Ci vuole una disruption della formazione italiana

Cisco Networking academy
Cisco Networking Academy

di Ermanno Rondi ♦ Ecco le strategie per sostenere le aziende alle prese con la digital transformation e per aumentare i posti di lavoro. Come? Ad esempio rafforzando gli ITS, aumentando le Academy aziendali, valorizzando l’istruzione professionale e  migliorando l’orientamento

Pubblichiamo una riflessione e alcune  proposte del responsabile del Gruppo Tecnico di Confindustria su Formazione professionale e Alternanza scuola-lavoro  Ermanno Rondi







 

Ermanno Rondi

 

Nel nostro Paese non passa giorno in cui non sia evocato il problema lavoro riportando le impietose percentuali di disoccupazione. Specialmente i giovani sono colpiti dal male della mancanza di lavoro; una generazione che sta pagando lo scotto di una lunghissima crisi che ha avuto, dal punto di vista occupazionale, più attenzione sociale verso chi perdeva il lavoro che verso coloro i quali cercavano di entrarci. La riforma dell’età pensionabile ha aggiunto ulteriori scogli sul percorso delle nuove generazioni trattenendo al lavoro a volte i loro nonni.

Più NEET e meno laureati a confronto con l’ Europa

Questo contrasto ha creato una forte disillusione giovanile alimentando la schiera dei NEET (Not in Education, Employment and Training) raggiungendo nella fascia 20÷34 anni percentuali prossime al 34%: la più alta in Europa con una variazione percentuale dell’ 11,8% tra il 2008 ed il 2015.

 

 

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Fig. 1. Tasso NEED nella fascia 24-34 anni e percentuale di incremento 2008/15

 

Per completare la negatività del quadro l’OCSE (OECD)  segnala che l’Italia ha uno dei più bassi tassi di laureati nella fascia 25÷35 anni

 

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Fig. 2 Tasso di laureati nella fascia 25-35 anni

 

Molte le ricette che si sono cercate e si cerca di mettere in campo; quasi tutte puntano ad incentivi all’occupazione senza analizzare a fondo l’insieme delle cause. Non volendo esprimere giudizi sulle scelte politiche che hanno condotto a questa situazione, non per non assumermi la responsabilità di un parere, ma perché la complessità dei problemi ha posto delle priorità nel percorso (ad esempio il debito pubblico ha generato l’emergenza dell’intervento nelle pensioni, così come gli incentivi alle assunzioni hanno comunque generato un picco di nuovi contratti di lavoro) credo sia  utile guardare al problema anche da un altro punto di vista: i percorsi formativi.

Il fabbisogno di addetti e la carenza di tecnici

Il Gruppo Tecnico Formazione Professionale ed Alternanza Scuola Lavoro di Confindustria si è posto il problema di analizzare i fabbisogni di addetti in 5 settori manifatturieri per il periodo 2017-2022 L’analisi è stata svolta di concerto con Unioncamere a partire dai dati contenuti nel database Excelsior che memorizza le informazioni di tutti i lavoratori del nostro Paese. Conoscendo quindi età ed anzianità lavorativa è possibile una stima abbastanza precisa contabilizzando uscite dovute a pensionamento e mortalità statistica ed analizzando parallelamente i trend di crescita/decrescita del settore. Per quest’ultimo parametro si sono utilizzate le fonti pubbliche dell’ ISTAT, di Prometeia/Banca Intesa e dati OCSE. I settori analizzati sono Meccanica, Alimentare, Tessile, Chimica, ICT e la tabella che segue ne indica sinteticamente il risultato.

 

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Fig. 3 tabella fabbisogno occupazionale per settore periodo 2017/2021

 

In totale il fabbisogno è stimato sui 5 anni in 272.000 persone di cui 65.800 laureati e 102.000 diplomati. Apparentemente sembra una buona notizia in termini di potenziale occupazione; nella  realtà sono dati che fanno emergere un problema di cui si è sempre parlato in termini generici senza avere la chiarezza dei numeri. Il nostro sistema formativo è carente di tecnici. Due esempi su tutti: la meccanica avrà necessità di 37.000 diplomati mentre  gli iscritti ai percorsi di settore negli istituti tecnici sono 29.000 nel triennio: Posto che  la metà proseguirà per l’Università,  il potenziale è di 14.500 giovani (24.000 sui 5 anni – 13.000 mancanti). Per il settore tessile la situazione è ancora più critica: ad un fabbisogno di 16.000 unità corrispondono 2000 iscritti nel triennio tecnico.

Il problema dell’ orientamento

E’ evidente da questi numeri che anche in presenza di incentivi un’azienda meccanica non potrà assumere un sociologo o un laureato in filosofia per condurre un reparto ad alta automazione. Il nostro sistema formativo ha un enorme problema di orientamento in quanto le attuali attività orientative, quali incontri e fiere, sono ascrivibili a marketing scolastico e non aiutano giovani e famiglie nella scelta di un percorso di vita. Per capire il fenomeno bastano pochi dati rilevati direttamente sui giovani che hanno visitato alcuni saloni dell’Orientamento in Piemonte: solo il 20% è interessato a conoscere quali sbocchi professionali si offrono sui vari percorsi ed il 62% è preventivamente orientato al liceo con il 68% di loro che,  pur dichiarando di voler proseguire con studi universitari, non ha chiaro il percorso in cui vorrà inserirsi; in ultimo solo il 22% dei giovani è orientato a scuole tecniche (geometri, ragionieri, ITIS ecc.).

Se si vuole affrontare in profondità il problema lavoro è necessario partire da un orientamento vero che affronti un percorso metodologico strutturato: definizione delle competenze necessarie in ogni professione, attitudini personali che sposano queste competenze, sbocchi professionali previsti nel medio periodo, le scuole che preparano a questi mestieri ed infine la rosa delle imprese possibili. Alla recente manifestazione Job&Orienta di Verona si è allestito un primo prototipo di questo percorso di orientamento sui settori analizzati e con il supporto delle rispettive associazioni di categoria. Il risultato è stato molto positivo e nei prossimi mesi si proseguirà il lavoro sia di analisi, ampliando anche il numero di settori coinvolti, che di modellizzazione dei percorsi orientativi per arrivare a coinvolgere le singole territoriali e diffondere il metodo in tutto il Paese.

 

Build Your Future”,
Lo stand di Siemens a “Job orienta”

 

Che cosa si può fare: più ITS e più Academy aziendali

Rimane in ogni caso il problema contingente dell’oggi della carenza di personale tecnico; azioni di questo tipo daranno risultati nel medio/lungo periodo, mentre le imprese hanno già ora il problema di reperire queste professionalità. Due le azioni in essere: incrementare gli allievi che frequentano gli ITS (Istituto Tecnico Superiore) ed istituire delle vere e proprie Academy aziendali per imprese medio/grandi ed Academy territoriali per le Pmi. Guardando la figura 2 relativa al tasso di laureati si scopre che nelle percentuali di giovani con formazione terziaria negli altri Paesi sono conteggiati anche i percorsi professionalizzanti tipo ITS che, prendendo a riferimento la Germania, rappresentano una popolazione di 800.000 giovani rispetto ai nostri 8.000, senza questa parte la quota di lauree magistrali è esattamente uguale alla nostra. In sintesi irrobustire e far conoscere gli ITS è un bene per giovani, famiglie ed imprese. I dati consuntivi dei diplomati ITS sono anche molto felici: 80% di occupazione a pochi mesi dalla conclusione degli studi con punte del 100% al Nord ed 87% di coerenza con il percorso formativo.

Una laurea professionalizzante ITS

L’inserimento di un terzo anno al biennio classico ITS, in collaborazione con Università tale da consentire di ottenere una laurea professionalizzante (livelli ISCED6 nella graduatoria Europea) con il modello duale (work based learning) darebbe spinta ed ulteriore concretezza a questo strumento formativo. È bene anche considerare il basso tasso di laureati presenti in azienda, in media il 23% per la meccanica, ma con molte imprese addirittura prive di personale con laurea tecnica (circa il 40% nelle Pmi  della meccanica). L’introduzione di una laurea professionalizzante ITS ridurrebbe la distanza di queste imprese dai cambiamenti di modelli organizzativi in atto crescendo conoscenza e potenzialità verso il paradigma 4.0. Sarà uno degli impegni dell’Education di Confindustria nei confronti della prossima legislatura.

 

Lezione alla Prysmian Academy
Le academy

Le Academy sono infine uno strumento molto flessibile di cui aziende e territori dovranno dotarsi per far fronte alla carenza di tecnici nei prossimi anni. Sarà necessario operare per selezionare personale sulla base delle attitudini e non solo basandosi sulla scuola frequentata perché in molti casi si dovranno preparare nuovi tecnici intervenendo in “manutenzione” su percorsi deboli sul piano occupazionale. E’ possibile quindi sfruttare docenze e percorsi ITS per creare parallelamente formazioni di base brevi, ma utili ad inserire in azienda le figure necessarie con un livello di skills adeguato. Infine è necessario ricordare che un percorso di orientamento non significa soffocare spinte vocazionali, ma semplicemente operare delle scelte avendo coscienza del grado di opportunità espresso in sbocchi lavorativi che un certo percorso formativo può potenzialmente offrire.

Valorizzare maggiormente l’Istruzione Professionale

Il lavoro svolto è inoltre obiettivamente parziale e focalizzato su pochi settori manifatturieri. L’augurio è che metodo e modello vengano adottati dal sistema scolastico per ampliarlo a tutte le professioni iniziando ad informare ragazzi e famiglie, avendo formato preventivamente i docenti, già nel percorso secondario inferiore, le scuole medie, dove si decidono le prime vere scelte sui percorsi formativi e quindi di vita. In ultimo è opportuno ricordare che l’Istruzione Professionale è in Italia socialmente poco valorizzata; formazione professionale è diventato sinonimo di un percorso di basso livello avendo privilegiato modelli teorici rispetto a quelli pratici. Un danno per i giovani e per il Paese: occorre lavorare per cercare di cambiare il mood percepito; sono necessari quindi interventi sui percorsi per renderli stabilmente duali ed eliminare la confusione tra formazione Statale (IP), Regionale e privata (IeFP)sviluppata dai Centri formativi.

Un primo passo in avanti è stato fatto introducendo gli assi culturali invece delle discipline con valutazioni sulle competenze maturate e non solo sulla conoscenza teorica ed inserendo parallelamente docenze sviluppate da esperti che vengono dal mondo del lavoro e delle professioni. Manca ancora una chiara matrice duale, mancano le risorse finanziarie per aggiornare i laboratori ed infine la formazione dei docenti e l’armonizzazione dei percorsi, molto lavoro da fare, ma la base tecnica di supporto è stata introdotta. Da questo quadro si evince come per consentire l’evoluzione della manifattura supportandone la trasformazione digitale e ridurre la disoccupazione sia necessario cominciare a lavorare profondamente sull’architettura formativa del Paese: la scuola è il vero architetto sociale ed artefice del progetto di futuro.














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1 commento

  1. Capisco le esigenze delle aziende, ma se pensate davvero di risolvere i problemi del lavoro e del cambiamento SOLO con la formazione tecnica, per creare degli “operai iperspecializzati” o tecnici avanzati, credo che il percorso sia sbagliato. Decisivo è l’orientamento e l’analisi del potenziale delle persone (giovani o meno), che, però, fanno davvero in pochi. L’orientamento prevalente (scusi il gioco di parole) sembra essere: siccome avanza l’industria 4.0, ci servono operai e tecnici 4.0. Peccato che in Europa siano avanti di almeno 10 anni! Secondo me la formazione non è (solo) insegnare un mestiere, che tra 5 anni non ci sarà più, ma creare una apertura mentale nelle persone, che, non solo accettino il cambiamento, ma lo promuovano e lo costruiscano. Significa aumentare il senso critico e diminuire la paura del cambiamento, aumentare la vera flessibilità e diminuire le resistenze. Ma gli imprenditori sono pronti per questo? Temo di no.

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