da 10 rappresentanti delle sei filiere. Trasformeremo il consorzio in un soggetto a responsabilità limitata».

Artes 4.0

Artes 4.0, centro guidato dal Sant’Anna di Pisa, porta in dote competenze d’eccellenza nell’ambito della robotica avanzata con centri di ricerca e università che si estendono su 7 Regioni, dalla Toscana alla Liguria, dalle Marche al Lazio fino alla Sardegna e alla Sicilia. «Il nostro – ci spiega il vicepresidente Nunzio Abbate – è un agglomerato composito e complesso ma che può contare su grandi eccellenze industriali e non. Ad esempio possiamo fare affidamento su giganti come Hitachi o Comau, oppure su soggetti istituzionali come l’Inail, l’Iit, la Normale di Pisa, la Scuola Sant’Anna. Ma servono sforzi aggiuntivi da parte di tutti perché l’innovazione costa, non è qualcosa di gratuito. Per questo potrebbe essere intelligente mettere insieme le esperienze. Il nostro lavoro sarà quello di far funzionare tutti i partner, fare una mappatura e costruire le diverse competenze».

MediTech

Un’esperienza interessante è quella del MediTech che ha messo insieme le sette università di Puglia e Campania insieme a un ecosistema di 30 aziende. In questo modo si è creata un’integrazione al tempo stesso orizzontale e verticale delle competenze. «Le filiere che fanno parte del nostro network – ci ha spiegato Domenico Accardo, rappresentante del Meditech – sono spazio, agrifood, energia, trasporti e costruzioni. I competence center sono una grande opportunità se si capisce che il loro scopo non è quello di fare meglio cose che si facevano già, ma trovare nuovi modelli di business, nuove operazioni che altrimenti non sarebbero mai state esplorate. Per questo è importante poter offrire a una serie di aziende un luogo in cui incontrarsi sulla progettualità. Abbiamo avviato dei progetti pilota nella Città della Scienza con un budget complessivo di 20 milioni di euro. Si tratta di un unicum per una zona, quella del Meridione, che storicamente non ha mai avuto grandi possibilità di sperimentare in comparti come la manutenzione aeronautica, l’energia o l’Ict. Dal territorio stanno arrivando segnali incoraggianti, anche grazie al cambio generazionale in atto che consente di comprendere il nuovo paradigma tecnologico che stiamo vivendo».

 

Bi-Rex

Il competence center bolognese ha scelto di concentrarsi principalmente su big data e meccatronica. Inoltre, gli sforzi di Bi-Rex si concentreranno sulla manifattura additiva, per la quale si prevede di realizzare una linea pilota dove verranno integrate diverse macchine per la lavorazione di polveri di metalli e resine completamente automatizzate. «Il nostro centro – ci spiega Giampaolo Amadori, business development manager di Bi-Rex – prevede il coinvolgimento di 57 partner, di cui 12 istituzionali e 45 aziende. Nel primo gruppo annoveriamo cinque università, tra le imprese invece Ducati, Hera, Siemens e Ibm. Per noi è fondamentale riuscire a fare rete ed è proprio questa la sfida: spesso mi hanno chiesto quale sia la sostenibilità dei competence center una volta che non ci saranno più i sussidi del Mise. La mia risposta è che il nostro compito è diventare il faro, il portale e il luogo dove le pmi si possono rivolgere per trovare un network flessibile ed efficace, pronto ad aiutarli a rispondere alle loro necessità».

Smact

Smact, il Social Mobile Analytics Cloud Internet of Things, è capeggiato dall’Università di Padova, è sostenuto da una rete di atenei del territorio (Verona, Venezia, Iuav, Trento, Bolzano, Udine, Trieste) ed è focalizzato su agroalimentare, abbigliamento, arredamento e automazione. «In un territorio peculiare come il Triveneto – ci spiega il direttore del competence center, Fabrizio Dughiero – popolato da pmi, era necessario trovare delle tecnologie che fossero trasversali. Anche perché noi crediamo fermamente che il vero valore aggiunto della digital transformation sia fare cose diverse da quelle che già facevamo. Per questo abbiamo cooptato le nove università del Triveneto, due centri di ricerca e 27 aziende. Quello che noi proponiamo sono competenze legate a “campioni” dell’innovazione, ricercatori che sanno fare analisi pratica insieme alle aziende. Lavoreremo sempre con grande sinergia, ma ogni territorio avrà le sue peculiarità: ad esempio la meccatronica sarà incentivata soprattutto a Trento e Rovereto, l’agrifood a Padova e Verona. Per quanto riguarda il nostro statuto, noi siamo una Società Consortile per Azioni, abbiamo un consiglio di sorveglianza e uno di gestione. Entro l’estate lanceremo i primi bandi, mentre mancano ancora i live demo. Siamo già operativi al 100%, anche perché il consiglio di gestione si è riunito già 6 o 7 volte. Per quanto riguarda, infine, il nostro rapporto con il Mise, non dobbiamo pensare di essere un’entità statale, ma una startup business oriented».

 

Start 4.0

In Liguria si è sviluppato Start 4.0, che si è concentrato soprattutto sulla sicurezza, declinata poi nei comparti dell’energia, dei trasporti, dell’acqua, dell’industria 4.0 e delle quattro autorità portuali della regioni. Fanno parte del consorzio 13 grandi aziende, tra cui Abb e Ansaldo, e altre 20 piccole imprese. «Sono con noi – ci racconta Paola Girdinio, presidente di Start 4.0 – anche le quattro autorità portuali liguri. Lo scopo è offrire un servizio di security a 360 gradi. Stiamo avviando la progettazione del digital twin che dovrà però essere sviluppato step by step: inizieremo con un varco in un porto, abbiamo già attivato in maniera concreta la collaborazione con l’autorità portuale, attualmente siamo in fase di pianificazione costi. Inoltre stiamo preparando anche corsi di formazione con la realtà aumentata e virtuale, in modo tale da raggiungere livelli di automatismo tali da garantire la sicurezza. Vedo con piacere che stiamo facendo squadra, che tutte le componenti ci credono davvero: insieme possiamo fare un servizio concreto per il paese e se davvero potessimo unirci agli altri competence center otterremmo risultati ancora più significativi».

 

Cyber 4.0

Nel Lazio si trova invece Cyber, un competence center che si focalizza su tre settori principali: salute, aeropsazio e automotive. «Abbiamo iniziato a spendere – ci racconta Stefano Panzieri, rappresentante di Cyber – ma abbiamo ancora una resa abbastanza bassa dell’investimento. Dobbiamo necessariamente avviare un rapporto di fiducia con le imprese laziali. Nell’automotive, ad esempio, ci stiamo concentrando anche sul mondo delle smart street. Dobbiamo ancora darci una struttura, ma offriamo un’enorme opportunità: ripensare il trasferimento tecnologico. Quello che mi sono accorto che manca è la figura del mediatore tecnologico ed è qui che noi possiamo essere veramente utili».

stefano panzieri
Stefano Panzieri













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