Fare i soldi con i robot? Si può (e non solo in fabbrica)

di Bruna Rossi ♦ Crescono i fondi comuni di investimento basati sull’automazione industriale. Sulla scorta del megatrend economico globale di Industria 4.0, si moltiplicano le occasioni di buoni guadagni in Borsa, e non solo per i professionisti, ma anche per i piccoli risparmiatori

La giapponese Fanuc; la tedesca Siemens: Alphabet, l’ex divisione di Google passata di mano alla nipponica Softbank a giugno 2011. Queste sono tre aziende, tra costruttori di robot e big dell’ automazione, tra le più note al mondo. E sono anche i favoriti da chi di mestiere investe in titoli azionari. Che la robotica sia il motore della produttività del futuro (anche prossimo) è un dato di fatto. Quello che forse è percepito in misura inferiore è che questo megatrend dell’industria può essere foriero di guadagni per chi investe in Borsa, sia in maniera professionale che da piccolo risparmiatore. E non è un caso che, negli ultimi anni, si assista a un proliferare di fondi comuni di investimento basati sull’automazione industriale.

 







Robot Fanuc Arc Mate

In principio erano Robo-Stox e Pictet-Robotics

Il primo strumento di investimento dedicato alla robotica fu lanciato alla fine del 2014 da Etf Securities: parliamo del Robo-Stox Global Robotics and Automation Go Ucits Etf, un fondo passivo, che replica un indice tematico. Uno strumento tendenzialmente poco rischioso che sfrutta l’onda lunga del rialzo dello stesso indice, inserendosi in un canale positivo e facendo poco altro. I fondi attivi, invece, prevedono l’intervento del gestore che mese dopo mese costruisce un parere diversificato di titoli, pescando da un universo che risponda a determinati criteri. Il trend raccoglie ampio riscontro anche da parte degli investitori, come dimostra il caso del Pictet-Robotics, arrivato sul mercato a ottobre 2015 con la firma della casa svizzera, una pioniera di fatto in ambito di megatrend.

Le strategie d’investimento dei fondi basati sulla robotica: Financière de l’Echiquier

Industria Italiana ha chiesto ad alcuni gestori di fondi basati sulla robotica come costruiscono le loro strategie di investimento. Partiamo  con  una domanda come  premessa: quanto vale la robotica e dove si trovano le maggiori opportunità di crescita? Le stime per rispondere a questo interrogativo  sono diverse e noi facciamo riferimento a uno studio comparato di diverse fonti (basato  su dati di International Federation of Robotica, Japan Robot Association, Japan Ministry of Economy, Trade & Industry, euRobotics, e su diversi bilanci societari) condotto da Gaël Faijean, gestore per la Financière de l’Echiquier del Fcm Robotique. «Secondo questa stima si spenderanno in automazione 67 miliardi nel 2025, dai circa 27 di oggi, con una crescita annua del 9%. La crescita media del nostro universo di robotica è stimata pari al doppio di quella del Pil al 2018, con utili per azione in aumento del 14%», dice Faijean, che ci racconta a che punto è la diffusione dei robot nel mondo.

 

Gael Faijean
Gaël Faijean, gestore per la Financière de l’Echiquier del Fcm Robotique

 

«I robot più antichi nell’applicazione industriale (parliamo degli anni ’70) erano semplicemente bracci ingabbiati che non avevano nessun contatto con l’uomo e svolgevano mansioni semplici. Nel 2010 è sopraggiunta la prima trasformazione con i cobot, basati su flessibilità e collaborazione e occupano gli spazi di lavoro umano. Da quel momento le evoluzioni si sono succedute in maniera vorticosa: nel 2012 si è passati alla fase delle macchine connesse e dal 2016 a quella delle macchine intelligenti. In un vortice che stravolge non solo l’industria, ma anche i servizi e ogni altro aspetto della vita quotidiana».

Faijean esplicita il suo concetto di robotica, quello che utilizza come guida per selezionare le società da inserire in portafoglio. «Noi seguiamo una definizione ristretta: investiamo in aziende che generano il 50% del fatturato da almeno uno dei nostri tre pilastri, ovvero: tecnologie sensitive, che abilitano le macchine a vedere, ascoltare e misurare l’ambiente; tecnologie di movimento; e tecnologie di controllo che raggruppiamo sotto il nome di “cervello”». I big trend sottostanti sono intelligenza artificiale e internet delle cose, precisamente il cuore di Industria 4.0. «Macchine che sanno apprendere e che attraverso questa abilità trasformeranno il modo in cui produciamo – spiega Faijean – a patto di avere linee di produzione automatizzate e in grado di generare big data. Ed è anche necessario connettere le macchine tra di loro: questa è Industria 4.0. Per arrivarci è necessario aver raggiunto però la terza rivoluzione, ovvero un adeguato livello di robotizzazione che non è così scontato: in media nel mondo il tasso di penetrazione dei robot per numero di addetti è dello 0,7%, quindi esiste uno spazio di crescita enorme. La robotica è al cuore della terza e della quarta rivoluzione industriale e investire in robotica vuol dire investire nel tema secolare della produttività».

 

Robot al lavoro nello stabilimento FCA di Pernambuco, Brasile
Automotive, terreno avanzato della robotica

C’è un settore in cui i robot hanno una penetrazione maggiore: l’automotive, dove ad esempio, per 10mila addetti il Giappone conta oltre 1500 macchine e la Germania 1400, contro i 214 e i 154 della media delle altre industrie. Gli Stati Uniti sono terzi con 1100 robot per 10mila addetti dell’automotive , con 82 come media generale delle industrie. Il tasso di crescita generale dei robot in fabbrica è del 18% annuo, secondo i calcoli della Financière de l’Echiquier. Che individua i costruttori di macchine complesse come quelle che abilitano la quarta rivoluzione industriale, per lo più nel mondo industrializzato. «Gli Usa sono il mercato più rilevante con un peso del 45% del portafoglio, seguono Europa (25%) e Giappone (20%). Selezioniamo le più promettenti società nei settori di industria, servizi, salute e sicurezza, prediligendo PMI che dominano un mercato. In portafoglio abbiamo 40 titoli, tra cui anche quelli di due aziende italiane, Datalogic e Ima. Nel resto del mondo mondo c’è ancora molto poco: qualcosa in Cina».

Ma tutto va monitorato con attenzione: perché nessuno sa che direzione prenderà questa evoluzione, imprevedibile e rapidissima. Quella più visibile è quella che Faijean individua nella medicina: «Di certo i robot condizioneranno e miglioreranno la nostra quotidianità: penso ai robot sociali, alla domotica, ai robot di servizio e alle auto automatiche. Ma nella medicina, tanto per fare un esempio, l’automazione ha fatto passi da gigante: dal 2004 al 2015 abbiamo osservato negli Usa che per diversi interventi l’assistenza robotica è diventata lo standard. Per la chirurgia prostatica o per le isterectomie maligne, adesso le operazioni vengono condotte nel 90% dei casi da robot, contro il 10% del 2004. Europa e Asia sono al livello degli Usa nel 2004».

 

Il robot Artis zeego di Siemens Healthcare

Il portfolio di Candriam Investors Group

Faijean non è l’unico a credere che sull’Intelligenza artificiale e il machine learning si annidino le prospettive più rosee. «L’utilizzo dell’apprendimento automatico e dell’intelligenza artificiale, la tecnologia Big Data, la transizione al cloud pubblico, il maggiore uso di Oled, la realtà virtuale, la tecnologia 5G, l’Internet delle Cose, la robotica avanzata, la pubblicità programmatica sono solo alcuni esempi delle incredibili tendenze in cui la strategia sta investendo. I robot avanzati sono alla base della quarta rivoluzione industriale, una rivoluzione tecnologica che, come le precedenti, genererà notevole ricchezza agli investitori lungimiranti», dice Johan Van der Biest, gestore del Candriam Equities L Robotics & Innovative Technology di Candriam Investors Group.

 

Johan VAN DER BIEST
Johan Van der Biest, gestore del Candriam Equities L Robotics & Innovative Technology di Candriam Investors Group

 

Van der Biest ritiene che «solo il 20-30% delle potenzialità offerte dalla robotica sia stato a oggi sfruttato. Presto assisteremo all’integrazione delle macchine intelligenti, collegate a Internet, che faciliteranno le nostre vite quotidiane». La strategia di Candriam è basata «su un approccio high conviction bottom-up (che vuol dire puntare in maniera convinta su singole aziende quotate in Borsa, ndr.) che si concentra sulle imprese che presentano una crescita degli utili superiore alla media, un forte posizionamento competitivo e un impiego di tecnologie innovative. I titoli vengono selezionati a partire da un universo azionario su scala globale e vanno a comporre un portafoglio di 50 posizioni.»

«A dicembre, il flusso di notizie societarie è stato piuttosto debole. Finisar è stata in grado di annunciare un importante contratto di R&S con Apple sulle componenti di rilevamento 3D. Veeco (leader nel mercato degli strumenti MOVPE) è stata citata in giudizio da una concorrente cinese e, per il momento, non può vendere lo strumento più vecchio in Cina. Il prezzo del titolo ha subito una correzione significativa, recuperando però quasi completamente a seguito dell’annuncio di un ampio programma di riacquisto di titoli. Irobot e Globant hanno registrato le performance migliori(dopo le performance piuttosto deboli dei mesi precedenti)». Il fondo detiene le maggiori posizioni in aziende come Facebook, Alphabet, Intuitive Surgical, Rockwell Automation, Salesforce, Omron, Keyence,  Microsoft e Aptiv.

 

Due robot Omron LD impiegati negli uffici

Le scelte di AXA Investment Managers

«Automazione industriale, dei trasporti e della salute nonché i “tech enablers”, ovvero semiconduttori, software e connettori sono le aree che offrono maggior potenziale di sviluppo per gli investitori», afferma Matthew Lovatt, head of business development di AXA Investment Managers: «L’uso della robotica nel mondo del lavoro è diventato una necessità. Per via di una dinamica demografica che fa sì che la popolazione in età da lavoro si riduca mentre il costo del lavoro aumenta», continua il gestore, che sottolinea come «in genere, siamo portati a sottovalutare l’impatto dell’innovazione e spesso, anche tra gli operatori del settore, c’è scetticismo su quello che può fare l’innovazione tecnologica. Qualcuno forse ricorderà le parole di Steve Ballmer, di Microsoft: “Non c’è nessuna chance che l’iphone acquisisca quote di mercato significative”.»

 

 

«Anche Steve Chen, co-fondatore di YouTube, si diceva scettico sul fatto che i video in rete potessero funzionare davvero. Eppure, sappiamo cosa è successo con lo smart phone e con YouTube. L’innovazione sembra procedere più rapidamente di quel che ci aspettiamo, con il rischio che ci sfuggano molte opportunità», sostiene Lovatt, che sottolinea  poi come le grandiaziende stiano  oggi approfittando di questo trend: «Il gruppo industriale tedesco Siemens, per esempio, ha annunciato l’acquisto di Tass International, una startup olandese che costruisce software per veicoli a guida autonoma. Nel 2012 Amazon ha comprato il magazzino privato di robotica Kiva, nel tentativo di migliorare la sua velocità di consegna. Ma anche le small cap si stanno muovendo. Per esempio, nel 2015, Teradyne, azienda leader nella fornitura di materiale per i test nel mercato dei semiconduttori, ha speso 285 milioni di dollari per l’acquisto di Universal Robots, una società danese che è tra i principali fornitori di “cobots”, robot che lavorano accanto alle persone». Proprio l’applicazione dei cobot «apre un enorme potenziale di opportunità con la sua applicazione in industrie molto diverse. Si stima che l’aggiornamento del settore manifatturiero con le ultime innovazioni tecnologiche di robotica dovrebbe risultare in un contenimento dei costi superiore ai 500 miliardi di dollari. Insomma, siamo solo all’inizio di questa nuova era».

 

Robotica collaborativa

Credit Suisse:robotica megatrend

Una sensazione, corroborata dai numeri, che condivide anche Frank di Cocco, responsabile della distribuzione retail di Credit Suisse: la casa svizzera ha nella sua gamma il Credit Suisse (Lux) Global Robotics Equity Fund: «I dati ci confermano che il tema della robotica è un megatrend interessante e di lungo termine e riteniamo che abbia un potenziale di rendimento per gli investitori superiore alla media. Il fondo Credit Suisse (Lux) Global Robotics Equity Fund, guidato da Patrick Kolb e Angus Murihead, ha di recente raggiunto il traguardo di 1,5 miliardi di dollari asset under management, e offre performance molto interessanti. Da giugno 2016, quando è stato lanciato, il rendimento è stato del 40%».

 

Frank Di Cocco Credit Suisse
Frank di Cocco, responsabile della distribuzione retail di Credit Suisse

 

E le attese sono di rendimenti superiori alla crescita del mercato nel lungo periodo. Credit Suisse sceglie per il suo portafoglio «società che abbiano almeno il 50% del fatturato dalla cessione di beni e servizi legati direttamente alla robotica, intelligenza artificiale e automazione. Il fondo ha tre campi di applicazione principali: incremento della produttività, miglioramento della qualità della vita, svolgimento di attività pericolose. Quando parlo di incremento della produttività penso al ruolo che la robotica può avere nel migliorare la produzione, in considerazione del minor numero di nuovi posti di lavoro e dell’aumento del relativo costo. Sistemi robotizzati altamente sviluppati sono poi sempre più necessari visto lo sviluppo demografico e il miglioramento degli standard di qualità e sicurezza. Infine ritengo che, a seguito della costante ottimizzazione dell’efficienza e dei costi dei robot, crescerà la domanda di automazione di lavori rischiosi e ad alta intensità. Il fondo viene gestito attivamente, con una gestione del rischio ben diversificata. Selezioniamo le aziende seguendo un approccio bottom-up, con un chiaro focus sui fondamentali. Il portafoglio è generalmente composto da 30-60 titoli». Tra i principali figurano, Duerr, Omron, Hexagon, Verint Corporation.














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