Tutti i progetti futuri di Eni sull’Ict: da Hpc6 al cloud, dall’edge computing all’Ai

di Filippo Astone e Marco Scotti ♦︎ Il numero uno dell’informatica Dario Pagani, in esclusiva per Industria Italiana, anticipa le strategie tecnologiche del cane a sei zampe, che è uno dei maggiori player Ict in Italia. Per il 2023 è previsto l'arrivo di un nuovo supercomputer, con una potenza di calcolo superiore ai 100 petaflop/s. E non solo...

Claudio Descalzi confermato ad Eni

Il nuovo supercomputer industriale Hpc6 di Eni arriverà nel 2023, con l’obiettivo di una capacità elaborativa sicuramente superiore ai 100 petaflop/s, rispetto ai 51,7 petaflop/s di Hpc5 presentato a inizio 2020 (con una potenza di picco di 70 Petaflop/s grazie all’affiancamento con il predecessore Hpc4). Un petaflop è un milione di miliardi di operazioni in virgola mobile al secondo: per sostenere tanta potenza potrebbe essere confermata l’attuale architettura del parallel computing (centinaia di server collegati fra loro) ma si stanno anche valutando architetture diverse, come il quantum computing. Nel frattempo, l’Ict di Eni (una potenza che impiega 1.300 persone nel mondo) lavora su soluzioni di cloud ibrido parallele e punta sull’edge computing. Intendendo la digitalizzazione non solo come supporto abilitante, ma come traino per l’evoluzione del settore, rendendo possibili nuovi modelli di business, soprattutto nella transizione energetica verso fonti a basse emissioni di carbonio, coerentemente con l’obiettivo che il ceo Claudio Descalzi ha dato al cane a sei zampe: diventare leader nella vendita di prodotti decarbonizzati al 2050.

Sono questi i punti principali che emergono dall’approfondita intervista che Dario Pagani, Executive Vice President Global Digital & IT di Eni ha concesso a Industria Italiana. Dalla quale emerge un tema che è alla base della ragion d’essere del nostro magazine: il progressivo ed inestricabile incrociarsi di Ict e industria, che ormai sono una cosa sola. È un colloquio avvenuto all’indomani del nuovo assetto organizzativo della società energetica che ha posto l’unità Tech, R&D e Digital a fianco delle due nuove direzioni generali Energy Evolution e Natural Resources. La divisione guidata da Pagani ha quindi acquisito la responsabilità della nuova unità D&IT che vede l’unione degli ambiti Digital e Ict per un totale di circa 800 persone in Italia, circa 1.300 su scala globale. Questo nuovo modello organizzativo consentirà di meglio supportare il business nel raggiungimento degli obiettivi di produzione e sostenibilità con un approccio trasversale ed integrato, dalla promozione dell’innovazione e l’introduzione di nuove soluzioni tecnologiche all’industrializzazione delle stesse, con forte attenzione per gli aspetti di resilienza delle infrastrutture, eccellenza operativa e sicurezza.







Per capire in che modo l’Ict si lega alla transizione energetica, si può citare il fatto che su Hpc5 girano programmi originali per la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico, modellazioni teoriche delle molecole e dei polimeri fotoattivi per la cattura dell’energia solare, modelli matematici che combinano informazioni meteo-marine per sfruttare l’energia del moto ondoso.

Un esempio molto interessante riguarda l’applicazione dell’Ict nella produzione di energia dal moto ondoso, che è considerato la più grande fonte di energia rinnovabile inutilizzata del Pianeta: se si riuscisse a sfruttarla si otterrebbero 80mila miliardi di KWh (secondo i calcoli di Enea e Rse): cinque volte il fabbisogno annuale di energia elettrica del mondo intero. Da qui ha preso avvio tre anni fa il progetto Iswec (Inertial sea wave energy converter), sviluppato insieme a uno spin off del Politecnico di Torino e che ha per oggetto uno scafo galleggiante sigillato con al suo interno una coppia di sistemi giroscopici collegati ad altrettanti generatori. Esso converte l’energia delle onde marine in energia elettrica, tramite un meccanismo che si attiva con l’oscillazione prodotta dal mare. Le capacità di calcolo offerte dai super computer hanno una parte importante per ottimizzare il funzionamento del sistema giroscopico alle condizioni locali del mare. Si tratta di analizzare e incrociare fra loro grandi quantità di dati da fonti diverse, quelli metereologici e quelli relativi al funzionamento della macchina. Grazie all’azione congiunta di Hpc4 e Hpc5 e alla loro potenza di calcolo è possibile contare su modelli matematici avanzati per elaborare formule di risposta adatte a ogni situazione.

 

D. Pagani, proviamo a fare il punto dell’Ict in Eni: finora si è parlato del vostro “cervellone” Hpc5, ma vorrei rammentare brevemente il complesso delle attività che caratterizzano la sua divisione.

Dario Pagani, Executive Vice President Global Digital & IT di Eni

R. Abbiamo appena completato una riorganizzazione che ha visto costruire una nuova unità che riporta al suo interno la parte di progettazione, ingegneria, ricerca e sviluppo e mette insieme entità digital con quelle Ict. Nei due anni precedenti era stata costituita un’unità per dare una spinta forte alla digitalizzazione per quanto riguarda i processi aziendali. Oggi invece abbiamo messo l’accento sulle tecnologie abilitanti. La nuova unità che dirigo, “Digital & Information Technology” ha l’obiettivo di supportare in maniera trasversale le varie aree di business dell’azienda nel processo di transizione energetica, ponendo un forte accento sull’innovazione tecnologica. Vogliamo costruire una struttura abilitante con caratteristiche di resilienza e sicurezza informatica e di eccellenza operativa, visto che gestiamo centralmente tutte le attività a livello globale di Eni.

 

D. Quando vedremo Hpc6?

R. Nei nostri piani nel 2023, e probabilmente andremo a parlare di architetture completamente nuove, magari con una macchina molto superiore ai 100 petaflop/s. Ci stiamo già lavorando. Il discrimine fondamentale sarà capire come il nostro software proprietario girerà su queste architetture, in modo da poter ottimizzare al massimo il tutto e sfruttare al meglio le capacità di calcolo. Stiamo anche osservando con attenzione il tema del quantum computing per specifiche aree di applicazione.

 

D. Ci sono già delle gare?

Il supercomputer Eni Hpc5

R. No, stiamo solo monitorando per capire quali saranno le architetture più adatte e stiamo ragionando per trovare le migliori soluzioni per la nostra azienda.

 

D. Il Covid e il calo del prezzo del petrolio hanno rallentato questo processo olistico della vostra divisione?

R. Siamo un’organizzazione che proviene da un percorso di accentramento per arrivare alla creazione di un’unica energy company, con un quartier generale in Italia e con vari presidi all’estero. Questa ramificazione si completa con un network di fornitori di diversa natura. Se ci focalizziamo sugli ultimi cinque anni, gli investimenti messi in atto sono stati commisurati al percorso di efficienza operativa che ci ha visti coinvolti a partire dal 2014, in relazione allo scenario di forte calo del prezzo del brent. Dapprima ci siamo pertanto focalizzati su investimenti mirati alla razionalizzazione del portafoglio applicativo e alla semplificazione della macchina operativa, e successivamente ci siamo più concentrati sull’esecuzione di programmi strategici di evoluzione del business, tra cui la societarizzazione di Eni Gas e Luce (Luglio 2017), e l’avvio della roadmap Digital a partire dal 2018. Abbiamo un budget che nel 2020 ha avuto una riduzione dettata dal Covid e dalla contestuale crisi economica, che ha coinvolto anche il settore energetico in un contesto di diminuzione del prezzo del barile di petrolio e di contrazione dei consumi a causa del lockdown. Abbiamo comunque potenziato gli investimenti in sicurezza e infrastruttura. Una mossa vincente visto che in poche ore siamo riusciti a far lavorare più di 21mila persone in smart working, senza mai fermarci.

 

D. Immagino che già in precedenza vi foste dotati di una piattaforma per la virtualizzazione del lavoro, riuscire a far lavorare in modalità smart 21mila persone dall’oggi al domani è quasi impossibile…

R. Certamente. Il lavoro già realizzato negli anni passati ci ha permesso di farci trovare pronti di fronte all’emergenza. Avevamo già, infatti, un’infrastruttura all’avanguardia, visto che è ormai qualche anno che abbiamo lanciato lo smart working. Avevamo, quindi, già realizzato tutto ciò che può permettere a un lavoratore in mobilità di avere la sua postazione di lavoro in modalità smart, facendo passi avanti non solo dal punto di vista della tecnologia, ma anche dei processi digitali. A tutto questo, si aggiunge uno dei punti di forza della nostra struttura, che grazie a un’architettura basata su vpn, su un concetto di digital workplace, permette al nostro dipendente di lavorare in qualsiasi posto in cui sia, al sicuro.

Hpc5 Eni: un sistema di calcolo parallelo con migliaia di server contemporanei

 

D. Dal punto di vista tecnico, che cosa avete fatto per il lavoro agile?

R. Abbiamo accelerato un processo di dotazione di alcune attività che prima venivano svolte in presenza, abbiamo potenziato l’architettura di virtualizzazione e testato il tema della gestione delle operation e dell’IT da remoto. C’erano già colleghi che lavoravano in smart working, da anni, per alcuni giorni a settimana, ma ovviamente ci siamo trovati di fronte a uno scenario totalmente diverso. È stata una grande operazione di stress test, ma nulla è stato lasciato al caso. Questo è stato possibile anche grazie a un’architettura ibrida che abbiamo costruito, il nostro data center, che è la casa di Hpc5 (il più potente supercomputer industriale al mondo come capacità di calcolo) e che ospita anche tutto il resto dei nostri sistemi. In un concetto di hybrid cloud siamo ricorsi, per esempio, a Teams per le conferenze, un altro strumento che ci ha permesso di supportare la collaborazione a distanza. La nostra strategia è quella di puntare sull’hybrid cloud per poter sfruttare al massimo la scalabilità anche del nostro data center, garantendo sempre la sicurezza nelle diverse sedi. Il nostro concetto di cloud è questo. Sul supercalcolatore girano modelli matematici a supporto della transizione energetica, per cui il cloud è lo strumento più flessibile che ci permette di lavorare meglio.

 

D.Come funziona il cloud ibrido in Eni?

R. Il modello ibrido ci consente di preservare la sovranità del dato e la competitività del nostro Green Data Center, assoluta eccellenza mondiale, e di cogliere al contempo le opportunità offerte dal mercato cloud in termini di flessibilità, velocità e disponibilità dei servizi su scala mondiale. L’approccio multi-cloud ci consente di fare leva su partnership strategiche con i diversi player di mercato in modo da cogliere le soluzioni che meglio soddisfano le nostre esigenze e la distribuzione di Eni a livello geografico, superando inoltre il rischio di nuove forme di lock-in.

 

D. Ricordiamo brevemente che cos’è il Green Data Center

Il green data center di Eni è un impianto ad alto contenuto tecnologico di eccellenza a livello internazionale che fornisce servizi informatici ai siti direzionali, industriali, commerciali e a tutte le sedi Eni, integrandosi con 20 local data room distribuite sul territorio nazionale e fornendo servizi in oltre 73 paesi nel mondo

R. Inaugurato nel 2013 ospita tutti i sistemi applicativi, le infrastrutture di elaborazione e i sistemi di telecomunicazione centrali di Eni. È un impianto ad alto contenuto tecnologico di eccellenza a livello internazionale, costruito in Italia, che fornisce servizi informatici ai siti direzionali, industriali, commerciali e a tutte le sedi Eni, integrandosi con 20 local data room distribuite sul territorio nazionale e fornendo servizi in oltre 73 Paesi nel mondo. Il Green Data Center è stato sviluppato con l’obiettivo di garantire affidabilità per tutte le esigenze informatiche aziendali e ottenere risultati di efficienza energetica di assoluta eccellenza mondiale. Il Green Data Center è ai vertici dell’efficienza energetica attraverso i suoi meccanismi di freecooling, che sfruttano quasi esclusivamente la circolazione e l’ottimizzazione dell’aria per raffreddare gli apparati informatici senza necessità di condizionamento. Per questo l’indice di efficienza energetica del Gdc si attesta a 1,171, ponendosi a confronto con i migliori data center di ultima generazione e con una media a livello mondiale pari a 1,560, migliorando di anno in anno attraverso una continua ottimizzazione. La componente ambientale è ulteriormente rafforzata da 1 MW di generazione fotovoltaica e da circa 7.000 ton/anno di emissioni CO2 non immesse in atmosfera.

 

D. Il cloud esclude automaticamente l’edge computing?

R. Al contrario, in linea con l’apertura al cloud la strategia Ict prevede inoltre l’adozione di tecnologie di edge computing, abilitate anche da nuovi scenari di connettività come il 5G, che sono ad oggi in fase di studio su diversi campi. Ci interessano varie applicazioni quali: la sicurezza degli operatori in ambito Hse, il supporto all’operatività di campo tramite Vr/Ar, la fraud detection attraverso computer visioning e lo smart building.

 

D. Che cosa vuole dire per Eni intelligenza artificiale?

Piattaforma in produzione. Giacimento Zohr Eni. Foto concessione Eni

R. La possibilità di raccogliere e gestire una grande quantità di dati (anche attraverso sensoristica avanzata) ci apre all’utilizzo di sistemi digitali sempre più innovativi, quali l’Intelligenza Artificiale. In Eni in primis ci siamo concentrati in ambito Produzione su strumenti di predictive maintenance e asset integrity. In tal caso, gli algoritmi di Machine Learning, che consentono di mantenere gli impianti in un regime di funzionamento ottimale e di identificare in anticipo eventuali anomalie di processo, stanno avendo un impatto misurabile sulle performance energetiche, ambientali ed economiche dei siti nei quali sono stati applicati. In ambito Exploration e Reservoir tecniche di Intelligenza Artificiale vengono utilizzate per ridurre l’incertezza mineraria, minimizzare il rischio esplorativo e migliorare le stime di giacimento. In ambito Drilling e Operations, l’IA ha invece comportato un aumento delle performance tramite la riduzione dei cosiddetti “Non Productive Time”, identificando in anticipo le cause di problemi durante le perforazioni, e un miglioramento dell’integrità degli asset. Infine, nell’ambito Ingegneria, grazie all’introduzione del concetto di digital twin, si sono messe in atto nuove tecnologie digitali di progettazione ingegneristica, grazie anche all’applicazione di strumenti di progettazione, centrati sul dato gestito piuttosto che sui documenti scambiati. Ultimo ma non per importanza le applicazioni in ambito cyber security: il nodo rappresentato dall’intelligenza artificiale è fondamentale anche in questo ambito.

 

D. In che senso?

R. La necessità di confrontarsi con nuove tecnologie digitali e l’evoluzione delle minacce cibernetiche, che sfruttano nuovi paradigmi tecnologici, hanno inciso sul percorso evolutivo della cyber security. Per questa ragione la nostra strategia di cyber security si fonda sul concetto di “security by design”, inteso come la volontà di garantire un presidio minimo di sicurezza su tutte le iniziative, dal concept all’utilizzo del prodotto/servizio, e secondo un approccio risk-based business driven, sia sugli asset critici sia sulle terze parti. Il modello strategico di difesa dagli attacchi si aggiorna in funzione dell’evoluzione delle minacce mediante un rafforzamento dei presidi, garantendo soluzioni di monitoraggio e di risposta avanzate in ambito industriale ed internazionale. Oltre alla dimensione tecnologica e di evoluzione dei processi, la strategia di cyber security mira, infine, al cambiamento culturale a livello aziendale attraverso l’accrescimento della consapevolezza dei rischi cyber.

 

D. Tornando a parlare della vostra divisione, che obiettivi vi siete dati? Avete un piano industriale interno?

Eni Green Data Center. Foto concessione Eni

R. L’obiettivo principale rimane il supporto trasversale alle varie linee di business. Questa direzione ha l’obiettivo di supportare e lavorare in modo vicino e coeso con le unità per supportare il business. Le caratteristiche peculiari della mia unità sono la garanzia tecnologica, la resilienza, la sicurezza, la gestione dei dati e delle informazioni, degli asset informatici per stimolare varie aree di business verso l’innovazione. Ci sono anche obiettivi economici, come – attraverso la manutenzione predittiva – una riduzione dei costi. Stiamo cercando di offrire soluzioni che garantiscano maggiore produzione, sostenibilità e sicurezza delle persone. La digitalizzazione e le tecnologie servono per ridurre il rischio industriale, dell’operatività, dei dipendenti e dei contractor.

 

D. In conclusione, mi racconti la novità più rilevante per la vostra divisione nel breve periodo…

R. Stiamo guardando dal punto di vista industriale come si svilupperà l’edge computing. Quindi sicuramente dovremo pensare a un’architettura ancora più vicina “a dove succedono le cose”. Così potremo avere la possibilità di sfruttare tutti quei segnali dei sensori e trasformarli in dati dai cui estrarre valore.














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