Che cosa c’è dietro Fincantieri-Oto Melara e il posizionamento nella difesa

di Marco Scotti ♦︎ L'azienda guidata da Giuseppe Bono potrebbe completare entro la fine dell'anno l'acqusizione per 400 milioni dell'ex costola di Leonardo specializzata in cannoni navali. Una strategia necessaria per diversificare il business e ridurre la dipendenza dal mondo della crocieristica, ancora indebolito dalla pandemia di Coronavirus

Cantiere di Castellammare di Stabia (dove attualmente ZEUS è in costruzione)

Fincantieri sarebbe pronta a mettere le mani su Oto Melara, azienda che è nell’orbita di Leonardo dal 2016 e che produce cannoni navali della tipologia 76/62 mm. Il valore dell’operazione sarebbe intorno ai 400 milioni di euro e potrebbe essere conclusa verso la fine dell’anno. La notizia non è tanto rappresentata dall’interessamento dell’azienda guidata da Giuseppe Bono verso una storica realtà che annovera tra i suoi clienti 54 marine militari e che dà lavoro a circa 1.000 persone. Semmai, bisogna registrare come Fincantieri stia operando una rimodulazione del proprio business spostando ulteriormente il baricentro verso i sistemi deputati alla difesa e riducendo un po’ il peso percentuale della crocieristica sul fatturato. Al momento, l’azienda triestina ha oltre 90 navi da consegnare da qui a oltre il 2025, con il militare e la crociera che si dividono in parti uguali l’80% delle commesse complessive. Al momento la costruzione delle navi da crociera rappresenta circa il 50% del fatturato, mentre la parte militare poco più di un quarto.

La certezza, semmai, è che il mondo della crocieristica potrebbe impiegare più tempo del previsto per tornare ai livelli pre-crisi, e questo per diversi motivi. Il primo è che servirà attendere – come ha dichiarato anche Anthony Fauci recentemente – almeno la primavera dell’anno prossimo per poter dire di avere arginato definitivamente la pandemia da Covid-19. Il che significa che il turismo non potrà tornare a essere com’era almeno fino alla prossima estate. Tra l’altro, la scarsa diffusione dei vaccini nei Paesi meno sviluppati, rende complesso organizzare viaggi verso quelle zone del mondo. Un altro problema da non sottovalutare è che finché non si sarà stabilito che – almeno per l’Occidente – il pericolo è ormai quasi del tutto scampato, dovremo continuare a vedere un turismo a mezzo servizio, con navi da crociera a capienza ridotta. Infine, i protocolli necessari per garantire la sicurezza dei passeggeri rappresentano un costo enorme per le società che devono, per forza di cose, farli ricadere anche sui passeggeri. E quindi anche le crociere, che spesso sono state l’emblema di un turismo più accessibile, potrebbero vedere un incremento dei prezzi e una conseguente riduzione di una fetta dei potenziali clienti.







ad di Fincantieri
Giuseppe Bono, ad di Fincantieri

Dunque, per tutti questi motivi, non stupisce che Fincantieri stia iniziando a rimodulare le proprie strategie. Tra il 2022 e gli anni successivi al 2025 solo una volta l’azienda guidata da Giuseppe Bono consegnerà più navi da crociera che navi militari. L’obiettivo era di raggiungere quota 7 miliardi di fatturato (oggi siamo a 5,9), ma il Coronavirus ha di fatto rallentato la possibilità di raggiungere questo traguardo. Lo stesso Bono, ad aprile di quest’anno, aveva tratteggiato un ritratto abbastanza problematico della situazione, quando aveva detto che “le navi da crociera sono bloccate da più di un anno nei porti, non si sa più dove metterle”. È vero che la diffusione dei vaccini dovrebbe rendere più agevole la situazione, ma è meglio non farsi trovare impreparati.

Da qui l’idea dell’amministratore delegato Giuseppe Bono di estendere il proprio raggio d’azione per dominare tutto il processo di costruzione. Gli analisti, osservando l’operazione di acquisto di Oto Melara, hanno mantenuto un atteggiamento attendista. Come rileva Affaritaliani.it, Equita Sim ha scritto di ritenere “che l’interesse di Fincantieri rientrerebbe nella volontà della società di rafforzare la propria divisione militare con potenziali sinergie estraibili”. Ma ha anche aggiunto che sarebbero da verificare gli impatti sulla struttura finanziaria. Intesa Sanpaolo dimostra ulteriormente che il cambio di rotta potrebbe rappresentare l’inizio di un nuovo corso per Fincantieri nel segmento navale.

Sky Princess Fincantieri

Ovviamente, l’operazione è subordinata all’approvazione da parte di Cdp – che detiene oltre il 71% del capitale di Fincantieri – e delle istituzioni, visto che il Mef ha in pancia il 30% di Leonardo. Quello che è certo è che si potrebbe trattare di una buona soluzione sia per l’azienda guidata da Alessandro Profumo che per quella timonata da Giuseppe Bono. Il tutto perseguendo una strategia per certi versi contraria: l’ex-Finmeccanica potrebbe dedicarsi in modo sempre più esclusivo all’aerospazio, che – anche con operazioni di joint venture come nel caso di Thales Alenia Space – sta dando le maggiori soddisfazioni al gruppo; Fincantieri, invece, potrebbe avere un ulteriore asset da presentare durante le prossime gare cui parteciperà. Ce n’è una negli Stati Uniti per realizzare fregate per la marina militare a stelle e strisce per un valore complessivo di 5,5 miliardi. Ma ci sono anche possibilità nel Mediterraneo, come in Grecia o in Egitto, e perfino in Kuwait. Senza contare che proprio Fincantieri ha fatto da padre nobile – seppur non unico – insieme a Webuild per la costruzione del nuovo Ponte Morandi. Segno evidente che l’intenzione è quella di avere spalle sempre più larghe. I cigni neri, in effetti, sono sempre in agguato.














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