La classe operaia va in paradiso: con l’esoscheletro

di Marco de' Francesco ♦︎ Le ultime novità sull'uso in fabbrica di questi dispositivi indossabili, che sostengono la muscolatura e la tenuta delle ossa, alleviando gli sforzi dell’operatore fino al 30%. Con grande vantaggio per l’impresa: costano poco e facilitano la lavorazione sulle linee di assemblaggio. Nell’automotive sono già realtà: Fca con Comau, Gm con Bioservo Technologies e Volkswagen con Laevo. Parla Gabriele Caragnano (Fondazione Ergo e Pwc)

Comau_Esoscheletro
L'esoscheletro indossabile Mate di Comau è stato certificato dalla Fondazione Ergo, ente tecnico di riferimento in Italia in materia di organizzazione e misurazione del lavoro ed ergonomia, tematiche al centro di un progetto di ricerca (“Eso-Eaws”) sviluppato grazie ad una rete di Imprese, sindacati e Università

Come possono le aziende della manifattura incrementare l’efficienza e diminuire la fatica degli operai? Un’idea è quella di munirli di un esoscheletro. Allo stato, sono disponibili per lo più quelli “passivi”: e cioè strumenti di supporto indossabili e dotati di molle ed elastici, in grado di sostenere la muscolatura e la tenuta delle ossa e di alleviare gli sforzi fino al 30%. Sono apparati leggeri, confortevoli e personalizzabili, e consentono grande libertà di movimento.

Dal punto di vista industriale, presentano tre importanti vantaggi per le imprese: costano poco; facilitano lavorazioni sulla linea di assemblaggio che, pur essendo faticose e ripetitive, non possono essere svolte dai robot; e vengono incontro ad un fenomeno che in Italia è molto evidente, e cioè il progressivo invecchiamento della popolazione di fabbrica, che produce un calo di rendimento.







Per ora, di esoscheletri ne sono stati venduti pochi: 7mila, nel 2018, a livello globale. Ma, Covid-19 a parte, il trend è in crescita, tanto che secondo ABI Research il potenziale di richiesta sarebbe pari a 60mila unità. Inoltre, questi device hanno già messo piede negli stabilimenti dei colossi dell’automotive, come FcaGeneral Motors e Volkswagen. E non in casi isolati, ma in progetti che hanno coinvolto centinaia di persone e i cui risultati saranno descritti a breve.

Esoscheletro Hyundai

In un contesto sperimentale e in evoluzione, i produttori di esoscheletri possono trovare vantaggioso far attestare la loro efficacia. Così Mate – realizzato da Comau, dall’Istituto Superiore di Sant’Anna di Pisa e da Ossur, un’azienda islandese leader nella realizzazione di protesi biomeccaniche – è stato certificato dalla Fondazione Ergo, ente tecnico varesino di riferimento in Italia in materia di organizzazione e misurazione del lavoro ed ergonomia, tematiche al centro di un progetto di ricerca (“Eso-Eaws”) sviluppato grazie ad una rete di Imprese, sindacati e Università.

Altre aziende, grandi e piccole, sono della partita degli esoscheletri. Tra queste, la coreana Hyundai, l’americana Sarcos Robotics, la cinese Uls Robotics e altre.

L’articolo trae spunto dall’evento online di qualche ora fa “Exo-Ergo 2020 – What is the future of exoskeletons in industry?” organizzato dalla Fondazione Ergo. Nel corso del webinar è stata anche illustrata la piattaforma internazionale Eaws (Ergonomic Assesment Worksheet), che fornisce all’industria i risultati della ricerca ergonomica.

 

  1. Esoscheletri attivi e passivi

Il direttore tecnico della Fondazione Ergo e partner PwC Gabriele Caragnano

Per fare un esempio, l’esoscheletro attivo è quello indossato da Ellen Ripley (Sigourney Weaver) mentre nella rappresentazione scenica di Alien – Scontro Finale affronta la regina degli xenomorfi. Nel film, è una strumentazione complessa, dotata di tanti motori che sollevano pesi e manipolano carichi per conto di chi risiede al suo interno. Non è tecnicamente impossibile costruire una macchina del genere, ma ci sono motivi di sicurezza per cui, allo stato, difficilmente potrebbe fare il suo ingresso in fabbrica europea. Con l’eccezione di Ironhand, di cui parleremo in seguito e che comunque è alla prova in America, qui si parla di esoscheletri passivi, strumenti dotati di una forza elastica che anzitutto aiutano il lavoratore a mantenere la giusta postura e poi scaricano buona parte del peso che grava, ad esempio, su chi lavora con le braccia all’altezza della testa. Può sembrare una tecnologia semplice ma, secondo il direttore tecnico della Fondazione Ergo (nonché partner PwCGabriele Caragnano, dietro c’è uno studio di progettazione molto rigoroso, perché l’erogazione della forza deve essere ben calibrata, in modo da non creare problemi al lavoratore nei movimenti di ritorno. Inoltre, si tiene conto dell’utilizzabilità e della comodità.

 

  1. Mate, l’esoscheletro pensato per i lavoratori dell’automotive  

L’esoscheletro indossabile Mate (acronimo di Muscolar Aiding Tech Exoskeleton, ma “mate” in inglese significa anche compagno di lavoro) di Comau è stato realizzato dalla divisione robotica dell’azienda in soli 11 mesi

Abbiamo già accennato a Mate (acronimo di Muscolar Aiding Tech Exoskeleton, ma “mate” in inglese significa anche compagno di lavoro). È stato realizzato, in concorso con i partner citati, dalla divisione robotica di Comau in soli 11 mesi. Comau è un colosso italiano della robotica attualmente nel perimetro Fca; non farà tuttavia parte della fusione con Psa, ma sarà quotato in Borsa. Mate è una struttura a molla in grado di replicare accuratamente qualsiasi movimento della spalla, aderendo al corpo come una seconda pelle. È pensato per quei lavoratori dell’automotive che operano sotto la scocca dei veicoli: per quelli, cioè, che sono costretti a mantenere, per ore, una posizione innaturale, con le braccia ad angolo retto rispetto al tronco. Poi, però, si è visto che l’esoscheletro è utile a operai di settori diversi, tra cui l’edilizia e l’agricoltura.

Mate è un componente fondamentale della strategia “Humanufacturing” dell’azienda, che vede le persone al centro della “fabbrica intelligente” – quella digitalizzata e con apparati interconnessi, ma guidata dagli umani di cui si valorizza la creatività e la capacità di scelta. Ha un costo relativamente basso, inferiore ai 5mila euro. Pesa meno di tre kg ed è disponibile in due taglie, una piccola e media e l’altra large e extralarge. A dicembre uscirà una seconda generazione di Mate, con nuove capacità.

 

  1. Mate, il primo esoscheletro a passare la prova di sforzo

L’esoscheletro indossabile Mate di Comau è stato certificato dalla Fondazione Ergo, ente tecnico di riferimento in Italia in materia di organizzazione e misurazione del lavoro ed ergonomia, tematiche al centro di un progetto di ricerca (“Eso-Eaws”) sviluppato grazie ad una rete di Imprese, sindacati e Università

Mate il primo esoscheletro che ha superato la prova Eaws. Ma cos’è esattamente Eaws? È un sistema di screening ergonomico del rischio da sovraccarico biomeccanico, nato dal lavoro congiunto, svolto tra il 2005 e il 2008, di esperti internazionali provenienti dal mondo della medicina del lavoro, della biomeccanica e dell’ingegneria industriale, coordinati dall’Imd (International Mtm Directorate, associazione che ha l’obiettivo di sviluppare e diffondere le conoscenze sul lavoro umano). Nel mondo il numero dei lavoratori coinvolti in stazioni di lavoro progettate con Eaws è superiore a 600mila operai, in Italia si supera quota 100mila. Come si è già accennato, per realizzare valutazioni di questo tipo, la Fondazione Ergo si è dovuta dotare di  una struttura interna di certificazione.

Questa, secondo Caragnano, beneficia del fatto di disporre di un importante ecosistema, e quindi di poter contare sul supporto di importanti istituti di ricerca e atenei, come l’Università di Bologna, il Politecnico di Torino, e l’Università tecnica di Darmstadt. Inoltre, la Fondazione ha relazioni importanti con noti gruppi industriali, come ad esempio le citate Fca e Volkswagen. Con Mate, l’ente ha realizzato un protocollo sperimentale applicato a 12 giovani volontari tra i 20 e i 30 anni. Con analisi di elettromiografia si è misurata la riduzione del carico e dell’intensità muscolare sulle spalle. Sono state considerate 12 posture, di cui otto statiche e quattro dinamiche. Secondo il docente di medicina del Lavoro dell’Università di Bologna Francesco Violante, la diminuzione dello sforzo è risultata pari al 30%.

 

  1. Fca promuove gli esoscheletri in linea di assemblaggio

Gli obiettivi di Fca con la sperimentazione degli esoscheletri erano questi: un aumento della produttività e della qualità del lavoro, un incremento della flessibilità degli impianti, la realizzazione di un nuovo business per Comau con Mate e la promozione di una tecnologia che si integra con quelle di industry 4.0. Inoltre, si è considerato il cosiddetto “active aging”: negli stabilimenti italiani di Fca il 34% del personale ha tra i 46 e i 55 anni, mentre il 10% ha tra i 56 e i 65 anni. Sono state realizzate delle fasi di training e dei piloti, che hanno coinvolto 135 lavoratori in sei impianti. Tre i task: posizione statica, presa sicura del materiale e altri compiti di precisione, comportanti il mantenimento delle mani in avanti all’altezza delle spalle. Sono stati valutati i benefici potenziali con l’uso dell’esoscheletro e raccolti molti dati.

Secondo la Exoskeleton Project Global Responsible di Fca Chiara Carnazza, il 94% dei lavoratori del primo task ha avvertito un calo della fatica, come il 75% del secondo e l’81% del terzo. Tuttavia, ha avvertito, è importante continuare il monitoraggio.

 

  1. Volkswagen prova l’esoscheletro che sposta il carico sulle cosce

L’impresa olandese Laevo ha creato un supporto che trasferisce la forza dal resto del corpo alle gambe

Esoscheletri sono stati sperimentati anche in ambito Volkswagen. In particolare, è stato provato quello dell’impresa olandese Laevo, che ha creato un supporto che trasferisce la forza dal resto del corpo alle gambe. Secondo l’azienda, a causa della leva, il carico sul petto e sulle spalle risulta così dieci volte inferiore a quello che i muscoli della colonna vertebrale e della schiena possono sopportare.  A seguito del testing relativi agli arti superiori, alla schiena, e al corpo intero, e sono stati acquisiti questi risultati: il 60% lavoratori ha percepito uno stress minore in task come il lavoro con una postura alta delle mani, come la presa dei carichi o come le attività comportanti una posizione piegata in avanti.

Si è compreso che l’accettazione del device da parte degli operai dipende da alcuni fattori, quali il comfort, la personalizzazione, il breve tempo per indossarlo e per dismetterlo, la libertà dei movimenti e l’igiene. Per Martin Haselhuhn, responsabile dell’Industrial Engeneering di Volkswagen, restano molte questioni aperte come il peso degli esoscheletri.

 

  1. Una mano di ferro per gli operai di General Motors

Bioservo esoscheletro è costituito da un guanto che copre tutte e cinque le dita e da un power pack indossato in uno zaino

Il carmaker americano General Motors ha invece sperimentato Ironhand dell’azienda svedese Bioservo Technologies. È un esoscheletro morbido attivo costituito da un guanto che copre tutte e cinque le dita e da un power pack indossato in uno zaino. Il primo è dotato di tendini artificiali e sensori di pressione che attivano i servomotori installati nel power pack, che forniscono all’operatore una presa extra potente. Questa può essere facilmente adattata a compiti specifici, con possibilità di configurazione individuali.  Peraltro, secondo Bioservo, Ironhand raccoglie anche dati relativi alle azioni svolte.  Per ora, Ironhand è stato utilizzato da oltre mille persone in General Motors, che hanno realizzato più di 478mila prese. Per Robert Fox e Ryan Porto, rispettivamente tecnica fellow ergonomics e tecnica specialist del carmaker americano, negli stabilimenti statunitensi, canadesi e brasiliani siamo ancora, tuttavia, alla fase di trial, con progetti che hanno subito interruzioni a causa del Covid-19.














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