Hpe e digital transformation: come vincere la mentalità conservatrice all’interno di alcune aziende

di Marco de’ Francesco ♦ Il processo di evangelizzazione IoT della multinazionale. Per vincere gli atteggiamenti conservatori in fatto di tecnologie abilitanti, proposte di roadmap personalizzate e uno starter Kit per le imprese. E per lo smart manufacturing nessuna battuta d’arresto in futuro. Parla  il numero uno di automotive e Iot Volkhard Bregulla

“Vedere per credere”. Un’espressione che riassume anche la strategia del gigante della tecnologia informatica Hpe per la diffusione dell’IoT in versione edge (con dati, cioè, elaborati in prossimità delle macchine che li generano) tra le aziende. In particolare, tra le imprese “owner driven”, quelle caratterizzate in genere da un atteggiamento conservatore in fatto di adozione di tecnologie abilitanti. Centrale è un approccio pragmatico – per il quale vengono messi a disposizione delle imprese pacchetti standard, “IoT starter kit”, che rappresentano in un certo senso la versione per principianti di strumentazioni via-via più complesse. Questo è quanto basta per scoprire le potenzialità dell’IoT in fatto di controllo dei processi e di manutenzione predittiva – monitoraggio intelligente che continua ad essere in generale una delle porte di ingresso per l’internet delle cose. E che consente risparmi considerevoli.

È necessario, però, che nelle aziende IT e OT vadano d’accordo: solo la loro convergenza consente il migliore utilizzo dei dati. Perché ciò accada, occorre che chi si occupa di una funzione e chi gestisce l’altra siano impegnate nella risoluzione di problematiche comuni. Per il resto, c’è grande ottimismo per l’avanzata dell’IoT in particolare e dello Smart Manifacturing in generale: la crisi dell’Eurozona non è destinata a colpire con violenza il settore. Parola di Volkhard Bregulla, vice president global manufacturing automotive and Iot di Hpe, intervistato da Industria Italiana qualche giorno fa a Ginevra.







 

Volkhard Bregulla, vice president global manufacturing automotive and Iot di Hpe

D.Qual è la vostra strategia per raggiungere le industrie e convincerle che vale la pena investire nell’IoT?

R.«Naturalmente la presenza a conferenze ed eventi, spesso organizzati da associazioni industriali, consorzi ed altro, è fondamentale per prendere contatti, e noi ci siamo. Ma è abbastanza evidente che il tema non è questo. A prescindere dalla dimensione dell’ azienda, si assiste talora al prevalere di una mentalità conservatrice, difficile da superare, dovuta al fatto che queste imprese sono “owner-driven”, e cioè sono guidate dall’imprenditore che le ha fondate o da membri della famiglia. Non è facile convincere costoro che vale la pena di correre i rischio di provare. Ma si può fare e di fatto noi lo facciamo, agendo in modo molto pragmatico. Facendo testare le soluzioni, sino alla prova di fattibilità; e disegnando per le aziende roadmap personalizzate grazie alla quali gli imprenditori possono constatare nell’immediatezza i risultati.»

«E poi abbiamo preparato anche piccoli pacchetti standard, con tanto di server e un po’ di software; per esempio, abbiamo approntato degli “IoT starter kit” , con un piccolo Edgeline server (un hardware, per elaborare dati at the edge, e cioè in prossimità della fonte di generazione. Nella pratica, le aziende possono implementare un vasto ecosistema di applicazioni e dispositivi di Ot per sfruttare la considerevole quantità di informazioni generate da sensori, linee, asset, macchine. I sistemi convergenti di Hpe sono, all’aspetto, molto compatti. ndr) molto concentrato e con un po’ di elettronica; lo si pone vicino alla macchina, e subito l’azienda scopre le tante potenzialità dell’IoT, in termini di controllo effettivo dei mezzi, in termini di manutenzione predittiva e tanto altro. Ciò che l’azienda apprende, lo scopre quasi immediatamente, e questo fa la differenza».

D.Come si può ottenere, nelle aziende, la migliore convergenza tra IT ed OT, in vista dello Smart Manufacturing. Quali consigli darebbe?

R.«Anzitutto, in azienda bisogna capire chi si occupa di IT e chi di OT. E bisogna vedere se si parlano tra di loro. Perché, se in alcune aree ciò accade naturalmente, in altre si assiste invece ad un contesto conflittuale. Talvolta, la tendenza è quella di creare dei silos, con comparti reciprocamente refrattari alla comunicazione. E quando devi realizzare dei ponti, devi anche cercare di comprendere le cause delle divisioni. Per quanto mi riguarda, io riunirei le persone e le farei lavorare insieme secondo una metodologia scrum (in un team cross-funzionale, senza un project manager con poteri decisionali; Ndr) secondo un modello organizzativo che aiuti i partecipanti a risolvere insieme i problemi. »

«La scelta del problema da porre è poi essenziale. Deve in effetti trattarsi di una questione particolare: tutti i partecipanti devono riconoscere sin dall’inizio di non poterla risolvere da soli. Per esempio, i problemi relativi alla sicurezza: riguardano più aree, e costringono le parti al confronto. Questo perché la sicurezza in IT è molto diversa da quella in OT. Ma in ogni caso le parti possono apprendere le une dalle altre».

 

Hpe edgeline el300 converged edge system

D. Come spiegare alle aziende il modo migliore per ottenere risultati di business con l’IoT?

R.«In realtà, c’è una decina o una quindicina di indicatori di performance dai quali risulta il vantaggio dell’IoT in termini di business. Soffermiamoci sulla qualità della produzione. Un esempio è quello di una azienda che produca macchine di movimento terra, al cui interno siano innestate delle pompe per il funzionamento del motore. Con l’IoT la macchina può cambiare l’anello della pompa proattivamente. Con la manutenzione predittiva poi, un’azienda può procedere allo spegnimento controllato delle macchine, agendo anche al contempo rispetto ai mezzi che si intendono curare. Così facendo, si risparmiano di volta in volta migliaia e migliaia di euro. Ma in realtà si potrebbero fare tantissimi esempi».

D. Quanto conta la manutenzione predittiva nella scelta di chi decide di utilizzare l’IoT?

R.«Quello della manutenzione predittiva è ormai un mercato maturo, ed è quello dal quale tutti iniziano. E’ un buon inizio: è il modo tipico di accedere all’IoT. Direi che si tratta di un passaggio logico. È anche un buon modo di convincere gli stakeholder dell’azienda a investire nell’internet delle cose».

D.Il Fondo Monetario Internazionale, per l’anno in corso, ha di recente ridotto le stime di crescita dell’Eurozona dall’1,9% al 1,6%. Per l’Italia è previsto un misero 0,6%, ma frena anche il Pil tedesco. A suo giudizio, quali effetti ciò potrebbe determinare sul mercato dell’IoT?

R.«Non ci attendiamo troppa negatività; e neppure la vediamo arrivare. È logico pensare che l’economia segua dei cicli, ma nel nostro campo la domanda è in crescita. Insomma, non vedo un cambiamento massivo, in grado di determinare una crisi di settore. D’altra parte, noi ci siamo preparati anche a scenari negativi, magari indotti da politiche regolatorie poco coerenti che questo o quel politico può porre in essere. Noi abbiamo preparato le nostre contromisure sia in termini di filiera che in una prospettiva di sicurezza. Pertanto non temiamo nulla di particolare. E poi, ripeto, l’economia va un po’ su e un po’ giù. È normale. La crisi del 2008 è durata per sempre? Il boom di oggi durerà per sempre?».

D.Nella sua opinione quale settore industriale è più coinvolto con l’Iot? E quale sarà in un prossimo futuro?

R.«Anzitutto l’IoT è fondamentale per la trasformazione digitale. Si guardi a questo fenomeno nel suo insieme: le aziende che iniziano ad automatizzare i processi, e poi ad avanzare nella digitalizzazione, grazie all’estrazione e all’esame dei dati dalle macchine. Dunque, attualmente, i mercati più interessati dall’IoT sono quelli “core” del digital manufacturing, dalla meccanica all’oil&gas. Ma anche l’energia e i trasporti sono molto coinvolti. Questo quanto all’industria vera e propria. In un futuro prossimo, direi che i comparti più interessati saranno l’healthcare, con il monitoraggio remoto dei pazienti, e le smartcity, che non è propriamente un settore industriale. Ma questi due ultimi comparti rappresentano attività regolate dai governi, dalle pubbliche amministrazioni. Siccome occorre dar vita a processi normativi e di sistema, i tempi non saranno brevi».

 

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Oltre all’ automotive i settori più promettenti per l’IoT sono l’ Oil&Gas e tutto quanto ruoterà intorno alla Smart City

D. Secondo la società di consulenza Roland Berger, lo Smart Manufacturing genererà un giro d’affari di 500 milioni di euro e sei milioni di posti di lavoro entro il 2030. Pensa che queste prospettive saranno rispettate? Come procede la diffusione dello Smart Manufacturing?

R.«Non spetta a me parlare al posto di Roland Berger, né di commentare gli studi di questa società di consulenza. Il fatto è che noi portiamo avanti le nostre ricerche. Intervistiamo migliaia di aziende-clienti. Ciò che è emerso, è che il 63% di loro pensa che lo Smart Manufacturing (la produzione intelligente, quella che mira a sfruttare la connessione e le tecnologie avanzate per incrementare la flessibilità nei processi) non si rivelerà un killer per i posti di lavoro, ma anzi finirà per produrne tanti di nuovi. Forse saranno anche generati 500 miliardi; posso solo dire che se così fosse, ciò indubbiamente rappresenterebbe un volano per tutte le nostre attività. La digitalizzazione è spinta dall’IT, dall’intelligenza artificiale, dall’IoT. Da quello di cui noi ci occupiamo. Noi peraltro abbiamo capito come si accelera il meccanismo: con gli use case, con l’opportunità per le aziende di toccare con mano le soluzioni, incoraggiando le imprese, e facendo loro capire che ce la possono fare. “Vedere per credere”, si dice. È quello che cerchiamo di fare con le aziende».














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