Digitaliani (Cisco) ora punta alla formazione digitale di adulti e al reskilling

 di Laura Magna ♦ Al via la seconda fase del programma della multinazionale dell’ ITC.
Se prima l’azione era rivolta solo alla formazione dei più giovani e non occupati, ora si allarga ai già occupati, ponendo al centro il tema della riqualificazione di quelle persone che potrebbero essere tagliate fuori dalla digital disruption. Parla Agostino Santoni

Il reskilling degli adulti è la nuova tappa del programma di Cisco per la digitalizzazione dell’Italia. Si inserirà all’interno di Digitaliani, il piano italiano di investimenti per la formazione lanciato nel 2016 dal leader mondiale dell’Itc. A Industria Italiana racconta le novità Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco Italia: «Il piano di investimenti in Italia negli ultimi due anni e mezzo è stato focalizzato in particolare sulla formazione dei ragazzi, oggi però siamo pronti a puntare anche sui lavoratori o sugli adulti che hanno bisogno di essere riaddestrare per adeguarsi alle esigenze di industry 4.0», spiega l’ad. Un progetto che si configura come un regalo alla competitività del Paese: perché i Paesi che adeguano gli skill dei lavoratori alle esigenze di industria 4.0 non solo si trovano in dote un vantaggio importante, ma saranno gli unici a poter davvero giocare nel nuovo contesto produttivo. Senza competenze digitali estese è quasi utopico continuare a sperare in una ripresa sostenuta del pil, in un recupero della produttività ai tempi pre-crisi e finanche in una stabilità economica. La parola “regalo” non è causale, perché per Cisco questa iniziativa è una pura azione di responsabilità sociale, senza effetti diretti sul conto economico aziendale.

Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco Italia

Cisco per la formazione: tutto quanto fatto finora

In cosa si concretizzerà il contributo di Cisco per adeguare le competenze dei lavoratori? I dettagli non sono ancora pubblici, ma per avere un’idea di quale sarà l’approccio della multinazionale è possibile guardare alle attività svolte negli anni passati. Per esempio il Protocollo di Intesa Mou siglato nel 2017 con Enel per sviluppare soluzioni digitali innovative nel settore dell’energia, ha previsto attività di formazione rivolte al personale: con il supporto di un partner delle Cisco Networking Academy sono stati erogati in Enel corsi su tematiche Smart Grid, IP Networks e Cybersecurity, rivolti a dipendenti dell’area tecnica dell’azienda. Un altro esempio è DevNet, lanciato a novembre 2016: un programma dedicato agli sviluppatori che offre una piattaforma di sviluppo, percorsi di apprendimento, “sandbox” (aree di sperimentazione) che aggrega intorno a sé una community molto ampia interessata a collaborare in ottica di open innovation. La necessità di sviluppare una community di persone e di competenze in ambito sviluppo applicativo legata a Cisco è un classico esempio di come il reskilling riguardi anche lo stesso settore IT, che sta cambiando “pelle” rispetto al passato; DevNet è una risorsa che Cisco intende sviluppare anche a servizio dei suoi partner.







Come contribuire alla diffusione delle tecnologie abilitanti secondo Cisco

Il reskilling che sarà erogato attraverso Digitaliani si inserisce dunque in questo solco e mira alla formazione digitale dei lavoratori delle pmi, che sono le meno attrezzate al riguardo. Non è più possibile attendere e non ce n’è ragione: «Abbiamo a disposizione tecnologie che permettono di rendere semplice, aperto, sicuro e “programmabile” (efficiente, affidabile, produttivo) il nostro sistema paese», prosegue Santoni. «Abbiamo bisogno che le persone (lavoratori, imprenditori, istituzioni, studenti.. tutti) sappiano come usare queste tecnologie e possano usarle per creare innovazione, impresa, inclusione/coesione sociale. Il capitale del paese è il suo capitale umano: in uno scenario di accelerazione legata al digitale pervasiva per i suoi effetti su economia, società, paese nel suo complesso è lì che si deve investire».

Cisco si pone come facilitatore delle aziende che vogliono cogliere le opportunità offerte dal futuro, connettendo ciò che prima non era connesso. Con reti intelligenti e architetture che integrano prodotti, servizi e piattaforme software e tutto ciò che cambia il modo di comunicare e cooperare. Il colosso californiano è nella posizione ideale per affiancare imprese, governi, organizzazioni e persone in un nuovo scenario che emerge con forza dall’evoluzione delle tecnologie, delle abitudini digitali e della percezione della Rete. L’azienda lo definisce “la nuova era della Rete”. È uno scenario in cui l’interconnessione di persone, processi, dati e oggetti che già oggi conosciamo raggiungerà livelli senza precedenti, aprendo possibilità inesplorate di innovazione e trasformazione dei processi aziendali, delle comunità in cui viviamo, dell’educazione, degli strumenti per affrontare le sfide economiche, sociali ed ambientali.

 

Un nuovo modo di comunicare insieme alla diffusione delle tecnologie e delle competenze per usarle

«La tecnologia è fondamentale, ma da sola non basta», continua Santoni. «Serve anche un altro modo di comunicare: abbiamo lavorato con industrie italiane sul tema della digitalizzazione a proposito del loro modello di funzionamento, abbiamo aperto il dialogo con ad e cda per capire come integrare al meglio il digitale nel modello di business. La comunicazione deve essere una storia, raccontare come si è trasformato il modello di business delle aziende che hanno lavoro con noi. Dobbiamo raccontare l’esperienza: i numeri li conosciamo tutti, è noto che siamo in fondo alla classifica mondiale del rapporto tra spesa per investimenti in tecnologie e pil: sono cose che sappiamo e che quasi ormai lasciano indifferenti chi le subisce. Dobbiamo dunque investire tanto sia nella riqualificazione delle competenze, sia nel comunicare i benefici della tecnologia in un modo diverso. Raccontando quello che accade sul campo, all’interno delle organizzazioni. Uno sforzo che stiamo facendo con Digitaliani». Che è un programma di formazione, ma non solo.

«Con Digitaliani nel 2016 siamo partiti dal tema delle competenze digitali, trasversale rispetto a tutti i suoi “pilastri” (innovazione, digitalizzazione settori chiave dell’economia, infrastrutture e servizi per i cittadini). Ogni nostro progetto importante ha al suo interno anche l’aspetto della formazione. Fino a oggi ci siamo occupati in generale di diffondere le competenze tecniche alle prossime generazioni di professionisti, grazie alla collaborazione con il Ministro  dell’ istruzione e della ricerca lavorando con istituti tecnici e ITS. A oggi abbiamo formato 100mila ragazzi su come si progettano le reti, sulla cybersecurity, le smart grid, industria 4.0, attraverso le Networking Academy, che sono 320 sul territorio nazionale. L’obiettivo 100mila era fissato a tutto il triennio ed è stato già centrato e superato», spiega l’ad.

 

Cisco Networking academy
Cisco Networking academy

Dagli studenti ai lavoratori

Digitaliani ha comportato un investimento di 100 milioni nell’arco di tre anni per accelerare la digitalizzazione nel nostro paese, ponendo le persone al centro del futuro dell’Italia. Il programma affronta gli snodi chiave per la trasformazione dell’Italia: la diffusione delle competenze digitali, lo sviluppo dell’ecosistema di innovazione, la digitalizzazione nei settori chiave del Made in Italy e nei servizi al cittadino, l’evoluzione sicura delle infrastrutture strategiche, quali possono essere trasporti e utility. I risultati sono sorprendenti: dei 100mila studenti formati, oltre un decimo ha seguito percorsi “career ready” ovvero orientati direttamente all’acquisizione di una certificazione professionale Cisco immediatamente spendibile sul mondo del lavoro. Per Cisco, inoltre, l’Italia è il primo paese in Emear (Europa, Medio Oriente, Africa e Russia) e sesto nel mondo (dopo colossi come Usa, Cina, India oltre a Messico e Perù) per il numero di studenti che hanno frequentato le Networking Academy nell’ultimo anno: quasi 53mila studenti di cui 9.500 ragazze.

Insomma, parliamo di un progetto con un track record da esibire e con numeri certamente consistenti per essere esteso ai lavoratori che hanno bisogno di reskilling: «Gli ultimi due anni e mezzo sono stati un periodo importante sia per numero di allievi formati sia per esperienza. Abbiamo iniziato con una serie di esperienze con alcuni clienti con i quali abbiamo lavorato con le stesse modalità della Cisco Academy: possiamo dare lo stesso contributo che abbiamo fornito ai ragazzi anche a chi ha un lavoro per aggiornare le sue competenze rispetto alle tecnologie che l’azienda adotta o ai disoccupati».

Il mismatch tra domanda e offerta? Si risolve con la formazione

Si tratta dunque di un approccio a tutto tondo, che potrebbe davvero contribuire alle carenze di professionalità che già oggi si riscontrano in Italia. Dove, secondo Confindustria, mancano 150mila professionisti di cui le aziende avrebbero un forte bisogno – numero destinato ad aumentare anno dopo anno – ed esiste un tradizionale mismatch tra domanda e offerta testimoniato da due numeri: un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 35% e una quota di giovani Neet (che non studiano né lavorano) vicina al 25%. Il problema è anche il genere di formazione che viene offerta: secondo l’Osservatorio sulle competenze digitali, condotto da Anitec Assinform con Aica, Assintel e con il supporto di Cfmt, Confcommercio, Confindustria e in collaborazione con Miur e Agid (ne abbiamo parlato qui: ) oltre il 60% delle posizioni di lavoro disponibili nell’industria sarà occupato in futuro da chi sarà dotato di competenze digitali. E non vale solo per settori come l’Itc, ma per qualsiasi professione, in qualsiasi comparto, a qualsiasi livello, in ogni ambito.

Mentre le imprese cercano esperti che maneggino agilmente le abilità digitali (e le soft skill), il Digital economy and society Index (DESI)  , l’indice che misura il livello di competenze digitali nei Paesi dell’Unione mostra che nel 2018 l’Italia si è piazzata quartultima in Europa, seguita da Bulgaria, Grecia e Romania. E la posizione in classifica non cambia, sia che si guardi alle competenze di base sia che si guardi a quelle specialistiche. Dati per molti versi agghiaccianti: nel 2017 oltre il 20% delle popolazione italiana non aveva mai effettuato un accesso a Internet, un po’ meglio del 25% del 2016, ma ancora un livello di guardia. Insomma, siamo di fronte a un vero paradosso: l’Italia che è la seconda manifattura in Europa è 24esima sulle competenze digitali. Bisogna far aderire i due dati: salire di molto nella classifica del Desi, perché il divario non è accettabile. Il nostro Paese ha bisogno di definire rapidamente una strategia di sviluppo delle competenze che incentivi la produttività e l’economia.

Lo suggerisce anche l’OCSE nel report “Skill for a Digital World” : «promuovere la diffusione delle tecnologie digitali è essenziale per aumentare la produttività. In ogni caso, l’adozione richiede di essere accompagnata da un appropriato sviluppo di competenze per abilitare il loro uso effettivo. In generale e in media, solo un quarto dei lavoratori usa quotidianamente software da ufficio (software di elaborazione testi o fogli di calcolo). Di questi, secondo l’Indagine sulle competenze degli adulti (PIAAC) oltre il 40% potrebbe non farne un utilizzo efficiente. C’è anche un gap di genere nell’uso di ITC e nell’accesso a Internet che penalizza le donne. In ogni caso alcune aziende riportano difficoltà a reperite specialisti ITC con gli skill adeguati».

 

Start-up
Attingere innovazione dall’ecosistema startup

«Il 26 gennaio 2018 abbiamo annunciato la creazione presso l’Università Federico II di Napoli di una Cisco Academy rivolta agli studenti e aperta alla collaborazione con start up e imprese del territorio, con l’obiettivo di offrire formazione sulle tecnologie emergenti e di attivare processi di trasferimento tecnologico. E’ prevista anche la collaborazione con l’Academy Apple per creare percorsi di formazione specializzati relativi all’integrazione tra le applicazioni e servizi delle due aziende, che sono legate da una partnerhsip di business globale», spiega ancora Santoni conducendoci alla seconda anima del progetto di digitalizzazione dell’Italia.

«Negli ultimi anni è nato anche in Italia un ecosistema ricco e promettente, fatto di start up, centri di ricerca, università, acceleratori, reti territoriali, istituzioni, aziende. Puntando su questa ricchezza, Cisco ha scelto di mettere a disposizione tecnologie, competenze, investimenti, contatti per collaborare con tutti questi soggetti e sostenere l’innovazione là dove nasce, in tutta Italia, con un approccio all’insegna della open innovation e della collaborazione – aperta anche a clienti e partner dell’azienda – denominato “Innovation Exchange”, il cui fine ultimo è fare di tutta l’Italia un centro di innovazione, per dare un contributo decisivo alla crescita economica, allo sviluppo sociale e alla creazione di opportunità». Così oltre a investire 5 milioni di euro nel fondo Invitalia Ventures I, Cisco ha stretto collaborazioni con tutti i principali attori del settore, lanciando acceleratori e altre iniziative che hanno permesso finora di venire a contatto con oltre 120 start up, 25 delle quali hanno lavorato o stanno lavorando attivamente con Cisco su progetti di digitalizzazione rivolti ai suoi clienti.

Industrializzare il reskilling

Ma, dicevamo, non è sufficiente formare nuove professionalità in chiave 4.0: il digitale deve essere integrato nelle competenze di tutti i lavoratori se si vuole ottenere un risultato produttivo di valore. «Il reskilling è la chiave per affrontare al meglio il futuro, un elemento essenziale per costruire insieme un paese più aperto, semplice e sicuro ed efficiente. Siamo in ritardo ed è cruciale attivare un meccanismo che riesca a incidere su larga scala sul tema del rinnovamento delle competenze. Per le aziende investire in reskilling significa investire sul capitale più prezioso, il capitale umano. Se si investe sulle “macchine” ma non sulle persone non si va lontano. Per le persone, chiedere reskilling e scegliere di formarsi è essenziale sia per restare competitivi sul mercato del lavoro, sia per “seguire” il percorso delle loro aziende quando queste abbracciano la digital transformation, sia avere più opportunità qualora si stiano affacciando o riaffacciando sul mercato del lavoro», afferma Santoni. Ognuno, ovviamente deve fare la sua parte: le aziende, costruendo una e-leadership; le istituzioni, stimolando un investimento in innovazione e digitale che unisca “macchine” e “competenze”; i colossi IT industrializzando il reskilling.

 

Academia_cisco

Dentro le aziende

Uno degli obiettivi di Cisco per le aziende è far sì che queste trovino un loro percorso specifico verso la digitalizzazione, inclusa quella dei processi produttivi: un percorso che tenga conto, senza però aderirvi passivamente, dei modelli che hanno avuto successo in altri paesi. Grazie al digitale, le aziende italiane di ogni dimensione possono proiettare la loro eccellenza su mercati più ampi; anche l’eccellenza artigianale può recuperare spazi importanti in un mondo in cui la produzione su piccola scala e la personalizzazione sono ulteriormente facilitate dalla tecnologia. Con questo approccio, Cisco ha avviato un ampio insieme di iniziative per diffondere fra le imprese del nostro Made in Italy la consapevolezza delle opportunità e per dimostrare dimostrando come sia possibile coglierle.

Lo spiega l’amministratore delegato italiano: «Le nostre tecnologie per l’Industria 4.0 sono presenti presso il LEF – Lean Experience Factory 4.0 e lavoriamo su progetti esemplari di trasformazione digitale con aziende quali 1177, Aia, Dallara, FCA, Fluid-o-Tech, Inpeco, Marcegaglia, La Marzocco. Le tecnologie Cisco hanno quattro caratteristiche più una. Sono semplici, programmabili, aperte e sicure e vanno verso l’automazione. Abbiamo fatto un percorso di semplificazione fondamentale per aumentare il dialogo nel segmento delle pmi e con la pa, laddove la digitalizzazione è più carente. Questo cambiamento di mentalità in Cisco sta consentendo di accelerare la diffusione dei prodotti nei soggetti già deboli, ed è un modo interessante anche per qualificare le forze lavoro». Forse le piattaforme semplificate di Cisco consentiranno di superare l’impasse delle Pmi che, secondo i dati di recente diffusi dal Mise , sono per quasi l’87% ancora del tutto fuori da industria 4.0 (Industria Italiana ne ha parlato qui ).

«Industria 4.0 nella sua prima fase ha aiutato le medie grandi imprese e non siamo ancora riusciti a trovare il percorso per fare questa attività sulle piccole. Dal punto di vista di Cisco riscontriamo che sia vero che le pmi non abbiano ancora compreso il potenziale di industria 4.0, ma la semplificazione delle piattaforme aiuta, contribuendo a fornire alle piccole aziende domestiche un servizio integrato e trasparente per loro e che li rende più sicuri. Lo abbiamo testato sul campo presentando di recente a Barcellona insieme a Tim, Cisco Umbrella, la nostra piattaforma in cloud di cybersecurity, che ha accolto la preferenza di 700mila aziende». Numeri importanti, anche se l’approccio integrato e consapevole per la maggior parte delle poi sembra ancora assente. Ci vuole tempo, però, ed è un percorso che ha bisogno ancora degli stimoli governativi, anche secondo Santoni: «Il governo in carica ha dichiarato più volte che confermerà gli incentivi di industria 4.0 e che centrerà le prossime nuove misure sul tema delle competenze con un focus particolare sulle Pmi: siamo molto disponibili a dare il nostro contributo di pensiero e di attuazione su questo. Gli incentivi alla formazione sono necessari, perché questo aiuta e accelera l’apprendimento delle nuove competenze e dobbiamo essere felicissimi come paese e imprese, perché si tratta di un fondamentale vantaggio competitivo».














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