Filippo Rizzante: così sarà la Reply del futuro, tra IoT, Robot, Metaverso, nuovi progetti per le aziende e acquisizioni

di Piero Macrì ♦︎ Il gruppo, in continua crescita, è composto da 160 aziende e ha quasi un miliardo e mezzo di ricavi. La missione: dare un’anima digitale agli oggetti fisici e sviluppare una capacità cognitiva basata sull’IoT e sull’intelligenza artificiale per creare la nuova automazione che nasce dall’analisi del dato in differenti contesti digitali, di produzione, supply chain e di intralogistica. Tutte le novità e le strategie in questa intervista a 360 gradi

Filippo Rizzante, cto di Reply

Quando si parla della maggiore azienda di software e Ict in Italia (1.483 milioni i ricavi 2021), che l’anno scorso ha fatto cinque acquisizioni importanti e continua a farne da anni, la curiosità sull’argomento è d’obbligo. Ma nell’intervista che ha concesso a Industria Italiana, Filippo Rizzante (cto dell’azienda, consigliere di amministrazione e soprattutto azionista di riferimento insieme alla sorella Tatiana Rizzante) non si è sbilanciato sul tema, preferendo focalizzarsi sullo scopo della sua azienda: coltivare un vivaio di competenze distintive su svariati ambiti applicativi e all’avanguardia tecnologica, costituendo nuove società, oppure comprandole. Insomma, è probabile che le acquisizioni continueranno, ma con giudizio.

A Filippo Rizzante interessa soprattutto evidenziare la missione di Reply: dare un’anima digitale agli oggetti fisici e sviluppare una capacità cognitiva basata sull’IoT e sull’intelligenza artificiale per creare la nuova automazione che nasce dall’analisi del dato in differenti contesti digitali, di produzione, supply chain e di intralogistica. Fondato nel 1996, il gruppo torinese è oggi una multinazionale con un fatturato di 1.483 milioni di euro e 10 mila tra dipendenti e collaboratori. Il risultato netto di gruppo 2021 è stato di 150,7 milioni di Euro, poco più del 10% dei ricavi, veramente notevole. Nel 2020 era di 123,6 milioni di Euro. E’ la prima software house italiana, seguita dal numero due Engineering Ingegneria Informatica e dal numero tre Lutech.







La Palazzina Lingotto ospita Area42, il nuovo centro di ricerca applicata focalizzato sullo sviluppo delle tecnologie più innovative. Autonomous Warehouse, Last Mile Delivery, Robotica, Connected Products, Blockchain e Metaverso gli ambiti che animano i corner Lab di Area 42 e su cui gli esperti di Reply sono quotidianamente al lavoro per trasformare idee in prototipi innovativi, sfruttando il potenziale delle tecnologie, ed applicarli a use case reali in ambito industriale.

Intelligenza artificiale, robotica e internet degli oggetti. Per Reply sono questi gli elementi ad alta gradazione digitale che cambieranno non solo i prodotti, ma anche il modo in cui questi vengono concepiti e realizzati. «Lavoriamo sulla conoscenza, che è legata alle persone. Siamo un’azienda di talenti. Il nostro dna è basato sull’iperspecializzazione», spiega Filippo Rizzante. Fiore all’occhiello di Reply, i labs, spazi fisici che aiutano il trasferimento tecnologico alle imprese: dalla palazzina del Lingotto, che ospita il nuovo centro di ricerca Area 42, allo spazio Metaverso che, come annunciato dal ceo Tatiana Rizzante, verrà creato nell’ex Caserma De Sonnaz, in pieno centro a Torino. Le acquisizioni costituiscono una forma permanente di sviluppo e sono mirate a consolidare la crescita a livello globale.

L’attenzione è verso realtà molto focalizzate, con fatturato medio sotto i 100 milioni di dollari. Cinque le società acquisite nel 2021 – Business Elements, Compwrap, G-force Demco, Enowa Llc e The Spur Group – per un valore complessivo di circa  85.000 euro. Reply si distingue, inoltre, per essere un vero incubatore tecnologico. Ogni anno vengono sfornate circa 10 startup. Un comportamento che è in linea con quanto affermato dal fondatore e presidente di Reply Mario Rizzante nell’ultimo report finanziario. «Mai quanto oggi, agilità e velocità rappresentano variabili chiave per il successo di ogni azienda: la nostra capacità di essere competitivi è strettamente legata all’abilità di sperimentare e innovare, apprendere velocemente dalle nostre esperienze, per poi portare, altrettanto rapidamente, nuove offerte sul mercato».

Metaverse, il laboratorio Reply si concentra sull’applicazione e l’integrazione di soluzioni di Mixed Reality per creare applicazioni immersive, ambienti virtuali in cui è possibile entrare e muoversi e dove convivono oggetti virtuali e oggetti fisici, aprendo le porte ai mondi del Metaverso.

Robotica, metaverso e programmazione zero-code. Dalle risorse dei labs nasceranno presto nuove realtà che daranno impulso ad applicazioni e soluzioni di nuova generazione. Reply, dunque, come espressione di una strategia multilivello fondata su crescita organica, acquisizioni e new business. Una strategia che ha portato alla creazione di un universo composito, costituito oggi da più di 160 aziende. «Per l’80% sono state create al nostro interno mentre le acquisizioni hanno avuto l’obiettivo di garantire e accelerare la presenza globale. La creazione di talenti e del management è un processo per noi funzionale a preservare il nostro dna, spiega il cto. E’ il modello a cui dobbiamo il nostro successo. Sono pochissimi i fallimenti delle iniziative finora avviate. Il 90% di quello che abbiamo creato ha contribuito e continua a contribuire allo sviluppo del nostro business». Prodotti connessi, virtual twin, Iot, intelligenza artificiale e logica algoritmica, nuove interazioni digitali, quantum computing e gaming. La visione di Reply è a 360 gradi e si estende a tutte le tecnologie che possono dare origine a una nuova interpretazione del mondo digitale. Ecco quanto emerso nel corso dell’intervista con il cto in occasione dell’inaugurazione dei nuovi labs e centro di ricerca Reply di Torino.

D: Quali le possibili prossime acquisizioni?
R. Non ragioniamo in termini di acquisizioni. Siamo un’azienda di talenti il cui obiettivo primario è l’internazionalizzazione e fare in modo che la maggior parte del fatturato venga generato fuori dall’Italia. Come società di servizi, di tecnologia e di innovazione, abbiamo una forte presenza in Germania e stiamo crescendo molto in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove abbiamo oltre 1.000 dipendenti. L’espansione geografica è implicita nel nostro modello di sviluppo che è basato sulla creazione di team iper-specializzati. Le aziende si sono rese conto che devono avere un profilo sempre più software. Tutti i nostri clienti stanno facendo questa transizione. A noi chiedono di essere il partner per l’innovazione tecnologica. Non replichiamo i soliti vecchi meccanismi delle società di consulenza fondati sull’outsourcing. Lavoriamo in collaborazione con il cliente, anche a livello progettuale, mettendo a fattor comune le competenze da noi sviluppate su tutte le nuove aree tecnologiche. Come dire, siamo un vero presidio digitale, multidisciplinare e di prossimità. La strategia è fondata sulla creazione di centinaia di boutique iper-specializzate. E’ una caratteristica per noi essenziale, tanto è vero che quando crescono troppo le splittiamo perché vuol dire che hanno raggiunto un livello di competenze troppo diversificato e devono perciò ri-focalizzarsi e iper-specializzarsi. A oggi le società sono più di 160 e in futuro ne avremo molte di più.

Le soluzioni sviluppate su Spot, il cane robot di Boston Dynamics compendia le competenze
di Reply in materia di cloud computing, edge computing e intelligenza artificiale. I suoi utilizzi
possono spaziare dagli impianti di energia, dove è in grado di capire se vi siano temperature
anomale o fughe di gas o per rilevare i danni alle auto una volta che queste vengono riportate al
noleggiatore o al servizio di leasing.

D: Dalle risorse dei labs di Reply verranno create altre aziende?
R: Molto probabile. Soprattutto nel campo della robotica e del metaverso. Un’altra area dalle grandi potenzialità è quella dell’automazione dello sviluppo software. Obiettivo è la transizione dal low-code allo zero-code. Ancora una volta, sarà l’intelligenza artificiale a permettere questo salto. E’ l’iniziativa Ki Reply, che vede coinvolte nostre persone in Italia e in Germania. Utilizza il concetto di citizen developer, permettendo di creare applicazioni senza avere una grande conoscenza informatica. Anche questo è un terreno sul quale si muovono i big player del digitale. Google con deep-mind e Microsoft, in collaborazione con Elon Musk, attraverso il progetto Open Ai. Quest’ultimo ha prodotto il modello di linguaggio predittivo Gpt3. E’ utilizzato da Microsoft che lo ha integrato con GitHub, un repository che contiene miliardi di esempi di codice tecnologia che serve ad addestrare Gpt3. Tutto questo ha portato alla creazione di Copilot, il copilota dello sviluppatore software: nelle attività di programmazione suggerisce come completare una certa parte di codice. E’ uno strumento che aumenta tantissimo la produttività. La capacità di automazione aumenta infatti grazie a un apprendimento continuo basato su meccanismi di intelligenza artificiale

D.Quali, quindi, i possibili sviluppi?
R:
La tendenza è un’espansione del digitale nell’oggetto fisico, che diventa sempre più autonomo. Il business dell’Industrial IoT è l’implicito valore che viene creato dalla connettività degli oggetti fisici. Rappresenta già una buona parte del nostro fatturato e deriva dalla conoscenza aumentata prodotta dalla somma di due componenti: l’IoT e l’AI. I dati che arrivano dall’oggetto, opportunamente analizzati, permettono di cambiare l’esperienza d’uso del prodotto. La differenza rispetto al passato, anche il più recente, è la presenza sistemica del digitale all’interno dei prodotti fisici. Il mestiere di oggi è dare voce ai dati. Il mestiere di domani, quello su cui stiamo investendo tempo e risorse, è far sì che la digitalizzazione possa evolvere e consentire a questi oggetti di agire e reagire in un contesto fisico. E’ la robotizzazione nel senso più ampio del termine, che si estende a qualsiasi oggetto in virtù di un internet of things che diventa virtual of everything. Insomma, la robotica, così come intesa oggi, non è altro che il risultato evolutivo dell’IoT: permette di superare i limiti e la rigidità del passato e dare vita alla mobilità industriale. Spot coprodotto con Boston Dynamics è un ottimo esempio. E’ un oggetto che, grazie a un’intelligenza dinamica-cognitiva, è in grado di muoversi autonomamente. Ispeziona centrali idroelettriche, sorveglia le tubature, verifica se ci sono delle perdite. E’ allo stesso tempo una piattaforma: permette di creare configurazioni diverse in funzione dell’attività da svolgere. Ciascun robot ha una sua intelligenza che si svilupperà in base alla propria esperienza. Come dire, al di là del dna ingegneristico comune a tutta la gamma di una specifica produzione robotica, è l’ambiente che crea la personalità.

D: L’IoT diventa quindi il motore della nuova robotica?
R. Sì, perché crea oggetti in grado di muoversi in modo autonomo e di compiere azioni in contesti fisici molto dinamici, le cui performance sono funzione di una molteplicità di variabili che nascono dal contesto fisico di utilizzo. La macchina che si guida da sola non è altro che un robot. Ciascun oggetto con un’anima digitale diventa poi una piattaforma dati sulla quale costruire le più disparate applicazioni. La blockchain associata all’auto, per esempio: permette di creare un registro digitale non modificabile sul quale creare servizi di manutenzione e smart contract per il mondo assicurativo e del leasing. E’ l’esempio di come la digitalizzazione crei le premesse per una filiera applicativa estesa a settori collaterali del bene prodotto. E’ la creazione di valore all’esterno del perimetro di business tradizionale.

Autonomous Warehouse, lo spazio Area42 dove si studiano e sviluppano soluzioni per la gestione
autonoma delle attività di magazzino, grazie all’utilizzo di droni e veicoli autonomi in grado di
interfacciarsi con innovative piattaforme di gestione del magazzino come LEA Reply

D: Innovazione legata solo all’integrazione digitale-fisico?
R:
No, l’altra grande area d’innovazione è quella che riguarda la parte informatica e computazionale. Siamo arrivati al limite con l’utilizzo del silicio. Nonostante vengano realizzate nuove generazioni di processori più di tanto non si riesce ad andare avanti. La legge di Moore non è detto che possa continuare all’infinito, vi sono dei limiti fisici legati alla miniaturizzazione. Una delle possibilità è il quantum computing. E’ il motivo per cui abbiamo creato Quantum Reply, azienda originata in Francia con la specifica missione di sviluppare applicazioni basate sul nuovo paradigma informatico. E’ un salto quantico, nel vero senso del termine. Se nell’informatica classica, la logica è matematica, in quella quantistica è di tipo probabilistico. Si passa da algoritmi deterministici alla fisica quantistica, probabilistica, per l’appunto. La differenza è sostanziale: il quantum non crea una soluzione deterministica, frutto di un modello di dati, ma sviluppa l’ipotesi più probabile. Cambia il modo di programmazione. Obiettivo è l’ottimizzazione: a fronte di soluzioni infinite trova la soluzione migliore ai quesiti più complessi

D:L’altra frontiera è quella del metaverso, delle modalità di interazione digitale che superano i limiti delle attuali interfacce uomo-macchina…
R:
Quando si parla di metaverso, l’interazione digitale è multipla. Non esiste un unico dispositivo per fruire del contenuto. Mobile, web, computer, visori. L’accesso è a più dimensioni. Un fenomeno che discende dall’evoluzione e trasformazione del mondo del gaming. Un mercato enorme, dove in palio c’è l’egemonia digitale futura. I grandi player, a esclusione di poche eccezioni, vedi Microsoft, non sono ancora riusciti a entrare. E’ il caso di Google e Facebook, che stanno ora investendo cifre iperboliche per rivoluzionare l’interazione uomo-macchina e la stessa interazione personale. Per le nuove generazioni, il digitale sarà il modo naturale per relazionarsi con il mondo circostante. Ma le nuove forme di intrattenimento e di comunicazione sono destinate a travalicare l’esperienza consumer e si estenderanno alla dimensione d’impresa

D: Metaverso, gaming… Quali le differenze e i possibili scenari?
R:
La logica del metaverso travalica il modo in cui si è concepito finora il gaming. Da esperienza singola la si vuol far diventare esperienza di massa, anche a livello industriale. Ovvio, quindi, che per una realtà come Reply, centrata sull’innovazione, non si poteva non essere a bordo di questo treno. Nostro obiettivo è presidiare la tecnologia ed essere capaci di trasferire al mercato le competenze per realizzare applicazioni basate sulle nuove interfacce digitali. Lo abbiamo già fatto creando il secondo più grande studio di produzione del gaming italiano (ndr in produzione un titolo che verrà presto pubblicato da un editore americano e sarà disponibile su tutte le piattaforme di gaming). Non è l’unica nostra attività. Altre vengono svolte all’interno di Ringmaster, joint venture con il gruppo Igt, l’ex Lottomatica, e in Germania, con una compartecipata. Il gaming è l’unica area consumer di Reply, ma le capacità di sviluppo software potranno essere esportate in altri ambiti e dare luogo a soluzioni b2c e b2b. Tanto è vero che due delle più importanti tecnologie del gaming, Unity e Unreal, stanno sfondando anche nel mondo enterprise in quanto essenziali per sviluppare soluzioni di realtà virtuale e aumentata. In termini di percezione umana, la capacità del gaming di rappresentare il mondo in 3d è molto più alta di quella finora sviluppata dal cad industriale. Tutte queste tecnologie permetteranno di avere una rappresentazione tridimensionale di infiniti oggetti e spazi con una qualità tale da rendere impossibile distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Spatial computing e realtà aumentata consentono già oggi di posizionare oggetti digitali in un posto fisico: inquadrati con una videocamera o con visori appaiono come fossero reali. In futuro, possiamo immaginare che tutto quello che viene messo all’interno delle città – cartelloni pubblicitari, indicazioni segnaletiche – potrà diventare completamente digitale

D: A ciascuna macchina il suo algoritmo, quindi….
R:In prospettiva lo scenario è destinato a cambiare. All’interno di una macchina o di un qualsiasi sistema fisico digitalizzato non vi sarà più un solo e unico algoritmo. Saranno equipaggiati con miliardi di algoritmi, addestrati per svolgere le funzioni più disparate. Come dire, disporremo di oggetti con miliardi di neuroni e ciascuno di questi contribuirà a sviluppare un’intelligenza collettiva. Una prospettiva che solleverà nuove sfide, poiché significherà avere a che fare con un insieme di algoritmi molto complesso il cui output sarà di difficile interpretazione. Il comportamento anomalo, non spiegabile sarà sempre più vero. E’ il tema dell’explainability dell’intelligenza artificiale. Teoricamente saranno sistemi in grado di prendere decisioni autonome ma nella realtà saranno solo macchine che ragionano sui dati.

La Palazzina del Lingotto, completamente rinnovata, offre spazi aperti e nuovi percorsi che facilitano le relazioni e che si anima con i linguaggi e i codici più attuali. Le persone di Reply si trovano a vivere un ampio spazio multifunzionale con aree off limits a cellulari e riunioni, per favorire la concentrazione, e spazi comuni, dedicati a brainstorming, ma anche a sport, ristorazione e tempo libero, per una maggiore condivisione delle idee e socializzazione sul luogo di lavoro: un ecosistema attivo e in continua evoluzione

D: Si apre una nuova fase all’insegna dell’intelligenza artificiale. L’attenzione è su nuovi modelli di business, sull’ autonomous computing. Si può parlare di una nuova fase Industry 5.0?

Last mile delivery, il laboratorio dedicato allo sviluppo di soluzioni per integrare e gestire la
mobilità di veicoli e robot a guida autonoma all’interno di spazi predefiniti (ad esempio. campus,
ospedali, fabbriche…) e in grado di interagire con l’ambiente circostante.

R: Non la vedo in questi termini. Credo piuttosto che sia un percorso evolutivo. La tecnologia porta di volta in volta elementi nuovi che possono essere integrati nel mondo produttivo, ma i cicli di innovazione sono diversi. La fabbrica è un mondo fisico e la velocità con cui si trasforma non è la stessa con cui evolve la tecnologia. Tra le due dimensioni, tecnologica e fisica, esiste ed esisterà sempre un gap digitale. L’importante è essere capaci di attenuarlo il più possibile, in modo che tutti possano esprimere, in modo continuativo, il massimo della competitività. Questo significa che si deve agire su due fronti: da una parte, attraverso operazioni di retrofitting, digitalizzare l’esistente; dall’altra introdurre nuove tecnologie che possano alimentare modelli di business as a service. Come dire, per capitalizzare l’innovazione, e fare in modo che si traduca in un tangibile ritorno di investimento, serve un approccio bimodale ovvero gestire e coordinare in parallelo la trasformazione di due differenti dimensioni, quella pregressa e quella di nuova generazione. Un principio valido per ogni singola area d’impresa e line of business. Ovvio, vi sono tecnologie più trasformative di altre. La logica algoritmica dell’intelligenza artificiale, per esempio: associata al virtual twin espande le capacità di utilizzo di una macchina, che da prodotto diventa piattaforma IoT da cui è creare servizi.














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