Automazione dei processi e innovazione dei prodotti: Fedrigoni porta l’hi-tech nell’industria cartaria

di Laura Magna ♦︎ La cartiera - fatturato 2022 a 2,2 miliardi di euro - è il primo operatore globale sia nel luxury packaging che nelle etichette premium per i vini. Tra i clienti: Hermés, Kruger, Amazon. 13 operazioni strategiche in tre anni. Innovazione: dal plastic to paper all’economia circolare. Digitalizzazione: al 2030 -30% emissioni CO2. Ne parliamo con Marco Nespolo

Plant Fedrigoni. Credit Lombezzi Contrasto Stab Verona

Tredici acquisizioni in tre anni – e ancora molti dossier aperti sul fronte dell’M&A, e una crescita costante che porterà il fatturato 2022 a 2,2 miliardi di euro, con Ebitda superiore ai 300 milioni di euro. È la parabola di Fedrigoni, cartiera fondata nel 1888 a Verona e oggi multinazionale hi-tech con 52 stabilimenti di produzione e centri di taglio in 28 Paesi; 5.000 dipendenti e più di 25.000 prodotti a catalogo – a cui si aggiungono le migliaia realizzate in via esclusiva per grandi brand della moda e del lusso – distribuiti in 132 Paesi a circa 30mila clienti, che sono tutti i brand del lusso, da Yves Saint Laurent a Hermés a Chanel; i produttori di vini premium, da Kruger a Dom Perignon, fino ad Amazon e a diverse case auto.

Fedrigoni oggi è il primo operatore a livello globale sia nel luxury packaging che nelle etichette premium per i vini, terzo nelle soluzioni autoadesive per usi industriali (farmaceutico, food&beverage, prodotti per la casa e la cura della persona) e secondo nelle carte per l’arte e il disegno. «Le nostre carte sono di elevata qualità e contengono solo cellulose da scarti del legno, da foreste certificate e ripiantate o da fibre alternative e sono così tecnologiche da sostituire la plastica in moltissimi utilizzi», dice a Industria Italiana l’ad Marco Nespolo, che racconta di un’attività frenetica mirata all’automazione dei processi e all’innovazione dei prodotti. Con diversi progetti di economia circolare in corso (dal recupero e il riutilizzo delle pellicole delle etichette adesive; ai circuiti Rfid stampati su carta anziché su supporto di plastica; fino alla carta traslucida che sostituisce le pellicole polimeriche nelle confezioni).







 

I numeri dell’industria cartaria che sta cambiando il mondo della carta

Marco Nespolo, AD Fedrigoni

Il 2022 si appresta a chiudere con numeri in incremento in linea con i dati del terso trimestre: quando il fatturato è salito a 547 milioni di euro (+36% rispetto al 3Q 2021), con un Ebitda di 67 milioni di euro (+24%). Il giro d’affari dei primi nove mesi dell’anno si è attestato a 1,6 miliardi di euro (+41%), raggiungendo il volume dell’intero fatturato del 2021, con un Ebitda di 233 milioni di euro (+50%).

«Una crescita costante che dimostra l’efficacia con cui l’azienda sta attuando il suo piano di sviluppo, in un momento in cui l’economia mondiale sta attraversando da ormai due anni profonde turbolenze», continua Nespolo. Turbolenze che si sono trasformate in pressione sui prezzi dell’energia e delle materie prime con un impatto proporzionalmente maggiore per le industrie manifatturiere energivore, acciaierie, fonderie, ceramiche e appunto cartiere. Il cambiamento in chiave di digitalizzazione e ecosostenibilità è stata una scelta obbligata.

 

L’ingresso del private equity e l’accelerazione decisiva nelle etichette, che hanno superato le carte speciali per quota di fatturato

Fedrigoni, cartiera fondata nel 1888 a Verona e oggi multinazionale hi-tech con 52 stabilimenti di produzione e centri di taglio in 28 Paesi; 5.000 dipendenti e più di 25.000 prodotti a catalogo

Il piano di sviluppo di Fedrigoni si basa su due business diversi e complementari. Da un lato, le carte speciali rappresentano per l’azienda veronese il business storico. «Abbiamo 11 siti produttivi per lo più in Italia e di recente in Spagna e Francia – dice Nespolo – mentre a breve ne sarà aggiunto uno cinese e abbiamo un’alleanza strategica in Usa che potrebbe diventare un’acquisizione e un’ulteriore fabbrica. Serviamo 30mila clienti in 132 paesi. Ma ormai il 60% del fatturato deriva dalle etichette autoadesive dove siamo i terzi al mondo, e leader assoluti nel mondo vino». La divisione Self-Adhesives conta 16 stabilimenti nel mondo e 23 centri di taglio, impacchettamento e spedizione, In Italia, Polonia, Inghilterra, Spagna, Cina, Cile, Brasile, Messico e Usa. A far crescere in maniera esponenziale questa branch ha contribuito nel 2018 l’ingresso nell’azionariato di Fedrigoni del fondo di investimento statunitense Bain Capital, che lo scorso luglio è stato affiancato da Bc Partner.

«Da questo ingresso Fedrigoni ha più che raddoppiato le vendite rettificate e quasi triplicato l’Ebitda consolidato, attraverso crescita organica e M&A – dice Nespolo – La nuova proprietà ha impresso un’accelerazione all’innovazione tecnologica, di prodotto e di processo, così da rendere l’azienda ancora più globale e di successo: ha investito nella leadership, portando a bordo manager con esperienze internazionali; ha ampliato l’offerta, estremamente performante e insieme sostenibile; ha conquistato segmenti di mercato e aree geografiche in Europa, Asia, Nord e Sud America; ha ottimizzato i processi operativi, dal consumo energetico alla riduzione degli scarti, alla centralizzazione degli acquisti. Inoltre, ha spinto l’acceleratore sugli investimenti, con oltre 66,6 milioni di euro investiti nel 2021 (+40,4% rispetto al 2020) per aumentare la capacità produttiva e sviluppare nuovi prodotti; budget che è stato ulteriormente incrementato nel 2022: è difficile misurare la percentuale di investimenti in innovazione sul totale del fatturato, ma a grandi linee è attorno al 2-3%».

 

Le carte speciali, usate da Luis Vuitton e Pokemon

Fedrigoni ha circa 30mila clienti, che sono tutti i brand del lusso, da Yves Saint Laurent a Hermés a Chanel; i produttori di vini premium, da Kruger a Dom Perignon, fino ad Amazon e a diverse case auto. Credit Lombezzi Contrasto

Se il mondo etichette ha triplicato da allora il suo volume di affari, anche il segmento carte speciali ha sperimentato una fortissima evoluzione. «Le nostre carte sono a elevato valore aggiunto e sono fatte su misura per clienti specifici: con parametri di colore, goffratura e texture molto precisi e su ordinazione».

Le carte di Fedrigoni trovano anche impieghi singolari: «produciamo le carte collezionabili Pokemon – dice Nespolo – lavoriamo con gift card, tessere loyalty e premio che erano di plastica e ora, sempre più, di carta rigida. Realizziamo carte da gioco usate in vari Casino del mondo e nelle case degli italiani, ma anche di asiatici e cittadini Usa. Nel mondo delle etichette siamo su qualsiasi marchio di vino premium, da Kruger a Dom Pérignog e sui flaconi e le confezioni che contengono i prodotti per la pulizia di Kimberly-Clark».

 

Una lunga lista di M&A negli anni della pandemia (e oltre)

Fedrigoni oggi è il primo operatore a livello globale sia nel luxury packaging che nelle etichette premium per i vini, terzo nelle soluzioni autoadesive per usi industriali (farmaceutico, food&beverage, prodotti per la casa e la cura della persona) e secondo nelle carte per l’arte e il disegno. Credit Lombezzi Contrasto Fabriano papermill

Negli ultimi tre anni, anni complessi e caratterizzati da una pandemia e da una serie di altri scossoni geopolitici che hanno provocato i noti aumenti nei costi di gas e materie prime, Fedrigoni non solo è cresciuta organicamente ma ha portato a termine 13 operazioni strategiche. Le ultime due di questa lunga serie sono avvenute a gennaio 2023: si tratta di una partnership industriale con un produttore specializzato in carte traslucide in Cina e dell’acquisizione di un Centro di ricerca e sviluppo a Grenoble, in Francia. Entrambe le realtà erano precedentemente parte del Gruppo Arjowiggins, che ha presentato istanza di amministrazione controllata lo scorso settembre. «Tutte le 13 operazioni rispondono alla necessità di espansione del gruppo – dice Nespolo – in particolare in Nord America e Asia, dove attraverso partnership e investimenti penetriamo le geografie e le nicchie dove siamo meno presenti». Non fanno eccezione le ultime due: quella cinese è una partnership industriale con un produttore specializzato in carte traslucide (vendute con i marchi Gateway, Idem e Sylvicta) a Quzhou, nella provincia di Zhejiang. Lo stabilimento produttivo di Quzhou conta 130 dipendenti e produce ogni anno circa 7.000 tonnellate di carte traslucide. Nell’ambito dell’intesa, prodromica a un’acquisizione, Fedrigoni rafforza la sua presenza in Asia dove ha già un’ampia rete di distribuzione in Cina, Hong Kong, Filippine, Indonesia e Bangladesh, 11 magazzini e un impianto produttivo di materiali autoadesivi a Hefei.

«Ma l’intesa ci permette soprattutto di entrare con un nuovo tipo di carte nel mercato asiatico. Carte una volta usate per il disegno architettonico e sempre più adesso per packaging dove ci sia la necessità di una parziale visibilità: per esempio nelle confezioni dell’IPhone, ma anche in quelle della pasta o dei biscotti. Queste applicazioni food e non food in sostituzione della plastica sono una parte importante della nostra strategia». Il secondo accordo che riguarda invece l’acquisizione del Centro di Ricerca e Sviluppo di Grenoble (Francia), consentirà a Fedrigoni di accelerare la propria roadmap di innovazione di prodotto nel campo dell’Rfid, le etichette intelligenti che a tendere saranno spostate su carta: nell’area di Grenoble ci sono realtà quali l’International Paper Engineering School Grenoble InpPagora e il Pulp and Paper Research & Technical Centre (Ctp), con cui il gruppo intende attivare alcune sinergie.

«L’acquisizione del Centro di Ricerca e Sviluppo dedicato di Grenoble – inclusi i dipendenti, i macchinari, i brevetti e i brand incluso il marchio Powercoat – accelererà le capacità di Fedrigoni nel testare e prototipare soluzioni Rfid, di printed electronics e di ricerca avanzata su supporti a base carta: vuol dire che acquisiremo la capacità di stampare su carta circuiti elettrici che possono dialogare con il lettore Rfid, cosa che prima d’ora si poteva fare solo usando supporti rigidi. Un’innovazione importante perché riduce ulteriormente la presenza di plastica, rendendo tutta la confezione smaltibile nella carta: una monomaterialità che permette il riciclo». Fedrigoni aveva acquisito lo scorso ottobre un altro pezzo di Arjowiggins, Guarro Casas in Spagna. E non solo: a settembre era stato stretto un accordo con l’americana Mohawk per ampliare la presenza in Usa, e a novembre si era portata a casa la francese Zuber Rieder. Sono parte del Gruppo anche Cordenons e il notissimo marchio Fabriano, con oltre 750 anni di storia. Ancora, la divisione etichette e materiali autoadesivi (Self-Adhesives) era stata potenziata acquisendo l’italiana Ritrama, le messicane Ipv e Rimark, la statunitense Acucote, la spagnola Divipa, la francese Tageos (Rfid), la turca Unifol (pellicole per il rivestimento di veicoli). Nel mondo Paper invece è stata costituita una NewCo (di cui detiene il 70%) con Tecnoform per produrre vassoi interni alle confezioni di lusso in cellulosa termoformata, senza più l’uso di plastica, commercializzati con il nuovo brand Éclose.

 

Il valore dell’innovazione dal plastic to paper all’economia circolare

Fedrigoni è impegnata in un’attività frenetica mirata all’automazione dei processi e all’innovazione dei prodotti. Con diversi progetti di economia circolare in corso (dal recupero e il riutilizzo delle pellicole delle etichette adesive; ai circuiti Rfid stampati su carta anziché su supporto di plastica; fino alla carta traslucida che sostituisce le pellicole polimeriche nelle confezioni). Credit Lombezzi Contrasto Stab Verona

«Anche un business maturo come quello della carta e delle etichette si trova di fronte alla necessità di cambiare, ma i mutati bisogni del mercato offrono varie opportunità qualora ci sia un adeguato livello di innovazione», dice Nespolo. L’innovazione in Fedrigoni è innanzitutto innovazione di prodotto a partire dai materiali: in questo filone si inseriscono le tecnologie Rfid applicate alla carta. L’obiettivo al 2030 è realizzare solo carte speciali riciclabili al 100%, quando possibile sostituendole alla plastica attraverso soluzioni altrettanto performanti, e materiali autoadesivi che consentano la piena riciclabilità o riuso, nonché il recupero di tutti i rifiuti in ottica di circolarità.

«Parliamo del processo del plastic to paper: la carta che va a sostituire la plastica deve essere equivalente quanto a robustezza, idrorepellenza e igiene, ma rinnovabile e totalmente riciclabile, usando il più possibile fibre alternative alla cellulosa o di recupero. Lo abbiamo fatto con il prodotto Éclose, vaschette in cellulosa termoformata per contenere cosmetici o profumi», dice Nespolo. Ma non solo: degno di nota è l’accordo stretto con Albini, tra i principali produttori europei di camicie, per realizzare una carta composta al 25% da fibre ottenute con gli scarti tessili. L’innovazione investe anche le etichette: «con il progetto Re-play – dice Nespolo – che ci consente di recuperare il supporto siliconato delle etichette presso stampatori e converter e “nobilitarlo” attraverso un particolare processo che lo fa diventare il frontale dell’etichetta, invece di essere scartato».

 

Sostenibilità come effetto collaterale della digitalizzazione

Esempi che dimostrano come l’innovazione abbia come effetto collaterale la sostenibilità. Che Fedrigoni cerca di ottenere anche attraverso l’innovazione di processo. «Tra gli obiettivi di sostenibilità al 2030, oltre a un’ulteriore riduzione dell’uso di energia elettrica attraverso soluzioni alternative come gli impianti di cogenerazione, c’è l’abbattimento del 30% delle emissioni di CO2, l’utilizzo del 10% in meno di acqua (che poi viene restituita pulita all’ambiente nella misura del 97%), il recupero di tutti i rifiuti in ottica di piena circolarità e un’offerta di prodotti che preveda solo carte speciali riciclabili al 100% e materiali autoadesivi adatti alla riciclabilità o al riuso – dice Nespolo – In ambito sociale, si vuole creare un ambiente lavorativo più sicuro e inclusivo: dalla riduzione degli infortuni sul lavoro (-85% dal 2020) all’incremento delle donne in posizione manageriale (35%)».














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