Errori ed orrori della manovra economica: parla Carboniero (Ucimu)

di Piero Macrì ♦ Il presidente dell’associazione che raggruppa le imprese italiane del comparto macchine utensili esprime un forte dissenso nei confronti delle scelte del Governo Conte-Salvini-Di Maio e considera le misure presentate in legge di Bilancio come un depotenziamento del Piano Industria 4.0. «Si è data priorità all’assistenzialismo, senza articolare nulla di concreto per quanto riguarda la crescita industriale». La sua opinione, circostanziata al settore di appartenenza, rispecchia quella della totalità delle associazioni datoriali e di quasi tutto il mondo delle imprese

Le imprese manifatturiere guardano con molta preoccupazione al 2019. In assenza di un quadro politico stabile e di interventi che potenzino l’impianto complessivo delle misure a sostegno dell’industria italiana, esiste il pericolo concreto di veder svanire l’effetto 4.0 che si era evidenziato nell’ultimo periodo grazie alle misure introdotte dal Piano Calenda. «Dopo un triennio all’insegna della ripresa – dice Massimo Carboniero, presidente di Ucimu, l’associazione di categoria dei costruttori di macchine utensili – la situazione è ora caratterizzata da una grande incertezza. Gli investimenti stanno rallentando, una tendenza che si è già ampiamente evidenziata degli ultimi due trimestri e che non lascia ben sperare».

 







Massimo Carboniero, presidente Ucimu Sistemi per produrre

La domanda del mercato interno è destinata a ridimensionarsi

Per il nuovo anno, le previsioni sono di un mantenimento dei volumi acquisiti nel 2018. La domanda interna perde slancio. Il motore 4.0, quello che in questi ultimi tre anni ha sostenuto la crescita del manifatturiero italiano sta perdendo giri. Saranno le esportazioni a sostenere gli acquisti. Per quello che riguarda l’ export si prevede, infatti, che possa migliorare ulteriormente e superare il più che positivo risultato ottenuto quest’anno. Ecco le considerazioni del Presidente di Ucimu, che Industria Italiana ha intervistato in occasione dell’incontro in cui sono stati rilasciati i dati di preconsuntivo del 2018 e le previsioni per il 2019.

Un 2018 da record, ma il 2019 è una vera incognita

Secondo i dati Ucimu, nel 2018 il comparto macchine utensili chiuderà una delle sue milgiori stagioni realizzando un fatturato di 6,9 miliardi di euro. Un valore record, che migliora ulteriormente i già positivi risultati ottenuti nel 2017 con un incremento delle vendite del 13,4%. Un vero boom della domanda interna, cresciuta del 21,1%, e altrettanto interessante è la dinamica delle esportazioni, aumentate del 7,2% per un valore di 3,6 miliardi. Un record anche questo. Al primo posto per volume di esportazioni la Germania (+ 11,6%), seguita da Cina (+7,1%) e Stati Uniti (+9,5%). Ma vi sono aree geografiche minori che stanno crescendo in maniera importante, tra queste la Polonia (+49,8%) che sta attuando una politica di investimento molto aggressiva nel manifatturiero, Spagna (+14,7%), Turchia (+42,4%) e Russia (+35,2%).Qui  i dati complessivi.

 

Come contrastare la concorrenza ai tempi di Industria 4.0?

L’Italia è il quarto paese al mondo consumatore di macchine utensili dopo Cina, Germania e Giappone ed è un mercato che, in virtù della sua dimensione, diventa sempre più attraente agli occhi dei fornitori esteri il cui volume d’affari nel 2018 ha soddisfatto il 48% della domanda interna. La competizione è sempre più forte e occorre misurarsi con un’offerta tecnologicamente avanzata. «E’ necessario continuare a investire e avere nuove idee per essere sempre un passo avanti rispetto al proprio concorrente. Chi si ferma è perduto. Tuttavia, afferma Carboniero, le aziende non possono affrontare i mercati senza avere alle spalle un Governo capace di comprendere la posta in gioco e l’importanza di intervenire con tutti gli strumenti possibili per accelerare e sostenere il percorso di innovazione».

 

Una macchina in esposizione nell’ ultima edizione della Bi-Mu
La priorità del Governo deve essere la crescita. L’assistenzialismo non paga

«Io parto da un assioma, dice Carboniero. Non è possibile creare ricchezza se non c’è crescita economica. Un obiettivo che dovrebbe essere al centro di tutti programmi di Governo, ovviamente nell’ambito delle disponibilità economiche. Purtroppo, nella prima stesura della legge di Bilancio si è data priorità all’assistenzialismo, senza articolare nulla di concreto per quanto riguarda la crescita industriale. Adesso ho l’impressione che il dibattito abbia rimesso sul tavolo il tema della crescita. Da una mia prima visione abbastanza pessimistica siamo passati a una situazione di stand by. Mi auguro che gli incontri dei prossimi giorni possano rimettere al centro la discussione e riuscire a ottenere qualcosa di più».

La formazione, il grande buco nero del nuovo piano Industria 4.0

«Il problema è l’assenza di un vero piano a sostegno dell’industria. I meccanismi di incentivi fiscali sono stati depotenziati e la formazione diventa un costo, quando invece doveva essere stimolata e incentivata». Non può esistere sviluppo senza un sostegno convinto alla formazione, è questa la tesi di Carboniero. «Se le grandi e medie aziende possono in qualche modo ovviare a questa situazione, sono le piccole a essere più in difficoltà a rischiare di perdere il treno dell’alta velocità tecnologica. Efficienza di produzione e acquisizione di maggiore competitività non si possono ottenere introducendo in azienda nuova e performante tecnologia senza avere capacità per sfruttare appieno le opportunità che possono creare una valorizzazione sistemica degli asset».

 

Un corso di formazione alla Donelli

La Rivoluzione 4.0 richiede competenze. La formazione è strategica

«Non si può investire in tecnologia e in innovazione se parallelamente non si incentiva la formazione. E’ un non senso. Si dà alle aziende la possibilità di guidare una Ferrari senza dare loro la possibilità di fare un corso di guida veloce. Quando in fabbrica si introducono nuovi sistemi e piattaforme, il rischio è non riuscire a sfruttarne tutte le potenzialità. Davo per scontato che il Governo incentivasse contestualmente tutte le misure che creano innovazione. Invece il credito d’imposta è previsto solo per i dipendenti che fanno formazione non per i formatori, che per le piccole e medie aziende rappresenta invece il vero costo».

 

Iperammortamento al 270% solo per investimenti sotto i 2,5 milioni di euro. Credito d’imposta per Ricerca & Sviluppo dimezzato al 25%

Carboniero apprezza che in legge di Bilancio sia stato introdotto l’iperammortamento al 270% per gli investimenti da 0 a 2,5 milioni di euro, provvedimento migliorativo rispetto al 250% del piano precedente. «Ma è tutto quello che segue che ha poco senso». In virtù della rimodulazione degli incentivi per dimensione d’investimento, nella legge di Bilancio si prevede infatti che per il secondo scaglione – quello da 2,5 milioni a 10 milioni – l’incentivo sia portato dal 250% al 200% e per quello dai 10 ai 20 milioni sia fissato al 150%. La possibilità di beneficiare dell’incentivo alla digitalizzazione sarà cancellata, invece, per gli investimenti di importo superiore a 20 milioni di euro. Il meccanismo è quindi a scalare e l’extra-deduzione contabile prevista è maggiore per gli investimenti di importo più contenuto. «Non solo – dice Carboniero – si penalizza la Ricerca & Sviluppo il cui credito d’imposta è stato dimezzato e portato al 25%».

 

Una macchina in esposizione nell’ ultima edizione della Bi-Mu
Piano 4.0 depotenziato. Sbagliato cancellare il superammortamento

La valutazione di Carboniero sui provvedimenti contenuti in legge di Bilancio, quanto meno in prima stesura, è che l’impianto 4.0 ne esce depotenziato. «Serviva un messaggio forte, come è stato con il Governo precedente che aveva messo al centro la competitività del settore manifatturiero, il quarto più importante al mondo. E invece sembra che non si comprenda che per riuscire a mantenere le nostre posizioni e continuare a essere competitivi occorre investire in efficienza, efficacia e nuove tecnologie. Vorrei che il Governo si esprimesse in questa direzione e non mettere soltanto delle pezze giustificative. Esiste la necessità di un vero piano strategico per la crescita industriale». Carboniero trova poi assurdo non aver prorogato la misura del super ammortamento al 130% per i beni strumentali tradizionali, una misura che avrebbe voluto diventasse strutturale e che invece è scomparsa, sostituita da una mini-Ires, «che lascia tutto il tempo che trova, complicata e inutile».

Evitare che si crei un gap tra grandi e piccole aziende

Se il Piano Industria 4.0 non trova una diffusione in quel 50% di aziende che non hanno ancora investito in nuove tecnologie si rischia di avere un’industria che viaggia a due velocità: da una parte le aziende medio grandi che investono, che sviluppano e che sono aperte ai mercati internazionali, che sono efficienti ed efficaci; dall’altra le piccole aziende che non investono, che rischiano una diminuzione della competitività e, nel medio termine, di non essere più in grado di esprimere una sostenibilità economica. «Si devono mettere a disposizione delle piccole aziende quegli strumenti fiscali che possano consentire loro di avviare un reale percorso di crescita. Iniziative che devono essere pensate in una logica di inclusione, favorendo il recupero di chi al momento non ha ancora investito, non ha innovato ed è privo di tecnologia e competenze che i mercati oggi richiedono. E la formazione è condizione indispensabile per accelerare questo percorso. L’Italia deve diventare un hub di formazione tecnologica avanzata. Occorre investire in formazione, investire nei giovani, bisogna partire dalle scuole medie e spiegare quanto è importante il settore tecnologico in Italia e quante prospettive di occupazione può offrire».

 

Linea_Torino-Lione_tratta_italiana_ed_internazionale
Carboniero: “La Tav? Non credo che possa essere bloccato”

Infrastrutture, non perdiamo le opportunità

«Le infrastrutture sono la base di una nazione moderna, che deve essere attrattiva sia in entrata che in uscita. Ferrovia, porti, aeroporti, hub intermodali si dovrebbe riuscire a creare un sistema intelligente e interconnesso. La Tav? E’ un’opera in fase gìà avanzata ed è strategica per il trasporto passeggeri e merci per tutta l’area di interscambio verso l’Europa del Nord Ovest. Non credo che possa essere bloccata. De resto, non possiamo continuare a essere lo Stato delle opere iniziate e mai finite. Ma non dobbiamo guardare solo alle grandi opere dobbiamo renderci conto che il problema è più generale. Ci sono opere infrastrutturali che sono ferme da anni in tutta Italia. Nel vicentino, dove vivo, si parla da più di vent’anni di realizzare il collegamento dell’autostrada Valdastico A31 all’Autobrennero. Nulla da fare, solo perché un comune di 800 persone non vuole che si faccia un sottopasso. Sono cose che accadono solo in Italia. Eppure, oggi si lavora in modo più attento rispetto al passato, vi è attenzione per quanto riguarda l’impatto ambientale, grazie all’esistenza di normative che prevedono il controllo e l’utilizzo di materiali meno inquinanti».

 

 

Il presidente cinese Xi Jinping

La Cina è lontana. Servono infrastrutture

Per quanto riguarda futuri sviluppi di quello che oggi è il secondo mercato per volume di esportazioni, Carboniero ritiene che per valorizzare le opportunità che si stanno aprendo con il nuovo corso Made in China 2025, piano che mira a una completa modernizzazione del tessuto industriale, serva soprattutto mettere in moto degli interventi di grande respiro, finalizzati a una valorizzazione reale della domanda cinse. «La Cina sta creando le proprie vie d’uscita per diventare un leader anche nell’export. E sta lavorando per sé stessa. Il fine ultimo del Governo cinese non è tanto dare la possibilità ad altri di portare merci in Cina, ma quello di esportare ovunque i propri prodotti. Eppure, essendo un’infrastruttura bidirezionale esiste un’opportunità di interscambio ma per riuscire a sfruttarla occorre agire da protagonisti e lavorare affinché le nostre infrastrutture abbiamo dei percorsi di connessione veloce alle rotte che portano in Cina».














Articolo precedenteL’Itc italiano cresce e punta a quota 75 miliardi nel 2020, ma che succede con la revisione del 4.0 del governo Conte?
Articolo successivoLa Cina punta alla leadership tecnologica mondiale. Che significa per le imprese italiane?






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui