Biennale Innovazione / Sotto la lente il modello Gnammo

Da sinistra: Cristiano Rigon, Gian Luca Ranno, Walter Dabbicco
Da sinistra: Cristiano Rigon, Gian Luca Ranno, Walter Dabbicco

di FIlippo Astone e Laura Magna ♦ Gnammo, start-up specializzata nel social eating punta ai mercati esteri. E ha un approccio strategico significante e innovativo, che sarà discusso alla Biennale dell’Innovazione di Venezia.
Conquistare l’Italia dei social eaters e poi, nel 2017, replicare il modello in un altro Paese europeo. I progetti di Cristiano Rigon e Gian Luca Ranno (nella foto in alto, i primi due da sinistra), fondatori di Gnammo, valicano i confini nazionali per arrivare in Europa. Gnammo, che qualcuno definisce “l’Airbnb delle cene”, ha portato in Italia il concetto di social eating. In pratica, uno chef (professionista o dilettante) si inventa una cena a casa sua e la propone sulla piattaforma di Gnammo. Una volta raggiunto un certo numero di aderenti paganti (in pratica, perfetti sconosciuti che partecipano a cene in casa con l’aspettativa di mangiar bene ma anche di fare nuove amicizie o nuovi amori) la cena viene confermata, organizzata e cucinata. “A giugno 2012 – dice a Industria Italiana Cristiano Rigon – abbiamo fatto il primo evento a pagamento sulla piattaforma: da allora e fino a oggi abbiamo messo a tavola circa 15mila aderenti, con una partecipazione di sette-otto persone in media, con una media di prezzo di 22 euro nel 2015, per 300mila euro transati. Nel 2016 abbiamo introdotto anche una nuova formula, le special dinner, per raccogliere il turismo incoming, che prevedono menu a richiesta in location particolari per design, posizione, storia o panorama”. Un balcone sulla Costiera Amalfitana, la Torre Millina a Roma, una casetta delle fiabe sul Lago di Como, una casa caratteristica a Venezia, location per cui gli utenti di Gnammo sono disposti a pagare dai 40 euro in su. Insomma, un modello di business originale, che merita di essere segnalato su Industria Italiana, che si propone di raccontare l’economia reale ma anche l’innovazione. Non è un caso, peraltro, che Gnammo sia stata scelta come uno dei testimonial della Biennale dell’Innovazione, la grande manifestazione sul tema, organizzata dall’Università di Ca’ Foscari e da Banca Intesa, che si terrà a Venezia il 15 e il 16 luglio. Coordinatore e ideatore dell’evento è Carlo Bagnoli, docente di Innovazione nello stesso ateneo e costruttore di una rete di aziende che potrebbero condividere le loro esperienze di innovazione.

Social restaurant Magorabin, a Torino
Social restaurant Magorabin, a Torino

Piattaforma per chef







Ma torniamo a Gnammo.  “La logica è semplice – spiega Rigon – è l’Internet 3.0, che torna a essere uno strumento per fare stare insieme le persone. Gnammo è una piattaforma dove uno chef dilettante propone un menu, un prezzo e una data, apre le porte di casa sua e gli altri utenti possono prenotare e pagare online, attendere la conferma del cuoco, perché si tratta di eventi sempre privati, e fare questa esperienza, più o meno di lusso, a secondo delle scelte”. Anche il modello di business è estremamente semplice: sul pagamento lo chef paga a Gnammo una commissione del 12% per le cene normali e del 20% per gli Special Dinner. Queste fee rappresentano il guadagno della start up, attraverso la quale passa materialmente il pagamento della cena. E’ Gnammo infatti che incassa il prezzo della cena casalinga, che viene pre-pagata attraverso il suo sito. In questo modo, si fa anche garante del buon esito del pagamento stesso, evitando anche agli chef casalinghi l’imbarazzo di dover raccogliere materialmente i contanti, e i relativi rischi. Già il fatto di ospitare sconosciuti a casa rappresenta, in qualche modo, un piccolo rischio. Se a ciò si dovesse aggiungere anche l’incomodo di dover raccogliere i contanti (col rischio di contestazioni, magari pretestuose), il gioco potrebbe non valere la candela. Col pre-pagamento attraverso il sito di Gnammo, le potenziali incognite si abbattono drasticamente.

Cena organizzata da Gnammo
Cena organizzata da Gnammo

Social tavola

Il mercato del social eating, nascente, è potenzialmente enorme. Secondo le stime più accreditate il fatturato della ristorazione italiana nel 2012 è stato di 73 miliardi di euro, mentre gli italiani che usano la sharing economy sono circa 7,7 milioni, il 13% del totale. Sulla base di questi numeri, stime ottimistiche calcolano che il fatturato potenziale potrebbe attestarsi attorno ai 9,5 miliardi di euro. Un mercato con potenzialità di crescita teoricamente a doppia cifra, se consideriamo che la sharing economy nel 2015 ha avuto un incremento del 21,6% rispetto a un anno prima. “Abbiamo 14mila menu tra cui scegliere, 44mila posti a tavola disponibili poggi giorno – dice Rigon – una potenza di fuoco se si considera che la più grossa catena di ristorazione italiana in assoluto conta 12mila posti ogni giorno. Siamo il più grande ristorante d’Italia”.
Un progetto a cui Rigon e il suo socio credono molto e che ha avuto un grosso impulso da diversi round di investimenti. “Il primo seed è arrivato da Club Italia Investimenti 2 di Cristiano Esclapon, grazie anche al supporto di I3P, l’incubatore del Politecnico di Torino, che ci ha consentito di partire con 50mila euro – racconta Rigon – Poi a luglio 2014 abbiamo ricevuto un investimento importante da parte dalla Ebano di Carlo Robiglio che ha investito 150mila euro in tre tranche. Questo ci ha consentito di fare buoni numeri e di far montare l’interesse e la qualità del servizio offerto, di iniziare a darci un minimo di struttura aziendale e arrivare a maggio 2015 a ricevere ancora 400mila euro ad una valutazione di 2 milioni di Euro, dal fondo Club Digitale, che fa capo sempre a Esclapon”.

Carlo Robiglio
Carlo Robiglio

Campagna di crowfunding

Particolarmente significativa la motivazione della Ebano, che ha investito nella campagna di crowfunding lanciata da Gnammo sulla piattaforma SiamoSoci. “Ho la maggioranza di Cef, la scuola online per la formazione professionale che ho acquisito a fine 2013 da De Agostini – racconta Robiglio – e quando abbiamo pensato di lanciare CHEFuoriclasse, il corso professionale di cucina italiana sponsorizzato da Antonino Cannavacciulo, ho subito immaginato che una start up come Gnammo avrebbe potuto avere una significativa sinergia con questa start-up. Per esempio, un ragazzo formato con CHEFuoriclasse potrebbe diventare uno chef Gnammo dopo il corso. E molte altre possibilità ancora”. Robiglio è un imprenditore appassionato di editoria digitale e diffusione della conoscenza. In passato è stato stampatore ed editore di giornali locali nella provincia di Novara. E’ anche socio di maggioranza di Socializers (www.socializers.it) start-up specializzata nella consulenza alle imprese su temi di comunicazione attraverso i new media in generale e i social media in particolare. L’innovazione è il suo chiodo fisso. E non è un caso che Robiglio sia anche presidente della Piccola Impresa di Confindustria Piemonte e uno degli animatori del nuovo corso della Piccola Impresa di Confindustria guidata da Alberto Baban, un nuovo corso basato sull’Innovazione. Per non farsi mancare nulla, Robiglio è anche direttore dell’Imprenditore (il giornale della Piccola Impresa di Confindustria) e fresco consigliere di amministrazione del Sole 24 Ore.  Le scelte di investimento di Robiglio non sono certo quelle di chi guarda alla speculazione nell’immediato, ma sono orientate al lungo periodo. Come dimostra il fatto che, nella valutazione del business, l’aspetto delle risorse umane abbia, a suo dire, un ruolo di primo piano, perché “nelle persone risiede il vero valore delle imprese – continua Robiglio – In Gnammo abbiamo una partecipazione del 16% dopo essere entrati a più del 20%, ora scendiamo in base ai round di raccolta che consentano al gruppo lo sviluppo. Ovviamente riteniamo che la sharing economy e il social eating in particolare offrano grandi potenzialità”.

I competitor

Gnammo è leader in Italia e se la gioca ad armi pari in termini di numeri con i maggiori competitor in giro per il mondo: come Vizeat, società britannica di origine francese che, però, è partita con investimento di 3,5 milioni, oltre il triplo rispetto a Gnammo. Così Eatwith, società nata in Israele con operazioni sul mercato spagnolo e americano. Bonnappetour, startup fondata a Milano da sviluppatori italo asiatici che appunto servono il mercato asiatico e Withlocals, anche questa di matrice Far East che sta aggredendo l’Europa – e che offre esperienze con i locali, dalla passeggiata alla cucina, alla visita al museo, non social eating puro.
Su Gnammo oggi ci sono 200mila utenti registrati, il 3% sono chef. Ma non è solo una piattaforma per chi cerca un posto diverso dove mangiare e incontrare nuovi amici, anche uno strumento potente e innovativo di marketing per le aziende. “Le aziende possono partecipare – spiega Rigon – costruendo un nuovo concetto di comunicazione che parte dal basso. Allora organizziamo eventi aziendali in cui portiamo il prodotto in tavola e generiamo un contenuto ad alto valore aggiunto, che sia credibile e che consenta di vivere un’esperienza molto esclusiva. E si badi bene: sono eventi adatti ad aziende food come di altri settori, lo abbiamo fatto con Hotelplan, una catena di alberghi che ha usato Gnammo per divulgazione ai venditori; lo abbiamo fatto con Venpa 3, che opera nei movimenti terra e aveva pubblicato un libro con le ricette dei clienti e ha portato clienti e commerciali a fare una cena; abbiamo fatto una cena di fund raising per Emergency”. Significativo anche l’accordo con Meetic, la principale piattaforma di dating online in Italia (dove ci sono ben 7 milioni di iscritti) e nel mondo. Periodicamente, vengono lanciate iniziative congiunte e proposte cene finalizzate alla conoscenza di persone nuove, che magari potrebbero diventare nuovi amori.
Anche per parare i colpi di possibili rimostranze dei ristoratori in stile Uber – comunque pretestuose visto che il 90% degli chef di Gnammo sono dilettanti e fatturano una media di 180-200 euro per cena – Rigon e il suo socio hanno inventato anche un’altra linea di business che i ristoranti li coinvolge, offrendo loro un nuovo prodotto da vendere: il Social Restaurant.

Special dinner a Cannaregio, Venezia
Special dinner a Cannaregio, Venezia

Social, ma al ristorante

“Abbiamo sviluppato il concetto del mangiare social al ristorante – spiega Rigon – perché il social eating ha due barriere: che si cena con sconosciuti e in un ambiente di cui non sai nulla. Le prime volte magari qualcuno vorrebbe farlo ma è bloccato e stare in un luogo protetto come il ristorante potrebbe incentivarlo. Al ristorante offriamo una pagina di pubblicità sul sito, un feedback certificato che può lasciare solo chi ha mangiato e la possibilità di vendere posti attraverso Gnammo. Anche per il ristoratore la fee è del 12% come per il social eating tradizionale”.
E i progetti sono ancora molti: una partnership con Twenty Century Fox che, per lanciare il cartoon Home, prevedeva l’organizzazione di merende social. E un’alleanza nuova di zecca con Meetic, per dare vita a cene galanti per i 7 milioni di utenti italiani del sito degli incontri. “Meetic è molto interessata alla nostra piattaforma – continua Rigon – ed è una joint venture veramente baciata: Meetic è alla ricerca di nuove modalità d’incontro per i prori utenti, e quale occasione migliore che a tavola per avere il primo appuntamento, a cena è tutto più facile”.














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