5G: il game changer che abiliterà l’industria. Con Ericsson

di Renzo Zonin ♦︎ È una connettività a bassissima latenza e con possibilità di avere prestazioni dedicate. Permette di portare i dati in modo centralizzato fino al cloud, e implementare l’Ai. E abilita la servitization. I casi Comau con Tim per la robotica in fabbrica, e Porto di Livorno per il coordinamento tra apparecchiature e operatori. Parla Riccardo Mascolo

Il 5G non è il futuro delle telecomunicazioni, il 5G è il presente, anche per le reti aziendali dedicate. Lo abbiamo già detto altre volte, ma repetita iuvant, soprattutto quando, convegno dopo convegno, ci capita di sentire parlare di questa tecnologia come se si trattasse della fusione nucleare o dei motori a curvatura di Star Trek. E invece ci sono aziende che lo usano già da tempo, anche in Italia. Il problema è che la maggior parte di loro preferisce non farlo sapere, visto che dà loro un vantaggio sulla concorrenza. Per scoprire qualche nome, siamo andati da Ericsson, che da anni fornisce non solo reti 5G di telefonia pubblica per le telco italiane, ma anche reti o “bolle” 5G dedicate per le aziende del nostro Paese. «È finito il tempo delle sperimentazione – ci ha detto Riccardo Mascolo, Head of strategy and 5G for Industries di Ericsson Italy &South East Mediterranean – è ora di andare in fase esecutiva, e bisogna farlo in maniera strategica perché i vantaggi ci sono. Decidere di dotarsi di una rete dedicata sulla quale poi progettare tutta la digitalizzazione dell’azienda è fondamentale. I primi che accoglieranno questa opportunità guadagneranno in competitività e saranno pronti per le sfide che il mercato ci sta ponendo».

In Ericsson possono dire con ragione che la tecnologia per le reti industriali di quinta generazione è qui. Sono fra i pochi che vantano referenze pubbliche anche in Italia, avviate già da qualche anno, come le installazioni in Comau e al Porto di Livorno. Ma del resto la multinazionale svedese delle telecomunicazioni è protagonista dell’evoluzione tecnologica del 5G fin dai primi vagiti dello standard. Non solo è fra le aziende che detengono il maggior numero di brevetti fondanti della tecnologia (insieme a nomi quali Huawei, Samsung, Zte, Nokia e Qualcomm), e non solo la maggior parte dei suoi brevetti sono attivi da prima del 2012, ma è anche la singola azienda che ha inviato più contributi tecnici al comitato responsabile dello standard, staccando Huawei e doppiando gli altri contributor. Qualche numero? «A fine Gennaio, abbiamo 170 contratti commerciali firmati pubblici per reti 5G nel mondo, dato in costante aumento – afferma Mascolo – le reti che abbiamo attivato sono oltre cento, con più di 6 milioni di radio. Spendiamo in R&D più del 18% del fatturato ogni anno, circa 4 miliardi di euro. E siamo primi nei brevetti essenziali per il 5G».







I plus del 5G rispetto alle tecnologie di connessione correntemente usate in ambito Industry 4.0, sia wireless (dal Wi-fi al LoRa), sia cablate (Ethernet e le sue varianti) sono parecchi, dall’uso di frequenze riservate, all’elevata copertura e capacità di banda, per finire con i tempi di latenza bassi e, soprattutto, garantiti. E questo gli consente una versatilità d’uso tale da poter sostituire le altre tecnologie potenzialmente in tutti gli utilizzi possibili. Si tratta insomma di un “game changer”, che presenta inoltre vantaggi dal punto di vista della progressività di adozione: installata la rete per i primi casi d’uso, sarà possibile poi ampliarne nel tempo l’utilizzo a pressoché ogni ambito dei processi produttivi, eventualmente coinvolgendo nella progettazione dei casi d’uso o nella gestione degli stessi un ecosistema di partner (operatori telco, system integrator, società di consulenza) in grado di fornire servizi innovativi anche in modalità pay per use. La dimostrazione pratica della versatilità della tecnologia la troviamo proprio in casa Ericsson, che ha attrezzato con reti dedicate 5G i suoi maggiori stabilimenti. Quello Usa di Lewisville, in Texas, è stato proclamato recentemente “Lighthouse Plant” dal Wef. Ma anche nel nostro Paese abbiamo degli esempi interessanti che sono stati resi pubblici, in particolare Comau e Porto di Livorno.

 

Perché introdurre il 5G in azienda

Riccardo Mascolo, Head of strategy and 5G for Industries di Ericsson Italy &South East Mediterranean

Nel mondo Ict, succede spesso di assistere all’arrivo di una nuova tecnologia che nelle intenzioni dovrebbe soppiantare le esistenti, ma finisce per affiancarsi a queste ultime, andando a presidiare una qualche nicchia. Chi ci garantisce che il 5G non farà la stessa fine? A prescindere dal fatto che si tratta dell’ultima evoluzione di una famiglia di tecnologie di comunicazione cellulare che hanno prevalso sui concorrenti quasi ovunque nel mondo, ci sono due paroline delle quali il 5G può fregiarsi a pieno titolo, ma i suoi supposti concorrenti no: “dedicated networking”. «Il 5G è un game changer, perché è stato progettato fin dall’inizio tenendo presenti i casi d’uso industriali da supportare – spiega Mascolo – Partendo da qui si sono sviluppate le componenti, l’uso dello spettro, le connessioni, le interfacce eccetera. Questa è la maggiore differenziazione rispetto alle reti cellulari precedenti: la prima generazione ci portò la voce, la seconda generazione aggiunse gli Sms, con la terza arrivò un limitato accesso a Internet, mentre la quarta ha portato l’esperienza dei video nel cellulare. La caratteristica specifica della quinta generazione è di poter essere utilizzata nel mondo industriale».

Oggi, in un’azienda manifatturiera si possono trovare macchinari connessi con cavi (Ethernet o altro) o con wi-fi, con tutte le relative limitazioni. Il cavo per esempio porta rigidità e rende complicato modificare il layout dello stabilimento. Se la fabbrica passasse dalla produzione di massa a quella customizzata, incontrerebbe grossi problemi di adattamento dell’infrastruttura. Senza contare che produzioni personalizzate, per essere efficienti, richiedono di implementare ulteriori casi d’uso: controllo di qualità, di linee robotiche, per l’augmented reality che aiuta nel montaggio dei pezzi e così via.

Il 5G è una connettività a bassissima latenza, grande capacità, con possibilità di avere prestazioni dedicate. È il perfetto mezzo per complementarsi al cloud, perché con il 5G si possono portare i dati fino al cloud in modo centralizzato, e quindi creare una piattaforma di dati utili per prendere decisioni e per dare il via ad azioni collegate all’implementazione dell’Ai e di altri casi d’uso

La soluzione ideale per cambiare paradigma di produzione è quindi disporre di una rete wireless dedicata, un layer unico che sia in grado di garantire le alte prestazioni necessarie in quel contesto. La parola chiave, appunto, è “dedicata”. «Deve essere una rete dedicata (e non la stessa del mobile broadband consumer) perché deve funzionare sempre, senza eccezioni, altrimenti la fabbrica, il porto, la miniera subiscono un fermo di operatività e in alcuni casi possono emergere problematiche di sicurezza». E una rete dedicata 5G garantisce proprio questo, grazie a come è stata concepita e al fatto di disporre di frequenze licenziate, quindi garantite. Cosa che non può fare il Wi-fi, che funziona su frequenze di libero uso e spesso sovraffollate, dove i vari device si contendono i canali disponibili ogni volta che iniziano a trasmettere dati.

E altre tecnologie sono messe peggio: se Wi-fi è soggetto a interferenze e ha problemi a coprire grandi superfici in modo affidabile, anche con le versioni 6/6 e a banda maggiorata, che oltretutto presentano costi da valutare; LoRa, che avrebbe buona copertura, non ha ampiezza di banda sufficiente per trasmettere le grandi quantità di dati richieste da molte applicazioni IoT, essendo progettata principalmente per il semplice monitoraggio. E tutte in generale hanno problemi di latenza elevata e soprattutto non deterministica, cosa che rende impossibili applicazioni di sicurezza (nel senso di safety: per esempio, la guida remota di Agv). Ma anche gli aspetti di sicurezza “cyber” pongono problemi maggiori alle reti tradizionali, rispetto alle “bolle” 5G per uso aziendale, che sono di fatto isolate dall’esterno se non per la connessione con il sistema informativo aziendale, eventualmente in cloud. Non dimentichiamo che i dati che vengono generati nello stabilimento, importantissimi perché sono il business process della fabbrica, devono essere sempre protetti da occhi indiscreti. Per tutto questo deve essere una rete isolata, dedicata, autosufficiente, che non deve mai fermarsi. «È una connettività a bassissima latenza, grande capacità, con possibilità di avere prestazioni dedicate. È il perfetto mezzo per complementarsi al cloud, perché con il 5G si possono portare i dati fino al cloud in modo centralizzato, e quindi creare una piattaforma di dati utili per prendere decisioni e per dare il via ad azioni collegate all’implementazione dell’Ai e di altri casi d’uso. È questo trittico magico che sblocca le opportunità per le aziende che implementano questa tecnologia» puntualizza Mascolo.

 

Una tecnologia versatile che abilita la servitization

I plus del 5G rispetto alle tecnologie di connessione correntemente usate in ambito Industry 4.0, sia wireless (dal Wi-fi al LoRa), sia cablate (Ethernet e le sue varianti) sono parecchi, dall’uso di frequenze riservate, all’elevata copertura e capacità di banda, per finire con i tempi di latenza bassi e, soprattutto, garantiti. E questo gli consente una versatilità d’uso tale da poter sostituire le altre tecnologie potenzialmente in tutti gli utilizzi possibili

Installando una rete 5G in uno stabilimento produttivo si possono abilitare numerosi casi d’uso. Monitoring della produzione, augmented reality per le ispezioni qualità, asset condition/monitoring, preventive maintenance, push to talk sono i primi esempi che ci vengono in mente. Ma il 5G può andare oltre. «È anche possibile abilitare nuovi modelli di business. Per esempio, abbiamo lavorato con un’azienda, la multinazionale svedese Atlas Copco, che ha messo a punto un use case per l’uso dei cacciaviti elettronici. Questi cacciaviti sono forniti alle aziende manifatturiere con un modello “as a service” – ovvero vengono noleggiati e il canone dipende dal numero di giri che ogni utensile fa, quindi si tratta di un vero “pay per use”. E poiché sono controllati da remoto via rete, possono essere monitorati ed è possibile prevedere eventuali guasti, evitando di provocare un fermo di produzione».

Il 5G dunque potrebbe essere un fattore abilitante nel quadro del progressivo diffondersi del paradigma della “servitization”, ovvero nel passaggio dalla centralità della vendita a quella della fornitura di servizi. Perché per un’azienda che vuole installare una rete dedicata, il problema non è acquistare la rete, è gestire l’operation di questa rete in modo da garantirne le prestazioni e farla evolvere nel tempo. Raramente le aziende dispongono internamente delle competenze necessarie. Nel modello “servitizzato”, l’azienda si installa una rete dedicata che poi viene operata da un provider, una telco, che si farà carico del Service Level Agreement che deve essere erogato. Tra parentesi, in Italia si può procedere solo in questo modo, perché lo Stato ha concesso le licenze per le frequenze solo agli operatori telco, che gestiranno in proprio l’assegnazione ai clienti. Poi, al di sopra di questa piattaforma di digitalizzazione, ci sarà un ecosistema di casi d’uso e fornitori di servizi aggiuntivi che potrà essere implementato in maniera progressiva». Questa è un’altra cosa importante, non si crea una rete per soli uno o due use case: una volta che l’infrastruttura è stata installata, si può creare una roadmap evolutiva di casi d’uso, grazie ai quali si arriverà alla completa digitalizzazione del contesto industriale in maniera progressiva» puntualizza Mascolo.

 

L’offerta Ericsson e i servizi alle telco

Il 5G è “game changer”, che presenta inoltre vantaggi dal punto di vista della progressività di adozione: installata la rete per i primi casi d’uso, sarà possibile poi ampliarne nel tempo l’utilizzo a pressoché ogni ambito dei processi produttivi, eventualmente coinvolgendo nella progettazione dei casi d’uso o nella gestione degli stessi un ecosistema di partner (operatori telco, system integrator, società di consulenza) in grado di fornire servizi innovativi anche in modalità pay per use

La clientela principale di Ericsson è costituita dalle società di telecomunicazioni, quelle che costruiscono e gestiscono le grandi reti cellulari e che si interfacciano direttamente con le aziende che vogliono costruire “bolle” 5G dedicate e isolate dall’infrastruttura pubblica. Per questo, molti dei progetti realizzati in ambito industriale sono il frutto di collaborazioni fra l’azienda svedese e un operatore, per esempio Tim. E spesso vengono coinvolti altri partner, come system integrator o società di consulenza, che hanno una conoscenza approfondita degli aspetti legati ai processi produttivi del cliente. Si viene quindi a creare un completo ecosistema nel quale ognuno contribuisce con le proprie competenze alla realizzazione di soluzioni anche molto complesse. Ericsson, in realtà, ha un portfolio ampio nel 5G: oltre all’hardware e software per realizzare le più disparate installazioni radio, standard e dedicate, e oltre al software di controllo della rete, è anche in grado di offrire i suoi servizi di gestione sia alle telco, sia alle aziende che si dotano di una rete 5G, direttamente o attraverso partner dell’ecosistema – per esempio, system integrator.

Le parole chiave, in questo caso, sono modularità e adattabilità. Perché ci sono aziende che richiedono una rete completamente isolata, e ci sono situazioni in cui sono possibili soluzioni ibride, che usano parzialmente la rete dell’operatore per la gestione della segnalazione, mentre tutto il payload viene gestito in locale. «Di fatto abbiamo un completo portfolio per la connettività, che si adatta a tutte le situazioni. Per quanto riguarda i servizi, anche lì abbiamo una proposta modulare che si adatta alle necessità dell’operatore e alle richieste dell’enterprise. In più, possediamo un grosso bagaglio di esperienze che abbiamo fatto nel mondo, e che siamo in grado di riportare nei contesti nazionali. Abbiamo la capacità di costruire ecosistemi e capitalizzare quello che stiamo facendo, per cui non solo possiamo fornire la soluzione di connettività, ma supportiamo facendo leva su queste esperienze e referenze la costruzione di un modello. L’insieme di queste cose è un elemento fortemente caratterizzante per Ericsson» conclude Mascolo.

 

L’esperienza di Ericsson Usa

La dimostrazione pratica della versatilità della tecnologia la troviamo proprio in casa Ericsson, che ha attrezzato con reti dedicate 5G i suoi maggiori stabilimenti. Quello Usa di Lewisville, in Texas, è stato proclamato recentemente “Lighthouse Plant” dal Wef. Ma anche nel nostro Paese abbiamo degli esempi interessanti che sono stati resi pubblici, in particolare Comau e Porto di Livorno

Non c’è modo migliore per capire i pregi (e correggere i difetti) di una tecnologia che utilizzarla in prima persona. Ed è esattamente quello che ha fatto Ericsson, che ha attrezzato tre dei suoi più grandi stabilimenti con reti dedicate 5G. L’azienda svedese assembla le apparecchiature che equipaggeranno le reti 5G dei maggiori operatori Usa nella sua smart factory di Lewisville, nel Texas, completamente connessa tramite una rete privata 5G. Lo stabilimento, che si estende su circa 30.000 metri quadri, utilizza oltre 200 robot ed è stato nominato “Global Lighthouse” dal World Economic Forum, perché oltre al sistema di connessione 5G integra tutta una serie di tecnologie di automazione tipiche di Industria 4.0, che hanno portato a raddoppiare la produzione per dipendente rispetto a siti simili non automatizzati. Il tutto ha comportato un investimento pari a circa 100 milioni di dollari. Nello stabilimento di Lewisville, Ericsson ha implementato un gran numero di use case, ovvero ha sfruttato la poliedricità della rete 5G installata per farci passare sopra i dati della maggior parte dei processi.

Fra le altre cose, citiamo il monitoraggio e la gestione dei consumi energetici, l’uso dell’Augmented Reality per il supporto remoto, il monitoraggio ambientale all’interno dello stabilimento, i segnali di allerta/escalation diffusi tramite dispositivi indossabili. E poi la gestione degli Agv che consente di tracciare la posizione e i movimenti dei materiali all’interno della fabbrica in modo completamente digitale, l’automatizzazione dell’unpacking dei materiali in arrivo, i sistemi di ispezione visuale supportati da sistemi di machine learning. Al di sopra di tutto, una vera e propria “torre di controllo” consente di visualizzare tutti i cruscotti di controllo del sistema, gestendo quindi gli apparati in modo centralizzato. Tra parentesi, Ericsson nel realizzare questo suo impianto modello non si è limitata a considerare gli aspetti di automazione ed efficienza relativi al business, ma ha anche tenuto conto di obiettivi di ecosostenibilità. Quindi la fabbrica è del 24% più efficiente nei consumi rispetto alla media, usa solo energia da fonte rinnovabile (il 17% della quale proviene dai pannelli fotovoltaici sul tetto) e immagazzina e riutilizza l’acqua piovana, grazie ad appositi serbatoi con capacità totale di 150 metri cubi. Ericsson punta a diventare carbon neutral entro il 2030.

 

Comau, il 5G di Tim per la robotica

Assemblaggio Comau per Stellantis

L’azienda del Gruppo Stellantis specializzata in robotica è stata fra le prima in Italia a firmare un accordo per usare una rete privata 5G in fabbrica, ben 5 anni fa. L’accordo infatti venne sottoscritto nell’ambito del programma 5G for Italy, e coinvolgeva come partner Ericsson e Tim. Il piano iniziale prevedeva la creazione di una rete privata 5G, con frequenze licenziate da Tim, che sarebbe andata a integrare (e mano a mano a sostituire) le connessioni preesistenti negli impianti Comau, costituite in gran parte da sistemi cablati (tramite reti Ethernet), mentre per la parte wireless veniva utilizzata la tecnologia Wi-fi, che come sappiamo nell’uso in fabbrica presenta limitazioni in fatto di efficienza, affidabilità e sicurezza. La bolla 5G ha permesso a Comau di procedere speditamente nel processo di digitalizzazione degli impianti, che punta a mettere in grado persone, macchine e prodotti di comunicare e interagire in autonomia, per realizzare l’obiettivo di trasformare i dati in informazioni, creando di conseguenza interazioni “smart” fra i vari elementi che costituiscono la catena del valore.

Più concretamente, l’installazione del 5G ha permesso di liberare i macchinari dalla schiavitù del cavo, rendendo possibile il controllo di sistemi in movimento, e più facili eventuali riorganizzazioni del posizionamento delle celle di produzione. Inoltre, le caratteristiche di copertura radio su frequenze dedicate (e quindi non soggette a interferenze), di alto throughput con latenze minime (sotto al millisecondo) e i protocolli di comunicazione sicuri consentono di realizzare per esempio la gestione e controllo da remoto dei bracci robot programmabili, ma anche di migliorare l’interazione degli Agv con l’ambiente della fabbrica, rendendoli più efficienti nel movimento e più sicuri per i dipendenti, che godono quindi di una migliore qualità del lavoro. Anche perché essi sono collegati alla rete tramite device mobili o indossabili, grazie ai quali ricevono in tempo reale informazioni sull’andamento del ciclo produttivo. Inoltre, parallelamente al 5G sono state introdotte varie altre tecnologie 4.0 abilitate dalla nuova rete, come i sensori IioT per la manutenzione predittiva, o il sistema di digital twin che permette di monitorare e gestire i cicli produttivi in modo ottimizzato in modalità remote cloud.

 

Il Porto di Livorno nel futuro con il 5G

Ericsson

I porti sono un tassello fondamentale nella catena logistica che porta le merci dalla produzione al consumo. Un moderno scalo merci portuale deve essere in grado di movimentare migliaia di tonnellate di merce (soprattutto container, ma Livorno serve anche i traghetti e quindi c’è un flusso di veicoli e passeggeri) in poche ore con assoluta precisione e massima sicurezza. Questo richiede, oltre alle possenti gru che tutti vediamo, un grande lavoro “nascosto” di back-office, con computer che tengono sotto controllo la posizione e il movimento di ogni singolo container. Perdere la merce non è ammissibile, ma nemmeno allungare la sosta di una nave perché il carico/scarico della merce è rallentato da una burocrazia che non permette di ottimizzare i tempi. Ericsson, con il progetto “5G Port of the Future”, ha indagato l’utilizzo della tecnologia cellulare per risolvere i numerosi problemi di connessione presentati da queste infrastrutture, che per dimensioni e tipologia richiedono prestazioni di copertura, banda e latenza non raggiungibili da tecnologie “tradizionali” come Wi-fi o LoRa.

In una prima fase del progetto, che ha vinto nel 2020 il Premio per l’Efficienza Energetica all’Hannover Messe, si è puntato a migliorare lo scambio di informazioni in tempo reale tra i diversi attori dello scalo portuale, in modo da ridurre gli spostamenti durante la movimentazione delle merci e ottimizzare il processo di gestione. Questo ha permesso di tagliare consumo di carburante ed emissioni di CO2 fino all’8,2% per ogni terminal. Alla trasmissione “basica” dei dati sui container in transito, sono stati mano a mano aggiunti al Progetto elementi di IoT, realtà aumentata e realtà virtuale, e sistemi basati sull’intelligenza artificiale. In particolare, nel caso del Porto di Livorno gli obiettivi parlano di una massiccia raccolta e analisi dei dati in tempo reale per aumentare l’automazione e migliorare poi il coordinamento fra apparecchiature (dalle gru ai carrelli elevatori, ai camion e al sistema di sensori) e operatori del porto. Ericsson stima, per i primi casi d’uso implementati, un risparmio di circa 2,5 milioni di euro l’anno derivante dall’ottimizzazione delle operazioni di attracco delle navi, e un 25% di miglioramento della produttività, realizzato grazie all’utilizzo di gru e banchine comandate da remoto via 5G.














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