Berta: con Faurecia nella partita Fca-Psa entra l’arbitro che potrebbe mettere in punizione i fornitori italiani?

di Marco de' Francesco ♦︎ Il colosso francese della componentistica (17 miliardi di ricavi, 115 mila dipendenti, presenza in 102 Paesi, leadership nell'elettronica e nella costruzione di abitacoli) avrà un ruolo cruciale nella nuova Stellantis. Ed è "protetto" da un piano del Governo d'Oltralpe di finanziamenti alla filiera dell'auto con la finalità di conquistare il primato europeo. Il Governo italiano, invece, non prende posizione. Che cosa accadrà? Per ora, solo ipotesi. Ma...

Emmanuel Macron allo stand Faurecia al Paris Motor Show

Potrebbe essere una pericolosa spada di Damocle, quella posta sulla testa dei fornitori italiani dalla rivisitazione dell’accordo che ha portato alla creazione di Stellantis – il colosso globale derivante dalla fusione dei carmaker Fca e Psa. L’accordo prevede, come abbiamo scritto qui, quote azionarie di Faurecia al posto della grossa quotantità di cash inizialmente prevista. Niente dividendo di 5,5 miliardi per i soci del Lingotto, ma solo 2,9 miliardi più il 23% del capitale del supplier francese.

La tesi del pericolo Faurecia viene sostenuta dallo storico dell’economia e docente alla Bocconi Giuseppe Berta, grande esperto di questioni Fiat, che in questa intervista a Industria Italiana, illumina una parte importante della rivistazione dell’ accordo che i grandi quotidiani hanno lasciato nell’ombra. Con circa 17 miliardi di ricavi, Faurecia è infatti il più grande componentista francese è uno dei maggiori al mondo. E’ presente in 102 Paesi ed è leader nella produzione di interni auto, elettronica di bordo (col notissimo marchio Clarion), abitacoli (l’ambizione dichiarata è di costruire l’abitacolo del futuro, ovviamente supertecnologico), componenti e sistemi di alimentazione per l’elettrico e il diesel. È tutto questo, secondo Berta, a noi italiani potrebbe creare grossi problemi.







Perché Faurecia entra in tackle nella partita della fornitura. E fa paura non solo perché non è un supplier come tutti gli altri, ma è, appunto, un colosso da 17 miliardi di euro e 115mila dipendenti, che già pesa per il 7% sull’acquisto dei componenti di Fca e per il 13% di quelli di Psa; ma soprattutto perché è il vertice della filiera della componentistica transalpina. Potrebbe avere il potere di orientare tutta la politica di fornitura di Stellantis, e di disciplinarne i flussi. Si potrebbe costituire come azienda pivot, l’arbitro che decide a chi riferirsi quando si tratta di comprare qualcosa.

Lo storico dell’economia Giuseppe Berta

Oggi Faurecia è il centurione della filiera integrata francese. Domani si misurerà con la galassia anarchica della fornitura italiana. Che nel suo insieme e più forte, ma che è ben lontana dall’esprimere un campione nazionale di tale dimensione e potenza, e, soprattutto, non ha le spalle coperte dall’azionista forte della nuova Stellantis e non gode di alcuna tutela governativa.

E poi, tutto ciò accade alla luce di una fusione che non è paritaria, ma rappresenta un sostanziale “take over” da parte francese. Operazione che, così concepita, è sostenuta con forza dal governo di Parigi, che di recente ha evidenziato le proprie mire espansionistiche alla leadership europea nell’automotive nel contesto di un efficace piano di sostegno agli operatori nazionali di comparto. Anche la notizia di qualche giorno fa, relativa alla razionalizzare la rete di fornitori in Italia e Polonia per la componentistica delle auto di segmento B, con invito ai supplier di cessare l’attività, potrebbe essere letta nella direzione di un crescente squilibrio tra la parte francese e quella italiana. Ovviamente, per ora siamo alle ipotesi, e i tempi sono pre-maturi per avere certezze. E nei prossimi giorni daremo ampio spazio alle argomentazioni di Fca, che abbiamo invitato a esprimersi con Industria Italiana e che sembra intenzionata a farlo.

Così la pensa lo storico dell’economia (che ha diretto l’Archivio Storico Fiat dal 1996 al 2002) della Bocconi Giuseppe Berta, che abbiamo intervitato.

 

D: I soci di Fca ereditano, con i nuovi accordi in vista della realizzazione di Stellantis, il 23% di Faurecia, un gigante della componentistica mondiale. È un pericolo, per i supplier italiani?

R: «Sì, e per un insieme di motiviInfatti, con questa operazione i Francesi pongono gli Italiani nella posizione di avvantaggiare Faurecia, che non è solo un colosso della fornitura. Molti fanno il paragone con Magnati Marelli, il gioiello dei fari e della componentistica di cui peraltro Fca si è liberata (in proposito, si legga questo articolo di Industria Italiana, ndr) vendendola alla giapponese Calsonic Kansei: Faurecia è di più, è il supplier di primo livello in grado di orientare tutta la politica di fornitura di Stellantis, e di disciplinarne i flussi. È il Pivot di una filiera organizzata, quella francese; che non tende a coesistere, ma a sostituire. Non esiste un equivalente italiano di Faurecia, che si troverà in una condizione di assoluto rilievo».

Faurecia in numeri

D: Si può dire che il rischio sia quello che Faurecia svolga una funzione di arbitro, che decida ciò che Stellantis deve acquistare e da chi farlo?

R: «Svolge un ruolo importante in fase decisionale. In altri casi i Francesi hanno agito diversamente, ma verso lo stesso obiettivo. Si pensi all’acquisizione di Opel da General Motors: in quel caso, i fornitori tedeschi sono stati compensati da una penale, per andarsene. Qui, invece, i nostri rischiano di abbandonare il campo in silenzio, senza niente in cambio. Il pericolo, per loro, è che siano sostituiti di volta in volta».

 

D: Di recente, gli accordi sono stati rivisti. Gli Elkann e gli azionisti Fca incasseranno meno del previsto: non più 5,5 miliardi, ma 2,9. In compenso aumenteranno le sinergie, da 3,7 miliardi a oltre 5. Ne pagheranno le spese i fornitori italiani?  

Patrick koller Ceo Faurecia

R: «Quanto alla doccia fredda per gli azionisti di Fca, era nell’aria. Perché, se è vero che il Covid-19 ha colpito tutti e ha danneggiato tutti i carmaker occidentali, bisogna ammettere che la posizione di Psa, in questo periodo terribile, è ben diversa da quella di Fca. Psa ha retto, e non è neppure finita in rosso. Fca ha invece sperimentato una caduta più pesante di quella media di mercato. Dunque, in questo momento, è in uno stato di estrema debolezza. Tuttavia, i soci Fca sono stati compensati con le quote Faurecia. Quanto ai fornitori italiani, soprattutto ora che è emersa la notizia di questa compensazione, direi che il rischio è davvero consistente. Come si è detto, sul campo di battaglia ci sono due filiere, quella francese, completamente integrata, e quella italiana, che non lo è. E Faurecia sarà partecipata non solo dai soci di Psa, ma anche da quelli di Fca. Pariteticamente. Questo rafforza il ruolo pivot di Faurecia».

 

D: In tutto questo, c’entra qualcosa il “Plan de soutien à l’automobile. Pour une industrie verte et compétitive”, il piano varato dal governo francese (a proposito, si legga questo articolo di Industria Italiana, ndr) dal quale si evince che Parigi intende diventare il Paese leader in Europa per l’auto elettrica?

R: «Certo che c’entra. Anzitutto perché, a differenza del piano italiano, è una cosa seria. E poi perché annuncia al mondo, apertamente, la posizione della Francia in quanto Stato. Nel documento, il governo di Parigi dice tre cose: anzitutto, che l’automotive è un pillar fondamentale per la strategia industriale francese; in secondo luogo, che nel settore Parigi ha mire espansionistiche sostenute dall’esecutivo: si intende sfidare il colosso tedesco proprio nel comparto in cui la Germania è la potenza continentale, e si vuole farlo approfittando della transizione al green; infine, si dice che i maggiori gruppi francesi, Renault e Psa, sono chiamati a produrre in casa le tecnologie più importanti per la trasformazione.  In un certo senso, c’è un ordine di scuderia, che riguarda tutti gli operatori economici di comparto, che si sentono sostenuti direttamente da Parigi – che peraltro mette sul piatto otto miliardi. Si guarda all’interessa della Francia. Questo, ovviamente, non può non riguardare la partita della fornitura. Dall’altra parte c’è l’equivalente piano italiano, che si è tradotto in incentivi già consumati ad agosto e in un prestito senza vere condizioni di 6,3 miliardi a Fca. Una cosa al ribasso, ed è indiscutibile che i nostri operatori si sentano più abbandonati che sostenuti».

 

D: Fin dall’inizio, la fusione tra Psa e Fca è apparsa un sbilanciata a vantaggio dei Francesi (si legga, in proposito, questo articolo di Industria Italiana). Eppure, quando l’operazione è stata annunciata, molti osservatori hanno parlato di “fusione alla pari”.

R: «La vera natura dell’operazione è emersa gradualmente. Un po’ di prudenza, all’inizio, c’è sempre, soprattutto in relazione a vicende così importanti e complesse. Oggi, comunque, il Financial Times, e cioè uno dei più antichi e autorevoli giornali economico-finanziari del mondo, parla tranquillamente di “take over” (“conquistare, prendere il controllo, impadronirsi”) ”francese. Ora la situazione sembra evidente a tutti, e di giorno in giorno appare sempre più chiara».

 

D: Non alla politica italiana, però.

Impianto Faurecia di Mlada Boleslav, Repubblica Ceca. Linea di assemblaggio console centrale per Skoda Auto

R: «No, è vero. All’inizio, tutte le dichiarazioni del governo erano orientate all’ottimismo; ora, i commenti più recenti del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli sembrano più cauti. Si sottolinea l’importanza di monitorare gli effetti della fusione;  e si utilizzano frasi un po’ di circostanza, come quella rilasciata al Corriere della Sera, per cui bisogna guardare al più, e non al meno. Ma, nella sostanza, non si prende posizione, e non si dice nulla».

 

D: Eppure ultimamente i segnali che portano nella direzione di un vero e proprio predominio francese, soprattutto in termini di fornitura, non mancano.

R: «Certo, si pensi al fatto che la nuova Punto sarà prodotta in Polonia su piattaforma Psa, nello stabilimento di Thychy, insieme a Ypsilon e 500. E poi, in generale, Fca è pronta a razionalizzare la rete di fornitori in Italia e Polonia per la componentistica delle auto di segmento B (le utilitarie di fascia più alta), quello più diffuso nel nostro Paese. Tecnicamente questo accade perché, nell’ottica della fusione con Psa sarà necessario procedere a una razionalizzazione dei centri di costo e delle catene di fornitura. Fca ha già scritto una lettera ai supplier coinvolti, invitandoli a cessare immediatamente ogni attività di ricerca, sviluppo e produzione onde evitare ulteriori costi e spese. Però, a seguito delle ultime notizie, tutto ciò sembra, per i fornitori italiani, una strada in salita e irta di ostacoli» .

D: Eventuali danni ai fornitori italiani si verificherebbero a medio o lungo termine?

R: «Direi di no. Potrebbero avverarsi con una certa rapidità. Si tenga presente che la parte francese intende realizzare le piattaforme tecnologiche entro il 2023, ed è quello il termine a quo la catena della fornitura sarà integralmente ristrutturata. Da quel momento, i supplier italiani, se lo schema che abbiamo individuato è quello giusto, potrebbero soffrire parecchio».

 

L’abitacolo del futuro di Faurecia














Articolo precedenteEnea brevetta un metodo per la scrittura laser di nanoparticelle: rivoluzionerà la produzione dei display
Articolo successivoArriva Sander di OnRobot, per automatizzare le operazioni di levigatura






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui