Elite Basket: il minibond di gruppo si ripeterà?

di Laura Magna ♦  L’  idea by Finint di raggruppare alcune piccole non quotate in un unico titolo ha avuto grande successo. Un precedente che fa scuola e che potrebbe aprire alla European capital union

Un’invenzione italiana che potrebbe essere replicata in altri Paesi e porre le basi per la capital market union che tanto a fatica l’Europa sta inseguendo. Parliamo dell’ Elite Basket Bond, un’operazione di emissione contestuale di obbligazioni di durata decennale che ha coinvolto dieci tra Pmi e Mid Cap domestiche. Si tratta, appunto, della prima transazione finanziaria di sistema europea con queste caratteristiche: ovvero che catalizza un insieme selezionato e altamente diversificato di imprese di qualità che rappresentano il tessuto economico del Paese.

Un precedente è rintracciabile negli Hydrobond lanciati in due sequenze : una prima volta a luglio 2014 per un ammontare di 150 milioni e una seconda volta a gennaio 2016 per un valore di 77 milioni. In quella esperienza in cui Banca Finint compariva come strutturatore (così come in questo ultimo), gli emittenti facevano però tutti parte della stessa filiera: segnatamente di Viveracqua, il consorzio che raggruppa i gestori del servizio idrico integrato del Veneto. Elite Basket Bond è invece la prima operazione in cui si aggregano aziende emittenti che non hanno altro legame tra di loro che l’emissione cumulativa (e l’appartenenza al percorso Elite, dunque una matrice culturale comune). E in questo sta la sua grande forza.







«Si tratta della terza operazione in Italia di cartolarizzazione di minibond che vengono emessi da gruppi di imprese. Ma della prima con certe caratteristiche distintive», dice a Industria Italiana Giancarlo Giudici, Direttore dell’ Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano. «Rispetto agli Hydrobond in cui le imprese partecipanti lavoravano nella filiera, in questo caso si tratta di imprese diverse e indipendenti, accomunate solo da un fattore culturale, nel senso che si sono messe in discussione e dopo un percorso di preparazione con Elite, che mira alla crescita e all’apertura del capitale fino a una possibile quotazione, hanno deciso di far ricorso a questa finanza non bancaria, che per alcune potrà essere il preludio per l’ingresso in Borsa».

 

Giudici
Giancarlo Giudici, Direttore dell’ Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano

 

Elite Basket Bond, un mutamento della cultura d’impresa

Secondo Giudici il valore più alto di questa operazione sta proprio nella valenza culturale: «non immaginiamo un effetto a cascata su tutti i 4 milioni di Pmi italiane, ma sicuramente un’espansione tra quelle che già sono nel programma Elite e che in futuro vi entreranno. Si tratta di un’operazione innovativa proprio perché rappresenta un’operazione di sistema. Inoltre, compaiono tra gli investitori istituzionali soggetti di peso come la Banca europea degli investimenti (BEI), e per la prima volta anche la Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Ma probabilmente la parte più straordinaria sta proprio nel fatto che le imprese non si conoscevano in precedenza, si sono incontrate nella palestra di Elite e si sono messe in viaggio insieme per questa ulteriore avventura.»

«Che per l’Italia è già una notizia: riuscire a sincronizzare realtà diverse con obiettivi diversi, per farle giungere a destinazione tutte insieme con il lancio di un’emissione obbligazionaria. Senza considerare che ognuna ha accettato di affiancare il proprio nome a quello di altre aziende (nove in tutto ) che potrebbero anche avere problemi. Infine, grazie a queste operazioni si riesce a fare massa critica e le emissioni diventano appetibili per gli investitori esteri. Le imprese prese singolarmente con emissioni stand alone da 8 a 18 milioni non verrebbero neppure percepite, invece con una struttura di questo tipo è molto più facile attrarre l’interesse degli investitori esteri e diversificare le fonti di finanziamento», spiega Giudici.

Le caratteristiche tecniche

Dunque, Elite Basket Bond contiene in sé un insieme valoriale e di potenziale crescita per le Pmi e Mid Cap che da solo ne spiegherebbe il successo. Vediamo ora anche quali sono le caratteristiche tecniche e anche le protagoniste delle emissioni, discutendone con i fautori, ovvero Elite e Banca Finint.

Elite Basket Bond è un’emissione di titoli garantiti dalle obbligazioni con identiche caratteristiche in termini di durata e tasso, ma con ammontare differente, emesse da società Elite. Le obbligazioni sono state interamente sottoscritte da uno Special Purpose Vehicle (SPV) che le ha impacchettate in una somma pari all’ammontare dei singoli strumenti. I titoli beneficiano inoltre di una garanzia fornita in forma mutualistica dalle stesse società emittenti (credit enhancement) che copre il 15% dell’ammontare complessivo e che viene destinato a coprire le perdite derivanti da eventuali insoluti sui bonds emessi agli investitori, oppure viene restituito agli emittenti nel corso del piano di rimborso dei bonds.

Conditio sine qua non per l’accesso al basket è che gli emittenti utilizzeranno i proventi dell’emissione per sostenere investimenti volti alla crescita della propria attività. I titoli del veicolo sono stati offerti ad una platea di investitori istituzionali attraverso Elite Club Deal, la piattaforma di private placement dedicata alle società Elite, aperta a strumenti di debito, equity e convertibile. I principali investitori dell’operazione sono, come già accennato, BEI e CDP che hanno svolto un processo di due diligence e sottoscritto rispettivamente il 50% e il 33% dell’ammontare complessivo dell’obbligazione emessa dal SPV. All’operazione hanno inoltre aderito una serie di altri investitori professionali fra cui Banca IFIS e Zenit.

 

Molteni produzione
Un momento della produzione all’ interno dello stabilimento Molteni Farmaeutica, una delle dieci società emittenti
Chi sono le emittenti

Chi sono invece le emittenti? Damiano, pionieri siciliani nell’alimentazione bio, leader mondiali nella trasformazione industriale di mandorle biologiche; Irritec, altra azienda siciliana specializzata nell’irrigazione a goccia per agricoltura e giardinaggio; Molteni Farmaceutici, che a Scandicci, nel cuore del distretto farmaceutico toscano, sviluppa, produce e commercializza farmaci oppioidi per il trattamento del dolore e delle dipendenze. Ancora, del gruppo fa parte M.E.P. Macchine Elettroniche Piegatrici, che appunto inventa, idea, progetta e costruisce macchine, layout, impianti, engineering, aftermarket, assistenza tecnica e ricambi per la lavorazione del tondo da cemento armato, in barra e rotolo, utilizzati in edilizia (tipicamente le armature in ferro per il cemento armato); il Gruppo Objectway, leader assoluto in Italia e tra i primi player europei nello sviluppo e produzione di piattaforme software verticali, e servizi tecnologici e di business per le istituzioni finanziarie; Officine Metallurgiche G. Cornaglia, leader in Europa e nel mondo per la realizzazione di prodotti complessi e ad elevato contenuto tecnologico nel settore automotive. Poi, figurano nel paniere il marchio di abbigliamento sportivo Peuterey; l’emittente radiofonica privata Radio Dimensione Suono; Svas Biosana, nel settore dei “Medical Device” e dei “Farmaci iniettabili” dal 1972, e infine Tecnocap, che fattura 150 milioni di euro l’anno producendo e vendendo capsule metalliche impiegate per la chiusura di contenitori in vetro e plastica nel settore alimentare, farmaceutico, cosmetico e in quello degli alcolici e dei vini.

Fatturato almeno superiore a 30 milioni, e aziende in crescita : i numeri per entrare nel basket

Società dunque molto diverse tra di loro per settore, posizione geografica, fatturato. Che però hanno dovuto superare un esame per entrare nell’arena. Dunque, quali elementi le accomunano? Quali sono i requisiti che devono rispettare le società che ambiscono a diventare le prossime emittenti?

«Per entrare nel basket bond bisogna essere società Elite, ovvero aver intrapreso un percorso volto alla trasparenza e al cambiamento culturale, che conduce in maniera quasi naturale all’apertura del capitale e consente di dialogare con soggetti sofisticati, quali sono la CDP e la BEI», dice a Industria Italiana Massimiliano Lagreca, Responsabile di Elite Club Deal, che ha seguito il progetto del pacchetto di emissioni fin dal lancio. «Che caratteristiche devono avere le imprese emittenti? Non ci sono discriminanti in termini di dimensioni o di settore, si tratta di darsi practice che sono vicine a quelle delle imprese grandi e quotate. Elite di fatto serve a questo: ad aiutare le imprese piccole a evolversi adottando modelli tipici della big corporate. Se si vuole avere accesso al mercato dei capitale in cui tipicamente si ha a che fare con controparti sofisticate e stakeholder di tipo finanziario, le aziende devono essere strutturate per poter cogliere tutte le opportunità a disposizione».

 

Massimiliano Lagreca, Responsabile di Elite Club Deal

 

Le caratteristiche quantitative delle imprese che partecipano a Elite sono note, ma le riassumiamo per completezza: le aziende che accedono al percorso devono avere almeno 10 milioni di fatturato, un risultato operativo lordo (EBITDA o MOL) superiore al 10% o un risultato operativo netto (EBIT) superiore al 5%, un risultato netto positivo e il rapporto di debito su MOL inferiore a 4. «Si tratta di una griglia flessibile, perché poi andiamo anche su variabili qualitative, dobbiamo verificare che le aziende siano adatte a fare il percorso, quindi che abbiano una vocazione alla trasparenza e progetti di crescita solidi. L’obiettivo è sostenere il loro next stage of growth. Ciò detto non ci sono requisiti o esclusioni specifici per accedere al basket bond».

Se per le imprese il basket bond è un’occasione per ottenere somme per loro rilevanti in finanziamenti di lunga durata a cui singolarmente non avrebbero potuto accedere, dal punto di vista dell’investitore, il plus è la diversità: «Il basket bond è per l’investitore un’opportunità di investire in un portafoglio diversificato in maniera naturale. Ci sono al suo interno settori eterogenei e non correlati tra di loro, ed è la prima volta in Europa che viene lanciato uno strumento del genere in cui si aggregano imprese che non hanno alcun legame tra di loro e non si conoscevano prima di ELITE”, continua Lagreca. Che ritiene rilevante l’aspetto mutualistico, che consiste nell’impegno delle aziende a versare un deposito a garanzia della prima perdita, una quota pari al 15% del totale dell’emissione che viene poi restituito gradualmente.

«Il credit enhancement è il sentiero attraverso cui queste Pmi e Mid Cap hanno avuto accesso a condizioni sia di durata che di tasso di interesse migliori rispetto alle normali condizioni di mercato». Le imprese che fanno parte di questa emissione cumulativa «hanno più o meno tutte il medesimo profilo di rischio. La BEI ha mitigato eventuali diversità nei profili di rischi, valutandole e commisurando a queste diversità emissioni di valore diverso, aggiustando cioè i pesi in portafoglio. Ma non c’è stato stravolgimento rispetto all’idea iniziale delle aziende», continua Lagreca.

NOBILI
Alberto Nobili, Head of International Operations, EMEA Division Structured Finance di Finint

 

Grazie al sistema, tassi più contenuti, scadenza allungata e il supporto degli investitori esteri

«Rispetto a un minibond stand ci sono dei vantaggi importanti per le emittenti», afferma Alberto Nobili, Head of International Operations, EMEA Division Structured Finance di Finint, che ha strutturato l’operazione. «Il credit enhancement che consente di coprire l’investitore da eventuali perdite che si dovessero verificare su uno a più bond entro un limite del 15% della somma di tutti i bond emessi è il segno tangibile della fiducia totale da parte di tutti gli emittenti, ma anche il mezzo attraverso cui gli stessi ottengono vantaggi altrimenti impensabili».

Il primo è il tasso di interesse: «Parliamo di un nominale del 4% su una durata legale di 10 anni amortising, che corrisponde a una vita reale media di 7 anni. Se corrono sole, gli emittenti non riescono a ottenere prestiti decennali, ma al massimo di 6 – 7 anni con una maturità di 3-4 anni. Dunque tasso competitivo, durata maggiore e un terzo vantaggio: poter accedere a una finanza che proviene da investitori come BEI e CDP che da singoli sarebbero state irraggiungibili. Canalizzando invece l’operazione attraverso la struttura di SPV descritta si crea un’operazione finanziaria che diventa appetibile anche a investitori che guardano un certo importo e che sono attratte anche da un merito di credito che grazie al credit enhancement è superiore alla mera somma algebrica delle singole emissioni», dice Nobili.

Dunque nelle casse delle aziende arriva finanza di lungo periodo per fare nuovi investimenti produttivi. «Nella mission sia di BEI sia di CDP c’è la necessità di stimolare forme alternative di finanziamento per realizzare progetti di investimento delle imprese. Dunque ben venga in questa fase di lancio la partecipazione di istituzioni che sono ben note per dare fiducia nell’operazione che è nuova come abbiamo visto. In una seconda fase ci sono potenzialità perché venga in misura maggiore digerito da istituzioni non necessariamente nazionali o comunitaria: d’altronde già questa operazione è stata sottoscritta per il 17% arriva da investitori privati», spiega Nobili che precisa: «la domanda è stata superiore all’offerta il il che ci fa ben guardare al futuro».

E nel futuro c’è un Basket Bond 2: «siamo ancora in fase di screening e valutazione sia delle società nuove emittenti sia di Elite e delle nuove candidature ma ci sono tutte le premesse perché acceleri. Dipende molto da manifestazione di interesse delle società emittenti, ma la struttura dell’operazione è consolidata a mio avviso. Il lavoro principale è vedere quante aziende si candidano per l’operazione, che struttura hanno e quali importi richiedono, confidiamo che si riesca a realizzare entro il terzo trimestre dell’anno», sostiene Nobili.

 

Headquarter di Finint a Conegliano

Basket Bond 2: possibile entro fine anno

Lagreca conferma che si sta lavorando a una seconda emissione: «o tramite riapertura di questa attuale o di un nuovo basket: abbiamo iniziato a lavorarci proprio a gennaio e ci aspettiamo di fare un basket molto più grande rispetto al primo che è stato di rodaggio per tutti, sia per noi, sia per le aziende sia in termini di due diligence, per definire i ruoli dei diversi attori e le modalità di finanziamento. Oggi i ruoli sono molto più chiari ed è più semplice sia la strutturazione sia l’execution con il coinvolgimento degli istituzionali attuali». Il target delle Pmi interessate al basket bond è di cassa tra i 5 e i 15-20 milioni e tale sarà anche per il secondo paniere che dunque coinvolgerà più aziende, tutte però dovranno, come la prima volta, chiedere finanziamenti per investire nei piani di crescita.

“BEI ha opposto questo discrimine” precisa Lagreca. Che conclude: «il basket bond è importante perché ha consentito di mettere insieme soggetti che non avrebbero potuto dialogare per motivi diversi. Da un lato le gli emittenti non avrebbero potuto dialogare con BEI e CDP, e dall’altro BEI e CDP, che hanno un forte mandato di sostegno alle PMI, ma singolarmente non avrebbero potuto entrare nel mercato delle microemissioni tipiche di queste aziende. Direi che si tratta di una leva di politica economica importante a livello europeo». E made in Italy, come dicevamo in apertura.

«Sia BEI sia CDP vengono spinte fin da quando è stato pubblicato il piano Junker nella direzione dell’obiettivo di sviluppo delle Pmi a livello europeo, nella logica che dovrebbe condurre alla capital market union. Ci poniamo l’obiettivo di estendere lo strumento a società non solo italiane ma di replicarlo anche in altri paesi, e a quel punto anche i capitali saranno cross border. Con Elite si sta ponendo le basi per una embrionale capital market union, fatta di società, investitori, advisor e banche tutte in una stessa community. Non esistono precedenti in Europa, e in Italia solo gli Hydrobond ,che però abbiamo visto essere legati a una filiera specifica. E il Basket bond è oggetto di interesse da parte della Comunità europea da qualche mese: soggetti internazionali lo hanno visto come un benchmark da replicare in altri Paesi, perché è efficace per le società ed efficiente per chi deve finanziarle», conclude Lagreca.

La differenza, chiosa Nobili «la fa l’education, in un processo in cui le imprese imparano che insieme si può fare qualcosa di più per la propria società; lo giocano istituzioni come Elite, nel cui Dna c’è la formazione di una cultura che prepari l’imprenditore a guardare oltre il breve termine. La formazione finanziaria degli imprenditori è un aspetto fondamentale dell’allargamento di funding dell’attività, senza la quale si rimane bancocentrici e anche l’emissione del bond stand-alone difficilmente decolla». E l’Italia, stavolta, ha qualcosa da insegnare.














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