I nuovi contratti tra rinnovamento (dei meccatronici) e jobs act depotenziato (Bonomi-assolombarda)

di Filippo Astone e Francesca Morandi ♦ I tre pilastri del nuovo corso delle relazioni industriali:  salari legati alla produttività, welfare aziendale, formazione continua. Li abbiamo approfonditi con Stefano Franchi (Federmeccanica), Massimo Bottelli (Assolombarda) e con il Presidente Carlo Bonomi. Che ha anche fatto alcune interessanti considerazioni sul Jobs Act…

Legare i salari alla produttività, puntare sul welfare, investire nella formazione continua. Sono questi i tre pilastri del “Rinnovamento” culturale e contrattuale dei metalmeccanici, che in Assolombarda, e non a caso, hanno iniziato a chiamarsi meccatronici. La meccatronica, settore industriale nato dal matrimonio della meccanica con l’elettronica, è infatti possibile solo con capitale umano sempre più competente e qualificato. E i meccatronici, credono che le relazioni industriali vadano rifondate per raggiungere questo scopo, fondamentale nella dinamica competitiva. Per questo preferiscono parlare di “rinnovamento contrattuale” invece che di semplice rinnovo. Molti elementi che vanno in questa direzione sono stati introdotti dal contratto nazionale dei metalmeccanici per il periodo 2016-2019, che sta trovando in questi mesi attuazione nelle fabbriche italiane.

Il contratto è stato firmato il 26 novembre 2016 da Federmeccanica, Assistal e dalle tre sigle sindacali Fim, Fiom e Uilm. Recentemente è stato al centro di un incontro organizzato da Assolombarda a Magenta, presso lo stabilimento della Disa (azienda produttrice di apparati di iniezione per motori diesel, presieduta da Nicolò Codini, anche vicepresidente del gruppo meccatronici di Assolombarda stessa), nell’ambito del quale si sono confrontati imprenditori locali ed esponenti confindustriali. L’incontro di Magenta è la fonte principale di questo articolo, che è stato completato con alcuni approfondimenti. All’incontro ha partecipato anche il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, che con Industria Italiana, a margine, ha poi fatto alcune considerazioni interessanti in merito all’evoluzione del Jobs Act, a suo dire, indebolito rispetto agli obiettivi originari. Cominciamo da questo argomento, per poi esporre i tre pilastri.







 

Bonomi
Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda

Carlo Bonomi: l’efficacia del jobs act è stata depotenziata

«L’efficacia del Jobs Act ha subito una perdita di incisività», dice Bonomi, «Infatti le politiche attive per il lavoro non hanno ancora trovato una significativa attuazione, un aspetto che doveva essere al cuore del Jobs Act e che riteniamo fondamentale. La situazione è stata ulteriormente complicata dall’esito del referendum sulla modifica costituzionale che ha limitato l’operatività dell’Anpal. In ogni caso è importante che le buone pratiche di alcune regioni siano salvaguardate e possibilmente estese. Va inoltre ricordato che questa riforma conteneva un potenziamento dei voucher, che invece sono stati successivamente quasi cancellati per evitare un referendum che, a nostro avviso, era insensato perché andava contro gli interessi di imprese e lavoratori». «Oltretutto-sostiene ancora il presidente di Assolombarda- quanto finora risulta sulla fortissima limitazione nell’utilizzo dei voucher farebbe ipotizzare un probabile aumento del lavoro nero, un fenomeno che noi condanniamo e che va in ogni modo arginato».

Primo pilastro: salari e produttività

Veniamo ora ai tre pilastri del Ccnl. Nel contratto nazionale sono fissate solo le garanzie economiche di base con l’adeguamento ex post dei minimi all’inflazione reale (ipca al netto degli energetici importati). Spazio quindi ai premi di risultato in azienda per collegare realmente i salari alla produttività. Se l’azienda migliora la sua produttività sulla base di certi parametri – ad esempio il margine operativo lordo – può essere individuato un valore aggiunto da redistribuire ai lavoratori tramite un premio di risultato pienamente variabile e detassato. Per il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi il nuovo contratto rappresenta «una sfida per recuperare produttività, posti di lavoro e competitività, in un panorama in cui le aziende sono chiamate alla trasformazione epocale dettata dall’Industria 4.0».

A parlare di  «rinnovamento culturale portato dal contratto», che «è diverso da quelli tradizionali» è il direttore generale di Federmeccanica Stefano Franchi, secondo il quale il CCNL «sarà propulsore di collaborazione all’interno delle fabbriche».
«Si tratta di un contratto nel quale è difficile arrivare ad una quantificazione del valore complessivo essendoci alcuni elementi, come ad esempio i ‘flexible benefits’ che, rispondendo a bisogni delle persone, differenti da lavoratore a lavoratore, possono generare un extra valore che va oltre il valore intrinseco del benefit in sè». Sulla stessa linea Massimo Bottelli, direttore del settore lavoro welfare e capitale umano di Assolombarda, secondo il quale «oggi vengono cambiati i paradigmi del passato, come la logica in base alla quale il contratto deve dare soldi e incrementi obbligatori alle varie scadenze». Un meccanismo che non poteva più reggere, lascia intendere Bottelli, dopo essere partito da un dato netto: «In 15 anni l’Italia ha perso 30 punti in produttività».

 

Stefano Franchi
Stefano Franchi, direttore generale Federmeccanica
Secondo pilastro: nuovo welfare

Un secondo pilastro del nuovo contratto metalmeccanico sono prestazioni di welfare che prevedono l’estensione della sanità integrativa al 100% dei lavoratori e ai loro familiari a carico con il Fondo MetaSalute e il potenziamento della previdenza complementare attraverso il Fondo Cometa. Considerando che l’assistenza sanitaria integrativa offerta da MetaSalute sul mercato avrebbe un prezzo superiore a 700 euro annuali, si tratta di un’azione forte di tipo assistenziale verso i dipendenti, ai quali vengono anche assegnati – altra novità – i cosiddetti “flexible benefits” inseriti nel CCNL (pari a 100, 150 e 200 euro rispettivamente per gli anni 2017, 2018, 2019).

In buona sostanza Cometa, fondo di previdenza complementare ad adesione facoltativa, che era presente anche prima del rinnovo contrattuale, oggi continua a essere un servizio su base volontaria. La novità risiede nell’aumento della percentuale di contribuzione a carico dell’impresa, che prima versava l’1,6% mentre oggi il 2%. Un incremento contributivo che, non pesando sul lavoratore, genererà a quest’ultimo una redditività maggiore una volta raggiunta l’età pensionabile.  Per quanto riguarda il Fondo MetaSalute – che prima era ad adesione facoltativa – ora non lo è più per chi non ha altre forme di copertura in azienda. Il nuovo contratto inoltre prevede che sia soltanto l’azienda a pagare il contributo al Fondo MetaSalute, mentre prima la contribuzione era anche a carico del lavoratore, con 3 euro mensili. – I “Flexible benefits” sono beni e servizi esentasse erogati dall’azienda a beneficio del lavoratore. In concreto possono, per l’anno 2017, essere 100 euro per rimborsi testi scolastici dei figli, vari tipi di assistenza (badanti o babysitter), abbonamenti etc, ma anche di buoni benzina o buoni per fare la spesa.

Stefano Franchi evidenzia l’efficacia degli strumenti messi in campo sul fronte del welfare, rilevando che «a differenza delle soluzioni uguali per tutti, quelle modulabili sulla base degli specifici bisogni delle singole persone acquistano un valore maggiore per i dipendenti e consentono di sviluppare un maggiore attaccamento verso l’azienda, innescando così processi virtuosi, anche per la produttività». Massimo Bottelli pone invece l’accento sulla modalità di erogazione di questi benefit, «che deve rispondere quanto più possibile alle caratteristiche e alle esigenze dei lavoratori. Inoltre anche quanto percepito come premio di risultato non deve essere necessariamente pagato in forma cash ma potrebbe, a richiesta del lavoratore, essere corrisposto sotto forma di welfare, anche servendosi di piattaforme informatiche come quella utilizzata da Assolombarda Servizi».

 

Massimo Bottelli
Massimo Bottelli, direttore del settore lavoro welfare e capitale umano di Assolombarda
Terzo pilastro: formazione continua

Terzo pilastro del nuovo Ccnl è il diritto alla formazione continua per tutti i dipendenti. Un punto rilevante, quello dell’aggiornamento delle competenze, che va a vantaggio della crescita professionale dei singoli lavoratori e della loro occupabilità, ma che è anche fondamentale nell’attuale fase di passaggio dal tradizionale comparto metalmeccanico verso la “Meccatronica”. Il datore di lavoro deve garantire la formazione ai suoi dipendenti per un ammontare di 24 ore formative nell’arco di tre anni. I corsi sono organizzati dall’impresa elaborando progetti aziendali. Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia organizzato i corsi allo scadere del secondo anno, il lavoratore potrà esercitare individualmente il suo diritto soggettivo alla formazione e l’azienda sarà tenuta a mettere a disposizione 2/3 delle 24 ore per partecipare ad iniziative formative organizzate in azienda o in subordine finalizzate all’acquisizione di competenze trasversali linguistiche (come per esempio, un corso di inglese) digitali (come ad esempio l’aggiornamento delle competenze informatiche), tecniche o gestionali impiegabili in azienda. In questo caso il datore di lavoro è tenuto a sostenere i costi fino ad un massimo di 300 euro.

Osservando che la stessa parola “formazione” è etimologicamente inserita «nella parola tras-formazione», Franchi sottolinea come competitività aziendale e risultati siano fortemente connessi alle competenze dei lavoratori. Che devono crescere insieme al progredire dell’innovazione. Concetto ripreso da Bottelli che raccomanda di non «vivere la formazione come un obbligo di adempimento burocratico, ma come mezzo volto a un obiettivo comune nel quadro di un efficientamento e di uno sviluppo aziendale».

Nicolò Codini
Nicolò Codini, presidente di DISA Spa e vicepresidente del Gruppo Meccatronici di Assolombarda
Di che cosa parliamo quando parliamo di meccatronica

Il tema contrattuale discusso a Magenta è stato anche lo spunto per riflettere sull’evoluzione delle aziende da meccaniche a meccatroniche e sulle opportunità collegate. Per farlo il presidente di Assolombarda Bonomi usa i numeri: «Ammontano a oltre 1400 miliardi di dollari, le esportazioni a livello globale inerenti la Meccatronica, pari a circa il 10% del commercio mondiale», ha detto Bonomi, ricordando che «l’Italia è la seconda manifattura in Europa dopo la Germania» e la «Meccatronica è un comparto fondante del piano nazionale Industria 4.0 con cui il governo intende rilanciare la politica industriale italiana».

La Meccatronica è il settore più coinvolto dagli incentivi previsti dal super e iper ammortamento del piano Industria 4.0 (come chiarisce la circolare n. 4/E del 30 marzo 2017 redatta dal Ministero dello Sviluppo Economico) volto a dare impulso all’ammodernamento delle imprese e alla loro trasformazione tecnologica e digitale. Ma non è solo il governo a spingere per la cosiddetta “rivoluzione digitale” nelle fabbriche, come hanno confermato gli interventi dei rappresentanti di Federmeccanica e Assolombarda, tesi a sottolineare l’utilità del nuovo CCNL al rinnovamento del panorama industriale.

 

Interno stabilimento Disa
Interno stabilimento Disa

A ragionare su questi temi è stato anche il “padrone di casa”, Nicolò Codini, presidente di DISA Spa e vicepresidente del Gruppo Meccatronici di Assolombarda. «Oggi ci chiamiamo Meccatronici», ha affermato Codini enfatizzando che il “nuovo nome” indica quel cambiamento radicale in atto in questo settore tradizionale della manifattura italiana, la metalmeccanica, che non va più percepita secondo i canoni del passato (vedi Industria Italiana ) ma nella prospettiva delle potenzialità dell’Industria 4.0.Potenzialità già confermate dai numeri odierni.

Secondo i dati di Federmeccanica l’industria metalmeccanica italiana produce ricchezza, misurata con il valore aggiunto, per oltre 100 miliardi di euro, e genera un attivo dell’interscambio commerciale di circa 60 miliardi di euro. Circa l’80% della produzione metalmeccanica, classificata sulla base delle spese sostenute in ricerca e sviluppo, è definita ad alta e medio/alta tecnologia. È un settore che, su base nazionale, esporta beni per 200 miliardi di euro. La Lombardia è la regione col numero più elevato di aziende del comparto (44 mila unità locali), seguita dal Veneto (20 mila unità locali) e dall’Emilia Romagna (19 mila unità locali). Questo primato della Lombardia si attesta sul territorio di Milano, Lodi, Monza e Brianza, dove opera il 37% delle unità locali metalmeccaniche lombarde e ben il 10% di quelle italiane.

 

Interno stabilimento Disa
Interno stabilimento Disa

Valori economici che hanno certamente contribuito ai dati, diffusi dall’Istat nei giorni scorsi, sull’aumento della produzione industriale di luglio, cresciuta dello 0,1% su base mensile e del 4,4% su base annua. Come rilevato dall’Istat, l’indice tendenziale è in crescita quasi ininterrotta da agosto 2016 con la sola eccezione di gennaio 2017, che segna una ripresa trainata dai beni strumentali, che vedono un forte aumento del 5,9% sull’anno e sono l’unico comparto ampliamente sopra il livello del 2010. Il commento, ai dati Istat, del ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda è stato un monito a non perdere la rotta intrapresa: «L’indice riferito ai beni strumentali (+5,9%) e la crescita ancora più significativa della fabbricazione di macchinari e attrezzature (+8,0%) – ha detto Calenda – indicano che il Piano nazionale Industria 4.0 funziona».














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